MARTIRIO E MORTE DI S. PELLEGRINO
Più ampia e particolareggiata è la narrazione della Passio sulla persecuzione e martirio di Peregrino. Ma anch’essa può concordare col ms. in italiano. Questo invero non parla del persecutore Silvano né del maligno monaco Pelagio ma in sintesi accenna ai “potenti nemici” giunti in Sicilia, “che uniti ad altri infedeli ed eretici, che atterriscono i cristiani, prendono il Santo vecchio, lo legano, lo percuotono e lo buttano in un gran fuoco.”
E in entrambe le fonti Peregrino scampa miracolosamente alle fiamme; così come era avvenuto per Marziano. Invero nel ms. italiano è detto: “Presero il santo Vecchio e legatolo con funi e con strapazzi e percosse lo trassero fuori, ove fatto un gran fuoco lo buttarono in quelle fiamme, (che si dice per tradizione, ma non costa che sia stato martirizzato ed alcuni vogliono e sono d’opinione che sia morto da martire sullo stesso monte), ma non morì da martire, e lasciatolo in quel fuoco se ne andarono via. Alzatasi da quelle fiamme Pellegrino illeso ed immune ne ringraziò il Signore, e tornatosene nella grotta sua abitazione si pose in orazione…”. Dunque la tradizione prevalente, ritenuta più sicura, è quella che Peregrino sia sopravvissuto alle fiamme, mentre secondo altri sarebbe “morto da martire sullo stesso monte”. Nella Passio invece è riportata questa seconda versione anche se è detto che il corpo di Peregrino non fu bruciato dal fuoco: “ “Dicendo queste preghiere gli fu dato fuoco dai persecutori nel predetto monte, mentre raccomandava a Dio il suo spirito. Ma il corpo del beatissimo martire non subì alcuna ustione dal fuoco, ma incolume e senza alcun danno, fu preso da una donna religiosa di nome Donnina e posto con ogni onore nello stesso luogo e sopra il suo sepolcro edificò una chiesa”. Nel ms. italiano manca il nome di questa “Donnina”, che potrebbe essere la pia donna che non allora, ma dopo alcuni anni, alla morte del santo, edificherà la chiesetta, di cui parla anche il ms. italiano.
Come S. Pellegrino anche S. Marciano fu martirizzato ma non morì fra le fiamme. Infatti mentre nelle fonti greche si parla solo di “morte violenta e martirio”, nella Vita di Pancrazio di Evagrio è detto (par.9): “Seleuco e Gordio comandarono agli scellerati Medi di afferrarmi e conducendomi nel porto grande mi gettarono in mare in una piccola barchetta da pescatore, allontanandola con del fuoco dentro e facendo scongiuri. Era circa l’ora nona, e dal malvagio incantesimo veniva come un fuoco mandato dai demoni servitori del diavolo. Mentre io, figlio, mi fortificavo col segno della vivificante croce, venne una potente tromba d’acqua; metà
cadde in acqua, l’altra si rivolse sulla torre dei Medi. Così Nostro Signore Gesù Cristo spense le ignifere saette del diavolo. Quelli, sopraffatti, dicevano a Seleuco e Gordio: noi non abbiamo forza più potente di quella del fuoco. Pur percosso uscii incolume…” E così anche nella Passio Latina di Marciano (par. 5):( I Montani [errore dell’autore per Medi!] e i Giudei) misero le loro mani sull’atleta di Dio e postolo su una barca lo precipitarono in mare, e mettendovi dentro del fuoco tentavano di bruciarlo. Infatti nello stesso porto avevano costruito una torre di notevole grandezza, salendo nella quale, mettendovi del fuoco, con arti magiche bruciavano chi volevano. Il quale fatto è attestato dalla stessa torre che resiste fino ad ora.”
Nota. Il Gaetani (Vita, p. 8) nota che quattro Menologi greci confermano l’incendio e la morte per fuoco di Marciano e anche che la tradizione siracusana indica il luogo della torre, ancora esistente ai suoi tempi, nel Porto Grande, vicino al Plemmirio.
Tuttavia, gettando questo fuoco sopra il sant’uomo, affinché si adempisse quello che è scritto: “Chi prepara la fossa cadrà in essa” (Sal. 7,16), al contrario quel fuoco si riversò sopra il capo di quegli operatori di iniquità. E si avverò in questa torre quell’antico miracolo che avvenne in quella Babilonia dove una sola lingua fu divisa in molte affinché non potessero salire più in alto (cfr. Gen. 11, 1-9).
LA DATA DELLA MORTE DI S. PELLEGRINO
Secondo il Gaetani ed il Pirro, S. Pellegrino sarebbe morto nel 90 d. C.; anche il Bollando, come s’è detto, colloca la sua morte alla fine del I sec. Invero restano incerti sia l’anno in cui S. Pietro mandò in Sicilia S. Pellegrino, sia l’anno della morte. Nel ms. è detto che venne in Sicilia 40 anni dopo la morte di Cristo e che sia vissuto a izzati trenta anni ca. Ora, tenuto conto che S. Pietro giunse a Roma nel 44 ca. d. C. e morì nel 68-69, nell’ultimo anno della persecuzione neroniana, dobbiamo porre la venuta intorno al 60 d. C. e la morte intorno al 90, prima della seconda persecuzione di Domiziano, come opinano il Gaetani e gli Acta di Gennaio; e correggere la prima data del ms. italiano, 30 anni ca. dopo la morte di Cristo, invece di 40 anni. La morte dunque di S. Pellegrino, martirizzato durante la persecuzione neroniana, ma rimasto immune dal fuoco, avvenne una ventina di anni dopo l’anno 68. Una conferma indiretta è data dall’autore dell’Encomio citato di S. Marziano, in cui è detto che
Proprio S. Peregrino scrisse una memoria su S. Marziano, da lui letta ma a noi non pervenuta. Cosa che poté fare perché morì dopo di lui; anche se per evidente errore, come abbiamo dimostrato, l’anonimo autore parla non della persecuzione neroniana (I sec.) ma di quella di Valeriano e Gallieno (IIIsec.).
LA SUA SANTA MORTE
Ma, a parte questi dati storici, la santa morte di S. Pellegrino, simile a quella di molti altri grandi santi, è un esempio mirabile di morte beata, vero “dies natalis” (giorno di nascita) alla “Vita Eterna”. Così la descrive il ms. italiano: “Pater in manus tuas commendo spiritum meum; e dicendo Gesù e Maria spirò la sua bell’anima nelle mani di Gesù e Maria, assistito anche dal Patriarca S. Giuseppe, l’Apostolo S. Pietro, S. Michele Arcangelo e l’Angelo suo Custode.
“Preziosa al cospetto del Signore la morte dei suoi santi”, canta il salmista (Sal. 115, 45). Preziosa perché pone termine alle fatiche, pene, miserie, infermità, pericoli, timori, passioni. Dice infatti l’Apocalisse (14,13. 21,4): “Beati i morti che muoiono nel Signore…; riposeranno dalle loro fatiche… Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte”. I giusti non sono soggetti al terrore della morte, come gli altri uomini, secondo la parola del Libro della Sapienza (3,1): “Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio e non li tocca il tormento della morte.” E’ giunta l’ora stabilita dal Padre celeste. Si avvicina la morte che è la porta della vita, com’è scritto (Sal. 117,20. 141,8): “Ecco la porta del Signore, i giusti entreranno in essa… Libera dal carcere la mia anima”. Come Simeone S. Pellegrino ha potuto dire (cfr. Luc. 2,29): “Ora lascia o Signore che colui che ti ha servito per tanti anni, vada in pace secondo la tua volontà…” E’ finito il pellegrinaggio terreno di me “Pellegrino”, sono giunto al porto della salvezza. O morte desiderabile, fine dei mali e delle fatiche, principio della quiete eterna. Ora desidero morire, mio Signore, per vederti per sempre faccia a faccia. “Nelle tue mani raccomando il mio spirito”. Mio Signore e mio Dio, quello che Davide dice a tuo riguardo, posso dirlo anch’io: “Contemplo sempre il Signore innanzi a me, poiché Egli sta alla mia destra perché io non vacilli. Per questo si rallegra il mio cuore ed esulta la mia lingua, ed anche la mia carne riposa nella speranza, perché tu non abbandonerai l’anima mia negli inferi, né permetterai che il tuo santo veda la corruzione. Mi hai fatto conoscere la via della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza (Atti, 2, 25-28)”. AMEN
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