IL FIUME-TORRENTE DELLA CAVA

   Riassumo in parte ed integro quanto ho scritto nelle mie precedenti pubblicazioni: Storia e Guida di Ispica, Ispica ed il suo territorio, Ina e Tyracina le due antiche città di Cava d’Ispica, dove si trova la bibliografia qui mancante.

   Nel territorio ispicese ormai non ci sono fiumi ma alcuni torrenti, il cui deflusso è limitato a brevi periodi del semestre ottobre-marzo. Scorrono nelle Cave da essi incise nel corso dei secoli, che hanno origine nell’altopiano sovrastante. Lì hanno eroso profondamente i terreni calcarei, mentre nella parte bassa hanno depositato i materiali trasportati, formando le attuali pianure alluvionali.

   Il più importante è il torrente Cava d’Ispica. Il suo antico nome è “Ispa”, come confermano, Claudio Arezzo, Maurolico, Fazello, Pirro, Gaetani e Vito Amico. Scrive l’Arezzo nel 1537: “Spaccaforno piccolo paese arroccato, chiamato “Fondo di Ispica”, ricavandone il nome dal fiume “Ispa”. Il fiume Ispa, che nasce a 4000 passi da Modica – ed il luogo lo chiamano “Ispica”, ricevute in sé molte sorgenti, dopo che lascia lo stesso Spaccaforno, diventato uno stagno pescoso, di nome “Busaitone”, si versa nel mare Libico”. Il Gaetani distingue fra i due fiumi dello stesso nome, “Hyspa o Hypsa”: quello vicino Selinunte, detto oggi Belice e quello appunto presso il Pachino, ricordato da Silio”. E’ Silio Italico, che nel suo “Punicorum libri”, fra le città che si schierarono coi Romani, indica “coloro che devono le acque sonore dell’Ypsa”.

   Questo antico fiume è segnato nelle Carte Geografiche della Sicilia dal 1600 in poi ed è descritto da viaggiatori e geografi.

Ecco la suggestiva descrizione fatta dal famoso architetto-pittore francese Jean Houel, giunto nel 1777 dalle nostre parti, per visitare la Cavèe d’Ispica. “Ritornato a Spaccaforno, andai a vedere la meraviglia del paese…, la famosa Cava d’Ispica. Essa somiglia a quella di Spampanato e a quella di Cava Grande: è un vasto abisso scavato dalle acque nel seno della roccia, fino ad una profondità considerevole. Un largo ruscello d’una bella acqua circola nel fondo in tutti i sensi, forma delle cascate precipitando fra le pietre ed offre di luogo in luogo dei piccoli laghi molto limpidi, che, visti da vicino ripresentano sulla terra l’immagine del cielo; vi si vedono passeggiare delle nuvole; gli uccelli non li attraversano; ci sono piccoli pesci che sembrano mescolarsi con le nuvole e che si sarebbe tentati di prendere per pesci volanti…”. E più oltre: “Io ho osservato  che le acque che scor-

rono ai piedi di queste rocce e che seguono le tortuosità di questa Cava, spariscono per lunghi intervalli e si ripresentano in seguito sotto l’apparenza di piccoli laghi incantevoli. Nell’uscire da questi laghi, queste acque si precipitano in mille cascate, che formano delle bellezze di un genere molto pittoresco. Questa Cava si ramifica nella sua lunghezza, soprattutto nella sua estremità meridionale, dove il banco roccioso, esteso parecchie leghe e presso a poco piano alla sua superficie, è quasi sempre dirupato; in molti luoghi, soprattutto agli angoli rientranti, la pietra si fende perpendicolarmente. Le acque che s’introducono in queste fessure le ingrandiscono; le pietre si abbassano e si staccano; le più abbondanti formano dei torrenti che le trascinano; la loro assenza lascia un vuoto che si accresce appena ha cominciato a formarsi. E’ una nuova cava che si forma, è l’mmagine della maniera in cui s’è formata tutta la Cava d’Ispica e la Grande Cava [di Cassibile] e quella di Spampanato e tante altre che sono nel Val di Noto… C’è presso Spaccaforno una roccia isolata, che è tutta circondata d’acqua…[la “Forza”]”.

   Alla fine dell’ ’800 e fino agli inizi del secolo XX, prima della costruzione dell’acquedotto, il fiume Ispica aveva una portata costante d’acqua calcolata in mc. 88, un bacino di ca. 40 Kmq ed un percorso di 8 Km, di cui 7 dentro la Cava. Aveva origine a quota 238, dove sgorgava la prima e maggiore sorgente, detta Pernamazzone; seguivano quella di Scalepiane, Serramontone a 4 Km ca. dall’abitato e Cava Grande vicino ad Ispica. Dopo aver superato un dislivello di ca. 160 m., veniva assorbito dal suolo, prima di arrivare al corso della Favara. Queste sorgenti sono ormai tutte disseccate. I più ampi e profondi laghetti, di cui parla l’Houel, detti volgarmente “Vurvu”, erano il Gorgo a Campana, Gorgo Salto e Gorgo Chiaro. Nella carta dell’I:G:M: del 1867 sono segnati due mulini al confine col territorio medicano, e due nella testata sud, Ninfante e dei “Tre ladri”.

 

 

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