LA DOMINAZIONE ARABA
Durante la conquista e la dominazione araba ci furono nuovi martiri; i Cristiani, che per la grande maggioranza restano nella loro terra, anche se sottoposti a dure condizioni di sudditanza e frequenti persecuzioni, conservano la loro fede, insieme con la lingua latina e greca nella Sicilia Orientale (Amari, II,460). La religione però rischiò di estinguersi, come avvenne invece in Africa settentrionale. Non si costruirono più chiese, la serie dei Vescovi siracusani si interruppe e non pochi preti e monaci furono costretti all’esilio. Rimasero pochi preti, chierici e monaci di rito greco e latino, come confermano le cronache normanne. E’ proprio per mezzo delle piccole comunità monastiche - la cui presenza è confermata dai numerosi oratori rupestri dell’altipiano acrense (S. Marco, Castelluccio, Pantalica, Buscemi), e possiamo aggiungere anche Cava d’Ispica e altre Cave e altopiani rocciosi iblei, in maggioranza “greci nell’iconografia, nelle pitture, nelle invocazioni graffite” (Orsi, Sicilia Biz., pp.19, 29, 45. Agnello, Sicilia, pp. 211, 236, 308) – sparse per le campagne e le aspre montagne, che l’evangelizzazione profonda dell’Isola “potè resistere all’ondata
islamica, e sotto questa preservare intatti, con la religione, i valori etnici e storici del nostro popolo” (Pace e Garana, Vescovi, p. 92). Dice bene a proposito della lingua il Migliorini (Storia della lingua italiana, Firenze 1960, p.55. Cfr. M. Trigilia, La Madonna dei Milici di Scicli, 1990, pp.52ss.): “La conquista musulmana della Sicilia portò nell’isola nuclei importanti di Arabi; ma la separazione fra le due stirpi dovuta alla religione fece sì che le parlate di Sicilia si svolgessero senz’altra alterazione che l’accoglimento di un certo numero di vocaboli arabi. Che gruppi notevoli di Siciliani siano stati arabizzati e dopo…rilatinizzati, è da escludere in modo assoluto.”. “L’arabico”, dice l’Amari, principe degli arabisti, (3,904) ha lasciato nel parlare siciliano minori vestigi che non si creda comunemente: veruno nella grammatica, un’ombra nella pronuncia, poche centinaia di vocaboli e qualche modo di dire.”. Il Caracausi (Arabismi medievali di Sicilia, 1983) ne ha censiti solo 298 e molti sono d’uso raro e ristretto! La conferma più convincente è data dal fatto che nelle nostre contrade e a Cava d’Ispica in particolare non c’è traccia della presenza degli Arabi, né monumentale né documentaria.
Anche le fonti arabe confermano l’esistenza di agglomerati rupestri attivi al momento della loro
conquista. Solo in qualcuno di questi siti si insediarono anche i coloni arabi abituati al trogloditismo, molto diffuso nelle zone algerine e tunisine, donde provenivano, ma già attestato in età romana da Strabone. Si trattava, anche in Sicilia, di “un modo di abitare ormai consolidato da secoli”. (Messina, 1979) e diffuso specie in epoca paleocristiana e bizantina, prima della conquista araba. Ma a Cava d’Ispica continuarono ad abitare i cristiani, come dice bene il Pace; e il culto continuò.
Parecchie croci ancora esistenti nelle grotte, per lo più col monogramma costantiniano del IV sec, oltre quelle già note all’Agnello e al Di Stefano, sono state recentemente rinvenute nel medicano da Sammito e Rizzone. Contrariamente a quanto afferma il Messina (’94), sulla base delle poche note al Ferrua (1938), esse confermano la presenza e la continuità del culto dei cristiani nelle abitazioni e nelle chiese rupestri della Cava. Per quelle in parte scalpellate, non c’è alcuna prova, (per es. lettere arabe) che siano state abrase dagli Arabi, o prima di loro dai Vandali e dagli Iconoclasti. Altre sono scomparse per crolli, erosione, distacco di intonaci e soprattutto ad opera di vandali dei tempi recenti. Che se d’altronde fossero (o furono in parte) state scalpellate dagli Arabi assieme agli affreschi, evidentemente erano state segnate e dipinte dai cristiani in epoca precedente! Il termine poi ddieri, usato per indicare alcuni di questi complessi trogloditici, non è sicuramente arabo, può essere greco e poi tradotto dagli Arabi. In ogni caso non prova affatto che siano stati scavati dagli Arabi o che gli Arabi vi si siano insediati!
Inaccettabile perciò l’opinione recente del Messina (mutata rispetto al 1979) e altri, che tutte le chiese rupestri della Sicilia e i loro affreschi risalgano al periodo basso-medievale, dopo la conquista normanna. Una prova decisiva, secondo lui, sarebbe la datazione della chiesetta rupestre di S. Nicolicchio a Pantalica, che egli (assieme a quelle di S: Micidiario e del Crocifisso) nel 1979 aveva datato con l’Orsi all’età bizantina e nel 1994 (151) vuole datare alla “facies normanna”, sulla base della sua lettura di un’iscrizione greca. A parte il fatto che le 47 lettere rimaste nei quattro righi sono assai poco chiare e potrebbero essere lette in modo diverso, e ben 26 sono state integrate dallo studioso, la data che egli presume di leggere nell’ultimo rigo è opinabile, per non dire infondata. Si tratterebbe della datazione 6677, che secondo il calendario bizantino, corrisponde al 1167-68. C’è da dubitare che si tratti di una data, non solo perché il termine “etos (anno) e il primo cardinale (lo stigma = 6000) sono stati integrati dall’archeologo, ma soprattutto perché, nelle tre lettere rimaste (XOZ) manca l’apice in alto a destra che distingue i cardinali dalle lettere. L’iscrizione potrebbe poi anche appartenere a un periodo posteriore; il che proverebbe, come in molti altri siti, la continuità o ripresa del culto in età normanna. Ben più sicura comunque è la datazione dell’Orsi, basata sui numerosi reperti sicuramente appartenenti al periodo bizantino (VI-VII sec:) rinvenuti nella zona.
Dopo la conquista Normanna, all’inizio del secondo Millennio, il culto nelle chiese rupestri riprende con maggior vigore e continua nei secoli successivi fino al sec. XVII-XVIII, come provano
le fonti documentarie e i pannelli pittorici palinsesti, mentre le grotte della Cava continuarono ad essere abitate fino alla metà del Novecento. Negli ultimi secoli, la distruzione dei dipinti è ripresa ad opera specialmente di contadini ignoranti, nella superstiziosa, stupida ricerca di presunti tesori.
LA CAVA D’ISPICA
ARCHEOLOGIA STORIA E GUIDA
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