LE TENTAZIONI DI S. PELLEGRINO.
Dice il ms. italiano: “Il Diavolo superbo ed invidioso fremea contro di Pellegrino, vedendo che ci aveva levato tante anime, ed introdottili per la via del cielo, si mordea per rabbia e non sapendo il che fare contro del santo vecchio convocò tutti i spiriti infernali, al fine d’assaltarlo e farlo dare in disperazione, giacché non poté vincerlo mai in altre tentazioni e male suggestioni che ci apportò alla mente. Perciò sotto varie forme di donne ignude e lascive, di brutte fantasie e sotto specie di orribili dragoni e spaventosi serpenti, vennero ad insidiarlo in quella grotta. Ma il santo forte e costante si voltò verso alla croce che ivi fissa teneva e poi presa la disciplina alle mani, incominciò a battersi crudelmente quanto che giunse fino allo spargimento del proprio sangue; ciò vedendo i demoni che non potevano resistere a petto di Pellegrino, confusi e tremanti e come disperati si partirono lasciandolo solo”.
Di simili tentazioni suscitate dal demonio, si parla nelle vite di molti altri santi, che si sono comportati proprio come S. Pellegrino, resistendo e vincendo il Maligno e le sue tentazioni, specialmente quelle carnali, secondo la parola dell’Apostolo Pietro (I Pietr. 5,8): “ Siate temperanti e vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede.”
In particolare nella vita del grande eremita e padre di monaci S. Antonio Abate. Ecco, in breve, le parole di S. Atanasio, nella “Vita di S. Antonio”, scritta nel 357 (PG. 26, 845. 850. 852. 856. 860), valide per i cristiani di ogni tempo, specie per i giovani! “Il nemico di ogni bene, il diavolo, pieno di invidia, tentò in ogni modo il giovane Antonio, per allontanarlo dalla vita ascetica. Poiché nelle altre tentazioni era vinto dalla sua costanza e grande fede, lo assalì con le armi del basso ventre [cfr. Giobbe, 40,11], che sono le insidie principali di cui egli si serve contro gli uomini, specie gli adolescenti. Perciò, di notte e di giorno gli suscitava osceni pensieri, che però Antonio allontanava con le preghiere, i digiuni e severe penitenze. Di notte gli si presentava in forma di bella donna, invitandolo a gustare la dolcezza del piacere e “a far l’amore”. Ma quello, pensando alle pene dell’inferno [cfr. Sir., 7,40], con l’aiuto della grazia di Cristo [cfr. ICor. 15, 10] scacciava e restava illeso da queste illusioni. Il Demonio, furente perché si vedeva vinto da un adolescente, prendendo voce umana, gli disse: Molti ho ingannato e moltissimi ho vinto; ma tu sei stato più forte di me. Io sono l’amico della lussuria, io suscito insidie e lusinghe nei giovani per superarli e perciò sono chiamato lo spirito della fornicazione. Quanti con le attrattive del sesso ho ingannato e vinto che volevano essere temperanti, secondo la parola del profeta “Uno spirito di prostituzione li inganna, si prostituiscono e commettono adulterio, allontanandosi dal loro Dio” (Osea, 4, 12-14). Antonio a lui: Ti ho disprezzato e ti disprezzo, spirito delle tenebre, perché “il Signore è mio aiuto ed io disprezzo i miei nemici.”(Sal. 117,7); anche se “si accampano degli eserciti contro di me, non temerà il mio cuore”(Sal. 26,3); “nulla mi potrà separare dalla carità di Cristo”[cfr. Rom. 8,35].
S. Pellegrino, S. Antonio e innumerevoli altri santi di ogni tempo e luogo, sull'esempio di Cristo (Matt. 4,1ss.), sono stati messi alla prova dal Maligno per disposizione di Dio, con tentazioni molto più violente e continue di quelle ordinarie, che i comuni cristiani non conoscono, perché sono riservate agli atleti più forti. Dai mistici vengono chiamate col termine di infestazione od ossessione diabolica, che è esterna quando opera sui sensi esterni con apparizioni, e interna, quando produce interne impressioni nella fantasia o agisce sulle passioni. La teologia e le vite dei santi dimostrano che il demonio può operare su tutti i sensi esterni. Anzitutto sulla vista, apparendo sotto forme orribili e minacciose, per intimorire i servi di Dio e allontanarli dalla virtù. Altre volte appare sotto forme abbaglianti e seducenti (cfr. 2 Cor. 11,14); altre ancora sotto forme seduttrici e sensuali, per allettare al male, come ha fatto con S. Antonio, S. Pacomio, S. Caterina da Siena, e col nostro S. Pellegrino. L'udito può anche essere atterrito con strepiti e rumori spaventosi; o con oscenità e bestemmie; oppure adescato con canzoni e musiche voluttuose. Sul tatto ancora, ora con percosse e ferite, ora con abbracci e carezze voluttuose.
Ma i santi, lungi dal cedere alle tentazioni e meno che mai dal dilettarsene (come invece fanno purtroppo gli altri), hanno resistito con forza, vincendo e mettendo in fuga il tentatore (cfr. Giac. 4,7). Il modo poi con cui il demonio forma questi fantasmi esterni è spiegato da S. Tommaso (I, q. 114,4), sulla scorta di S. Agostino (De Civ. Dei,18,18). Il demonio, come può mutare la fantasia dell'uomo, formando sembianze quanto mai varie, così può anche formare dall'aria corpi materiali di qualsiasi forma e figura, assumerli ed apparire in essi visibilmente. Presenta così questi fantasmi ai sensi esterni, impressionandoli come e più fortemente dei fantasmi dei sogni. Allo stesso modo può poi rivestire qualsiasi corpo con qualunque altra forma. Bene fa poi S. Pellegrino a ricorrere al Crocifisso come efficace rimedio all'impugnazione del nemico. Dice infatti S. Tommaso (III, q. 49,2): “Anche dopo la redenzione il diavolo può, col permesso di Dio, tentare gli uomini nell'anima e tormentarli nel corpo; tuttavia è sempre pronto il rimedio nella passione di Cristo, con cui ci si può difendere contro le nequizie dei demoni”.
LE MORTIFICAZIONI E PENITENZE DI S. PELLEGRINO
I grandi santi, come S. Pellegrino hanno sottomesso la carne allo spirito coi rigori della penitenza, secondo quella parola dell'Apostolo (Gal. 5,24): “Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri”. Alcuni però hanno trattato il loro corpo con eccessiva severità, rischiando di renderlo inabile. Ma, oggi specialmente che non si fa più penitenza, per i comuni cristiani c'è il pericolo opposto di accarezzare troppo il corpo e di idolatrarlo, senza tener conto dell'ammonimento del Signore: “State attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in bagordi e gozzoviglie” (Luc. 21,34); e dell'Apostolo: “Se viviamo secondo la carne moriremo; se invece con l'aiuto dello Spirito faremo morire le opere del corpo, vivremo” (Rom. 8,13).
Certo in queste asprezze i santi penitenti sono al più da ammirare e non da imitare; ma insegnano ai comuni cristiani a “ non vivere in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, e a non seguire la carne nelle sue passioni e desideri” (Rom.13,13-14). Secondo S. Tommaso (2,2 qq.146-147) penitenze e digiuni hanno tre fini intermedi: in primo luogo per evitare il male, ponendo freno ai disordinati appetiti della carne, che distraggono dal bene e allettano al male (cfr. Giac. 1,14); sia in generale, perché come dice l'Apostolo, “la carne ha desideri contrari allo spirito” (Gal. 5, 17s.); sia in particolare per frenare la lussuria e rafforzare la castità. In secondo luogo per conseguire dei beni: perché la mente più liberamente si eleva alla contemplazione delle cose celesti e anche per soddisfare per le nostre colpe e per quelle degli altri. Il fine ultimo deve essere la gloria di Dio e la sua ricompensa e non la gloria propria (superbia) e la lode degli uomini (vanità), come Cristo rimprovera agli ipocriti (Matt. 6,16).
I MIRACOLI DI S. PELLEGRINO.
S. Pellegrino che uccide il serpente, muta i pani in pietra, guarisce i malati, caccia i demoni abbatte gli idoli e i loro templi, si comporta come il Signore e gli Apostoli. A Cristo “dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne, ponevano i malati nelle piazze e lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello; e quanti lo toccavano guarivano”(Marc. 6, 56); in Matteo (4,40): “Tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed Egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano demoni gridando: Tu sei il Figlio di Dio”. E negli Atti degli Apostoli (5,12): “ Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli Apostoli.”
Questo potere Cristo l’ha dato ai suoi discepoli: “ Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date:”(Matt. 10,8). E più chiaramente in Marco (16,17): “Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti…imporranno le mani ai malati e questi guariranno.” (cfr. anche Luca, 9,2).
Ne parla espressamente l’Apostolo Paolo: “Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo spirito…A uno viene concesso il dono di far guarigioni, a uno il potere delle “virtù”… Alcuni Dio li ha posti nella Chiesa come Apostoli, in secondo luogo come Profeti, in terzo come Maestri; poi vengono “le virtù”, poi i doni di far guarigioni…”(I Cor. 12, 4-9). Secondo S. Tommaso (2,2 q. 178, a.1), nel miracolo bisogna considerare due cose: 1) il fatto in sé, che supera le possibilità della natura, per cui vengono detti “virtù”; 2) il fine per cui sono fatti che è la manifestazione della “parola di Dio e la sua salvezza”, per cui vengono detti segni o portenti o prodigi (da “mostrar lontano”). Dice infatti la Lettera agli Ebrei ( 2, 3-4): “ Questa, dopo essere stata promulgata agli inizi dal Signore [Gesù], è stata confermata in mezzo a noi da quelli che l’avevano udita [gli Apostoli], mentre Dio testimoniava nello stesso tempo con segni e prodigi e miracoli d’ogni genere e doni dello Spirito Santo, distribuiti secondo la sua volontà.” Ed uno dei suoi seguaci, discepolo del Principe degli Apostoli, Pietro, a cui lo Spirito Santo li ha donati in abbondanza è stato proprio Peregrino, che li ha operati, com’egli stesso dichiara, in nome e per virtù non propria ma di Cristo! Questa grazia dei miracoli, continua S. Tommaso, è divisa dall’Apostolo Paolo in dono delle guarigioni , quando viene conferita agli uomini la salute del corpo, e potere delle “virtù”, quando viene manifestata la divina potenza per confermare la fede e portare gli uomini alla conoscenza del vero Dio. E’ necessario infatti e conforme alla ragione che la predicazione del Vangelo (specie nei primi tempi, quali appunto quelli di S. Pellegrino!, come per fare attecchire una pianta si versa acqua abbondante, aggiungeremo con S. Agostino), sia resa credibile per mezzo dei miracoli. Infatti, come per mezzo degli effetti naturali l’uomo può pervenire a una certa conoscenza di Dio, così tramite alcuni effetti soprannaturali, che vengono detti miracoli, è condotto a credere alle verità soprannaturali. Questi doni che derivano dalla divina onnipotenza, non sono concessi abitualmente, ma momentaneamente, mediante una divina illuminazione o mozione ad operare. E’ dunque Dio il principale operatore, il quale si serve dell’uomo santo come di uno strumento. Per operare poi i miracoli si richiede la fede; sia in colui che li fa, la fede speciale nella divina potenza che richiede Cristo quando dice: “Se avrete fede e non dubiterete… anche se direte a questo monte: Levati di lì e gettati nel mare, ciò avverrà” (Matt. 21,21; cfr. Matt. 17,19; ICor. 13,2 e il cap. 41); sia in quelli per cui i miracoli sono fatti. Il fine principale infatti dell’operazione dei miracoli è la conversione o il rafforzamento della fede. Come dunque non sono fatti per stupire e ricevere lodi o altro (ricchezze, onori), come fanno i maghi e simili (o con trucchi e con l’aiuto di cause naturali, o col ricorso ai demoni), il che sarebbe cosa vana, né per confermare una dottrina o fede non vera, il che sarebbe menzogna ed inganno; così non vengono fatti quando manca la disponibilità a credere, come avvenne agli increduli conterranei di Cristo, “per la cui incredulità (e non perché non era capace) Egli non fece colà molte virtù” (Matt. 13,58).
C’è poi un secondo fine per cui Dio opera i miracoli, sempre a vantaggio degli uomini: per dimostrare la santità di qualcuno che Egli vuole proporre come modello di virtù. Questo può avvenire o durante la vita dei santi o anche dopo la morte. Così è avvenuto e avviene, aggiungiamo noi, anche per S. Pellegrino, come attesta la sua Vita in italiano, per i miracoli operati da Dio, in particolare nei luoghi di Caltabellotta dove egli visse, dopo la sua morte, ieri, e anche oggi e domani, per quelli che lo invocano con sincerità e fede!
Ma dall’Illuminismo ai nostri giorni gli agiografi non solo non danno credito ai miracoli narrati nelle vite dei santi, martiri e confessori, ma li considerano inventati dalla pietà popolare e dagli antichi scrittori, compresi Padri della Chiesa, Dottori e Santi, specie se dell’alto e basso medioevo, ma anche dell’evo moderno e contemporaneo. Malgrado la loro grande varietà, assieme alle molte persecuzioni e tormenti subiti dai martiri e ad altri elementi narrativi, vengono artatamente classificati come categorie comuni alla retorica dei panegirici dei santi e rigettati come “leggende”. Invero questi sono giudizi non solo di scrittori laici ma anche di studiosi ecclesiatici considerati autorevoli, i quali non tengono conto né della Sacra Scrittura né della dottrina della Chiesa. Dice infatti in proposito il Concilio Tridentino (Sessio XXV – De culto Sanctorum , COED, 775): “ I miracoli ed i salutari esempi dei santi [quindi anche di S. Pellegrino!] sono proposti agli occhi dei fedeli affinché per mezzo di essi rendano grazie a Dio e adattino la loro vita ed i loro costumi ad imitazione dei santi e siano spinti ad adorare ed amare Dio e a coltivare la pietà.” Ed il Vaticano I (Denz. Sch., 3009): “ I miracoli mostrano chiaramente l’onnipotenza e l’infinita sapienza di Dio e sono segni certissimi della divina rivelazione, adatti per ogni intelligenza. Perciò Mosè ed i Profeti e soprattutto Cristo Signore compirono molti miracoli. E degli Apostoli leggiamo (Marco, 16,20): “Essi partirono e predicarono dappertutto mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola coi prodigi che l’accompagnavano.” E in modo esplicito nel canone 4 sulla Fede: “Se qualcuno dirà che non può avvenire nessun miracolo e quindi tutte le loro narrazioni, anche quelle contenute nella Scrittura, sono da rilegare fra le favole ed i miti; o che i miracoli non possono essere conosciuti in modo certo, né con essi si può provare con certezza l’origine divina della Religione Cristiana, “an. s.”. E Pio X nel Giuramento contro gli errori dei modernisti (Denz. Sch., 3539): “Ammetto i fatti divini, in primo luogo i miracoli e le profezie e li riconosco come segni certissimi dell’origine divina della religione cristiana e credo che essi sono adattissimi all’intelligenza di tutte le età e di tutti gli uomini, anche del nostro tempo.”
I PANI MUTATI IN PIETRE
Sul miracolo dei pani mutati in sassi, che ancora oggi si conservano, mi sembra opportuno riportare quanto scrive il Bollando riguardo a un prodigio simile, attestato nella vita di Santa Farailde, ma avvenuto molto tempo dopo la sua morte (AA.SS. Januarii, 4). Questa santa, nata a Gand in Belgio, figlia del Duca Teodorico e di S. Amelberga, nipote di Pipino II che iniziò la dinastia dei Carolingi, visse fra il VII e l’VIII secolo. Questo miracolo è confermato nelle lettere sigillate del Decano di Bruxelles e di altri prelati , mandate al Preposto e al Capitolo della Chiesa di S. Farailde a Gand, che affermano.
“Sapete che le pietre che avete nella vostra chiesa, nella cappella di S. Farailde presso Gretebroch, le quali erano prima custodite presso di noi [a Bruxelles], per virtù del’onnipotente Dio e di Santa Farailde, hanno fatto molti miracoli. Infatti portate attorno l’altare di S. Farailde, gli ammalati colpiti da dolori di testa o di denti o anche di altre parti del corpo, che avevano fede in esse e le toccavano, per la misericordia di Dio Onnipotente e della detta Vergine S. Farailde, furono subito guariti.
Ma vogliamo che voi sappiate in qual modo le dette pietre pervennero nella nostra cappella di S. Farailde. Un giorno avvenne che due donne vicine di casa parlavano fra di loro e una di esse che non aveva pane chiese all’altra di dargliene uno; la vicina le rispose che non ne aveva nemmeno uno. Quella le disse che quella settimana era stata al forno coi pani; ma l’altra rispose: Dio e S. Farailde facciano in modo che tutti i pani che ho siano pietre, se io ho più di un mezzo pane. Tornata poi a casa, aprì la sua cesta credendo di trovarvi i suoi pani e invece vi trovò tre pietre ed una mezza: Vedendo i pani mutati in pietre, piangendo chiese perdono a Dio e S. Farailde della ,sua cattiva azione. Subito il miracolo si diffuse nel popolo ed i detti sassi con onore e reverenza furono portati presso di noi nella cappella della predetta S. Farailde.
A testimonianza di questo evento abbiamo apposto i nostri sigilli alle presenti lettere.
Dato nell’anno dalla Nascita del Signore 1342, il 14 del mese di giugno”.
Interessante anche perché applicabile al miracolo di S. Pellegrino e agli increduli e scettici di ogni tempo, specie del nostro, che tutto considerano invenzione e leggenda popolare, quanto dice il Bollando nel prologo (p. 170): “Se qualche detrattore considera favolosi i miracoli di questa Vergine cara a Dio, come afferma la garrula voce di molti, sappia di sicuro che sono attestati non da testi apocrifi e favolosi, ma dalla testimonianza autentica di antichi Padri e dai loro vetusti scritti.
Quello infatti che al genere umano sembra impossibile, per divina grazia concessa ai Santi per i loro meriti, diventa possibile, perché è scritto nel Vangelo: “Se qualcuno ha la fede di un granello di senapa e dirà a questo monte spostati da qui a là, esso si sposterà” [cfr. Matt. 17,19]. Perciò non c’è da meravigliarsi, sia per rafforzare la fede dei Cristiani, sia per estirpare l’incredulità degli infedeli, che quello che la natura non permette sia da attribuire ai meriti dei santi.”
Fin qui gli Acta; noi aggiungiamo che questo miracolo riguarda il cambiamento di materia ed è simile all’acqua mutata in vino da Cristo nelle nozze di Cana (cfr. Giov. 2, 1ss.). Se dunque si crede al miracolo operato da Cristo, non si può non credere a quello fatto da un suo santo in Suo nome!
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