I FENOMENI MISTICI STRAORDINARI DI S. PELLEGRINO

Nel manoscritto in italiano sono attestati in S. Pellegrino alcuni fenomeni mistici straordinari: l'estasi, la levitazione, le luci soprannaturali e il colloquio con angeli, comuni nelle vite di molti altri santi.

Come insegnano i grandi mistici (S. Teresa, S. Giovanni della Croce, S. Francesco di Sales), l'estasi consiste nell'assorbimento dell'anima in Dio, causato dall'ammirazione e dall'amore, e nella sospensione dei sensi. La levitazione, detta anche estasi ascensiva o salita estatica, è un fenomeno per cui il corpo viene sollevato in aria e vi rimane pendulo senza alcun naturale appoggio. Molti fatti di levitazione si leggono nelle vite di parecchi santi: S. Paolo della Croce, S. Filippo Neri, S. Stefano d'Ungheria, S. Pietro d'Alcantara, S. Francesco Saverio e soprattutto S. Giuseppe da Copertino, detto perciò “il santo che vola”. A questi grandi santi possiamo ora aggiungere S. Pellegrino!

L'estasi è talora accompagnata da fenomeni luminosi; ora è un'aureola di luce che cinge la fronte, ora è tutto il corpo che diventa luminoso. Anche qui si ha un'anticipazione dello splendore onde brilleranno i corpi gloriosi.

 

Riguardo alle parole che, a dire del ms., S. Pellegrino scambiava con una persona che non si vedeva, possiamo pensare a un angelo, come quello apparso a Zaccaria (Luc.1,19), a Maria (Luc. 1,28), a Filippo (Atti, 8,26). Ma è più probabile che si tratti di locuzioni o parole soprannaturali che manifestano il pensiero divino e possono essere intese dai sensi esterni risuonando negli orecchi. Il santo che ascolta e parla comprende tutto mentre gli astanti possono sentire soltanto voci e suoni confusi. Questo è avvenuto a S. Paolo nella via di Damasco (cfr. Atti, 9,4ss.): anche S. Paolo sentì la voce del Signore mentre gli uomini che lo seguivano “sentivano la voce ma non vedevano nessuno” (cfr. A. Tanquerey, Compendio di teologia ascetica e mistica).

 

S. PELLEGRINO ED IL BATTESIMO

Secondo il Colletti, l’anonimo autore del manoscritto italiano, non è degno di fede ed inventa di suo quando “scrive che il fanciullo salvato dal santo viene subito battezzato” (p. 22). Ed aggiunge a presunta conferma: “ L’uso di battezzare precocemente i bambini è un retaggio dell’otto-novecento. Nei primi secoli non si battezzavano bambini ma solo adulti e non prima di aver trascorso un lungo catecumenato di preparazione”. Nel secondo capitolo tratta poi più ampiamente della catechesi e dei riti di preparazione del conferimento del battesimo ai catecumeni (pp. 51ss.).

Opinione questa inaccettabile: questi riti di iniziazione al sacramento del battesimo vengono praticati nei secoli seguenti al periodo apostolico e alle persecuzioni; nei primi tempi era sufficiente una breve predicazione evangelica, come quella che fa anche S. Peregrino al popolo triocolitano, e la fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio per essere battezzati. Così fa l’Apostolo Filippo quando battezza l’eunuco Etiope (Atti, 8, 36-38); S. Pietro fa battezzare subito i primi pagani, dopo aver brevemente annunciata la buona novella di Gesù, consacrato da Dio, e la discesa dello Spirito santo sopra di essi (Atti, 10, 34-48). Anche l’Apostolo delle Genti, Paolo, dopo aver annunziato la parola del Signore, in una notte tempestosa fece subito battezzare il suo carceriere con tutta la sua famiglia, che certamente comprendeva anche dei bambini! (Cfr. Atti, 23- 34).

Mi meraviglio poi e mi dispiace come un teologo cattolico, quale è il Colletti, faccia simili errate affermazioni sul battesimo dei bambini. Ecco anzitutto quanto dice il Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica (325ss.):

“Diventare cristiano richiede fin dal tempo degli Apostoli, ..un itinerario che può essere percorso rapidamente o lentamente. Dovrà in ogni caso comportare alcuni elementi essenziali: l’annuncio e l’accoglienza del Vangelo, la professione di fede, il Battesimo, l’effusione dello Spirito Santo.” [E così ha fatto il nostro S. Pellegrino, seguendo l’insegnamento di Cristo e dell’Apostolo Pietro, suo maestro!]

“Questa iniziazione ha assunto forme molto diverse nel corso dei secoli”.

“Nel battesimo dei bambini la celebrazione del sacramento è divenuta un atto unico che, in modo molto abbreviato integra le tappe preparatorie dell’iniziazione cristiana. Per la sua stessa natura il battesimo dei bambini richiede un catecumenato post-battesimale”.

E’ poi certo, al contrario!, che “la Chiesa sempre e fin dalle origini ha riconosciuto gli infanti e i bambini capaci di ricevere il Battesimo” (cfr: Enchiridion Patristicum, Index, 474, p. 795, dove, a conferma, sono citati ben dieci passi di Padri e antichi scrittori ecclesiastici). Bastano per tutti Origene (In Romanos Commentarii, 5,9. MG 14,1047 – num. 501, p. 182): “ La Chiesa dagli Apostoli ha ricevuto la tradizione di dare il battesimo anche ai piccoli…”; e S. Cipriano il quale nella Lettera 59 (PL, 3, 1015, Ench., 585, p. 208) dichiara che si possono battezzare gli infanti anche due o tre giorni dopo la nascita, perché “a nessun nato degli uomini si deve negare la misericordia e la grazia di Dio”.

Una conferma significativa è data dal comportamento simile di S. Marziano, maestro di S. Pellegrino. Nel citato Encomio(cap. 4) è detto infatti: “ (Marciano) “durante la dimora in quelle spelonche”...non si curava affatto delle cose terrene, andava in giro qua e là...istruendo e frequentando la comunità dei fedeli e li esortava dicendo: “Convertitevi e sia battezzato ciascuno di voi per la remissione dei peccati (cfr. Atti, 2, 38); e molti lo seguivano, erano convinti dal suo insegnamento e si moltiplicavano i suoi discepoli dai Giudei e dai Greci. Penetrava in tutti il nome di Cristo, e quelli che lo chiedevano, pregando, erano da lui battezzati in un fonte battesimale riverentemente venerato fino ad ora, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, abbandonando il precedente errore.”

 

S. PELLEGRINO VESCOVO E APOSTOLO

Che S. Peregrino sia stato fatto Vescovo da S. Pietro e da Roma mandato in Sicilia a Triocala, come attesta il ms. italiano, è conforme alla tradizione cattolica della successione apostolica, come chiaramente dichiara il Concilio Tridentino (cap. 4. Sulla gerarchia ecclesiastica e l’ordinazione. Ench. Simb., 1768): “I vescovi che sono succeduti al posto degli Apostoli appartengono allo stesso ordine gerarchico, superiore agli altri gradi ecclesiastici e “sono posti”, come dice l’Apostolo, “dallo Spirito Santo per reggere la Chiesa di Dio”(Atti 20, 28). E così anche il Vaticano I (Ench. Simb.,3061): “I vescovi, posti dallo Spirito Santo (Atti, 20,28) sono succeduti al posto degli Apostoli, e come veri pastori pascono e reggono singolarmente le singole greggi loro assegnate”. Chiarissima è la Costituzione Dogmatica Lumen Gentium del 1964 del Concilio Vaticano II, al capitolo III, Costituzione gerarchica della Chiesa e in particolare dell’Episcopato: Nei paragrafi 18-21, vi si afferma che per volontà di Cristo i Vescovi, per divina istituzione sono succeduti agli Apostoli e sono pastori nella Chiesa di Dio fino alla fine dei secoli. Essi dall’inizio, (cioè dal I secolo!) assunsero il servizio della comunità coi loro collaboratori (sacerdoti e diaconi): A conferma sono citati in nota, oltre i precedenti concili, molti passi del Nuovo Testamento e dei Padri della Chiesa. Infatti furono Vescovi con pieni poteri di reggere le loro comunità, creati dagli Apostoli e loro successori con “l’imposizione delle mani” (II Tim. 1,6): Timoteo ad Efeso, Tito a Creta, Giacomo a Gerusalemme, Evodio successore di Pietro ad Antiochia, Marco ad Alessandria, i sette Vescovi delle chiese dell’Apocalisse (1-3) ed altri ancora. Unanime la tradizione: da Papa Clemente a S. Ignazio, S. Ireneo, S. Giustino, Tertulliano, S. Cipriano, S. Ilario, S. Gregorio Magno, e altri. A cominciare dalla Didachè del I secolo, che dice: “ Eleggetevi dunque vescovi e diaconi degni del Signore…”. S. Clemente Romano (92-101) lo conferma in modo chiarissimo nella Lettera ai Corinti (PG. 1, 292): “Gli Apostoli … predicando (il Vangelo) nelle regioni e nelle città costituirono le loro prime comunità coi vescovi e diaconi dei primi fedeli, provandoli nello Spirito…E questo non era nuovo… Così infatti dice la Scrittura (Is. 60,17): “Stabilirò i loro vescovi nella giustizia e i loro diaconi nella fede” . E nel cap. XLIV (PG. I, 296) aggiunge: “ I nostri Apostoli conoscevano da parte del Signore Gesù Cristo che ci sarebbe stata contesa sulla carica episcopale. Per questo motivo, prevedendo esattamente l’avvenire, istituirono quelli che abbiamo detto prima [i Vescovi] e poi diedero ordine che alla loro morte succedessero nel ministero altri uomini provati”. S. Ignazio d’Antiochia (morto nel 107) nell’Epistula ad Trallianos (2.1-3, PG. 672.676) distingue tra Vescovi, Presbiteri e Diaconi (cfr. l’Enchiridion Patristicum di Rouet De Journel); e nella Lettera ai Magnesii (3,1, I Padri Apostolici, 110): “Conviene che voi non abusiate dell'età del Vescovo, ma gli tributiate ogni riverenza. Ho saputo che i vostri santi presbiteri non hanno abusato della giovinezza evidente in lui, ma saggi in Dio sono sottomessi a lui...”.

Viene perciò pienamente confermata la consacrazione episcopale di S. Pellegrino da parte di S. Pietro, e lo stesso Colletti può mettere da parte le obbiezioni degli studiosi contrari (dal citato Lanzoni in poi), e affermare con certezza senza esitazione e non come ipotesi, passando dal condizionale all’indicativo (p. 95ss.): “Ci sono sufficienti condizioni affinché .. Marciano, Pancrazio e Berillo possano essere giunti veramente da Antiochia, mandati dall’Apostolo Pietro, nel periodo in cui era a capo di quella comunità, periodo che coinciderebbe con le date consegnatici dalla tradizione”. Di conseguenza… “l’esordio del Cristianesimo in Sicilia andrebbe realmente anticipato all’epoca apostolica, già dalla prima metà del I secolo”. “Se inviato da S. Pietro”, continua lo studioso, “anche Pellegrino nella comunità di Triocala rappresentò l’autorità apostolica e certamente, da quanto emerge dall’esito della stessa leggenda, ebbe una funzione di insegnamento e di guida e da capo della comunità dovette eleggere qualche diacono e in seguito anche dei presbiteri,.. seguendo il modello delle comunità di Gerusalemme, Antiochia e di altre fondate da S. Paolo [e da S. Pietro]”. Noi osserviamo, correggendo il Colletti, sulla base del manoscritto italiano, che S. Pellegrino, come gli altri vescovi ordinati dagli Apostoli, si fregiò di questo titolo e inoltre che fu mandato da Roma da S. Pietro e che certamente nella Triocala ancora pagana non era giunto l’eco del vangelo prima del suo arrivo.

Dunque, sono del tutto risolti i dubbi pur legittimi del Gaetani, dovuti al breve ms. latino, che S. Pellegrino era vissuto da eremita, trascurando la predicazione e l'evangelizzazione del popolo triocolitano. Infatti egli fu vero Vescovo e missionario della Chiesa, come dice il decreto “Ad Gentes” del Concilio Vaticano II (nn.4-5): “Il Signore Gesù...mandò gli Apostoli in tutto il mondo .. e comandò loro: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Matt. 28, 18-19). Da qui deriva alla Chiesa il dovere di propagare la fede e la salvezza di Cristo. E ciò in forza di un esplicito mandato che l'ordine dei vescovi ereditò dagli Apostoli, a cui si affiancarono i sacerdoti, insieme col successore di Pietro, che è il supremo pastore della Chiesa.”

Tutto questo ha adempiuto perfettamente S. Pellegrino, secondo l'esempio degli Apostoli e la missione affidatagli da S. Pietro. A lui ben si confanno anche le parole di un altro santo Vescovo, Fulgenzio di Ruspe (Disc.1,2-3): “Il Signore, volendo definire l'ufficio particolare dei servi da lui preposti al suo popolo, disse: “Qual'è dunque l'amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? Beato quel servo che il padrone arrivando troverà al suo lavoro” (Luc. 12, 42-43)....Chi sia poi l'amministratore che deve essere fedele e saggio, ce lo dimostra l'Apostolo Paolo, il quale, parlando di sé e dei suoi compagni dice: “Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora quanto si richiede negli amministratori è che ognuno risulti fedele” (1 Cor. 4, 1-2). Perché poi nessuno di noi pensi che solo gli Apostoli siano costituiti amministratori e il servo pigro, abbandonando il dovere della milizia spirituale, possa infedelmente e insipientemente dormire, lo stesso beato Apostolo, dimostrando che anche i vescovi sono amministratori, dice: “Il vescovo, come amministratore di Dio, deve essere irreprensibile” (Tito, 1,7).

S. Pellegrino dunque, “amministratore fedele e saggio”, come S. Francesco non aveva scelto di “vivere solo per sé, ma di essere utile agli altri”; aveva adempiuto il comando del Signore: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Marco, 16, 15) e aveva a sé rivolto quella parola dell'Apostolo (ICor. 9,16): “Non è per me un vanto predicare il Vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo!”. Perciò alla fine della vita, il Signore ha certamente detto a S. Pellegrino quelle Sue parole (Matt. 25,21): “Servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto: prendi parte alla gioia del tuo Signore”.

 

IL “CREDO” PREDICATO DA S. PELLEGRINO

Secondo F. P. Rizzo (Un raro syngramma…, 403s.) nelle espressioni di fede che l’agiografo del Martirium fa pronunciare a Peregrino su Cristo Re Onnipotente e l’Unità e Trinità di Dio (Cristus …in Trinitate permanet et in unitate persistit), sarebbero “quasi un letterale riscontro “ del Tomus ad Flavianum di Papa Leone Magno. Opinione questa da correggere. Invero l’Epistola a Flaviano, vescovo di Costantinopoli del 449 (Ench. Symb., 290ss.) riguarda le controversie cristologiche e l’Incarnazione del Verbo di Dio e non la SS. Trinità. Casomai il detto passo si può confrontare con uno simile della Lettera Quam Laudabiliter del 447 (Ench. Symb ., 284), in cui il Papa condanna l’eresia dei Modalisti e conferma la “fede cattolica, che confessa la Trinità di Dio… il Padre il Figlio e lo Spirito Santo, sempiterni, eguali, perché l’unità nella Trinità è adempiuta non dalla stessa persona ma dalla stessa essenza (homousion)” (cfr. Ench. Simb. 284ss.). Ma espressioni simili su Cristo, l’Unità e Trinità di Dio ce ne sono in gran numero negli scritti anteriori e posteriori al Concilio di Nicea, nei Padri, Papi, Concili (cfr. gli indici degli Enchiridion). Infatti che Cristo è Dio e che Dio è uno nell’essenza e trino nelle persone consta dalla tradizione dei primi tre secoli! Basta citare la lettera ai Corinti di Papa Clemente (a. 96-98. Ench. Patr.,23): “ Abbiamo un solo Dio e un solo Cristo e un solo Spirito di grazia effuso su di noi…”. Atenagora (a. 177. Ench. Patr. 164) : “Affermiamo Dio il Padre e Dio il Figlio e lo Spirito Santo e dimostriamo che nell’unione c’è la potenza e nell’ordine la distinzione.” Tertulliano (Adversus Praxeam, a. 213/18, Ench. Patr., 371): “ Crediamo in un unico Dio…il Padre e il Figlio e lo Spirito… l’Unità della sostanza… è disposta nella Trinità .”

E’ ancora da notare che il Barcellona (237) riconosce nel passo in questione “la professione della fede trinitaria” ed è del parere che secondo il testo della Passio Pellegrino e Libertino sono morti durante una persecuzione imperiale (III secolo secondo lui, I secondo noi) e non durante la persecuzione anticattolica dei Vandali, come pensa invece l’Amore, seguito dal Rizzo (Un… syngramma, 415). Questi legge male il testo del Barcellona che, nella professione di fede di Pellegrino avrebbe “ravvisato un riferimento ad un contesto anticattolico”, mentre invece egli scarta questa ipotesi “assai esile”, non sua ma dell’Amore.

Invero anche nel ms. del 1794 è detto che S. Pellegrino “spiegò (agli abitanti di Triocala) il mistero della SS. Trinità, Dio uno in essenza e trino nelle persone e li istruì nelle verità della fede”. Ma è da rilevare che il termine “Trinità” non si trova nel Nuovo Testamento ed è usato per la prima volta proprio da Tertulliano, un secolo e mezzo circa dopo l’evo apostolico. La difficoltà si risolve tenendo presente che sia il Martirium che il ms. del 1794 sono stati redatti dagli anonimi agiografi e redattori con modifiche ed aggiunte, diversi secoli dopo gli avvenimenti, ma rispettando le tradizioni orali e scritte che essi conoscevano. E nello specifico, i detti testi sono stati “modificati” con l’aggiunta del termine “Trinità”.

Quindi possiamo credere che S. Pellegrino ha confessato e predicato la sua fede in Cristo e nelle tre persone divine, conformemente al “Credo Apostolico”, i cui articoli sono più volte e in particolare spiegati da lui ai fedeli convertiti nel ms. del 1794.

E’ in proposito importante rilevare che nella citata Vita dell’Apostolo Filippo, contemporaneo del nostro S. Pellegrino, è detto che egli predicò la fede in Cristo e nel Padre, Figlio e Spirito Santo (anche se non è usata la parola “Trinità”), in modo conforme al “Simbolo Apostolico”!

Per quanto poi riguarda il Credo o Simbolo Apostolico, bisogna rilevare che l’attribuzione agli Apostoli, attestata da S. Ambrogio (credatur simbolo Apostolorum quod Ecclesia Romana intemeratum custodit et servat, Lettera al Papa Siricio, 42,5) è degna di fede, anche se la tradizione orale, risalente proprio a S. Pietro e agli altri Apostoli, ci è stata tramandata in scritti dei secoli posteriori (cfr. P. Radò, Ench. Lit.,I, 69, ed Ench. Symb., pp. 17ss.) . L’opinione dei “modernisti”, di un’evoluzione e modifica degli articoli del Credo è stata riprovata da Papa Pio X nel Decreto Lamentabili (Ench. Symb. 3462): “I principali articoli del Simbolo Apostolico per i Cristiani dei primi tempi non hanno lo stesso significato che hanno per i Cristiani del nostro tempo”.

 

 

VAI AL SOMMARIO

 

 

 

 

E' vietata qualsiasi riproduzione senza l'autorizzazione esplicita dell'autore Melchiorre Trigilia.

(Trigilia Prof. Melchiorre, Via Raffaello 80, Ispica (Rg.) 97014. email: mtrigilia@gmail.com)

 

E-mail: info@centrostudihelios.it

In collaborazione con l'Associazione Culturale "Heritage Sicilia"

Centro Studi Helios       Heritage Sicilia