IL FORTILIZIO
Il Fortilizio o castello si innalzava sopra un acrocoro isolato, un “oppidum” a guardia dell’ingresso sud della Cava e della via di comunicazione verso l’interno. Il sito, di ca. 3,4 ettari, ben difeso dalle pareti rocciose a picco e da mura poderose, è stato abitato dall’età del bronzo (2200 ca. a.C.), al periodo siculo, greco, romano, bizantino, arabo, medievale, rinascimentale e fino al sisma del 1693. Erano già noti i ruderi di muraglia megalitica, caratteristica degli “anactoron” siculi di Castelluccio e Pantalica. Gli scavi archeologici parziali degli anni 1972-82 hanno portato alla luce i resti dei vari strati archeologici. Utensili e frammenti ceramici dal periodo castellucciano al sec. VIII. Quelli greci vanno da un frammento di cotile protocorinzia del VII sec., al periodo classico ed ellenistico. Più consistenti i reperti del periodo romano-bizantino e abbondante la ceramica medievale, rinascimentale e del seicento. Numerose le monete in bronzo, dall’età greca all’Ottocento. Non meno abbondanti ma più recenti i reperti metallici.
IL CASTELLO-PALAZZO MARCHIONALE
I RESTI DEL PALAZZO MARCHIONALE
Al centro del Fortilizio c’era il Castello-Palazzo. Come provano i reperti archeologici dall’anactoron siculo si passa all’acropoli greca, al castello romano e bizantino, conquistato dagli Arabi e riconquistato dai Normanni. Il Fortilizio e il Casale di Spaccaforno appartenne ai primi del 1300 a Berlinghiero di Monterosso, questore del Regno di Sicilia (Barbieri). Sotto l’Infante Guglielmo (1330 ca.) fu ricostruita “la celebre fortezza” (Amico), dove gli eredi di Manfredi Lancia, nel 1365, resistettero a Federico III. Nel 1382 il fortilizio e il castello, che aveva un suo castellano, fu concesso dal Re Martino a Bernardo Cabrera Conte di Modica. Anche Antonio Caruso, quando prese possesso di Spaccaforno nel 1453 (sec. XV) costruì o rifece torri e mura. Il figlio Nicolò, nel 1470, continuò le fortificazioni per difenderlo dalle scorrerie dei Mori. Gli Statella, succeduti ai Caruso col titolo di Baroni e poi di Marchesi, ingrandirono e abbellirono il palazzo-fortezza nel ’500 e ’600. Esso consisteva in “fortissime fabbriche assai larghe, era munito di baluardi, ornato di un’alta e vaga torre e arricchito con quattro appartati con camere di buona comodità e vaghezza.”. Nel terremoto del 1693 crollò in gran parte e rimase in piedi solo “la parte nord, con alcune precipue officine inferiori, granai ed aule dei piani superiori”(Amico, 1757).
Magazzini, granai e stalle furono utilizzati ancora per qualche decennio; in seguito, essendosi gli Statella trasferiti nel Palazzo della nuova città, il luogo fu abbandonato, adibito a stalle e pascolo e la distruzione continuò per l’incuria e l’azione dell’uomo.
DESCRIZIONE
Gli scavi hanno portato alla luce parte dei lati est ed ovest per ca. 700 mq. Di recente (2006-7) sono stati fatti lavori di sistemazione del sito e del piccolo museo, ma non ulteriori scavi.
L’originario ingresso si apriva a sud per un robusto portone con grandi stipiti parallelepipedi di calcare duro. Ai lati due torrioni semicircolari con feritoie e davanti il ponte levatoio con rivellino. Parte del fossato e delle mura sono ancora visibili e parte della cinta muraria è stata ricostruita negli anni 1970-80.
Ora l’ingresso è a nord da una corte acciottolata a cui si poteva accedere a cavallo dai gradini che salgono dalla sottostante “Scuderia”. Un’altra più piccola corte precede l’ingresso, che ha a sinistra tre vani e a destra alcuni scalini coi resti della torre sopra la quale c’era un orologio meccanico; accanto i servizi igienici. Davanti a sinistra un ambiente con piastrelle esagonali di cotto, a destra un corridoio in piastre spigate di pietra asfaltica. La parte anteriore a sud manca, perché alla fine dell’’800, quando fu costruito lo stradone della Barriera, fu tagliata per un’altezza e lunghezza di ca. 20 m. e alcuni metri di profondità. Sull’orlo del burrone a sinistra, si vede ancora una delle mensole che sosteneva un ballatoio. A sinistra, dopo un’anticamera si passa in un ambiente con pavimento a piastrelle incastrate, oltre il quale si vede un grosso buco (1,80x070), prima coperto da un piano mobile ad altalena sostenuto da un asse, sovrastante una profonda caverna. E’ chiamato “il trabocchetto” (Moltisanti, 80) dove, si dice, erano precipitati i criminali, poiché gli Statella avevano il potere della condanna a morte (mero e misto imperio). Ma forse serviva solo come pozzo per rifiuti. Un grande ambiente nel lato nord-ovest era adibito a cucina, con al centro il posto per il fuoco, una finestra a ponente e a sinistra tre granai a fossa; accanto resti di una colonna.
Il Moltisanti aggiunge che nel Fortilizio c’erano anche “diversi magazzini, officine e la sala degli armigeri con cavalletti per le armature dei cavalli, banchi e buffetti, ed alle pareti infissi degli arpioni per appendervi armi ed indumenti”. Vi sorgevano inoltre case magnatizie palizzate, nonché il Monastero per le Monache Giuseppine sotto la regola di S. Benedetto. Fu costruito nel 1633, secondo il Moltisanti, il 12 ottobre 1664, secondo il Pirri, (ed. 1733, p. 683), intorno al 1660, secondo gli atti dell’Archivio del Comune di Ispica (Arminio II, 100ss.).
La grotta più caratteristica è la cd. “Scuderia”, sita nella parte bassa del lato nord-est, che ha forma rettangolare (13x8). Nel lato destro c’è una lunga mangiatoia sopra la quale ci sono degli incavi per legare i cavalli e buche per contenitori di liquidi. Tre canalette laterali confluenti in una centrale servivano per la raccolta e lo scarico delle urine. Nella parete sinistra ci sono alcuni graffiti raffiguranti cavalieri e quadrupedi, che sono simili a quelli della “Grotta della Signora” della testata modicana e a quelli di una grotta vicino Mineo, databili al X-VIII sec. a.C., secondo il Di Stefano.
LA SCUDERIA
LA SCALINATA DALLA SCUDERIA AL PALAZZO
IL TEATRO
LA CAVA D’ISPICA
ARCHEOLOGIA STORIA E GUIDA
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