LA CHIESA DELL’ANNUNZIATA
I RESTI DELL’ANTICA ANNUNZIATA
Nella punta est del pianoro, gli scavi del 1972 hanno portato alla luce le fondamenta di questa chiesa. Le quattro canalette intagliate nella roccia per convogliare l’acqua piovana nella vicina grande cisterna, precedono la costruzione della chiesa. Se le datiamo al periodo siculo, è accettabile l’ipotesi che in età greca in questo sito sia stato eretto il tempio dell’Acropoli, dedicato forse a Poseidone. L’analisi delle strutture è difficile, dato il sovrapporsi dei diversi strati, ampliamenti e ricostruzioni. La prima fase della costruzione o ricostruzione probabilmente risale ai tempi del Caruso (1453) e si limitava alla parte nord, che è divisa in tre ambienti e misura m. 10,80x5. Era questa, pare, la cappella gentilizia, chiamata anche di S. Pietro in documenti del ’700, ma della Nunziata in quello del 1475. Essa comunicava col palazzo per mezzo di una postierla, mentre il Franzò indica altre due porte esterne, di cui una aperta nel ’600. Sotto gli Statella (metà del ’500) la costruzione fu ampliata, con forma a croce latina e l’abside a levante; le misure sono 20,50x13.
Sono stati scoperti 28 loculi sepolcrali scavati nel pavimento e alcune grandi fosse comuni, con numerosi resti ossei. Inoltre due lapidi sepolcrali (che si trovano nel piccolo museo): una, della seconda metà del 1600, copriva la tomba del nobile D. Vincenzo Ganga e familiari, un’altra quella di una nobildonna spagnola, madre di una fanciulla, Margherita, morta nel dare alla luce una bambina.
NOTA STORICA
Secondo Benedetto Spadaro, A. Moltisanti e R. Fronterrè Turrisi, la Chiesa fu dedicata prima a S. Pietro, come cappella privata del Signore del Castello, e in seguito all’Annunziata: In essa furono battezzati, aggiunge la Fronterrè, (Il Fortilitium di Spoaccaforno, Ispica 1972) i Baroni, poi Marchesi Statella, Antonio I, Francesco IV, Antonio II, Francesco V e il Venerabile Andrea Statella, Carmelitano P. Salvatore della SS. Trinità. Secondo L. Arminio, (Spaccaforno nel secolo decimonono, p. 64, Ispica 1985), seguito da L. Blanco (L’Oratorio di S. Pietro e l’antica Chiesa dell’Annunziata, in “Hispicaefundus”, dicembre 2007), la cappella di S. Pietro era separata dalla Chiesa dell’Annunziata, come risulterebbe da una lettera del Vescovo G. A. Capobianco del 1661: “Con patenti del 22 maggio 1661, il Vescovo di Siracusa concesse la licenza acché nella Chiesa della SS.ma Annunziata potessero udirsi le confessioni dei fedeli, la vigilia del giorno di sua festa, il martedì, il sabato d’ogni settimana , le due feste di Pasqua, alla vigilia e il giorno della festa della natività della Madonna durante la celebrazione delle messe”. Con lo stesso provvedimento, aggiunge l’Arminio, consentì alla Famiglia Statella ed alle donne che abitavano nel castello di poter seguire la confessione presso l’oratorio di S. Pietro, utilizzando l’opera di qualsiasi confessore... Invero di questo “oratorio di S. Pietro” e degli Statella non c’è cenno nelle due Visite del detto Vescovo, da me rinvenute nelle “Sacre Visite dei Vescovi Siracusani”. Nella prima dell’11 maggio 1661 è detto: “Per la grandissima devozione, il concorso del popolo e la distanza dalla Matrice, si permette il confessionale delle donne in tutte le domeniche e le feste di precetto, purché vi sia applicata una nuova latrina, altrimenti resti interdetto”. Nelle seconda del 22 giugno 1669: “Viene permesso in questa chiesa il confessionale per le donne, ma solo di mattina; ma di sabato e quando sono celebrate le feste dei santi di questa chiesa e nelle loro vigilie è concesso per tutto il giorno e ciò per la grandissima devozione, il gran concorso di popolo e la distanza dalla parrocchia [della Matrice]”.
Questa Chiesa di S. Pietro è però nominata, con altre dieci chiese minori, nella Visita del Vescovo Francesco Fortezza del giovedì 29 aprile 1683 (da me pubblicata in Ispica ed il suo territorio, il terremoto del 1693, p. 120, Ispica 1995; da dove la riporta, senza citarmi, L. Blanco, p. 36): “S. Pietro al Castello…ha un solo altare e tutto va bene”. Sembra perciò più probabile che si tratta di una piccola Chiesa – Cappella diversa dalla grande Chiesa dell’Annunziata, forse edificata nel Seicento dagli Statella. Incerti rimangono, come dice il Blanco, il tempo ed il luogo del Castello dove era edificata.
Da un documento giudiziario del 1474, redatto in latino con venature volgari, recentemente scoperto dal Morana, risulta che Antonio Caruso, dopo aver preso possesso di Spaccaforno nel 1453, cominciò a costruire nella “mola” di detta terra, per sua difesa e ricostruzione (pro reparatione), case, mura, torri (marammata et hedificia videlicet multe domus) e la “Chiesa di S. Maria della Nunziata”, che però non completò (non expedivit integram).
(Nota. Il termine “mola” ricorre nell’antica iscrizione di S. Maria della Cava. Deriva dal latino “moles”, ed è attestato nel siciliano “mola”. Nel Vocabolario Etimologico Siciliano, Palermo 1785, Rist. Palermo s.d., significa “terra, fortezza”. Più specifico G. Gioieni, Saggio di etimologie siciliane, Palermo 1885, riportato nel Vocabolario Siciliano, a c. di G. Tropea, vol. II, p. 817, Palermo 1985: “Rilievo montuoso dalla sommità pianeggiante e dai fianchi piuttosto ripidi”, proprio com’è il nostro Fortilizio. Il termine “marammata”, pl. di “maramma”, di origine araba (Pasqualino), in siciliano significa “fabbriche e mura”). Il termine “reparatio” (riparazione, rifacimento) sta ad indicare che le fortificazioni ed il castello erano già esistenti (come provano le fonti storiche e i reperti archeologici) ed il nuovo Signore ha provveduto al loro restauro e ricostruzione).
Anche la chiesa, come necessario luogo di culto del Fortilizio, ha certamente subito varie vicende di costruzione, distruzione (per terremoti o ad opera dell’uomo) e ricostruzione, con modifiche e aggiunte: da tempio greco-romano a basilica paleocristiana e bizantina, alla ricostruzione normanna, a chiesetta medievale-rinascimentale.
Su di essa abbiamo delle notizie, purtroppo incerte e in parte non attendibili, in un manoscritto del 1738 del Sac. Francesco Franzò, Cappellano e “nunziataro accanito”, che si basa su un ms. anonimo del 1663.
Eccone il testo pubblicato da G. Calvo ( E tu non lo sai… vol. II, p. 143, Modica 1982): “Prima chiesa del Castello fu quella della Nunziata, ove sotterrati furono li antichi defunti padroni nei loro marmorei avelli. Splendida prova però di primaria maggioranza e di sua antichità dir si deve quella dell’Annunziata, consacrata sin dal tempo delli antichi vescovi di Lentini, per ordine di S. Giovanni Papa, a cui stava soggetta come parte di sua diocesi, che poi attese le vicende dei tempi ne venne spogliata sin da quattro secoli addietro ed aggregata a quella di Siracusa.
Ed invero non può essere detta solo cappella un’ampia chiesa, che dal suo principio esercitò le preminenze matriciali e particolari privilegi. Essa, oltre il sonoro concerto di armoniose campane, nobilitata era col pregio di primaria ed insigne Arciconfraternita, decorata da sette altari, alcuni di essi privilegiati con fondazione di perpetui sacrifici eucaristici e di messe cantate, onorata di antichi simulacri, insigni reliquie conservate in ricchissimo santuario, di immagini e di sacri e preziosi arredi, onusta da donativi e legati pii, con fisse rendite sull’amministrazione a cura dei suoi procuratori, giornalmente assistita da cappellani nelli quotidiani esercizi chiesastici e di tutt’altro di bello e di magnifico, che arricchita e decorata si vede e finalmente con le due porte maggiori senza comunicazione col Palazzo, una dentro il Castello fuori del Palazzo, da dove entravano gli abitanti di esso, che fu la prima del suo principio eretta e l’altra del di fuori nel caduto secolo [1600] aperta, ove era il vago e nobil teatro, designate pel comodo di quei che giornalmente frequentar dovean per
l’uso delle sacre funzioni. Il suo pavimento lastricato e zeppo ancor si mira da sepolcri di innumere-
voli cadaveri e di benemeriti confratelli …”
Notiamo anzitutto che Lentini è stata sede episcopale dalla fondazione della sua Chiesa alla conquista araba. Coi Normanni però appartenne alla diocesi Siracusana (Pirri, Amico), come Spaccaforno (Isbacha, 1093). Il Papa Giovanni, per ordine del quale sarebbe stata consacrata la chiesa, quattro secoli prima, cioè nel 1300, potrebbe essere Giovanni XXII (1316-34), che però non è santo. Infondata poi la pretesa di essere stata la prima Chiesa Madre, perché l’unica Matrice sin dall’inizio, come attesta un documento del 1308, è stata la Chiesa di S. Bartolomeo. Anche la pretesa della primazia dell’Arciconfraternita non è documentata. Pare comunque verosimile la costruzione della chiesa nel sec. XIV, cioè oltre un secolo prima del 1453, mentre le altre notizie, anche se esagerate per dar maggior importanza all’edificio sacro, sono sostanzialmente confermate dalle visite dei Vescovi siracusani e dagli storici locali.
GLI ALTARI
Secondo la Fronterrè, gli altari dell’Annunziata erano 9. All’altare maggiore c’era la grande pala lignea cinquecentesca dell’Annunciazione; a destra la statua del Cristo con la croce, fatta nel 1623 da un artista notinese e distrutta nel terremoto, a sinistra il Risuscitato coi due soldati di guardia, portato nella nuova chiesa e recentemente restaurato. Seguivano altre sei cappelle, tre per lato: una con la Cassa delle Reliquie, una dedicata alla Madonna dell’Itria e una a S. Andrea Avellino. Gli altari erano rivestiti di marmo e quattro paliotti furono recuperati alla fine dell’’800 e sistemati negli altari della nuova chiesa.
Ma dalle Visite dei Vescovi il loro numero non supera sette e la dedicazione risulta mutata in due secoli. Nel 1568: Altare Maggiore, S. Venera, S. Michele, S. Maria dello Spasimo, S. Maria della Purificazione. Nel 1573 è aggiunto l’altare di S. Serafino. Nel 1607: Altare della Resurrezione di N.S. Gesù Cristo, di S. Lazzaro, S. Michele e altri. Nel 1683: Maggiore con la statua della B.V. dell’Itria, del SS. Gesù con la Croce sopra le spalle, della Beata V. Maria, dei Tre Re, della B. Vergine Annunziata, del SS. Salvatore Resuscitato. Nel 1696, dopo il terremoto: Maggiore, Resuscitato, S. Maria di Trapani, S. Maria dell’Itria, N.S. Gesù Cristo che porta la Croce, dei “Malati”, che viene interdetto. Nel 1700, prima della consacrazione della nuova chiesa: S. Maria dell’Itria, Resuscitato, S. Lazzaro.
LA CAVA D’ISPICA
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