IL CULTO DELLE IMMAGINI
Il culto delle immagini sin dai tempi apostolici è confermato da Eusebio (St. Eccl. Lib.7, cap.18), che attesta la presenza a Cesarea di Palestina di una statua raffigurante Cristo e di immagini dipinte in quadri di Cristo, Pietro e Paolo, risalenti ai tempi apostolici. Altra indubbia testimonianza è data dalle più antiche immagini sacre delle catacombe.
Interessante quanto scrive in proposito il Di Giovanni nella sua Storia Ecclesiastica di Sicilia, parlando di S. Pancrazio, coetaneo di Pellegrino. “Nell’atto di ordinarlo (S. Pancrazio), vuole S. Teodoro Studita (lib. 2, epist. 8) di avergli S. Pietro dato l’immagine del Salvatore, affinché vedesse il popolo quale era la forma che aveva preso il figliuolo di Dio, e in rimirandola più facilmente credesse ai misteri che allora si annunziavano dalla figura al figurato e dalla copia all’originale la lor mente portando. Da questa storia trasse il medesimo S. Teodoro Studita, autore dell’ottavo secolo, uno stabile argomento contro gli eretici della sua età…, che fuori d’ogni ragione misero in dubbio l’uso e il culto delle sacre immagini, mostrando egli con questo documento e con altre testimonianze di pari antichità, e la disciplina dell’uso, ed il dogma del culto delle stesse immagini, come un onore relativo che va a terminare nei loro originali, essere di tradizione apostolica.” Ma prima del Di Giovanni O. Gaetani nelle sue Vitae…e nell’Isagoge, conferma l’uso delle sacre immagini, ad opera di S. Marciano e S. Pancrazio (v. il capitolo seguente). Più autorevole conferma dell’antichità, uso e fine del culto delle immagini di Cristo Dio, che ha assunto sembianze umane facendosi uomo, della Madre sua Maria e dei suoi santi è data dai SS. Padri, dai Papi e dai Concili. Il testo più importante della tradizione cristiana è il De Sacris Imag. Adv. Const. Di S. Giovanni Damasceno. Questa dottrina che risale ai tempi apostolici, fu definita dal Concilio Niceno II del 787, che condannò con l’anatema le opinioni contrarie (COED, pp. 133-138): “…Seguendo il magistero dei nostri santi Padri e la tradizione della Chiesa Cattolica, definiamo con ogni certezza e diligenza”…che sono da venerare e proporre le sacre immagini di Cristo, della Madre di Dio, degli angeli e di tutti i santi…. . Anche il Concilio Costantinopolitano IV dell’869-70 conferma “l’antichissima tradizione di adorare e onorare l’immagine di Cristo, della Croce, della Madre di Dio, dei Santi e dei Celesti Ministri” (cfr. COED, p.168). Ed ancora il Lugdunense II del 1274 (COED, 323) ed espressamente il Concilio Tridentino (Sessione IV, Sull’invocazione, venerazione e reliquie dei Santi e sulle Sacre Immagini, COED, pp. 774-776) che dice: “ Secondo l’uso della Chiesa Cattolica ed Apostolica, tramandato dai primi tempi della religione cristiana, confermato dal consenso dei Santi Padri e dai Decreti dei Sacri Concili… è legittimo l’uso delle immagini…di Cristo, della Vergine Madre di Dio e degli altri Santi…a cui si deve prestare onore e venerazione….”. Infine il Vaticano I ed il II (cfr. COED, pp. 803, 839, 842, 897). (Per una più ampia trattazione dell’argomento e la controversia coi Protestanti si veda PL. I, 747ss.).
IL CULTO DELLA VERGINE MARIA IN SICILIA NEL I SECOLO
Il manoscritto italiano del 1794 attesta: Si dice che il santo prelato Pellegrino si fece fare da un pittore un quadretto o figura (icona) della SS. Vergine Maria Madre di Dio, lo fece ornare e lo espose al culto e venerazione di tutti, fissandolo all’altare, onde il santo Pellegrino fu il primo che rispettò e venerò quella Signora e ne introdusse la devozione dei fedeli in questo nostro regno ed isola di Sicilia.
Invero, come leggiamo nel Gaetano e nell’Aprile, è più esatto affermare che il culto alla Madre di Dio fu introdotto dai Santi protovescovi, Marciano, Pancrazio, Pellegrino e verosimilmente anche gli altri, nelle loro città negli stessi decenni del I secolo.
Ecco infatti quanto scrive O. Gaetani, sulla scorta delle fonti antiche e delle tradizioni delle diverse chiese siciliane, che egli giudicava degne di fede, mentre gli scettici studiosi di oggi considerano prive di fondamento storico e leggendarie, solo perché piene di miracoli e non confermate da fonti coeve e sicure.
A quanto dice il Gaetani bisogna aggiungere quanto sopra riportato dal Calendario del Mancaruso.
Nel cap. XXXII della sua Isagoge, intitolato “La Sicilia abbraccia la fede di Cristo dopo che venne abbattuta l’idolatria, con l’aiuto della Vergine Madre di Dio”, è detto: “Dagli Atti greci di S. Marziano e S. Pancrazio risulta chiaramente che quando fu portato nell’isola il Vangelo, la Madre di Dio diede un grande aiuto per la conversione della Sicilia e la distruzione dell’idolatria. In questi Atti si tramanda che questi primi Apostoli della Sicilia, quando generarono i nostri maggiori (antenati) a Cristo per mezzo del Vangelo, alimentarono l’infanzia della loro conversione col latte della Vergine Madre di Dio. Infatti nella predicazione dei misteri della fede, parlando del Figlio dovevano parlare anche della Madre, dalla quale Egli ha preso carne. Inoltre gli Atti dicono che operarono molti prodigi, convertirono molti alla fede di Cristo, mostrando ai popoli un’immagine dipinta della Madre di Dio; e certo l’aspetto della bellissima Vergine attraeva in modo mirabile gli animi di coloro che la vedevano alla fede e all’amore del Figlio.
E sebbene quegli Atti siano viziati, non è contrario al vero che i primi vescovi della Sicilia, annunciando il Vangelo secondo Gesù Cristo, predicarono cose magnifiche sulla Vergine, esposero i misteri che li riguardano e per muoverli alla fede mostravano le immagini dipinte a colori. Con questi mezzi la Madre di Dio entrando negli animi di tutti ed infiammandoli, favoriva gli inizi della predicazione evangelica. Del suo amore verso la Sicilia possiamo addurre parecchi esempi, ma non molti. Siamo privi di molti documenti della nostra storia, che perirono in tante rovine della nostra Isola.
E nel seguente cap. XXXIII, basandosi sugli “Atti di S. Marciano”, scrive: “ …Credo giustamente che S. Marciano, discepolo di S. Pietro, prima di venire in Sicilia, andò a vedere la Vergine, come fece S. Dionigi [l’Aeropagita]. Questo è certamente confermato dalla sua esimia pietà verso la Vergine. Infatti a Siracusa, dove dimorava, nell’antro ( allora detto “Pelopia”, ora “Tempio di S. Giovanni Apostolo), egli stesso venerava con somma reverenza le Icone della Madre di Dio col figlio e di S. Pietro e le mostrava per la venerazione ai nuovi Cristiani. Se poi doveva compiere qualche impresa importante, portava con sé una tavola dipinta della Vergine coperta da un velo, scoprendo la quale, dove era necessario, abbatteva gli idoli e guariva innumerevoli malattie….
Queste notizie sono riprese nel vol. II delle Vitae SS. Sic.(p.281ss.) nel capitolo intitolato: “Il Culto della Vergine Madre di Dio in Sicilia è antichissimo e celeberrimo”.
Nella pagina 282 è scritto: “S. Pietro, Principe degli Apostoli, da Antiochia mandò in Sicilia Marciano e Pancrazio, uomini santissimi e in tutto degni vescovi, ai quali fu affidato il compito di unire alla Chiesa di Cristo la Provincia Sicula. Entrambi invero, avendo somma devozione verso la Madfre di Dio, fidando nel suo patrocinio, intrapresero l’opera di propagazione della fede.
S. Marciano, Vescovo di Siracusa, portò con sé l’immagine della SS. Vergine, con la quale voleva alimentare in sé il divino amore e immettere negli animi degli indigeni le celesti fiamme che portano a Cristo. Quell’immagine faceva grandi prodigi: come un fulmine del cielo abbatteva i simulacri degli idoli; come un fortissimo scudo proteggeva Marciano e i suoi dalla rabbia e dall’impeto dei mostri infernali; come una spada a doppio taglio volgeva in fuga i fantasmi e gli spettri tremanti dagli energumeni [indemoniati] e dalle case infestate; come una medicina divina soleva conferire la vista, la parola e l’integrità delle forze ai ciechi, muti, zoppi, paralitici e agli affliiti da varie malattie.
Collocò quell’effigie negli antri che un tempo erano detti Pelopia ed ora invece si trovano vicino alla Chiesa di S. Giovanni Apostolo costruita al di sopra di essi, nella parte inferiore di Acradina. Colà Marciano insegnava, eresse un battistero e celebrava i sacri riti, sotto la tutela della SS. Madre di Dio, per nutrire col latte della pietà della Grande Madre i figli che generava a Cristo.
Nell’Isagoge (227) aggiunge: “Nei suoi sermoni ai Siracusani si serviva di queste parole: “Questa è l’immagine del Figlio di Dio a Lui somigliante, il quale essendo Dio prese la forma umana di servo dall’intatta Madre Genitrice di Dio”.
In quel tempio sotterraneo ancora oggi si vedono molte icone della Vergine; ma non è certo se qualcuna di esse sia conforme all’immagine di cui parliamo.
S. Pancrazio, vescovo di Taormina, quando era ancora fanciullo fu condotto dai genitori a Gerusalemme, e vide Cristo Signore vivente ancora nella carne mortale. Né c’è da dubitare che abbia visto anche la Santissima sua Madre. Ancor meno dunque si può mettere in dubbio che abbia posto in Lei la sua speranza e aiuto, e nel suo patrocinio il presidio inespugnabile per sé ed i suoi.
A Taormina costruì un tempio alla Vergine Santissima e vi mise una sacra sua immagine per educare alla fede cristiana la nascente messe [dei Cristiani]. Sono mirabili i prodigi che grazie a quell’immagine operò e quanti per mezzo di essa convertì alla religione cristiana. Quando un feroce tiranno, con un grande esercito di feroci soldati si avvicinò alle mura per espugnare Taormina, mentre tutti tremavano e pensavano di consegnare la città, Pancrazio, mostrando davanti alle mura l’immagine della Madre di Dio e gridando “vittoria”, fece prima cadere l’oscurità nelle menti dei nemici, in modo che moltissimi si trucidarono a vicenda. Ciò provocò subito negli animi lo splendore della cristiana pietà, alla vista della potenza celeste e di questo tanto grande trionfo della Vergine, amore e culto.”
Nostra nota. Il Gaetani per il racconto di questo miracolo si basa sugli Atti di S. Pancrazio di Evagrio, dove si parla dell’assedio di Taormina da parte del grosso esercito del “Re” Aquilino di Calabria. Il Lancia di Brolo ed altri dopo di lui, rigettano come inverosimile ed inventato questo episodio, non solo per la straordinarietà del prodigio ma soprattutto perché ritengono impossibile che durante l’età imperiale un “re” o altro condottiero, per propria iniziativa senza ordini imperiali potesse muovere guerra ad altre città dell’impero di Roma. Ma questi studiosi non tengono conto che dopo la morte di Nerone, nel “longus et unus annus” 68-69, nel conflitto fra pretoriani e legionari seguaci di Galba, Otone e Vitellio, si scatenò una feroce guerra civile fra “fratelli e fratelli, figli e padri”, dice Tacito, e “truppe contro truppe” (Mommsen; cfr. Mazzarino, II, 153-56. 177). E che questa guerra infuriò anche in Sicilia lo conferma un passo di un autore antico, ignorato dagli storici e citato solo da G.B. Caruso (lib. IX, p. 513), Filostrato nella Vita di Apollonio di Tiana (lib.V, c. 13), il quale dice che, mentre durava la guerra civile fra i tre Imperatori, trovandosi Apollonio Tianeo nella Sicilia, “molte città erano travagliate da dissidi interni e reciproche discordie, e l’isola viveva nel completo disordine”.
Per quanto poi riguarda il miracolo della sconfitta del numeroso esercito nemico, un prodigio simile è narrato nella storia della Madonna di Scicli (cfr. M. Trigilia, La Madonna dei Milici…, passim) e soprattutto nella Bibbia (2, Re, 19,35. 2 Maccabei, 15, 22): “ Quella notte l’angelo del Signore scese e percosse nell’accampamento del Re di Assiria, Sennacherib, 185000 uomini… Al mattino erano tutti morti”. Concludendo noi riteniamo col Gaetani che questo episodio, importante anche per la nostra storia perché avviene durante la vita di S. Pellegrino, è degno di fede e conferma, invece che negare, la veridicità degli Atti di Evagrio e indirettamente del nostro ms. del 1794.
Riprendiamo il Gaetani. “E’ incerto se i Taorminesi abbiano avuto l’Immagine della Madre di Dio non fatta da mano umana da S. Pancrazio o per altra via; questo tuttavia è certo, che essi veneravano in un’antichissima chiesa un’immagine simile che un tempo i Greci chiamarono non manufatte, perché non erano dipinte da pennello umano ma create dagli Angeli o per opera divina; sebbene non ignori che non raramente sono indicate diverse copie simili di immagini non manufatte, ricavate dal prototipo. Su questo, in modo dotto, com’è solito, Giacomo Gretsero dice molte cose in un opuscolo sull’immagini non manufatte. Un testimone prezioso sia di questa immagine sia della pietà con cui i Taorminesi la veneravano è il Vescovo di Taormina izzati, quando dice (Omelia sulla Trasfigurazione del Signore): “Quando vedo il mio popolo che accorre in folla con tanta religiosità nel sacro tempio, in cui è collocata l’immagine non manufatta della Purissima Nostra Signora, gioisco e mi rallegro”.
A quanto dice il Gaetani possiamo aggiungere il fatto che nelle catacombe siracusane e nella Cripta di S. Marziano si trovano diverse immagini della Madonna, che se anche risalgono al III-IV secolo e oltre, non escludono certo che il culto risalga proprio al I secolo, a S. Marziano (cfr. P. Magnano, 77ss., La venerazione a Maria).
Questa tradizione è ripresa dall’Aprile che nel capitolo intitolato Antichissimo culto della SS. Vergine nella Sicilia, attesta che la devozione della Vergine Maria con la sua sacra immagine fu portata nelle città della Sicilia dai discepoli di S. Pietro. Il primo in ordine di tempo fu Marciano del quale è detto: “Avendo condotto seco S. Marziano, primo vescovo della Sicilia e della città di Siracusa l’Immagine della SS.ma Vergine, predicava a quei popoli la Verginità e la Maternità e gli altri pregi della Gran Madre di Dio. Portava egli quel divino ritratto coperto d’un velo e mostravalo dovunque era opportuno, eziandio a discacciare gli spiriti ribelli e ogni sorta di morbo…. L’anno 40 di Cristo, o in quel torno, dedicò alla SS.ma Vergine ancora vivente il primo tempio in Sicilia. Né ciò deve recare sospetto di falsità, poiché il Principe degli Apostoli eresse alcuni templi alla medesima, allora vivente….Anche S. Pancrazio volle esporre le divine fattezze della Santa Madre di Dio “alla venerazione dei suoi primi credenti in Taormina; dove fondò a questa Gran Signora una Chiesa. Trasse per mezzo di questa santa immagine molti alla S. Fede e operò molte meraviglie”.
Degli Agrigentini è detto che, dissipate le tenebre del paganesimo e purificati nel Santo Battesimo, cambiarono la venerazione alla falsa dea Giunone col culto alla Vergine Immacolata. Ad essa da S. Libertino, discepolo di S. Pietro e primo Vescovo della città, fu eretto un tempio o piuttosto oratorio; il quale, dopo l’espulsione dei Saracini, fu dedicato a S. Giacomo Maggiore Apostolo, eletto Patrono di quella Chiesa; indi a S. Gerlando Vescovo”; è l’attuale Cattedrale, fondata alla fine del sec. XI dal Vescovo S. Gerlando.
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