TYRACINA

   IL SITO E LA STORIA. Secondo lo storico Diodoro Siculo Tyracina, che egli chiama Trinakia, teneva “il primo posto fra le città dei Siculi”. Nel 440, alleata di Ducezio, resistette eroicamente ai Siracusani, che riuscirono a stento ad aver la meglio su “uomini prima invincibili”, i quali preferirono la morte alla schiavitù. La città fu distrutta ma venne poi ricostruita perché Plinio enumera i Tiracinesi cogli Inensi fra gli “stipendiari” del popolo romano.

   Secondo noi, il nome Tyracina è greco, formato da “tura”, “porta” e Ina, cosiddetta perché costituiva la porta o inizio della Cava di Ina o Ispa, nel cui fondo c’era Hispicefundus.

   Da un’epigrafe del 198 a.C. rinvenuta a Delfi risulta che la città, chiamata Tyrakion era ubicata nella punta sud-est della Sicilia fra Eloro e Camarina; era dotata di autonomia e di una certa floridezza e aveva verosimilmente un tempio di Apollo. La nominano anche il retore Alessandro di Efeso (I sec. a.C.), e i bizantini Guidone e Stefano (VII d.C.), che scrive: “Tyrakine, città della Sicilia piccola ma florida.”

   L’Houel, che visitò la testata modicana della Cava d’Ispica  nel 1775 attesta: “All’estremità nord della Cava si incontra un vasto recinto dove si è avuta una città greca…Le rocce sono forate da grotte sepolcrali ornate di iscrizioni greche.”

   Nel 1912 P. Orsi nella contrada Baravitalla rinvenne in una tomba del III sec. d.C. un sarcofago con quattro ossa tubolari ornati da una Vittoria palmata. L’archeologo Aldo Messina, che con il Pace e il Manni colloca Tyracina nella parte nord della Cava, considera questo raro e prezioso rinvenimento  testimonianza della floridezza di Tyracina tardo-romana..

 

TYRACINA CRISTIANA

   La comunità cristiana di Tyracina risale ai tempi apostolici. Infatti nella “Vita” in greco di S. Pancrazio, protovescovo di Taormina, mandato in Sicilia da S. Pietro nel 40 d.C., è detto che il pio Sacerdote Epafrodito, suo discepolo, pervenne dalle “parti di Torakine”, dove predicò il Vangelo, convertì gli abitanti e costruì una chiesetta chiamata “casa della pace”. Era la chiesetta originaria che, dopo il martirio del Santo, dai primi cristiani modicani fu dedicata a S. Pancrazio, come dice Placido Caraffa (1653). 

   I più significativi monumenti di Tiracina cristiana e bizantina sono le catacombe, di cui la più grande era la Larderia, le chiesette rupestri e soprattutto i resti della basilichetta in muratura di S. Pancrati. Nel periodo tardo-romano e bizantino la Cava d’Ispica e l’ager moticanus erano fittamente costellati di fattorie e piccoli villaggi trogloditici con le rispettive rocche, le vicine necropoli e le chiesette rupestri. L’Orsi, agli inizi del 1900, portò alla luce i resti di numerosi villaggi in tecnica megalitica.

   Nell’845 gli Arabi conquistarono “i castelli della Tyracinaia”, cioè il territorio di Tyracina, che era il centro fortificato più importante della zona. Il Carrafa riporta i nomi di diversi antichi castelli: Cansaria, Cassaro, Tremisiri, Trepileri… Dopo la loro conquista e distruzione, gli abitanti si rifugiarono nelle grotte della Cava, in luoghi riposti, al sicuro dalle frequenti razzie dei Saraceni, che depredavano, uccidevano e distruggevano le immagini sacre. La conferma l’abbiamo nella cronica di Ibn Al Athir, il quale dice che il crudele Emiro Al Abbas, al ritorno dal saccheggio nel contado di Siracusa, giunto alle “grotte di Tyracina” si ammalò e morì il 14-8-861. Dopo la sua distruzione, non abbiamo più alcuna testimonianza su Tyracina e di essa si dimenticò nome ed esistenza.

 

 

 

 

LA CAVA D’ISPICA

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