LUCCA (LEUKAS) PATRIA DI S. PELLEGRINO
Nel cap. 38 della sua Isagoge, il Gaetani dice: “S. Pellegrino, Patrono di Caltabelloltta in Sicilia è nato in Grecia, ma il nome della patria [città di nascita] ci è ignoto. Alcuni dicono che fu nativo di Lucca [in Toscana], alla cui diceria diede occasione il corpo [del santo] venerato a Lucca; ma io sono del parere che sia un altro Peregrino diverso dal nostro”.
Escludendo Lucca, città della Toscana, perché come aggiunge il Bollando, confermando l’opinione del Gaetani, il S. Peregrino in essa venerato era diverso, secondo noi, non c’è dubbio che si tratta dell’isola greca e del suo capoluogo, Leukas (Leucade; cfr. il sito in internet). La chiesa dove furono portati i suoi resti mortali dovrebbe essere quella all’interno del monastero di Panaria Faneromeni (Vergine Maria Illuminata), dedicata ai santi Pietro e Paolo, dove, secondo la tradizione, predicò l’Apostolo S. Paolo. Ignoro se gli abitanti di Leukas e i monaci ortodossi conservano memoria di S. Pellegrino. E’ molto probabilmente questo il paese in cui nel 1800 persisteva il culto di S. Pellegrino di Triocala, come riferì un soldato greco allo studioso Francesco di Paola Vita (Cenni storici sull’antica città di Triocala, Palermo 1871, p. 14, n.1), il quale dice: “ Nelle ultime guerre di Grecia, cioè dal 1824 al 1828, molti emigrando pigliavano servizio militare presso altri governi. Alcuni ve n’erano nelle milizie delle Due Sicilie, fra gli altri un Lucchese [cioè proprio un abitante di Leukas!], il quale asseriva nella sua patria correre la stessa tradizione: il corpo di S. Pellegrino ivi esistente essere quello del Vescovo di Triocala e che gli mancava un omero.”
E’ da scartare l’ipotesi del Giustolisi (op. cit., p. 41) che la identifica con un piccolo villaggio all’interno dell’Arcadia e vorrebbe trovare una relazione col culto di Zeus Liceo. E’ assurdo parlare di sincretismo religioso tra cristianesimo e dei e miti inventati della mitologia greca, specie in relazione a S. Pellegrino e alla narrazione della sua vita, tutta spesa a convertire dall’idolatria alla fede in Cristo la gente di Triocala, compresi i sacerdoti pagani. Gli Apostoli e i loro successori, i martiri e tutti gli scrittori cristiani dei primi secoli hanno rigettato e confutato la religione pagana, anche a costo della vita, e convertito i gentili, ponendo fine ai miti e ai culti degli dei greci e romani, abbattendo i loro templi e sostituendoli con le chiese cristiane e il credo apostolico. Su questa strada sbagliata si giunge perfino a riconoscere nel culto del vecchio S. Giuseppe col bambino Gesù, l’antica concezione pagana di Kronos vegliardo e fanciullo divino (p. 27)! Sappiamo invero che dal sec. VI in poi “si va ben presto fissando nell’ecumene cristiano per l’iconografia di S. Giuseppe, quello che rimarrà il suo tipo caratteristico di vecchio con la barba… Nei quadri di devozione e nelle statue egli mantiene questo tipo di vecchio barbuto...” (G. Pucci, v. Giuseppe in E.I.T. 17, p. 375).
I COMPAGNI DI S. PEREGRINO
Vengono nominati S. Marziano protovescovo di Siracusa e S. Massimo. La tradizione di Marciano mandato da Roma da S. Pietro invece che da Antiochia, non è però data come sicura (“si dice”). Viene però confermato che furono discepoli dell’Apostolo e contemporanei.
MASSIMO DI TAORMINA. Secondo la tradizione, sarebbe stato catechizzato, battezzato e fatto vescovo da S. Pancrazio e suo successore dopo il breve governo di Evagrio, l’autore della Passio S. Pancrati. Rocco Pirro (l. 2, p. 488) scrive di S. Massimo: “ Secondo il Metafraste, nel discorso su S. Pietro e Paolo del 29 giugno, fu consacrato vescovo da S. Pietro a Taormina, durante il suo viaggio. Queste le sue parole: “Essendo S. Pietro a Taormina, dopo una buona istruzione catechetica, battezzò, lo ordinò come vescovo e stabilì che succedesse a Pancrazio”. Ma fra Massimo e Pancrazio ci fu Evagrio. La chiesa di Taormina ricorda l’anniversario di S. Massimo il 12 gennaio”. (Il Vito Amico aggiunge: Su S. Massimo vedi: Caetano (Vitae SS. Sicul., to. I, p. 17. Bollando in AA.SS. Gennaio, I, p. 720. Anno 90). Non ha valore l’argumentum ex silentio del Lanzoni (p.618.623), che nega l’origine apostolica della chiesa di Taormina e di altre Chiese siciliane, solo perché Papa Gregorio Magno nelle sue lettere non attribuisce ad esse un’origine così veneranda!
Niente sappiamo di Macario. Potrebbe essere un prete morto anche lui martire durante la stessa persecuzione neroniana, in cui secondo il ms. sarebbero stati martirizzati i detti Santi vescovi, Marciano e Libertino (v. sotto).
S. CALOGERO DI SCIACCA COME S. PEREGRINO?
Il Mongitore (Della Sicilia ricercata, sui Bagni di Sciacca (266ss.) riporta quanto dicono Giovanni Michele Savonarola padovano (De balneis Triocala , postumo, 1485) e dopo di lui il Fazello (Dec. I, l. 6, cap.3) e il Gaetano (Isagoge, cap. 29, n. 6, f. 211s.) su S. Calogero, discepolo di S. Pietro, mandato anche lui in Sicilia come S. Peregrino.
Scrive il Savonarola: Vi è nell’Isola una città chiamata Sacha, dove c’è un monte detto delle Giummarre e dei bagni in grotte, dove “al tempo di S. Pietro, abitavano dei demoni che infestavano i popoli dell’Isola e perciò erano detti abitacolo dei demoni. S. Pietro, avendo saputo ciò, mandò il confessore Calogero, Paolo e Forlando e altri suoi discepoli per scacciarli. Il beato Calogero scelse questo luogo e il suo monte come sua dimora per espellere da esso i demoni per virtù del Signore Gesù, e grazie al suo aiuto ci riuscì facilmente. Per la qual cosa accorsero per vederlo un gran numero di persone, sia sani che malati; a questi ridava la salute con la sua parola, ma guariva anche i sani nel corpo che erano infermi nella fede. In questo luogo il santo uomo abitò per lungo tempo finché non cambiò la sua vita con la morte….”. Aggiunge il Mongitore (271): “Secondo Savonarola e Fazello S. Calogero fu mandato in Sicilia dall’Apostolo S. Pietro, ancorché altri stimino che vivesse in tempi posteriori; nulla di meno s’ha che non uno ma due furono i santi di questo nome, cioè uno nei tempi di S. Pietro, altro nel 4° secolo, come mostra D. Francesco Serio, mio nipote in una sua opera De duobus Calogeris, vicina a stamparsi. [Questa opera, secondo il Mira, rimase manoscritta ed è custodita nella Biblioteca Comunale di Palermo col titolo “ De Calogeris orientalibus qui Siciliam insulam illustrarunt, e la segnatura Qq. C. 198].
Sul “Monte di S. Calogero” (p. 296) ancora il Mongitore scrive: “ Due monti abbiamo in Sicilia col nome di S. Calogero : uno da quel S. Calogero, che fu da S. Pietro Apostolo mandato in Sicilia per cacciare gli spiriti infernali, che infestavano il monte di Sciacca. Altro è quello che sorgeva presso la città di Termini, che dall’abitazione di S. Calogero posteriore pigliò il nome di Monte di S. Calogero … Il Monte presso Sciacca, anticamente chiamato Cronio e delle Giummarre, fu poi chiamato di S. Calogero, perché fu da esso santificato con la sua vita, avendo da esso fugato i demoni che l’occupavano e additato i bagni salutevoli, che ivi sono, ed in una sua grotta terminato santamente la vita…”.
Il Gaetani (Isagoge, cap. 29, n. 6, f. 212) “aggiunge che i Bagni di Sciacca “erano infestati da spiriti maligni che non permettevano ivi accostarsi gli infermi; e che da questa infestazione furono liberati da S. Calogero, qui mandato da S. Pietro Apostolo per cacciarli, come fece”.
Altre notizie ci dà il Pirro. Nella Notizia Agrigentinae Ecclesiae, II Sacca (p. 735) scrive: “ Sul Monte Cronio, vicino a Sciacca vissero ed ebbero fama i santi Padri, Calogero, Gregorio e Demetrio…Calogero, mandato dal Principe degli Apostoli, Pietro, in Sicilia, vi condusse la sua santissima vita, e colà si crede che sia stato sepolto…. Questo afferma il Fazello ed anche il Breviario Gallicano. Ma il P. Ottavio Gaetano nella sua Idea (f. 162 23) scrive: “Calogero pervenne in Sicilia dall’Oriente, sconvolto dalla persecuzione di Diocleziano e Massimiano, come risulta chiaramente dallo scrittore greco Sergio monaco. Così anche il Martirologio Romano, il Maurolico e il Molano. La sua festa ricorre il 18 giugno”
Il Gaetani però, notiamo noi, stima che questo Calogero del IV sec. e quello del VI, sono diversi da quello di Sciacca. Nel Martirologio Romano venne inserito, al 18 giugno, per ordine di Papa Clemente VIII (1592-1605). Nella prima edizione del 1584, sono commemorati altri tre diversi Calogeri.
Anche a Naro, in provincia di Agrigento, nella stessa data del 18 giugno è celebrato il monaco S. Calogero, Patrono della città; sotto la chiesa a lui dedicata, a quattro miglia dalla città, c’è un antro nel quale, secondo la tradizione, abitò per qualche tempo S. Calogero (cfr. lo stesso Pirro, 741).
Ancora nella Notizia Liparensis Ecclesiae (p. 951) scrive: “ Il Maurolico nella sua Sicula istoria (f. 30) stima che nell’anno 530 nell’isola di Lipari dimorò S. Calogero, monaco costantinopolitano e ancora oggi si vedono i resti della sua dimora e della chiesa, vicino ai Bagni Secchi ( come sono detti), ed io li ho visti. S. Gregorio [Magno, Papa] attesta (Dialoghi, lib. 4, cap. 30) che nell’anno 530 questo Calogero predisse la morte del Re Teodorico….”.
“Se questo Calogero”, continua il Pirro, “ sia lo stesso di quello che abitò a Sciacca in Sicilia, la cui festa è celebrata il 18 giugno, è cosa incerta; il Gaetano dice che era un altro. Quasi tutti gli antichi eremiti erano chiamati con nome greco “Calogeri”[Vecchi belli]. Fin qui il Pirro.
S. Calogero era venerato anche nel monastero di Fragalà, e ancora oggi a San Salvatore di Fitalia, a Salemi, a Lentini, a Palermo, a Licata, ad Aragona, a Canicattì.
Ed ecco quanto risulta dal Breviario Gallo-Siculo. Nel proprio dei Santi, sono riportate dodici lectiones riguardanti S. Calogero (cfr. G. Morreale, S. Calogero di Sciacca, Sciacca, 1975). Poiché è da escludere che sia il personaggio sia la sua vita siano stati “inventati” in tutto o in parte, bisogna pensare che è stata tramandata in codici più antichi andati perduti e in tradizioni orali della chiesa e dei monasteri.
Calogero nacque a Costantinopoli e dopo aver condotto una fanciullezza e gioventù pura e santa, partì per Roma per vedere Pietro, Romano Pontefice, al tempo di Nerone. L’Apostolo, riconoscendo la sua santità, lo “ordinò monaco e per un po’ di tempo visse nella preghiera e nella penitenza nel deserto chiamato “Homiomum”. Dopo S. Pietro lo mandò in Sicilia assieme ai compagni Filippo, Onofrio e Archileone, per liberare dai demoni alcune città. (Cfr. Papebroch, Vita S. Calogeri, in Acta SS., Junii III, Venezia 1743, pp. 589-601).
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