Heritage Sicilia

Antonello Gagini, scultore e architetto (1478-1536)

Di Tommaso Aiello

Sicilia: Centro Studi Helios

Con questo saggio concludiamo il nostro itinerario col quale abbiamo cercato di far recepire ai nostri lettori il messaggio che la Sicilia è terra di culture. Certamente non è stato possibile esaurire l’argomento,perché le eccellenze in Sicilia sono una infinità,ma riteniamo di avere stimolato la vostra curiosità dando un’idea di queste eccellenze di cui i nostri amministratori dovrebbero tenere più conto,perché il futuro economico della nostra terra passa sicuramente anche dai beni culturali.

 

Antonello Gagini, scultore e architetto, figlio di Domenico Gagini, nacque a Palermo nel 1478. Durante il periodo della formazione compì un soggiorno a Roma presso Michelangelo dal 1504 al 1506, collaborando alla tomba di Giulio II, esperienza che rimase fondamentale per la elaborazione delle sue opere durante la maturità. Attento anche alla lezione del Laurana, fu prima attivo a Messina e in molte province dell’isola per poi,  dal 1508,  stabilirsi a Palermo dove educò tutti i figli al mestiere così redditizio da permettergli di avere due botteghe: una presso il Duomo, vero cantiere di lavorazione, l’altra al porto dove mostra lavori finiti, pronti all’esportazione in tutta la Sicilia e in Calabria. Con la sua famosa bottega, accentrò intorno a sé tutta la scultura siciliana del ‘500, contribuendo al rinnovamento degli stilemi architettonici locali che,ancora sul principio del Cinquecento, si attardavano su modelli tardogotici.


      Chiesa di Santa Maria Maggiore a Nicosia

Antonello esordì a Messina (1498-1507) come scultore; ma la grandiosa impostazione delle icone (si veda quella monumentale della Chiesa di Santa Maria Maggiore a Nicosia eseguita  negli anni ( 1499-1512) faceva già presagire nello scultore l’interesse architettonico al quale il Gagini sarebbe presto pervenuto e l’orientamento vivacemente rinascimentale, che a Palermo, egli per primo, avrebbe adottato nella costruzione della Chiesa di Santa Maria di Portosalvo. Nella decorazione della chiesa di Santa Cita (1504-1517) e quella contemporanea dell’abside del Duomo di Palermo. Nelle opere giovanili, improntate allo stile paterno, appaiono già i caratteri propri della sua arte sempre sobria e gentile: così nel trittico marmoreo della Cattedrale di Alcamo(1500), nella Madonna della Scala e nell’altare di Santa Cita nel Duomo di Palermo. La Madonna della Neve (1516) del Museo Archeologico Regionale”A.Salinas” di Palermo è una tra le sue opere più famose per la dolcezza e la grazia del modellato. Inoltre il Crocifisso del Duomo di Alcamo(1523), il Battista in San Giovanni di Castelvetrano, il Monumento funebre dell’arcivescovo Paternò nel Duomo di Palermo, la decorazione con Storie degli Apostoli delle basi delle statue già collocate nella tribuna del Duomo di Palermo attuata con numerosi collaboratori. Nelle opere tarde e più raffinate il suo modulo formale si ingrandisce e tende al monumentale:così la Santa Lucia nel Duomo di Siracusa e la Madonna degli Ansaloni nel Musero Regionale di Palermo. Nel Gruppo Marmoreo della Cappella dell’Annunziata(1525)

di Erice (Trapani), Antonello continuò ancora a miniare con i fregi, e secondo modi quattrocenteschi come l’arco marmoreo e la pala per il presbiterio della chiesa domenicana di Santa Cita, eseguita per conto della famiglia Diana (1516 e 1517), l’altare di San Giorgio per la Cappella dei Genovesi in San Francesco d’Assisi del 1526, la preziosa statua della Madonna della Neve(1529) a Santa Lucia del Mela a Messina e soprattutto la grandiosa Tribuna marmorea per l’abside della Cattedrale di Palermo.

 


Gruppo marmoreo nella Cappella dell’Annunziata

   Arco marmoreo e pala del presbiterio della Chiesa di Santa Cita

                                                                                               


Altare di San Giorgio per la Cappella dei genovesi in San Francesco d’Assisi.

                                                          

Statua della Madonna della Neve a Santa Lucia del Mela,nell’omonimo santuario a Messina.

 

Ma prima di passare alla descrizione della Tribuna ricordiamo che al piano superiore di Palazzo Abatellis a Palermo c’è la sala del Gagini, dove l’opera più affascinante è il ritratto di Giovinetto nella cui esecuzione, estremamente aggraziata, si intravede l’influenza del Laurana.

L’intervento più rilevante, nella Cattedrale di Palermo, dal 1509 al 1536, fu la Tribuna marmorea, la più importante e imponente opera di scultura realizzata da Antonello Gagini. Dopo la sua morte, l’opera fu portata a termine dai figli Antonino, Giacomo e Vincenzo nel 1574. La Tribuna alta circa 25 metri consisteva in un grandioso retablo in marmo di Carrara che rivestiva la superficie semicircolare dell’abside. Sviluppato su due ordini corinzi suddivisi da paraste, accoglieva entro nicchie disposte su tre file, quarantadue statue a tutto tondo di Santi, Apostoli, Evangelisti e Dottori della Chiesa. L’inserimento di riquadri a rilievo raffiguranti Storie di Santi e Scene della Vita della Vergine e di medaglioni con mezzi busti di angeli completavano l’imponente macchina insieme alle statue di Maria Assunta in cielo tra gli angeli e del Cristo Risorto e i tre soldati nelle grandi nicchie della porzione centrale. Secondo il programma di Antonello, il catino dell’abside avrebbe dovuto accogliere un mosaico con la figura del Dio Padre, derivazione dall’iconografia di ascendenza bizantina consolidata in Sicilia dalla tradizione normanna. Una variazione del progetto originario comportò l’adozione dello stucco in fase di completamento dell’opera e la realizzazione della figura dell’Onnipotente circondato da schiere di angeli a opera di Fazio e Vincenzo Gagini.

 


 Plastico della Tribuna in legno e gesso,scala 1:10,realizzato da Salvatore Rizzuti nel 1998

Cristo Risorto-Duomo di Palermo

Dal retablo gainiano-formella marmorea-Miracolo di Cristo.

Negli altorilievi che presentano scene articolate in rigorose prospettive e illusioni di profondità architettonico-spaziali in vani di ridotte proporzioni volumetriche-veri e propri”teatrini”, dove si muovono le figure delle sacre rappresentazioni, il Gagini si dimostra attento non solo all’insegnamento brunelleschiano del padre,ma ad una più vasta cultura,quella toscano-raffaellesca, con la quale certamente avrà avuto diretti o ben mediati contatti. Il retablo gaginiano, dismesso in occasione della radicale trasformazione tardosettecentesca, deve l’unica memoria di sé a  un’incisione di Antonino Bova del 1760. Le 42 statue, i 14 angeli e le 14 formelle furono dislocate all’interno della Cattedrale stessa; anche 14 paraste, che rappresentavano una parte strutturale della Tribuna, furono riadattate nella Cappella di Santa Rosalia, sempre all’interno della Cattedrale,il”Padreterno”in stucco, invece,venne totalmente distrutto. Un capitello di parasta, due frammenti di parasta e un frammento di cornice marcapiano sono conservati presso il Museo Diocesano di Palermo. Nello stesso museo è esposto il Plastico della Tribuna, in legno-gesso,scala 1:10,realizzato,dal 1998 al 2000, da Salvatore Rizzuti e i suoi allievi presso la Cattedra di scultura della Accademia delle Belle Arti di Palermo. Presentiamo per finire alcune delle statue, che come dicevamo, si conservano nel Duomo di Palermo e che rivelano la grande capacità inventiva di Antonello nel presentare le figure dei Santi con i loro aspetti peculiari:la dolcezza del viso di Santa Ninfa, la ieraticità di San Domenico, la rassegnata malinconia di Sant’Agnese, la possanza del corpo di San Cristoforo consapevole di eseguire un grande compito.


Antonino Bova,incisione della Tribuna.

                                                                                                            

Santa Ninfa    
  
San Domenico

Sant’Agnese

San Cristoforo

                                                                                                                                                           

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