I SEPOLCRI A BALDACCHINO
I sepolcri più importanti, presenti in parecchie catacombe della Sicilia Sud-Orientale sono quelli a baldacchino o tegurium (monosomi, bisomi o anche doppi). A Cava d’Ispica c’è solo quello bisomo della Larderia, simile ad altri sei, nelle vicine catacombe delle contrade ispicesi di S. Marco e Sulla. I più imponenti della provincia di Ragusa e di tutta la Sicilia sono certo i due della
Grotta delle Trabacche (Ragusa) con grandi sepolcri monosomi (2,30x1,75) circondati da ben 8 e 9 colonnine. Altri teguria si trovano in contrada Cisternazza (Ragusa) e Treppiedi (Modica).
E’ importante notare che numerose tombe a baldacchino di tre tipi diversi ci sono nelle catacombe di Malta, specie in quelle di Rabat e a Roma in quelle dei SS. Pietro e Marcellino. A Malta ed in alcune catacombe romane ci sono anche le “Tavole-Agape”. L’Agape dei cristiani, sin dalle origini (I secolo) era il banchetto nel quale il pane ed il vino, su cui era pronunciata la benedizione ed il ringraziamento (eucaristia), erano consacrati nel Corpo e Sangue di Gesù. Questa “fractio panis” rievocava l’Ultima Cena (1Cor. 11,20. Giuda, 12). Ne abbiamo conferma negli Atti degli Apostoli (2,42.46) e nei Padri Apostolici, dalla Didachè a Ignazio, Tertulliano, Cipriano. E’ anche raffigurata nella cappella greca della catacomba romana di Priscilla, del primo secolo.
Su questi sepolcri monumentali l’Orsi annotava: “E’ azzardato affermare che solo per la forma spettino tutti a martiri e a santi; ma poiché sono i sepolcri più sontuosi e più nobili dei singoli cimiteri, non è da escludere che, oltre personaggi distinti per censo e rango, taluno abbia anche racchiuso cadaveri di quelle centinaia di anonimi ed ignoti martiri, che nei primi tre secoli dell’impero vennero sacrificati e che vennero traslati nelle nuove e sontuose dimore da altri posti, dove erano stati celati nel periodo delle persecuzioni.” (Priolo cristiana, in “Notizie scavi” 1906, fascicolo VI p. 242 ss.). Invero, secondo noi, le comunità cristiane della nostra zona dedite all’agricoltura e alla pastorizia, non onoravano tanto “personaggi distinti per censo e rango”, ma martiri, vergini, presbiteri e monaci di santa vita, degni di essere venerati e la cui memoria doveva essere conservata nei secoli futuri. Ed a conferma c’è la parola dell’Apostolo Paolo (1Cor., 1,26): “ Considerate fratelli la vostra chiamata: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili…”. Riteniamo poi verosimile che alcuni martiri fossero stati deposti, come Cristo nel sepolcro ebraico (Giov. 19,40), in grotte e ipogei nuovi o antichi, e questi “martyria” costituirono i nuclei originari ingranditi poi dopo la pace costantiniana, continuando il precedente costume funerario greco-ebraico-romano, specialmente per il pio desiderio di poter deporre i morti cristiani nelle vicinanze del sepolcro di un Martire. (cfr. Pace, IV, 31). Si sceglievano questi recessi nascosti anche per timore delle persecuzioni e in seguito essi servirono in età vandalica, durante la lotta iconoclastica e in età araba, come conferma il sepolcro di S. Lucia a Siracusa, riscoperto dal Generale bizantino Maniace. Sappiamo invero da Eusebio e da altre fonti che le persecuzioni, specie quella di Diocleziano, infierirono in Sicilia con furore e innumerevoli furono i martiri di cui tacciono le fonti agiografiche. “L’archeologia ha dissepolto qua e là, specialmente nelle campagne [soprattutto quelle della Sicilia Sud-Orientale], i sepolcri talora ragguardevoli di martiri anonimi ed ignoti” (Garana, I Vescovi di Siracusa, 1969, p. 38). “Certo è che umili ed ignorati martiri della nuova fede diedero origine nelle campagne e nei monti alle nuove comunità ed ai loro cimiteri, che in numero sorprendente venivano aperti ovunque, perché eccezionalmente favorevoli le condizioni geologiche delle contrade. Abbiamo dei gruppi ricchissimi attorno a Rosolini, Spaccaforno (Ispica), in Cava d’Ispica, sull’altopiano di Canicattini e di Modica, presso Cassibile e Priolo, a Mulinello (Augusta) e a Ferla ed in molti altri luoghi della montagna, che nella carta archeologica esclusivamente figurano per le memorie cristiane, mentre martirologi e menologi, che tanta luce dovrebbero recare, rimangono per essi completamente muti.”(P. Orsi, Priolo cristiana, NS 1906, p. 186). E’ importante rilevare che le persecuzioni dei primi tre secoli infierirono anche in Sicilia, in particolare quelle di Nerone, Decio, Valeriano e Diocleziano (cfr. Lancia di Brolo, Storia…, I, 165). Il numero dei martiri siciliani di cui si è conservata memoria è di oltre 300, di gran lunga superiore ai santi e beati dei successivi 17 secoli!
Per quanto riguarda il tempo in cui furono scavati questi sepolcri, è dunque molto verosimile che risalgono al tempo delle persecuzioni e siano poi stati usati nei secoli seguenti fino ad epoca bizantina. Le recentissime scoperte di numerosi altri sepolcreti sparsi nel modicano, in aggiunta a quelli già noti, confermano quanto affermava il grande archeologo (cfr. Sammito – Rizzone, 2004). Il modello di queste tombe a baldacchino è certamente il “Tabernacolo” o Dimora del Signore , il Santuario smontabile, tenda o padiglione, (mishkan in ebraico), costruito da Mosè nel deserto per proteggere l’Arca e l’altare, secondo le indicazioni di Esodo 26, 1-30. (Se ne parla in parecchi altri passi dell’Antico Testamento come T. Domini (1Re,2,28), foederis, testimonii (tenda del convegno). (Vago l’accenno in Is.4,5 “la gloria del Signore sarà come baldacchino” (Bibbia di Gerusalemme), anche perché il termine manca nella versione greca dei Settanta, nella Vulgata e nella Nova Vulgata del 1979). Essendo in comune a Ebrei e Cristiani l’Antico Testamento, si spiega perché la tomba a baldacchino si trovi anche in qualche altra rara tomba ebraica della Sicilia e di Malta (Sammito, 2001, p. 128). Nella religione cristiana questa costruzione architettonica servì anche come Battistero e nelle chiese paleocristiane proteggerà l’altare e come Ciborio custodirà le specie eucaristiche, il Tabernacolo del Signore Gesù. Sin dal primo secolo i fedeli si comunicavano e conservavano le specie eucaristiche rimaste per gli infermi ed il viatico in loculi speciali, nicchie aperte nel muro dell’abside o in sacrestia, che per questo si chiamavano “sacrarium, repositorium, armorium, conditorium, turris, aedicula, sanctuarium” e nel rito bizantino “artoforium”. Il termine “repositorium” è legato al concetto di sepolcro, perché il Tabernacolo è, secondo la liturgia, il sepolcro che contiene il corpo di Cristo Risuscitato. (Cfr. le voci Tabernacolo, Fonte Battesimale, Battistero, Altare in E.I.T. ed Enc. Catt:).
Stretto legame c’è anche fra sepolcro e battistero, secondo la parola dell’Apostolo (Rom. 6,4. Col. 2,12): “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché, come Cristo fu risuscitato dai morti così anche noi possiamo camminare in una vita nuova”. “Con lui siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati…”
LA CAVA D’ISPICA
ARCHEOLOGIA STORIA E GUIDA
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