S. ILARIONE E LA VITA EREMITICA

   S. Girolamo attesta che il monaco S. Ilarione, partito dall’Egitto, approdò a Capo Pachino donde si ritirò in una contrada interna vicino ad una “villa”, che la tradizione identifica con Ina-Ispica e la sua Cava, dove il santo dimorò dal 363 al 365 d.C. Il suo esempio fu seguito da altri eremiti, che, dopo di lui e specialmente nel periodo bizantino, vissero nei Monasteri o Laure, scavati a più piani nelle pareti rocciose della Cava, con annesso sacello per il culto (Garana, 104 e Lancia di Brolo I, 228). Le fonti monastiche più antiche di ambiente egiziano e palestinese, da cui proviene S. Ilarione, parlano di cenobi rupestri, ricavati spesso in aree catacombali come a Cava d’Ispica.. Anche la letteratura agiografica e quella monastica del VII-X sec. fanno spesso riferimento a casali rupestri e all’uso come abitazione di spelonche. Dice bene G. Agnello: “Largo flusso di vita religiosa fin dai primi secoli del cristianesimo dovette pervadere la regione, con forme continuative che furono raccolte e rese più salde dalla vita cenobitica e dal diffondersi delle piccole comunità brasiliane. Il lievito della civiltà bizantina ha fecondato questa regione”. E certo “allo sviluppo e alla diffusione della vita cenobitica molto dovette contribuire la fama e il ricordo del vecchio Ilarione” (p. 243). L’archeologo A. Messina (Le chiese rupestri del Siracusano, (1979) riassume i contributi precedenti e conferma la posizione tradizionale  (Di Brolo, Orsi, Pace, G.Agnello, S.L. Agnello, A. Di Vita, Garana, Borsari, Falkenhausen e altri) secondo la quale il fenomeno delle chiese, battisteri e cenobi rupestri e in muratura in Sicilia comincia nei primi secoli dell’era cristiana ed ha la sua maggior diffusione in età bizantina.

   Riportiamo numerose altre testimonianze, oltre le poche del Messina (1979), di grotte, sepolcri e chiese rupestri nelle vite di martiri, santi, eremiti e cenobiti del periodo paleocristiano e bizantino, dal I sec. al X. (Cfr. Caetani, Lancia di Brolo, Bibl. Sanct., Carlo Gregorio, I Santi Siciliani, Messina 1999).  S. Pellegrino, primo  vescovo  di Triocala (Caltabellotta), mandato anche lui come

Marciano e Pancrazio, secondo la tradizione, da S. Pietro nel 40 e morto nel 90 ca., visse e fu sepolto in grotte, ancora oggi esistenti, come eremitorio e santuario dove si trovano alcune  testimo- nianze del culto: un altare, nicchie e affreschi.

   S. Sofia, nata a Costantinopoli nel 192, venne in Sicilia e si ritirò a vita eremitica in una caverna di Pantalica.

   S. Agatone, 1° vescovo di Lipari, vissuto nel II-III sec. visse, durante la persecuzione di Decio e Valeriano, in una grotta vicino Lentini  Anche Alessandro, Neofito, Stratonico, Cleonico e Talleleo con la moglie Epifania, martiri nel 238, vissero in grotte sul monte Selinodio presso Lentini: Epifania fu gettata in una grotta, dove furono trovati resti di pitture rappresentanti la sua passione.

   A S. Febronia, martire del III secolo, è dedicato l’eremo di Palagonia con la chiesetta rupestre, datata al V-VI sec. d. C.

   I corpi dei martiri Alfio, Cirino e Filadelfo, martirizzati a Lentini nel III sec. furono sepolti in una grotta, dove poi, dopo la pace costantiniana fu edificata una chiesa. Anche il santo eremita Marco, loro coetaneo, che scrisse gli avvenimenti riguardanti i tre fratelli martiri, visse in grotta.

   S. Vito,  martire  con  Modesto  e  Crescenzia  nel  304,  dimorò a Regalbuto in una grotta e poi in

un’altra presso il Silaro, in Lucania, dove fu sepolto.

   S. Filippo di Agira, detto il Siriano, visse in una grotta del torrente Vallelunga. Nella sua “vita”, c’è un riferimento preciso ad una chiesa rupestre: “In una spelonca dove c’è il triplice pilastro ( tristulon ) e tre basi ( baqmoi ) ordinate con pietre ben rifinite.” (Acta Sanct., Junii II, Venetiis 1742, p. 789). Pare evidente che l’agiografo parli di una chiesa con abside a trifoglio, con pilastri o colonne agli angoli come la cd. Spezieria o quella di Palazzo Platamone di Rosolini.

   Anche Cirillo di Scitopoli ci parla di una chiesa in spelonca. Nella vita di Santo Stefano il giovane, si narra che il santo scavò una piccola cella su un monte per abitarvi.

   S. Archileone, venuto in Sicilia per evangelizzare l’Isola nel V sec., visse in una grotta vicino Paternò. 

   S. Calogero, venuto in Sicilia da Cartagine, visse per 35 anni solitario in una spelonca del monte Cronio, presso Sciacca.

   I Santi anacoreti Nicandro, Gregorio, Pietro, Demetrio ed Elisabetta, giunti in Sicilia nel 788, vissero in grotte, in un luogo nascosto presso Messina, dove furono sepolti in tombe scavate da loro.

  Nella “vita” di S. Elia lo Speleota (IX sec.) il santo abita in una grotta, poi adibita a chiesa del cenobio. S. Luca, nato a Taormina  alla fine del sec. X, sotto dominazione musulmana, visse in penitenza e solitudine in una caverna del monte Etna e fondò un monastero di cui fu abate. S. Stefano il Giovane (IX sec.) visse da eremita a Salice, vicino Messina, in una grotta di contrada coi tari.

  Spesso erano stati riutilizzati, come è frequente a Cava d’Ispica, aree cimiteriali paleocristiane e anche protostoriche (castellucciane o posteriori).

 

 

 

LA CAVA D’ISPICA

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