LE CONFERME DELLE SCIENZE NATURALI
IL GENERE DEL SERPENTE DI S. PEREGRINO
Più che del “boa constrictor”, che non supera i 4,5 mt., per il serpente di Triocala si tratterebbe di qualche specie di pitone, anch’essi appartenenti alla famiglia “boidae”, di cui, nell’antichità si trovavano ancora esemplari in Europa. I pitoni infatti possono raggiungere dimensioni enormi; il più grande, il pithon reticulatus, ha lunghezza fino a 10 m. (13 quello di Diodoro), circonferenza un metro; testa possente con un centinaio di aguzzi denti. Sono dotati di una forza eccezionale; spinti dal digiuno possono assalire animali di notevoli dimensioni, compresi leopardi e bufali, soffocandoli fra le loro spire potenti. Sono capaci di inghiottire interi bocconi enormi, anche del peso di 50 Kg. e oltre (e quindi anche un uomo) nelle loro cavità dilatabili (da Grzimek, Encicl. Degli Animali, vol. VI, 416ss.). E questo lo scienziato lo conferma con irrefutabili testimonianze oculari: “ Nello stomaco di boidi sono state talvolta scoperte prede di imponenti dimensioni: nello zoo di Francoforte un Pitone reticolato lungo 7-8 m è riuscito a inghiottire prede sino ad un peso di 55 Kg., mentre un Pyton molurus bivittatus divorò un giorno un maiale di 54,5 Kg.”. Sicura conferma scientifica a Pausania, Plinio e gli altri e al racconto di Peregrino!
Azzannano le prede, continua il Grzimek, dove capita, poi le avvolgono fra le spire e quindi cominciano a ingollarle, cominciando sempre dal capo. Se la preda è grossa, dilatano la bocca e la faringe e il ventre in modo impressionante e la ingeriscono intera ancora viva (cfr. Scortecci). Queste narrazioni sono perciò veritiere e non leggendarie né assurde; è stata al più la tradizione posteriore, la fantasia popolare e degli artisti che ha aggiunto qualche elemento immaginario!
Ma per il Drago di S. Peregrino è forse più verosimile che si sia trattato del gigante tra i Crotalidi, anzi fra gli avvenelatori a mascellare mobile, il cosiddetto “Terrore dei boschi, o Crotalo muto ( Linneo, Lachesis muta) .Raggiunge la lunghezza di 3 metri e sessanta (per il Grzmek metri 3,75). Notizie confermate anche dall’enciclopedia on line Wikipedia, con la bibliografia scientifica più autorevole e recente, da Linneo (1766) ad Hard – Hand,1998.
Di straordinaria importanza, a ulteriore conferma della veridicità del racconto del serpente di S. Peregrino, è quanto attesta il Grzimek (VI, 530): ”Presso alcune popolazioni degli Indiani [d’America] i Crotalus venivano adorati come dei, ed esistono fondati motivi per ritenere che, prima della scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo, a tali divinità venissero sacrificati addirittura dei bambini.”
Quindi quello che avveniva nella Triocala pagana, avveniva anche nelle Americhe, allora sconosciute, presso i pagani Indios!!
CONCLUSIONI
Dunque, poiché nel nostro manoscritto i fanciulli non sono sacrificati a una dio ma offerti in pasto al serpente, non è appropriato il richiamo alla crudele pratica delle genti pagane di sacrificare dei fanciulli ad una divinità, attestata da Platone (Repubblica, IX), Plinio (Nat. Hist.VIII, 81), Pausania (VIII,2,38), e dai cristiani S. Agostino (De Civitate Dei, XVIII, 17) e Tertulliano (Apologeticum, IX, 2-3). Del tutto fuori luogo poi i riferimenti ad altre fantastiche leggende greche di Ercole che uccide l’Idra (B. Pace, IV, 76) o di Perseo, e l’ancor meno verosimile, infondato, fantasioso rapporto col dio punico Baal, identificato col greco Kronos ed il latino Saturno (V. Giustolisi, Il Vescovo e il drago, cit. p. 10 e nn. 65.66).
Secondo la critica razionalista, oggi dominante, il Medioevo cristiano avrebbe fatto del dragone della mitologia, custode del vello d’oro e del giardino delle Esperidi, il simbolo del demonio; e nelle tradizioni popolari, sarebbe diventato il dragone guarda tesori e infesta paesi, che il guerriero e il santo riesce a liberare (cfr. la voce drago in E.I.T.).
Ma nelle citate vite di santi e del nostro Peregrino, non si tratta del dragone della fauna fantastica e favolosa, immaginato come rettile immane con ali ai piedi e bocca che vomita fuoco, ma del “draco”, che nella Bibbia e negli scrittori greci e romani indica un serpente di grandi dimensioni in genere.
In conclusione, nel caso dei serpenti uccisi o resi innocui dai santi, per la conferma degli autori pagani e degli zoologi odierni più autorevoli, la diversità dei fatti e dei personaggi, i numerosi particolari, la costante tradizione orale e l’autorità di scrittori degni di fede e approvati dalla Chiesa, specie i Padri, i Dottori e i Santi, non sono verosimili le presunte rielaborazioni leggendarie-romanzesche, fantastico-simboliche, a fini elogiativi e di edificazione, secondo comuni schemi fissi, che sarebbero state fatte dagli autori medievali, proposte dagli studiosi di agiografia, dalla fine dell’’800 ai nostri giorni. Non sono perciò pertinenti e valide queste interpretazioni, se si credono veri questi episodi, come, a proposito di S. Marcello, afferma il Le Goff (215s.): “ Che significato ha il drago in questo testo? Scartiamo subito un’ipotesi che renderebbe inutile questo studio: la storicità dell’episodio raccontato. Se il drago da cui S. Marcello ha liberato i Parigini è esistito, queste pagine non hanno scopo”. Proprio così possiamo ora rispondere a questo e ad altri studiosi che lo seguono: si tratta di serpenti reali e di episodi storici, mentre sono “inventate”, fantasiose e “inutili” queste interpretazioni!
Per quanto riguarda il rapporto fra il dragone e il demonio, bisogna anzitutto rilevare che nei racconti dei santi cristiani citati e nella storia di Peregrino, non si tratta di un semplice simbolo, come il drago dell’Apocalisse (12, 3-9. 13, 4), ma di un vero serpente, come quello ucciso dal profeta Daniele (Dan., 14, 23-27): “ Vi era un gran drago e i Babilonesi lo veneravano. Il re [Ciro] disse a Daniele: “Non potrai dire che questo non è un dio vivente; adoralo, dunque”. Daniele rispose: “Io adoro il Signore Dio mio, perché Egli è il Dio vivente; se tu me lo permetti, o re, io, senza spada e senza bastone, ucciderò il drago”. Soggiunse il re: “ Te lo permetto”. Daniele prese allora pece, grasso e peli e li fece cuocere insieme, poi ne preparò focacce e le gettò in bocca al drago che le inghiottì e scoppiò; quindi soggiunse: “Ecco che cosa adoravate!”.
E’ anche fuori luogo la presunta relazione col senso allegorico della Sacra Scrittura (cfr. M. Colletti, 29ss.), che d’altronde non esclude il significato letterale e la verità storica.
Nel nostro racconto è verosimile che il demonio sia entrato nel corpo del serpente, muovendolo ed agitandolo, come è avvenuto anche per gli altri santi. Perciò è credibile ciò che è detto nel codice italiano: “ Il dragone si dice essere invasato di un demonio chiamato Rufo o sia Raphael” (Daneu, 33). Allo stesso modo, secondo S. Agostino (De Gen. Ad Litt. , XI,25) e S. Tommaso (2,2, q. 165, a. 2), Satana entrò nel serpente della Genesi; e, aggiungiamo noi a conferma con S. Girolamo, nel Vangelo è detto che molti demoni, usciti dal corpo di un indemoniato furioso, “entrarono in quelli di una mandria di porci, che si precipitò dal dirupo nel mare e perì nei flutti”(Matteo, 8, 28-34.. Marco, 5, 1-21. Luca, 8, 26-39).
Importante e opportuno in proposito il confronto con un altro episodio della citata Vita Hilarionis di S. Girolamo (c. 20): Un furioso cammello di enorme mole, che aveva dilaniato molte persone, tirato con funi da più di trenta uomini, fu portato davanti al santo. Il vecchio, senza timore, gli andò incontro, dicendogli: “ Non mi atterrisci o diavolo con una mole così grande! E intanto stava fermo, col braccio disteso verso di esso. La belva allora, giunta a lui vicino, piena di furore e quasi prossima a divorarlo, all’improvviso stramazzò a terra, piegando e posando sul suolo il suo capo, mentre tutti i presenti guardavano stupiti dopo tanta ferocia tanta improvvisa mansuetudine”.
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