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Terremoto
nel Val di Noto
“… 1542 fuit
quidam magnus terremotus in terra Xiclis” Di Giuseppe Nativo |
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Il Seicento, per la
Sicilia, è un periodo “gravido di infortunij”. Tra le principali cause, di cui
rimane traccia nelle antiche cronache, il verificarsi del “grande” terremoto (11
gennaio 1693) che distrugge gran parte degli insediamenti urbani posti nella
zona sud-orientale dell’Isola provocando numerose vittime.
Per il Val di Noto è
anche il 1542 l’anno funesto in cui la terra trema più volte ed in momenti
diversi, talora con molta violenza. Le scosse, colpendo un vasto territorio,
compreso quello afferente all’antica Contea di Modica, hanno inizio il 5 agosto.
Nei giorni successivi si verificano altre scosse. Il 10 agosto il vescovo della
diocesi di Siracusa (che all‘epoca comprende tutto il Val di Noto, un territorio
cioè dove sarebbero state tratte le diocesi di Noto, Ragusa, Caltagirone e parte
di Piazza Armerina), Girolamo Beccadelli Bologna, accorso nella città aretusea
per constatare il grave “sconquasso”, dispone l’esecuzione di frequenti
pubbliche suppliche.
Presso l’Archivo General
de Simancas (Spagna) è conservata la lettera che il Marchese di Terranova invia,
in quei tristi momenti, al Gran Commendatore di Leòn per renderlo edotto di
quanto accaduto: “...prego Dio che abbia fatto cessare la sua ira. Tutto questo
Regno sta in grande angoscia…”, aggiungendo, inoltre, che per fortuna il
terremoto “non ha fatto tanto danno alle persone per come è la rovina delle case
ed edifici per essere stato di giorno…”.
A causa dello sciame
sismico che da agosto martella l’intera zona del Val di Noto, lo storico Pirri
riporta la notizia che persino il vescovo teme che la “penisola di Siracusa”
possa sprofondare nella convinzione, in quel tempo data per scontata, che più
volte e in periodi molto remoti, intere isole e città sarebbero state
inghiottite dal mare dopo terremoti e/o maremoti.
Nel novembre dello stesso
anno si avvertono ulteriori scosse che provocano il crollo di non pochi
fabbricati. Il notaio Pietro Stornello di Scicli (Rg), in una sua annotazione
vergata sul frontespizio del suo registro di quell’anno, fornisce testimonianza
di quanto accaduto: “...die ultimo mensis novembris prime indicionis 1542 fuit
quidam magnus terremotus in terra Xiclis et per totum Vallem de Noto”. Analoga
notizia si riscontra in altro notaio del posto, Bartolomeo Terranova, il quale
aggiunge che il terremoto perdura con “maximo impetu” e tremore provocando la
caduta di numerosi massi dalla vicina cava di S. Maria La Nova.
La scossa più violenta si
verifica il mese successivo. Anche se le fonti documentarie non consentono una
chiara identificazione della massima intensità macrosismica si ipotizza che essa
sia stata del IX-X° grado della scala Mercalli. L’evento di maggiore impeto si
verifica nelle ore pomeridiane del 10 dicembre. Numerosi i centri urbani che
subiscono effetti di distruzione pressoché totale. Danni sono registrati a
Siracusa, Noto e non pochi centri della Contea di Modica. Una stima
approssimativa delle zone interessate dall’evento tellurico porta ad un numero
di 29 le località colpite in forma grave. Al fenomeno sismico principale si
affiancano numerose repliche che si protraggono per giorni.
A seguito di tanta distruzione la notte di Natale, il
vescovo Beccadelli, i canonici ed i chierici, postisi su di un bastimento
ancorato presso la spiaggia siracusana, celebrano
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