Rispetto a quella di Vittorini,la Sicilia di Brancati è luogo più reale e quasi esclusivo nella sua topografia letteraria,scenario che gli si svela nella sua dimensione psicologica,di costume,storica e morale,da conoscere e da giudicare,con affetto e con occhio critico .Qualche anno prima di Vittorini,Vitaliano Brancati,nativo di Pachino(1907-1954),imboccò la strada dell’opposizione al regime dopo aver dato fondo alla sua precoce adesione al fascismo:nel ’33 Borgese,emigrato in America,gli inviò una lettera che portò a compimento la crisi del giovane scrittore fascista. Nel ’35 egli
ripudiò tutti gli scritti giovanili:con grande coerenza morale rifiutava
una promettente carriera politica e letteraria proprio negli anni di
maggior consenso per il regime .La sua vera nascita di scrittore avviene
quando approda ad una coscienza rapprentativa regionale .Nei modi
allusivi della rivista”Omnibus”di Longanesi,Brancati inizia allora a
cogliere la dimensione provinciale della noia su cui si infrange nella
sua inutilità quel momento storico:scrive racconti come La Noia,del
’37,mentre nel ’38 esce il romanzo Gli anni perduti,che diventa
l’allegoria della sua giovinezza spesa dietro il fatuo attivismo
fascista,celato dietro la vana edificazione d’una torre .La grigia
provincia brancatiana è l’altra faccia dell’Italia littoria:vi fa le
prime provel’”umorismo serio” dell’autore,vi figura la società catanese
tra noia e sensualità .Vi appare già il tema del
gallismo,destinato ad essere tratteggiato-tra scoppiettante ironia ed
affetto-nel riuscitissimo romanzo Don Giovanni in Sicilia(1941) .Per
inciso in quegli anni incontra la bravissima attrice Anna Proclemer che
sposa nel ’43 e da lei ha una figlia di nome Antonia.
Ma torniamo
al nostro discorso,dicendo che il male comune agli uomini del Sud era il
“gallismo” che consiste,scrive il Brancati,principalmente nel dare a
intemdere di essere in possesso di una straordinaria forza
virile;raffigurandolo nel romanzo,lo scrittore coglie un fenomeno tutto
isolano,che nasce dalla trasformazione dell’apprensione,dall’angoscia
storico-esistenziale,in vitalismo .Ma le inibizioni e la repressione
sessuale trasformano il “gallismo” in una innocua dimensione onirica,in
una fantasticheria erotica che per i personaggi del Don Giovanni in
Sicilia è la vera dimensione del piacere .L’antifascismo del romanzo va
colto non tanto nel valore eversivo di “quella cosa”,che primeggia in
cima ai pensieri del maschio meridionale,ma in maniera pù mediata:perché
Giovanni è quel personaggio comico che nasce nei regimi totalitari a
causa di “un’amputazione progressiva della personalità,una cancellazione
di sfumature,un impoverimento ottenuto col restringersi delle facoltà
critiche” di cui parla Brancati nelle sue importanti riflessioni su Il
comico nei regimi totalitari .Per questa via il gallismo costituisce per
Brancati.che egli ne fosse consapevole o non,una sorta di correlativo
oggettivo di tutt’intero un costume .Così,antifascista e comico è il
racconto Il bacio(1938).dove l’annichilimento della personalità si
manifesta nel giovane che vuole ad ogni costo baciare il
“Sovrintendente”(Mussolini) .L’antifascismo di Brancati,maturato in
ambito liberale e crociano,hauna matrice etica a cui rimane estranea la
formulazione d’un orientamento politico e sociale,e ciò non mancherà di
influenzare tutto il suo successivo cammino . Gli eventi del 43-44
trovano lo scrittore in Sicilia,spettatore agghiacciato degli eventi
luttuosi:nascono allora racconti dal taglio dolente e tragico . Sia nei
racconti che nella commedia”Raffaele”(1946)si registra l’incrinatura
della speranza che l’Italia uscita dalla lotta di liberazione possa
essere veramente diversa da quella di sempre . Al tema del”Don Giovanni
in Sicilia”lo scrittore torna con “il bell’Antonio”(1949),dove satira
del Gallismo e satira antifascista convivono;questa volta però,nel
delineare le vicende dell’avvenente Antonio Magnano,travolto dallo
scandalo della sua impotenza,il riso si attenua nel grottesco .Il
romanzo,in cui si riflette totalmente lo stile brancatiano,con il suo
concettismo barocco,il comico,la policromia abbondante che piove sulle
cose,si allarga alla rappresentazione di Catania durante la
guerra,mentre più chiaramente lascia profilare la relazione tra
gallismo,visto nelle sue forme più brutali,ed il costume fascista;nel
contempo vi appare la polemica,che il Brancati del dopoguerra
parallelamente conduce negli scritti del “Diario romano”,sulle forze
politiche antifasciste .E il pericolo incombente sulla
libertà di opinione,monopolizzata dai
partiti di massa,è sottolineato nella esplosiva commedia”Una donna di
casa”,che si chiude con il lancio d’un guinzaglio e d’un collare verso
il pubblico .Uno schiaffo al conformismo della società italiana via via
più deresponsabilizzata è,ancora,il suicidio di Caterina Leher nel
dramma “La governante”(1951),che tuttavia apre una nuova fase evolutiva
nell’ultima produzione di Brancati,convergente verso un’esplorazione più
profonda dei personaggi .Dietro l’anormalità sessuale di Caterina si
cela il dramma della coscienza della donna,alla ricerca penosa di una
identità .L’ultimo periodo è costituito dal risultato drammatico di
“Paolo il caldo”(1952-54),prova lasciata incompiuta .Con questo romanzo
il ciclo del ”gallismo” è chiuso:dalla sensualità ilare e luminosa del
“Don Giovanni”,Brancati è pervenuto al funereo risvolto del vitalismo
siciliano,a percepire la “parte luttuosa” della luce siciliana .Nella
“Governante” come in “Paolo il caldo” c’è la scoperta
dell”eros”colpevole;l’osservatorio romano delle due opere,mentre esclude
ogni salvifico ritorno nell’isola,sottoposta ora al processo di
demistificazione e di disfacimento,vuole rappresentare oltretutto il
dramma dell’intera nazione-sempre più priva di valori-che il Brancati
del dopoguerra era venuto scrutando con crescente passione critica. |
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