BARAVITALLA

LA TOMBA A FINTI PILASTRI

 

  Questa vasta contrada dell’altopiano roccioso che incombe a nord dell’ingresso della Cava d’Ispica, ha al suo centro un poggio alto ca. 40 mt, simile al Fortilizio di Ispica, una rocca naturalmente fortificata ed inaccessibile, coi fianchi nord e ovest che precipitano sul fondo della Cava e solo quello orientale aperto e pianeggiante. La zona, con quella vicina di San Pancrazio-Cozzo presenta centinaia di grotte, complessi rupestri, ipogei ed oratori, e come quella attorno al Fortilizio di Ispica, più di ogni altro luogo siciliano, testimonia una continuità abitativa dalla preistoria al periodo siculo, al greco, romano, bizantino, medievale e fino quasi al Novecento. Essa ha costituito il vasto sito dell’antica città indigena poi siculo-greca di Tyracina (Manni, Messina, Trigilia).

   Alcune esplorazioni di superficie fatte negli anni 1960-70 da L. Bernabò Brea, hanno portato alla luce abbondante ceramica preistorica della prima età del bronzo, utensili in pietra lavica ed in selce e alcune sepoltura a grotticella artificiale. Scavi più consistenti anche se ancora parziali, effettuati da G. Di Stefano negli anni 1980, hanno scoperto i resti di un villaggio preistorico e della sua necropoli risalente, nella fase più antica, alla facies castellucciana, dell’antica età del bronzo, 2200-1400 ca. a.C. Resti di capanne con battuto di ca. m2 6-7 e diam. 2,5, con 4 buchi per i pali e muretti perimetrali. L’oggetto più interessante, rinvenuto assieme ad utensili in pietra lavica e selce è un osso decorato con tre globi circolari a rilievo. Un altro simile con sette globi è stato scoperto nella vicina Cava Lazzaro e una ventina sono quelli finora rinvenuti in Sicilia. Questi ossi sono tipici della cultura di Castelluccio e sono stati scoperti anche in altre zone (Malta, Grecia, Puglia).  Hanno verosimilmente significato religioso-magico e indicano forse ventri di donne incinte o simboli astrali (V. La Rosa, 1989).  Abbondante la ceramica acroma e decorata con qualche motivo geometrico in nero su fondo rosso (bande, strisce, filetti, denti di lupo, losanghe), derivato dalla cultura vascolare greca. Un’olletta biansata appartiene al bronzo medio (facies di Thapsos – 1400-1250 ca.). Resti di due focolari costruiti con piccole pietre a forma circolare (diam. 1,20 ca.) e avanzi di pasto con ossi di animali Un grande muro orientato nord-sud, lungo 20 mt., spesso 1,5, a doppio paramento con cassa ripiena di pietrame e terriccio; i primi filari sono fatti con pietroni non squadrati. Non si tratta di una recinzione di alcune capanne col bestiame domestico (Procelli), ma di una costruzione fortificata più antica del villaggio e poi da esso inglobata. E’ simile ad altre che si trovano in siti coevi della Sicilia Orientale (Branco Grande presso Camarina, Calicantone, Forza, Timpa Ddieri a Villasmundo, Thapsos ecc.) e del Mediterraneo (Di Stefano)..

   LA NECROPOLI. E’ ricavata a N.O. nella parte alta del costone roccioso della Cava e comprende più di settanta tombe. Alcune sono state riutilizzate in età paleocristiana, altre ampliate ed adibite ad abitazione. Ma la maggior parte risale all’età del bronzo antico. La tomba più importante ha un prospetto monumentale (lunghezza. 3,80 e 1,15  l’altezza), un padiglione decorato a rilievo da 10 semipilastri, 5 per lato. Al centro una porticella trapezoidale d’ingresso (0,65x0,70), chiusa con portello lapideo ad incastro, per un piccolo dromos, dava accesso a un’anticella ovaleggiante (diam. 1,20 x 0,70); seguiva una seconda porta che immette nella vera camera sepolcrale del tipo a forno, con diam. 2 e 1,50 e volta convessa alta mt. 1. E’ stata rinvenuta parte del corredo: frammenti di fruttiere ad alto piede, tazze, attingitoi. Altre simili tombe già note o scoperte di recente si trovano  in altri punti della Cava e altrove (Cava Lazzaro, Calicantone, Castelluccio, Canicattì, Francofonte ecc.). La tipologia dei padiglioni a pilastri richiama modelli maltesi (Hal Saflieni).. Alcune tombe sono più tardive e riconducibili all’età del bronzo tarda e finale (1250-1050 ca. a.C.).  Da un sepolcreto di questa contrada, di cui però ancora si ignora l’esatta ubicazione, provengono “ un sarcofago ligneo decorato con colonnine tortili in osso e quattro ossa tubolari con incise figure muliebri, la più bella delle quali raffigura una “Vittoria che ha nella sinistra una lunga palma e raccoglie nella destra i lembi di un lungo chitone”. Furono donati dal Marchese Tedeschi all’Archeologo Paolo Orsi nel 1916 per il Museo di Siracusa. Sono piccoli capolavori della plastica tardo-antica della Sicilia (III-IV sec d.C.). Una lucerna con la figura di Iside, datata al II d.C. conferma che si tratta di tombe pagane. Avanzi di una necropoli tardo antica (IV sec.), verosimilmente cristiana, caratterizzata da piccoli ipogei, arcosoli e tombe scavate nella balza rocciosa sono stati recentemente scoperti in questa contrada e in quella vicina, Cannizzara (Sam. Riz. ,2001).  In Cava d’Ispica, oltre Baravitalla ci sono altri siti archeologici appartenenti all’età del bronzo, che ora vengono accuratamente censiti e studiati dagli archeologi Sammito e Rizzone. A Cava Lavinaro ci sono un centinaio di tombe, due delle quali sono decorate con cinque e sei lesene; a Calicantone un’ottantina, a pianta rettangolare o ellittica, molte con padiglioni monumentali. A Scalepiane ce ne sono più di settanta, comprese fra l’età castellucciana e il tardo bronzo. Una presenta nel prospetto una decorazione a dentelli e un’altra due bugne mammelliformi, che sono simili a quelle di alcuni portelli delle tombe di Castelluccio a Noto (Rizzone – Sammito, 99, p. 49s.).. Potrebbero essere messe in relazione al culto della Dea Madre e rappresentare le sue mammelle. Ci sono poi tre tombe a tholos, appartenenti al medio bronzo, facies di Thapsos. Una è molto interessante per la presenza eccezionale del letto funebre (Guzzardi, p. 29). Un’altra ha l’ingresso a triplice cornice. E’ da rilevare che la cultura castellucciana – il nome deriva dal sito eponimo nella Cava della Signora in territorio di Noto - che appartiene all’antica età del bronzo (fine del III- prima metà del II millennio a.C.), “può  essere  definita  come la più ricca, articolata e presente fra le culture preistoriche della Sicilia. Essa è intimamente legata alle “cave” del territorio ibleo, nella cuspide sud-orientale dell’Isola. Queste cave, ricche d’acqua, vegetazione, fauna e frescura, divennero la sede ideale per l’insediamento delle comunità castellucciane” (S. Tusa, Sicilia preistorica, 2000, p. 125).  

LA CAVA D’ISPICA

ARCHEOLOGIA STORIA E GUIDA

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