AUTORI CRISTIANI

Nelle vite di molti santi si è avverato quanto dice il salmo (91-90, 13): “ Camminerai su aspidi e vipere, schiaccerai leoni e draghi”; e Cristo ai suoi discepoli (Luc. 10,19): “ Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico [il demonio]; nulla vi potrà danneggiare.”

 

L’APOSTOLO FILIPPO

La prima testimonianza di un ingente dragone-serpente si trova nella Vita dell’Apostolo Filippo. Non è citata dal Gaetani ed è accennata solo nel Martirologio del Maurolico, mentre il Baronio la omette nel Martirologio Romano. E’ riportata negli Acta Sanctorum (Autore Goffredo Enschenio, Maji tomus I, die prima maji, Venetiis MDCCXXXVII, pp. 11-13), che la ricavano dal Leggendario ms. del Cardinal Baronio e da altri manoscritti latini, da antichi Breviari della Chiesa Romana e da altri manoscritti greci compendiati dal Metafraste: “Filippo per venti anni predicò il Vangelo alle Genti nella Scizia [E’ questa la lezione prevalente, mentre in alcuni mss. c’è “Siria” e nel Metafraste “Frigia”]. Colà fu preso dai Gentili e condotto vicino ad una statua di Marte per costringerlo a sacrificare. Dalla base della statua di Marte uscì allora un ingente dragone (nel Metafraste è “una pestifera, mostruosa vipera”) e colpì il figlio del sacerdote che provvedeva al fuoco del sacrificio. Percosse anche due Tribuni che erano a capo della provincia, i cui ufficiali tenevano in catene l’Apostolo Filippo. Tutti furono afflitti dal fiato [morso] del dragone e cominciarono ad ammalarsi gravemente. Allora S. Filippo disse a tutti: “Ascoltate il mio consiglio e recupererete la salute; e questi che sono morti resusciteranno; anche il drago che vi è nocivo sarà messo in fuga nel nome del mio Dio.” Gli dicono tutti: “Dicci cosa dobbiamo fare”. Rispose l’Apostolo Filippo: “Abbattete questo Marte e distruggetelo e nel posto in cui è messo erigete la Croce del Signore Nostro Gesù Cristo e Lui adorate”. Allora quelli che erano tormentati cominciarono a gridare: Recuperiamo la salute ed abbattiamo Marte. Fatto dunque silenzio l’Apostolo disse: “Ti comando, o dragone, nel nome del Signore Nostro Gesù Cristo, esci da questo luogo e vai a dimorare in un luogo deserto, dove non c’è accesso di uomini né alcuna utilità per le umane necessità, cosicché a nessuno possa tu nuocere. Allora quel crudelissimo dragone uscendo fuori cominciò ad andare via in fretta e in seguito non comparve più. Dopo resuscitò Filippo, figlio del pontefice che alimentava il fuoco del sacrificio e i due tribuni che erano morti; e restituì la salute a tutta la folla che era stata colpita dal fiato del dragone. Perciò avvenne che tutti quelli che perseguitavano l’Apostolo Filippo, facendo penitenza e considerando Dio (Cristo), lo adorarono…” . Poco dopo è detto: “Credettero all’Apostolo Filippo molte migliaia di uomini e furono battezzati. Dopo aver ordinato chierici, vescovi, preti e diaconi e costruite molte chiese, S. Filippo, per rivelazione, ritornò in Asia, nella città di Ierapoli, dove estinse l’eresia di Ebione…[eretico della seconda metà del I secolo]…. Ad ottantasette anni, preso dagli infedeli fu crocifisso e lapidato.”

Note. La Scizia, che sotto Diocleziano costituì una provincia, corrispondeva alle terre al Nord del Mar Nero. Ierapoli, città della Frigia, oggi Turchia sud-occidentale, fu fondata da Eumene II re di Pergamo nel II sec. a.C. Cristianizzata dall’Apostolo Filippo, divenne sede episcopale in epoca bizantina. Nell’XI o XII secolo fu chiamata con l’attuale nome di Pamukkale dai Turchi selgiuchidi. Distrutta dal terremoto del 1354 non fu più ricostruita. Oggi è un importante sito archeologico e geologico e vi si trovano i resti del cd. “Martyrium” di S. Filippo, grandioso santuario, costruito nel V secolo, per accogliere la tomba dell’Apostolo, martirizzato sotto Domiziano.

Dal racconto di queste vicende contemporanee a S. Pellegrino, vengono perciò confermati, non solo l’episodio del “dragone”, ma anche il battesimo dei Gentili, l’ordinazione di altri vescovi, preti e diaconi e l’erezione delle chiese, nel periodo fra la persecuzione neroniana e quella domizianea: proprio come è detto nella Vita di S. Pellegrino!

 

S. MARCIANO

Anche nel citato Encomio di S. Marciano di Siracusa si parla di un terribile serpente, che abitava nelle grotte Pelopie, dimora di demoni, e “adescava col suo sibilo ingannevole la gente, gettandola nell’immenso baratro della possessione diabolica”. Il vescovo Teodosio, pregando assieme ai suoi fedeli, pone termine alle sue “fantasticherie”, ostruendo con pietre l’ingresso dell’antro.

S. PANCRAZIO

Ed ecco quanto dice Ottavio Gaetani nella sua Isagoge (cap. XVII, p. 141s.) a commento dell’episodio del serpente che avvolgeva l’idolo di Lissone venerato a Taormina, narrato negli “Atti di Evagrio”. Il racconto contiene aspetti in comune col serpente di S. Pellegrino, che dunque poteva essere posseduto dal demonio, come dice il ms. italiano del 1784, ed adorato dagli abitanti di Triocala.

“Gli Atti ricordano che il simulacro di Lissone era avvolto dalle spire di un serpente ed era venerato. S. Pancrazio nel nome di Gesù Cristo lo frantumò e trascinatolo lo sprofondò nel mare. Nessuno consideri inverosimile che un demonio, in forma di serpente abbia avvolto la statua di Lissone, oppure che quello sia stato un vero serpente per opera del demonio e la gente un tempo cieca lo abbia adorato. Infatti quando dominava la superstizione non fu raro il culto dei serpenti che avvolgevano i simulacri. Questo avvenne nelle stesse città che coltivavano l’umanità e alimentavano la sapienza. Virgilio, dopo la strage di Laocoonte e dei figli (Eneide, lib. 2, 288-328) dice: “Poi strisciando i due dragoni fuggirono d’un tratto al sommo tempio della dea Tritonia [Pallade] e ai piedi della statua ivi sparirono, di sotto all’orbe del divino scudo.” Su questo passo l’antico e dotto interprete Servio nota che Virgilio ha pensato ai dragoni che c’erano a Roma e avvolgevano un simulacro. Invero Livio , Plinio (lib. 29, c.4) e Gellio (lib. 2, c. 10) attestano che c’era a Roma un serpente sacro ad Esculapio, portato in città da Epidauro con pubblica ambasceria e venerato nel tempio dedicato nell’isola. Erodoto scrive (in “Urania”) che un ingente serpente era venerato dagli Ateniesi, come custode della rocca. Questi però sono antichi casi di superstizione, perciò ne riporterò di più recenti. Cassio Dione (in “Adriano”) ricorda che l’imperatore Adriano collocò nel tempio di Giove Olimpio che aveva edificato in Atene un dragone portato dall’India, che dovevano adorare come nume. Non è dunque un fatto incredibile che delle fiere viventi fossero venerate in Sicilia, dato che venivano adorate nelle città più colte di Roma, Atene, dell’Italia e della Grecia. E che dire delle nazioni barbare? Leggi le storie che sono piene di simili superstizioni.

Né c’è bisogno che ricordi a persone ignare che queste cose avvenivano per mezzo di incantesimi, trucchi ed opera del demonio. Infatti colui che con le sembianze di un serpente ingannò i parenti del genere umano [il serpente della Genesi] con le stesse arti portò alla rovina l’orbe terrestre e cercò di avere il culto divino in quella belva che aveva imitato. Siano rese grazie a Gesù Cristo che con la sua virtù mise in fuga nel tartaro, incatenò e vi rinchiuse questo maligno serpente che operava falsi prodigi.

PAPA SILVESTRO

Nella Vita del Papa Silvestro (314-335) (Actus Silvestri), compendiata dal Metafraste e nel XV-XVI sec. pubblicata dal Mombrizio e dal Surio (31 dicembre), si narra di un drago, che non ricevendo dalle Vestali più il cibo, dopo la conversione dell’imperatore Costantino, faceva strage ogni giorno di 6000 persone! S. Silvestro allora, recatosi presso il drago gli sigilla la bocca e chiude con catene le porte del Campidogli dov’era custodito. Dopo un anno, cessato il pericolo del drago, si convertono al cristianesimo più di trentamila uomini, comprese donne e bambini (cfr. Enciclopedia dei Papi, vol. I, 324ss., E.I.T. 2000, Roma). Malgrado i dubbi degli studiosi, che, al solito fanno ricorso alla leggenda e al simbolismo (Levison, Leonertz), dal confronto con le altre narrazioni citate, risulta verosimile sia il culto prestato dalle Vestali, sia la spaventosa ferocia del drago, anche se è certamente esagerato il numero delle persone uccise ogni giorno. Non è poi necessario pensare ad un miracolo, perché il santo avrà potuto chiudere le fauci del serpente facendogli ingoiare un grosso boccone velenoso, come fece il profeta Daniele, e incatenando la porta.

 

S. ILARIONE

Ecco ancora quanto scrive S. Girolamo, nel 400 ca., nella sua Vita Hilarionis Eremitae, (PL XXIII, p. 30ss. Cfr. M. Trigilia, Ilarione, c. 40, p. 89s.) su un altro immane serpente. Nel 365 d. C., il monaco eremita Ilarione da Cava d’Ispica si reca ad Epidauro città della Dalmazia. Colà “un serpente di smisurata grandezza che le genti chiamano boa, perché sono tanto enormi che son soliti mangiare dei buoi, devastava tutta la provincia in lungo e in largo; e non solo divorava armenti e greggi ma inghiottiva anche contadini e pastori, dopo averli tirati a sé con la forza del suo fiato. Avendo fatto preparare un rogo, elevata a Cristo una preghiera, lo chiamò fuori e, ordinatogli di salire sulla catasta di legna, le diede fuoco. E così, alla presenza di tutto il popolo, bruciò l’immane bestia.” Certamente la narrazione di Ilarione è più straordinaria e miracolosa di quella di S. Peregrino, che uccide il serpente conficcandogli il bastone nelle fauci, e richiede l’intervento divino. Ma i santi che hanno la pienezza della fede possono rimuovere anche le montagne, come dice Cristo (cfr. Matt. 17,19).

 

S. MARCELLO VESCOVO DI PARIGI (Sec. IV d. C.)

Venanzio Fortunato (morto nel 600 d.C.) nella Vita Sancti Marcelli, Parisiensis Episcopi, (PL. LXXXVIII, 547s.) scrive (traduco dal latino):

“Il cadavere di una nobile matrona, che il serpente aveva sedotto, facendola peccare di adulterio, veniva divorato da un immane serpente. I suoi parenti, sentendo il grande strepito che faceva la bestia, accorrendo videro l’ingente belva che usciva da un anfratto e con la sua vasta mole straziava il cadavere. Atterrita tutta la gente si allontanò dalle sue case: Venuto a conoscenza di ciò, il Beato Marcello, consapevole di poter avere trionfo sul nemico, radunata una folla, uscì fuori dalla città e, lasciati i cittadini, alla loro presenza, guidato da Cristo, si avvicinò al luogo per la battaglia. Mentre il colubro ritornava dal bosco al suo nascondiglio, gli andò incontro; il beato Marcello allora fece una preghiera ed il serpente, piegando il capo e muovendo la coda sembrava supplicarlo. Allora il beato Marcello percuotendo col bastone il suo capo tre volte e mettendo un panno sulla sua cervice, riportò la vittoria davanti agli occhi dei suoi cittadini. Così combatté solo contro il dragone, al cospetto del teatro celeste. Allora il popolo, ripreso coraggio, accorse dal vescovo, desideroso di vedere il suo nemico prigioniero. E tutti seguirono per quasi tre miglia la bestia preceduta dal pontefice, rendendo grazie al Signore. Poi il beato Marcello lo riprese dicendo: Da questo giorno o ti ritiri in luoghi deserti o ti sommergi nel mare. Subito la belva se ne andò e di essa non si trovò più traccia.. Ecco come la protezione della città avvenne per opera di un solo sacerdote; egli con un fragile bastone, domò un nemico più fortemente che con il lancio di balestre; infatti il serpente avrebbe potuto respingere le frecce, mentre fu vinto dalla forza divina. O uomo santissimo, nel cui leggero bastone si mostrò la potente virtù, le cui molle dita furono una catena per il serpente. Così le armi di una sola persona vinsero un nemico pubblico e in una sola preda fu riportata una vittoria generale. Se si confrontano dai fatti i meriti dei santi uomini, si devono ammirare a Roma Silvestro e Marcello nella Gallia; con la differenza che quello chiuse dentro il dragone, questi lo cacciò via.”

Facciamo queste opportune notazioni. Come per gli altri simili racconti, si tratta certamente di un grosso serpente e di una storia vera di cui una folla fu testimone e che tramandò ai posteri. Venanzio, verosimilmente, crede che il serpente sia stato posseduto da un demonio e fa implicito riferimento all’“antico serpente”, Satana (cfr. Gen. 3; Apoc. 12,9; 2Cor. 11,3). E per “la lotta al cospetto del teatro celeste” si basa sulle parole dell’Apostolo Paolo (Ef. 6,12): “La nostra battaglia non è contro creature di carne e di sangue, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti”. Importante è infine il confronto con Papa Sivestro e, per noi, il bastone usato dal santo per vincere il dragone, come da S. Peregrino!

 

SOZOMENE – SANTI ARSACIO E DONATO (SEC. V).

Sozomene, storico bizantino, morto nel 445 d.C., nella sua Storia Ecclesiastica parla dell’uccisione di dragoni uccisi da due santi del suo tempo, Arsacio e Donato (PG 67, Lib. IV; traduco dal testo greco-latino): Del primo è detto che a Nicomedia, dopo aver scacciato il demonio da un uomo, libera la città da un serpente (cap. XVI): “Un dragone o altra specie di serpente uccideva col suo soffio i viandanti, prima che lo vedessero. Stava infatti nascosto in una spelonca vicina a una pubblica via. Recatosi da esso Arsacio, pregò Dio e subito il serpente uscì fuori dalla caverna e, sbattendo al suolo il capo, si uccise da sé.”

Di Donato, vescovo di Euroa in Epiro (cap. XXVI) si tramanda: “Gli abitanti di Euroa, fra i molti mirabili prodigi da lui compiuti, attestano in particolare l’uccisione di un dragone, il quale stava nascosto vicino a un pubblico argine, nel luogo che chiamano Camegefira, e assaliva agnelli, capre, buoi, cavalli ed anche uomini. Il santo lo affrontò senza spada né lancia o altra arma. Il dragone, accortisi della sua venuta, sollevò il capo per assalirlo, ma egli standogli di fronte, fece in aria con le dita il segno della croce e sputò su di lui. Allora il dragone, ricevuto lo sputo in bocca, subito cadde e giacque morto. Tutti videro che non era meno grande dei serpenti che si dice vivano in India. Gli abitanti, avendolo trascinato con otto gioghi di buoi in un vicino campo lo bruciarono, per impedire che putrefacendosi infettasse l’aria e causasse ad essi la peste”.

Qui non si può negare l’intervento divino secondo la citata parola di Cristo (Luc. 10,19), anche se gli scettici negano a priori il miracolo!

 

PAPA LEONE IV

Oltre Silvestro, c’è un altro Papa santo, Leone IV (847-855) che mette in fuga un terribile basilisco. Ecco la narrazione ( Mansi, Amplissima Conciliorum Collectio, tom. XIII, p. 833ss. PL. 215, p.634; traduco dal latino). “Nel suo primo anno di pontificato (847), vicino alla basilica della Beata Martire Lucia , che si trova in Ortea, nelle caverne di un luogo nascosto, apparve un serpente detto in greco basilisco ed in latino regolo, che col suo fiato e la sua vista uccideva subito quelli che si avvicinavano alla caverna e minacciava la morte; tanto che tutti erano presi da stupore e timore, meravigliandosi della forza del serpente e della strage che faceva.

Invero il beatissimo e preclaro pontefice, sentendo questa strage e rovina del popolo, si dedicò alla preghiera, non cessando di invocare il Signore con digiuni perché liberasse tutti da questo danno. Mentre avvenivano questi fatti, giunse il giorno celeberrimo in cui si celebra l’Assunzione della Madre di Dio sempre Vergine Maria. Allora il predetto Papa universale, dal patriarcato con inni e cantici spirituali, preceduto dalla santa Icona della Vergine, a piedi, con tutto il clero si diresse, secondo il solito, verso la basilica del Martire Adriano. Di là ripartito, con tutta l’assemblea dei fedeli, si avvicinava alla basilica della Beata Madre di Dio e del Signore Nostro Gesù Cristo, che è detta “al presepe”, cantando lodi a Dio accompagnato da una grande massa di popolo. Ed essendo giunto nel luogo dove giaceva nelle tetre caverne il crudelissimo basilisco, come abbiamo detto sopra, ordinò al popolo e a tutto il clero di fermarsi. Avvicinatosi a quelle caverne, si fermò intrepido vicino allo stesso buco da dove usciva il fiato del pestifero serpente. Nello stesso tempo rivolse gli occhi e le mani al cielo e prego con abbondanti lacrime Cristo che è Dio sopra ogni cosa, perché con la sua potenza scacciasse da quel luogo quel genere di crudele serpente. E fatta l’orazione sopra il popolo, cantando le lodi di Dio, si diresse alla basilica sopra detta. Dallo stesso giorno invero il pestifero basilisco fu scacciato e allontanato da quelle caverne, tanto che in seguito non ci fu più alcuna offesa e danno in quei luoghi”.

 

 

 

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