IL CASTELLO

 

STAMPA OTTOCENTESCA – PASTORI A CAVA D’ISPICA

 

ALTRA STAMPA FINE SETTECENTO CON TURISTI DEL GRAN TOUR

 

HOUEL – VEDUTA DI CAVA D’ISPICA

IL CASTELLO AGLI INIZI DEL 1900

 

 

IL CASTELLO E IL PANORAMA DELLA CAVA

 

   Numerosi sono i grandi insediamenti rupestri di Cava d’Ispica. A partire dalla testata nord  quelli del Cozzo, delle Grotte Cadute, del Salnitro, del Palazzetto delle Grotte Giardina, del Castello, del Convento, della Capraria e in ultimo quello del fondo valle alla Forza di Ispica.

   Il più noto è certamente il cd. Castello. Questo monumento, che ha le caratteristiche di un luogo fortificato ed ha suscitato grande interesse nei viaggiatori europei del Sette e Ottocento, si trova in alto sulla parete rocciosa di destra, alta ca. 30 m., in posizione imprendibile e isolata. E’ disposto su cinque piani sovrapposti, comunicanti per mezzo di un tunnel interno a sezione circolare con appigli e pioli. L’ingresso originario è costituito da un’angusta, ricurva galleria con volta a botte (lung. m.8, alt. 1,70). E’ un accorgimento di efficace difesa da possibili nemici. Essa dà accesso a un  cortile illuminato dall’esterno che si sviluppa secondo un asse allungato, attorno al quale si sviluppano gli ambienti, di forma rettangolare o quadrata. L’ambiente vicino all’ingresso era probabilmente utilizzato come cucina, perché c’è il posto del fuoco e del forno. Gli altri vani non pare abbiano una destinazione precisa: le porte e finestre hanno incavi per chiusure lignee e lungo le pareti  ci sono piccole nicchie, intacchi per cavicchi, mensole, palchetti, letti, ripiani e tramezzi. In fondo al ballatoio due piccoli ambienti con finestrelle servivano probabilmente come torrette di avvistamento. I piani più alti, che sono in parte crollati, avevano analoga sistemazione.

   Altre costruzioni fortificate simili, detti “ddieri”, si trovano nelle cave iblee, come quello di contrada S. Marco nel notinese e quello della Cava Grande del Cassibile, arroccato in posizione quasi inaccessibile. Il cd. “Palazzo di Pantalica” è composto di 5 piani come il Castello; l’Orsi lo assegna all’età bizantina, come la vicina chiesetta di S. Micidiario, la cui datazione è provata dai resti di affreschi e dai titoli in essa rinvenuti ( Sicilia Bizantina, Tivoli 1942, p. 21). Il ddieri grande di Bauly, fra Palazzolo e Noto, ha tre piani e due vani circolari nel 2° con una croce incisa, certamente destinati ad oratorio della comunità monastica (cfr. G.M. Curcio, I Ddieri di Bauly, in “Arch. Stor. Sirac.”, 1959-60, pp. 129-139). Al Mulinello nel lentinese, c’è il villaggio rupestre di Timpa Ddieri, (cfr. A. Messina, Le chiese rupestri del Siracusano, 1979) che costituisce uno dei più grandi insediamenti su parete a vari filari, fino a 8!, comunicanti mediante scalette e pozzi scavati nella roccia. L’accesso consiste in una piccola imboccatura che immette in uno stretto, sinuoso cunicolo, da cui si dipartono le scalette che danno accesso ai nuclei dei diversi filari. Si tratterebbe  di  un’ opera molto antica ma posteriore alla vicina necropoli preistorica del periodo castellucciano e al suo villaggio capannicolo. Le tombe a forno sono state infatti modificate per successivi ampliamenti e ristrutturazioni.; come nel Castello della Cava d’Ispica. Furono comunque riutilizzati in età ellenistica, come prova il cocciame ivi rinvenuto dall’Orsi del III-II sec. a.C. (N. S. 1902, pp. 631-636).  Un ambiente che presenta caratteri cultuali al centro del filare mediano e tracce di disegni, provano il riutilizzo in epoca paleocristiana e bizantina e poi  dall’età normanna fino al ’600. Non è da scartare l’ipotesi dell’Holm che si tratti di opera preistorica dei Siculi (I, p. 220ss.). Un confronto in proposito è da fare con una necropoli a labirinto, scoperta recentemente nel ragusano, che L. Guzzardi data al periodo castellucciano ( “Riv. Scienze Preist.”, XXX, 1-2, 1975, pp. 397-99.). Il Pace li attribuisce agli indigeni discendenti dagli antichi Siculi che vi si rifugiarono per sottrarsi alle conquiste dei Greci di Siracusa, al tempo della loro prima colonizzazione (I Barbari e i Bizantini in Sicilia, Pa. 1911, p.82).

   Il “Castello” di Cava d’Ispica, secondo noi, è uno dei “castelli”, simili a quelli in muratura, dell’antica Tiracina, che aveva il “primo posto fra le città dei Siculi” (Diodoro. Cfr. M. Trigilia, Ina e Tiratina – Le antiche città di Cava d’Ispica, 2001),  scavati in epoca preistorica e riadattati nel sec.VIII-VII a.C., come dice il Pace, o più probabilmente nel V sec. al tempo della guerra dei Siracusani contro Camarina. In età paleocristiana e bizantina si ritornò a scavare le rocce, dice l’Orsi,  secondo l’antica tecnica dei Siculi, per ricavarne chiese, oratori, conventi e abitazioni. Altri riadattamenti  ci furono nei secoli VII-VIII, ai tempi delle lotte iconoclaste e delle prime incursioni degli Arabi, che poi li conquistarono quando presero “i castelli della Tiracinaia”.  Fino al periodo cristiano furono abitate da famiglie patriarcali numerose o clan familiari; in età bizantina da comunità monastiche come provano gli oratori annessi.

 

LA CAVA D’ISPICA

ARCHEOLOGIA STORIA E GUIDA

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