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La Sicilia Jonica, spunti di riflessione Di Tommaso Aiello |
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Abbiamo più volte affermato che la Sicilia sia molto di più che una regione e che debba essere considerata una nazione. Addirittura c’è chi la definisce “un continente in miniatura” (G.Lazzaro Danzuso-Sicilia - pag.20), un crogiolo di razze, culture, lingue, sentimenti religiosi diversi. Questo può anche sembrare paradossale nel senso politico, ma è verissimo quando voglia significare la vita che entro l’unità insulare si cela molteplice, quale l’hanno determinata nei millenni residui di popolazioni, vicende politiche ed economiche le più diverse e contrastanti; la vicinanza di altre terre e soprattutto la legge eterna dell’ambiente, attraverso monti impervi o marine sinuose, dolci colline e pianure livellate, spaccatura di valli seguite da interminabili strade di congiunzione, o poveri corsi d’acqua che segnano inesplicabili barriere di confine. Per cui non è possibile avere una visione uniforme, bisogna invece distinguere e rispettare alcuni blocchi territoriali, aventi una loro fisionomia autonoma. Tale è il versante bagnato dal Mar Jonio e il suo naturale retroterra, ma di questo versante ci soffermeremo a parlare questa volta soltanto del Siracusano.Attraverso le vallate solcate da tre fiumi: l’Anapo, l’Irminio, il Tellaro che scendono dal monte Lauro, caratteri morfologici ben definiti danno qui base ad una unità etnica e storica millenaria. Una terra non molto fertile, ma comunque capace di ricompensare il lavoro indefesso dei contadini, si unisce alla pastorizia, alla produzione granaria, alle colture arboree, alla vite, alla ricchezza del sottosuolo oggi sfruttato intensamente e che ha trasformato radicalmente la bellezza naturale dei luoghi diventati un inferno per l’aria pestifera e per il sopraggiungere di malattie incurabili che hanno colpito la popolazione.
Siracusa a fianco alla sua gloria antica ed ai tesori della sua arte e del suo passato, fiorisce per la laboriosità della sua gente e diviene sempre più centro mondiale di cultura,attraverso la primavera ellenica delle rappresentazioni classiche del teatro antico.
Il teatro di Siracusa,massima espressione dell’architettura teatrale. |
Siracusa,Teatro antico.Rappresentazione di Medea di Euripide |
In queste terre (che comunque comprendono Catania e Messina) comincia, agli albori della civiltà, la storia di Sicilia.
Modeste tribù di gente italica, i Siculi, davanti ai quali si sono ritirate verso l’Occidente altre tribù, varie di numero e di origine incerta -Sicani, Elimi-intrecciano da queste spiagge i loro primi rapporti con arditi navigatori, che portano dalle terre di Grecia l’eco della civiltà del mondo omerico. Ai contatti orientali la loro vita si cambia. Nuove architetture sostituiscono le umili capanne di pietra; armi di rame lucente si affiancano alle schegge di selce e alle scuri di basalto. Le rupi di Pantalica perforate da miriadi di tombe, come giganteschi alveari, custodiscono il più alto monumento di questa vita, per la prima volta diventata, da rurale, cittadina. Ma l’Oriente ellenico intensifica i suoi rapporti. Alle navi dei tardi Micenei succedono quelle dei primi greci colonizzatori. Sono Joni della penisola Calcidica e Dori del Peloponneso quelli che muovono per primi verso le terre orientali della Sicilia.; e sorgono così, al cadere del sec VIII a.C., la città di Nasso e Siracusa. In breve la Sicilia è invasa da colonie greche, che mirano ad un dominio territoriale. Le popolazioni indigene rimangono in talune città e province strettamente separate. ma nelle zone di confine s’inizia una convivenza, che s’avvia a diventar fusione. Benessere economico, gloria, politica, cimenti di guerra e fusione etnografica fermentano la costituzione di un’unità, che differenzia la cultura delle colonie siceliote da quelle delle Grecia. I Sicelioti sentono e proclamano ormai una personalità di razza e di civiltà, che quasi li libera dai vincoli della madre patria ellenica. Colossali monumenti dell’architettura, monete, le più belle che siano state coniate nel mondo antico e forse anche moderno, sono, con le opere di alta poesia e di pensiero, i segni immortali di questa civiltà. Entrata nel disegno imperiale di Roma, la Sicilia accentua le sue caratteristiche di cultura col potenziarsi del fondo etnico sostanziale, italico. La più volte proclamata decadenza dell’Isola nel periodo romano non è del tutto vera: Siracusa e Catania,Taormina e Messina con i loro teatri, opere idrauliche, ricche necropoli, parlano dello splendore delle città di Sicilia anche sotto il dominio della potenza di Roma.
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Decadramma siracusano |
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Ma torniamo alla nostra Siracusa ricca di storia, di presenze archeologiche e di grandi monumenti. La visita della città diventa un viaggio a ritroso nel tempo, alla scoperta dell’antica metropoli greca il cui rilievo nel Mediterraneo fu pari a quello di Atene e di Roma. Alla ricchezza del passato va aggiunta la bellezza dell’ambiente naturale che circonda questa città, con la placida insenatura del Porto Grande in cui si specchia la penisola della Maddalena e lo sfondo magico dei monti Iblei e dell’Etna. Ancor più bella appare a chi vi può giungere dal mare per vedere la bellezza del suo porto naturale sul quale si protende l’isola di Ortigia. Sulla terra ferma ricorderemo il castello di Eurialo e poi il già ricordato teatro greco di cui dicevamo essere la massima espressione dell’architettura teatrale e della tecnica scenica d’epoca greca giunta fino a noi. Non bisogna dimenticare l’Ara di Ierone II, l’Anfiteatro romano,le Latomie, il Museo archeologico regionale “Paolo Orsi”, situato all’interno di Villa Landolina. I 9000 m.q. sistemati nel 1988, su progetto di Franco Minissi, accolgono le collezioni che precedentemente erano sistemate nella storica sede di piazza del Duomo. La parte riguardante Siracusa si apre con la splendida copia di età romana della Venere Anadiomene, detta anche Venere Landolina, la cui bellezza fu esaltata da poeti ed artisti del secolo passato.
E’ opera ispirata al noto tipo prassitelico della Cnidia, ma condotta con una originale visione della bellezza sensuale che, insieme con la perfetta conservazione e la superba fattura anatomica, ne fa giustamente il pezzo più ammirato del museo.
Passati nell’isola di Ortigia si è subito immersi in un mondo fatto di continue scoperte, tra le tracce di tante epoche che qui si sono succedute, da quella greca a quella normanna, dall’aragonese a quella barocca, che conferiscono tuttavia un carattere armonioso e unitario all’ambiente. Ogni quartiere, storicamente attestato sugli assi principali di percorrenza si presenta con le sue caratteristiche e le sue specificità fedelmente rimarcate dalla toponomastica. Tutto racconta una storia: i templi, i palazzi, i ronchi, le corti, le facciate, le mura, le inferriate. Trascurando gli altri non trascurabili segni dell’uomo, accenniamo al Duomo che è l’esempio più mirabile dell’affascinante fenomeno di sovrapposizione e di miracolosa convivenza di elementi architettonici tanto numerosi e tanto diversi caratteristico di Ortigia.
Accanto al Duomo sorge il Palazzo Municipale (Palazzo Vermexio) che venne costruito tra il 1629 e il 1633 come nuova sede del Senato siracusano e sempre nella stessa Piazza il Palazzo Beneventano Del Bosco. Fuori la piazza da non dimenticare la Via Maestranza e la Via Vittorio Veneto che sono le vie architettonicamente più ricche di Ortigia per la presenza di una serie di Palazzi di stile barocco ornati di cornicioni, mascheroni e splendide balconate in ferro battuto rette da mensole riccamente scolpite.
Per finire vogliamo ricordare un sito archeologico a nord di Siracusa, Thapsos che non viene quasi mai ricordato dalle guide turistiche e che invece rappresenta un punto fermo nell’evoluzione storica della Sicilia sud-orientale. Thapsos è legato geograficamente ad una piccola cittadina: Priolo Gargallo che sotto la denominazione degli Aragonesi entrò a far parte della Contea di Augusta. Le sue origini si fanno risalire però al 1809 al marchese Tommaso Gargallo, nobile siracusano, proprietario del feudo. L’insediamento si sviluppò su due assi ortogonali. La città ha avuto un forte incremento demografico e un’urbanizzazione incontrollata nel secondo Novecento a causa dell’insediamento di un polo chimico che ha conferito un aspetto industriale al limitrofo paesaggio extraurbano. A noi interessa in effetti perché il suo territorio fin dall’antichità è legato all’insediamento di Thapsos che è uno dei siti chiave per la ricostruzione protostorica siciliana e,più in generale,delle relazioni mediterranee tra la prima età del bronzo e la prima età del ferro. Durante tale fase fu infatti uno dei punti di riferimento del commercio internazionale grazie al quale affluirono sulla costa orientale dell’isola ceramiche e oggetti di prestigio del Mediterraneo orientale. Alla fine dell’Ottocento Paolo Orsi e Francesco Saverio Cavallari misero in luce le necropoli di tombe a grotticella o a pozzetto, molte delle quali hanno restituito manufatti di importazione o derivazione egea. Scavi più recenti hanno chiarito che la più antica fase abitativa risale alla media età del bronzo e consta di una serie di capanne alle quali si sovrappone un complesso architettonico che riflette modelli di derivazione egeo-micenea. Una terza fase mostra rapporti sia con Malta sia con la cultura eoliana dell’Ausonio II.
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