La funzione delle torri siciliane costruite nei secoli XVI e XVII 

Sicilia: Centro Studi Helios

 La funzione delle torri siciliane costruite nei secoli XVI e XVII 

(di Tommaso Aiello)

Heritage Sicilia

Il XVI secolo fu il periodo storico durante il quale maggiormente si sentì il terrore per gli attacchi dei pirati barbareschi, i quali imperversavano in tutto il Mediterraneo e le coste siciliane, con improvvisi sbarchi e razzie di merci e di esseri umani da commerciare come schiavi nei porti del nord Africa o da rilasciare dietro pagamento di riscatto. Questo tipo di problema fu talmente grave da influenzare pesantemente la vita quotidiana della gente dell’epoca: ricchi e poveri, giovani e vecchi, uomini e donne, tutti, proprio tutti, vivevano nel timore di uno sbarco di corsari sulla costa, e delle conseguenti razzie nell’entroterra. E’ solo nella prima metà del XVI secolo che si comincia una reale organizzazione delle strutture difensive costiere. A partire dal 1532, sotto l’impero di Carlo V, il vicerè di Napoli don Pedro Alvarez de Toledo y Zùniga, marchese di Villafranca del Bierzo, iniziò la costruzione di torri costiere. Particolarmente interessante la lettera che il vicerè De Vega,nel 1550, inviò al senato di Palermo, con la quale forniva le necessarie disposizioni ai tre bracci del Parlamento, per migliorare la gestione e i rapporti tra tutte le torri di Deputazione, quelle poste sotto la giurisdizione delle locali “UNIVERSITAS”e le centinaia di torri private o “appadronate”, sparse lungo la fascia costiera e nell’entroterra:

 

Torre Albaxara    Foto Aiello

  

<<ET ESSENDO QUESTA CITTA’ OBBLIGATA ALI GUARDIJ A LI TURRI ORDINIAMO ET COMANDIAMO SENZA POST POSIZIONE ALCUNA DI TEMPO DEBBESI METTERE ET FARE LE DETTE GUARDIE TANTO DI NOTTE COME DE GIORNO…CHE CONVIENE CON SIGNALE DE FOCO LA NOTTE ET DI GIORNO DI FUMO QUANDO SE SCUOPESSERO VELE  DE  REMO>>. (Atti, bandi e provviste 1549-50, f.198) La realizzazione delle torri si rendeva necessaria per le continue scorrerie di corsari  come Khayr al-Din, detto Ariadeno Barbarossa, e Tabach Rais, detto Dragut. Ma chi erano questi corsari e questi pirati? Essi erano veri briganti del mare, senza legge e con l’unico scopo di arricchire se stessi, accumulando tesori preziosi. Nel corso dei secoli il Mediterraneo fu infestato da pirati barbareschi, cioè provenienti dalla Barberia, abitata dai Berberi. Veloci e coraggiosi, i pirati barbareschi calavano come un fulmine sulle navi  e sulle coste operando per proprio conto sia in tempo di pace, sia in tempo di guerra. L’insufficienza del sistema di difesa venne ulteriormente provata qualche anno dopo, vicerè Juan Manrique de Lara.

Il 13 giugno del 1558,il turco Pyaly Mustafà, istigato dai francesi, alla guida di una flotta di oltre 100 galere, sbarcò con 2000 uomini sulla marina di Sorrento, rapendo 4000 persone e razziando tutta la costa. Nell’ottobre del 1558, dopo pochi mesi dal suo insediamento, Juan Manrique de Lara fu sostituito da un luogotenente generale, Bartolomè de la Cueva d’Albuquerque e successivamente dal vicerè Don Pedro Afàn Enriquez de Ribera Y Portocarrero, duca di Alcalà, sotto il re Filippo II di Spagna. Anche al nuovo vicerè, apparve evidente che le scorrerie saracene erano favorite dalla mancanza di torri di avvistamento e di una flotta. Ma un vero e proprio progetto di fortificazione della costa siciliana per la difesa delle attività produttive e commerciali dalle scorrerie dei corsari,mediante un complesso sistema di torri delle città costiere, fu redatto dall’architetto senese Tiburzio Spannocchi per incarico del vicerè di Sicilia, Marcantonio Colonna, dal 1577 al 1579.

Il progetto dello Spannocchi fu poi oggetto di verifica e di realizzazione da parte del Commissario Generale Giovan Battista Fresco e dell’architetto fiorentino Camillo Camilliani, nel 1583-1584. Lo Spannocchi nel suo”Descripcion de las marinas de todo el Reino de Sicilia e il Camilliani nel”Libro delle torri marittime” indicano con autorevolezza e competenza il luogo dove costruire le nuove torri, come ristrutturarle con i nuovi canoni di difesa, decidono quale tipo di artiglieria e il peso dei cannoni da posizionare sopra i tetti delle torri stesse. Altri architetti militari che compirono il giro dell’isola per migliorarne la fortificazione, furono: il lombardo Ferramolino da Bergamo (1547), il leccese Del Prado Pietro(1552), il toscano Conte Antonio(1558) ed i siciliani Ventimiglia Carlo Maria(1634) che fu soprannominato l’Archimede di Palermo e Negro Francesco(1637?).

 

                                                                                                                     

Il Camilliani venne inviato in Sicilia con la carica di “sovrintendente”alle fortificazioni del Regno, per “riconoscere la circonferenza dell’isola, e descriverla in carta, specificando i porti e i luoghi, dove eran le torri, e quelli in cui doveansi fabbricare le nuove”. Sul finire del secolo XVI, però, il terrore per i saccheggi, le depredazioni, le atrocità commesse da pirati e corsari, turchi e saraceni che sbarcavano sulle coste siciliane, fu così grande da indurre, appunto la deputazione del regno di Sicilia a restaurare le antiche torri in rovina, e soprattutto, a costruirne di nuove in un fittissimo sistema che circuiva l’intero contorno dell’isola. Preoccupazione,questa,che Camilliani (Camiliano nei manoscritti, Camigliano in R. De Gregorio, Camiliani da G. Di Marzo fino a G.Samonà) palesa costantemente nei suoi appunti di viaggio. Scrivono, in proposito, Salvatore Mazzarella e Renato Zanca: <<Camiliani , in altre parole, in questo viaggio prendeva viva e personale conoscenza della frequentazione che delle coste siciliane turchi e corsari facevano, insidiando la sicurezza delle persone e dei beni che vi stavano… Infatti da tempo, e comunque per quello del secolo XVI ormai volto, sul Mediterraneo si esercitava la politica aggressiva dei turchi a danno delle potenze europee>>.

Era indispensabile, dunque, la sorveglianza costante del mare, soprattutto nel periodo da aprile ad ottobre, quando il mare era generalmente calmo, ferveva la raccolta dei prodotti ed intensi erano i traffici commerciali.

Il sistema   di avvistamento per mezzo delle torri offriva queste garanzie di una sia pur sommaria difesa,ma,soprattutto,consentiva in un tempo che oggi definiremmo reale, di dare la notizia dell’avvicinarsi d’imbarcazioni nemiche,mediante segnalazioni di fumo, di fuoco(fani) o sonore con campanelle e “brogne”(grosse conchiglie), ai castelli e alle strutture fortificate dell’entroterra in maniera da consentire l’approntamento di tutti i sistemi difensivi,prima dello sbarco degli invasori.

     

Torre Belvedere    Foto Aiello

 Riportiamo un documento sull’uso dei “fani”: <<Quanto alle torri appadronate, e guardie, che altri pongono, e pagano oltre quelle della Deputazione, il    Commessario Generale farà istanza, e d’ordine nostro provvederà, che ciascheduno mantenga ordinariamente il dovuto, e necessario numero di guardiani sufficienti, oltre quelli che straordinariamente al tempo dell’estate, e per sopravegnenti occasioni sogliono, e deon essere aggiunti, facendo esso Commessario di parte nostra ingiunzione ‘a Giurati, Baroni, e padroni de’ luoghi, a cui carico stian tali guardie, e a lor Gabelloti, Inquilin ed anco alli Gabelloti, ed Inquilin degli Ecclesiastici sopposti a questo peso di somministrar la spesa necessaria per il pagamento di essi Guardiani, e per la riparazione e provisione delle torri, e luoghi ch’essi hanno cura di far guardare, e provvedere; talchè non cessi, né s’interrompa l’INSTITUITA CORRISPONDENZA UNIVERSALE e delle negligenze, e contravvenzioni, che ritroverà, porti a noi relazione>>(Ordinazioni del Conte  di Olivares, 28 aprile 1595, da Archivio storico palermitano-Ordinazioni e Regolamenti, pag.158).  Della “brogna” ne parla anche il marchese di Villabianca nel suo opuscolo” Torri di guardia dei litorali di Sicilia” a pag.34-35, descrivendo le origini di questo strumento, e specificando inoltre: ”servirsi della Brogna i soldati per guardare i corsari: ed infatti oggidì(XVIII sec.) i soli custodi delle torri che sono intorno la Sicilia hanno l’uso di sonarla per avvisare con essa le persone e barche che pericolano essere sorprese da’ nemici”. Alla fine del Cinquecento, quindi la deputazione del Regno di Sicilia poteva contare su un formidabile apparato di 197 torri (44 della deputazione e 153 a carico di “Sua Maestà”, del Senato di Palermo e di altre “Università”.

Ma vediamo la descrizione che fa il Camilliani della costa del Golfo di Castellammare: ”Siegue più avanti oltre due miglia di lido, dove, si trova frà l’altre una spaventosa e notabil cala chiamata la Grottazza, donde vi si potria occultar, si come più volte è succeduto nascondervisi una galeotta alborata con tutta la antenne, e palamento, e per tal causa vi s’è fabricata la torre ql hà corrispondenza de’ soliti segnali, et atta à poter offender li nemici vascelli.

Più oltre circa due miglia si trova una punta, ch’esce molto in mare accompagnata da pericolose cale quivi d’intorno, perciò s’è disegnato farsi una torre, et assicurerà il lido, e la comarca dei luoghi vicini.. Lassato Murro di Porco (oggi Mussu di porcu-Muso di porco) si scorre il lido per cinque miglia, nel qual spazio si trova il fiume di S.Cataldo (Nocella), e lo scaro di barche, e quivi vicino il trappeto di Partinico, et la foggia de Jato (foce del fiume Jato), et in ultimo la punta del Serchiaro onde  è il termine  delle sopradette cinque miglia. A questo luogo s’è designato una torre, la qual sarà guardia,et aviso de luochi co’ vicini di tutta la piana, e sala di Partinico”. (Vedi :Aldo Casamento-Il libro delle torri maritime –di Camillo Camiliani, pag.123).

 

  Osserva bene Salvo Vitale (Le torri del Distretto- pag.9) che il progetto di Camillo Camilliani, non potè essere portato a termine per svariati motivi, non ultimo quello economico, però il suo lavoro è servito all’individuazione di quelle torri, dette appunto”camilliane”, che hanno una tipologia quasi sempre uniforme.

                                                                

 

 

  Fascia costiera che va da Palermo a Trapani con l’indicazione delle torri di avvistamento.Elaborazione di Salvo Vitale

                                                                 

  Da un punto di vista puramente tecnico la torre costiera ha un valore in quanto offre garanzie tangibili in qualunque momento si verifichi l’attacco nemico. La tipica torre costiera o dell’entroterra è destinata ad ospitare una vedetta o un piccolo presidio militare ed ha una pianta quasi sempre quadrata con mura in pietra sbozzata (almeno per le più importanti e le più imponenti.

Internamente si sviluppa in alcuni casi su un unico piano destinato ad ambiente anch’esso unico, in altri, su due o tre livelli, coperti a volta  e destinati ad ospitare, in ordine crescente di altezza: la mangiatoia per i cavalli ed il magazzino delle vettovaglie, l’alloggio e l’armamento, consistente in colubrine, archibugi , petriere ed un fornello per le fumate ed i fuochi di segnalazione.

L’accesso alla torre è consentito mediante una scala collocata sulla parete a sud, poiché la parete rivolta verso il mare è cieca, in quanto più esposta al pericolo.

Diffusa è la presenza di caditoie che, realizzate quasi sempre negli sporti e nei ballatoi della “controscarpa”, servono a riversare sugli assalitori sassi,liquidi bollenti e materiale infiammato.

 

 Ci sono poi le torri più piccole,dove ,al primo piano,lo spessore dei muri si dimezza e non supera il metro e presentano inoltre una sola apertura in corrispondenza del lato dal quale eseguire gli avvistamenti,mentre il coronamento presenta merlature esili ed alte.

Il sistema delle torri,iniziato nel 1563, fu completato soltanto nel 1601.

Le torri si dividevano in due grandi categorie:

LE TORRI DI DIFESA, che sorgevano vicino ai centri abitati ed erano provviste di una guarnigione armata. A seconda delle dimensioni,erano dotate di due, quattro o sei pezzi di artiglieria di medio calibro.

LE TORRI DI GUARDIA O DI AVVISTAMENTO (guardiole), più piccole, con pochi uomini di guardia ed un solo cannone, erano disposte sulle alture, oppure lungo la costa, in ottima posizione per sorvegliare molte miglia di mare. Ogni torre era in vista delle due limitrofe, in modo da poter comunicare.

Da un punto di vista amministrativo, lo studio tipologico di tali opere difensive, mette in rilievo tre tipi di torri che mostrano caratteristiche diverse tra loro, in funzione delle loro specifiche peculiarità di difesa. Si hanno così:

LE TORRI DI DEPUTAZIONE,LE TORRI DELLE UNIVERSITAS E LE TORRI

APPADRONATE, dette anche “agricole” o di “seconda sfera”.

Le torri dei primi due tipi, ebbero la peculiarità di offrire una forte resistenza ai frequenti attacchi pirateschi e barbareschi, poiché concepite, come abbiamo visto, con spesse mura, merlate e con cannoniere per rispondere al fuoco e munite di cisterne per l’acqua piovana, utilissimo elemento in caso di prolungato assedio.

Il terzo tipo, le torri apppadronate, furono concepite come robusti magazzini agro-pastorali e naturalmente di difesa delle maestranze, nel caso che il nemico si fosse spinto in profondità all’interno delle coste. Più piccole e meno robuste, salvo qualche raro caso, erano dette anche torri di “particolari” ed erano costruite da privati cittadini

per difendere le maestranze ed i loro beni.

A noi interessa però rilevare che queste torri costruite tra il XVI e XVII secolo hanno in comune il grande fascino di antichi edifici storici, che rappresentarono uno scudo in difesa delle popolazioni rivierasche e delle magre economie siciliane.

Inspiegabilmente però alcuni studiosi le definiscono”architettura minore”, per cui non ci stancheremo mai di contribuire a dare dignità a tali monumenti, come del resto hanno fatto in passato Salvatore Mazzarella, Renato Zanca, Ferdinando Maurici,         Calogero Carità.

 

Queste costruzioni vanno annoverate nella tipologia dell’edilizia rurale. Infatti la struttura di queste torri risponde perfettamente al tipo di costruzioni rurali: bagli, masserie, mulini disseminati in tutto il territorio siciliano. Identici sono i materiali costruttivi utilizzati e identica è la tecnica usata per le altre tipologie edilizie. Del resto esula dal nostro compito fare delle ricerche approfondite miranti a individuare i nomi e i siti di torri di cui parlano gli storici del passato,ma che non esistono più. Lo hanno fatto altri “studiosi”, alcuni dei quali, si sono impegnati in minuziose copiature di documenti, nel tentativo di far rivivere solo ipotetiche congetture tratte dal Fazello: Dell’historia di Sicilia,Venezia 1573, o da A. Mongitore: La Sicilia ricercata –A. Forni, 1977.


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