SEC. XX (parte 4)

 

 

 

 

5 dicembre 1998

la basilica di S. Maria Maggiore di Ispica

e l'erezione a monumento nazionale.

 

   Il 5 dicembre 1998 è stato solennemente commemorato il 90° anniver­sario dell'erezione della Basilica di S. Maria Maggiore a Monumento Nazionale. Il Parroco, P. Paolo Mansueto, ha evidenziato il significato teo­logico dell'opera del Sozzi e la grande, millennaria devozione degli ispi­cesi verso il Cristo alla Colonna. Dopo di lui il Presidente dell'Arciconfraternita, Avv. Piero Rustico ha rievocato  l'av­venimento del 1908. Il Prof. Paolo Nifosì ha quindi tenuto la relazione: “Una grande architet­tura del ’700: S. M. Maggiore”.

  Ed ecco la ricostruzione di quei memorabili eventi sulla base del Resoconto dei Festeggiamenti per le onoranze ai due grandi pittori siciliani O. Sozzi e V. D'Anna in Spaccaforno -16 Aprile 1908, curato da C. G. [Carlo Gozzo], tipografia G. Gozzo, Spaccaforno 1908.

  Scrive il Dott. Innocenzo Leontini in una pagina del suo diario mano­scritto. “Nel giorno di S. Lucia è stato consegnato il pavimento di marmo dell'Assunta, nella Basilica di S. Maria, opera del Signor Francesco Lo Turco di Letoianni Gallodoro. Nel rinnovare l'antico pavimento nel luogo che ci venne indicato per si­cura tradizione dei nostri, fu rinvenuta la salma quasi  intatta  del grande pittore Olivio Sozzi, morto in questa ai dì 31 marzo 1765, dopo di aver adornato di affreschi la Ven. Basilica di S. Maria Maggiore.”

   Il rinvenimento avvenne il giorno 25 novembre 1895 alle ore 2 pomeri­diane. Il corpo era quasi mummificato e rivestito di una livrea settecente­sca; accanto c'era la pietra biconcava ed il macinino per  impastare  i  colori. La  notizia  subito  si diffuse e suscitò viva emozione. “La salma fu esposta in una cassa di vetro nella Cappella del SS. Cristo, circondata di fiori e con torce accese, stante un pellegrinaggio paesano e di forestieri per otto giorni continui non si stancò di osservarla onorandone la memoria.” Nel contempo si scrisse a Palermo e a Catania. “In quest'ultima si stabilì un comitato presieduto dal poeta Rapisardi e costituito da notabilità letterarie, scientifiche ed artistiche della località.” Per sua iniziativa fu fatto erigere un busto marmoreo ad Olivio nel viale degli uomini illustri di Villa Bellini.

   A Spaccaforno si pensò prima di far dichiarare la Basilica Monumento Nazionale.  A tale scopo il Dott. Leontini nel 1904 fece fare 11 fotografie agli affreschi del Sozzi, che, assieme alla monografia di Innocenzo e Giuseppe Leontini, Sugli affreschi di O. S. esistenti nell'insigne Basilica S.M.M. in Spaccaforno, furono spedite al Ministro della Pubblica Istruzione, con “le buone raccomandazioni degli Onorevoli Carlo Di Rudinì  di Noto e Giuseppe Defelice Giuffrida, prosindaco di Catania. Il Ministro Orlando tra­smise l'istanza all'Ufficio Regionale per i Monumenti della Sicilia. Dopo quattro anni di attesa, l'Ufficio, in seguito alla relazione favorevole del grande archeologo Paolo Orsi, comunicava al Ministero: “ Sebbene la chiesa, costruita nel Sec. XVIII, non presenti architettonicamente nulla di singolare, pure ha una certa importanza per la storia della pittura in Sicilia, essendo decorata da buone pitture di O. Sozzi e Vito D'Anna. Si propone perciò l'iscrizione nell'elenco degli edifici monumentali.” Il nuovo Ministro, Ciuffelli, accogliendo tale proposta, provvide alla relativa iscri­zione e il 24-2-1908 ne fece comunicazione al Sindaco di Spaccaforno, Corrado Vaccaro.

   Il 27, il Presidente dell'Arciconfraternita, I. Leontini, partecipava alla cittadinanza il lieto evento con un manifesto in cui è detto: “L'avvenimento che onora tanto l'arte arrecherà senza dubbio giubilo al cuore di quanti sentono culto per il bello e vanno orgogliosi del lustro e decoro del nostro paese.” Il 22-3 fu formato un comitato per i festeggiamenti, presieduto dal Sig. Francesco Mostaccio, che preparò il programma e ne fissò la data per il  16  aprile  1908, Giovedì  Santo, festa  del  Cristo  alla Colonna. Furono scelte le  Musiche  di Scicli  e quella del 90 Reg. Fanteria, concessa dal Sottoprefetto di Modica. Furono spediti numerosi inviti ad autorità, sin­daci ed enti culturali. Il Vescovo di Noto Giovanni Blandini, scusandosi di non poter intervenire, perché “convalescente di lunga malattia”, così ri­spondeva: “Tanto il Sozzi quanto il D'Anna, oltreché cattolici per fede e co­stumi, dedicarono il loro ingegno prestante e il loro pennello raffaellesco in servizio della Religione e dell'Arte. Mi permetto dare ogni lode al Comitato non solo, ma a tutti gli altri cittadini della nostra amatissima Spaccaforno, che mostrano tanto intelletto d'amore al culto della virtù e del merito verace dei due uomini insigni che, per gli affreschi meravi­gliosi, hanno reso il tempio dedicato all'Assunta degno di figurare in una grande città del Regno.”

   All'iniziativa aderì con entusiasmo il Circolo Artistico di Catania, che voleva redigere un grandioso numero unico per onorare i due grandi pit­tori con scritti dei più illustri uomini del tempo: Verga, Capuana, De Roberto, Rapisardi, Ardizzoni, Reina, Abbate, Liotta, l'ispicese Prof. Curcio, Rettore dell'Università,  ecc; purtroppo, per l'indisposizione del presidente Rapisardi, l'ambizioso progetto venne abbandonato.

  Furono nominate tre commissioni, formate dalle personalità più illustri, pel ricevimento delle rappresentanze. Il Corso XX Settembre e la Piazza di S.M. Maggiore vennero decorate con fanali a gas acetilene e gonfaloni tricolori. Nella piazza fu alzata una tribuna per gli oratori con sei colonne ioniche e con al centro della trabeazione un fregio rappresentante il Genio che incorona le Belle Arti, opera del pittore palermitano Don Calcedonio Li Greci. A sinistra fu posto il mezzobusto in gesso di O. Sozzi e a destra il ritratto di V. D'Anna, dono della città di Palermo. L'interno della Chiesa era adornato da festoni di alloro e da due grandi scudi, posti nei pilastri dell'arco principale. In quello di destra si leggeva: “Gloria a Te o Cristo, che alla concezione del bello ispirasti Sozzi e D'Anna”; in quello di sini­stra: “Bella immortal benefica fede ai trionfi avvezza, scrivi ancor que­sto…”

  L'alba del 16 aprile venne annunziata da una salve di bombe. Alle ore 8 la Commissione, accompagnata dalla musica di Scicli e da una fitta popo­lazione si recò ad incontrare le delegazioni. “Il poggio  della  Calandra era gremito da più di 15000 persone, per la massima parte forestiere”. Arrivò per prima la musica del 90° che rispose al saluto intonando l'inno reale. Subito dopo seguiva la rappresentanza della città di Catania; composta dall'assessore Spina, dal Segretario Comunale Migneco, dal  Prof. Alessandro Abate, presidente del Circolo artistico, da quattro pompieri in divisa e da quattro valletti recanti una ghirlanda di fiori di maiolica e il Gonfalone della città. Seguivano coi relativi gonfaloni le rappresentanze delle città di Scicli, Modica, Rosolini, e Pozzallo e della “Società Patria e Lavoro” di Noto. Al grido di “Viva Catania! Viva Palermo! Viva Sozzi! Viva D'Anna!”, il corteo si diresse verso il Municipio, dove “fu servito un lunch agli ospiti.” Alle 10 il corteo, a cui s'erano uniti la rappresentanza del municipio e i sodalizi locali, s'incamminò verso la piazza di S.Maria, ove, fra gli evviva assordanti, si scoprirono la lapide, il mezzobusto del Sozzi e il ritratto del D'Anna. Il consigliere comunale Dott. Carmelo Moltisanti diede il saluto d'affetto e riconoscenza della città ai rappresen­tanti ed ai sodalizi intervenuti. Prese quindi la parola il rappresentante del municipio di Catania, l'assessore Rosario Spina. Seguì l'intervento del Cav. Vincenzo Figura, presidente dell'Arciconfraternita, che esordì paragonando la Basilica di S. Maria, aggregata dal 1836 a quella di S. M. Maggiore Liberiana di Roma, alla dantesca “torre ferma che non crolla giammai la cima per soffiar dei venti.” Dopo aver esaltato le glorie del tempio, reso ora più sublime ed augusto, e l'opera grandiosa del Sozzi, lesse la fede di morte dell'artista, in data 31-3-1765, da lui estratta dal libro dei defunti della Matrice.  Seguì la dotta relazione del Prof. catanese Alessandro Abate. [Questo pittore, nato nel 1867 e morto nel 1953, erede di una nobile tradizione pittorica, sempre fedele ai suoi ideali romantici, è stato un valente decoratore di palazzi e chiese ed anche un dignitoso paesista e ritrattista]. L'Abate, con viva partecipazione e competenza, illustrò la vita e l'opera dei due grandi artisti. Il Sozzi, affermò, “fu grande affreschista e grande dipintore ad olio; non fu meno del Tiepolo nella freschezza del colorito; rivaleggiò col Domenichino nell'azzardo degli scorci, nel disegno e nel chiaroscuro; compendiò infine tutti i segreti dell'Arte del XVII e XVIII secolo”. Dopo gli entusiastici applausi e le congratulazioni, inter­venne  per  ultimo  il  Sig. Giuseppe  Leontini con un lungo discorso. Esordì dicendo che il popolo evoluto di Spaccaforno,  che ha in pregio il Vero ed il Bello, deve essere  giustamente orgoglioso di rendere, dopo tanti anni d'immeritato oblio, un vero atto di giustizia, commemorando degnamente il divino ingegno del grande artista. Ma la celebrazione è anche segno di elevato amor di patria, per il legittimo orgoglio di possedere un magnifico monumento, che, assieme agli altri grandi monumenti, patrimoni storici della Nazione “a egregie cose il forte animo accendono”. Grazie al Sozzi, il nostro piccolo paese è andato avanti sulla  via  del  progresso e della ci­viltà ed è ricco perché può tramandare ai posteri questa magnifica opera, sua gloria e decoro, che “ci sorride nell'eterna giovinezza delle tinte e dei colori”. Essa “è tutta una grande epopea religiosa, condotta con tanta po­tenza d'arte e di pensiero, che non solo il grande pittore, ma il grande teo­logo ed il poeta sommo rivela.” Olivio è riuscito ad “illustrare, in questi magnifici affreschi, un soggetto dalle linee tanto vaste che arieggia le co­lossali proporzioni del poema dantesco.” Egli riassume la storia dell'umanità, dalla creazione di Adamo ed Eva alle grandi figure del mondo biblico, all'evento culminante dell'Incarnazione del Figlio di Dio. E, dopo la fondazione della Chiesa, la continua lotta contro il Maligno, che alla fine vede il bene trionfante e l'inferno debellato. Con l'apoteosi di Maria e dei santi, il trionfo e l'ascensione di Cristo, l'umanità assurge alla gloria della Trinità. E qui finisce il poema!

  Alle dodici, fra gli evviva della folla, il suono delle campane e delle bande musicali, lo sparo delle bombe, oratori e popolo s'avviarono in Chiesa, mentre da un vicino balcone una pioggia di foglietti si sparse sulla folla. V'era stampata una poesia composta da Mons. S. Vella per l'occasione, che terminava con queste due quartine: “Aura d'aprile, d'alloro il crine adorni,-- Due grandi io vedo nell'oblio sepolti:-- Sacro ad Ispa è lor nome; e tu l'accogli-- Su l'ali d'oro.== Oh D'Anna! Oh Sozzi! Oh di Triquetra mia-- Splendore e vanto! Di quei Sommi il nome-- Porta ovunque il sovrano astro rifulge-- Aura d'aprile!.…”

 L'imponente celebrazione si concluse con l'affissione all'ingresso della  chiesa della lapide, dettata dal Prof. Curcio che dice: “Questo tempio che la pietà dei cittadini innalzò al culto di Cristo, ador­nando di lor classiche pitture Olivio Sozzi e Vito D'Anna resero pur sacro all'arte, eretto a Monumento Nazionale con decreto 24 Febbraio 1908. La cittadinanza pone a perenne ricordo questa lapide il Giovedì Santo del 1908.”

 

 

Vicende storico-architettoniche della Basilica di

Santa maria maggiore di ispica

   Poiché, dopo i lavori del Moltisanti e della Fronterrè, sono stati portati alla luce nuovi documenti e dati altri contributi per la conoscenza delle vicende storico-architettoniche della Chiesa di S. M. Maggiore, intendo fare una cronaca più completa ed esatta degli eventi.

  Le fonti storiche contemporanee sono autorevoli e degne di fede: Il Verbale dei Giurati del 1693, il Diario dell'anonimo e le notizie del Sac. Francesco Franzò, già note; la relazione del  Sac. Vincenzo  Favi, pubblicata da G. Calvo (E tu non lo sai… 1982), le notizie d'archivio (L. Arminio, Spaccaforno nel Sec. XIX), e, importantissime, le Visite dei Vescovi Siracusani e la Storia di S. M. Maggiore , di M. Trigilia, pubblicate negli ultimi numeri degli Annali del Centro Studi “Feliciano Rossitto” di Ragusa.

Ecco quanto possiamo dire con certezza.

La Cappella del Cristo alla Colonna in muratura viene iniziata subito dopo il terremoto, nel febbraio del 1693 e ultimata verso aprile! (Diario).

Nel 1696 la Chiesa doveva già essere edificata almeno in parte, perché nella visita del vescovo Asdrubale Termini del 26 nov. 1696 risultano fatti, oltre all'altare del Cristo alla Colonna, quello maggiore (S. M. Maggiore) e quelli di S. Anna e S. Corrado. Ed era in muratura e non “in baracca”, come invece erano la Chiesa Madre, quella di S. Maria della Grazia e quella di S. Anna .

Nella seconda visita del Vescovo Termini (18 febb. 1700) è detto che “tutti gli altari vanno bene.” Egli dà disposizioni sulla processione del Giovedì Santo e proibisce di dormire o lasciare “robe o mercanzie” nella detta chiesa.

Nel 1709 viene fusa la campana grande e sistemata nel campanile. La chiesa comunque doveva essere  completata, perché nella prima visita del vescovo Tommaso Marino del 14-12-1724 è detto: “Comandò che al più presto sia completata la nuova chiesa per la scomodità…”

“A 11 marzo 1725, domenica, si benedì la nuova chiesa di S.M. Maggiore…”(Sac. Franzò).

Il terremoto del mercoledì 8-1-1727 fece “cascare in replicate volte la Ven. Chiesa di S.M. Maggiore, che precipitossi nella maggior parte di essa, avendosi destrutto sino alle fondamenta tutti i pilastri dell'ala che sta in faccia all'oriente, tirandosi seco col pilatsro della stessa cupola quasi tutto il resto, e restandone di questo in piedi solo tre bordoni, che non possono ritardare la loro caduta, mirandosi però come miracolo in niente essere smossa l'ala tutta ove si collocava il Cristo alla Colonna…” (Sac. Favi in G. Calvo). Spiega il Franzò (in Fronterrè, La Basilica di S.M.Maggiore): “ Per essere stata malamente fabbricata, benché con bellissimo disegno. La causa fu che in uno dei pilastri si volsero fare il pulpito e volendosi piantare dei  pilaccioni di legno, sconquassarono il detto pilastro e poi per il moto del terremoto da per sè stessa cascò…”.

Secondo il Moltisanti e la Fronterrè, che purtroppo non citano la loro fonte, forse il Sac. Franzò, il disegno della chiesa fu opera dell'architetto siracusano  Rosario  Gagliardi. Il Moltisanti invero ne storpia  il  nome in Svegliardi, probabilmente per errata lettura del manoscritto del Franzò, che ora intende pubblicare integralmente il Geom. G. Calvo. Non esiste infatti un architetto di nome Svegliardi. é  però da rilevare che il Gagliardi nasce nel 1698 e non gli si può quindi attribuire il progetto della primitiva cappella del 1693 e nemmeno il “bellissimo disegno” di cui parla il Favi. é probabile che sia stato chiamato dall'Arciconfraternita dopo il terremoto del 1727, per la ricostruzione del tempio. Sappiamo infatti che solo dal 1730 egli è citato come architetto e nel 1738 inizia la costruzione di S. Giorgio a Ragusa.

Nel 1749, la facciata era stata costruita “fino alla medietà della divisione terza corinzia del terz'ordine” (nota d'archivio rinvenuta da P. Nifosì).

Nello stesso anno 1749, l'architetto notinese Vincenzo Sinatra, discepolo e collaboratore del Gagliardi, firma i disegni del  loggiato.

  Prima del 1754 vien completata la cappella del Cristo alla Colonna, col grande scudo quadripartito del Principe Francesco Saverio Statella, che nel 1761 vi fa erigere il mausoleo funebre per tre suoi figli nel lato destro.

Neli anni 1750-61 il palermitano Giuseppe Gianforma fa la decorazione in stucco dell'interno della chiesa.

Il 19-7-1763 il vescovo Antonio Requisens consacra la Basilica di S.M. Maggiore. Il 17-6-1762 Olivio Sozzi viene ad Ispica ed inizia i lavori di decorazione pittorica della Basilica, che durano fino alla sua morte, il 31 marzo 1765. é da scartare la tradizione popolare della sua caduta da un'impalcatura, perché il suo discepolo, Padre Fedele da S. Biagio, nel 1788 dice testualmente: “ Il suo cronico male di idropisia al petto [enfisema polmonare] lo ridusse più volte in pericolo di vita…Pochi giorni dopo aver terminato la bell'opera, attaccato di nuovo dal suo male, tra le lacrime dei Spaccafornani cessò di vivere e fu compianto da tutti e onorato a tal segno coi funerali e la pide sepolcrale in detta basilica, che non vi è esempio in Val di Noto di avere con dimostrazioni così significanti dimostrato l'affetto e l'attaccamento per uno virtuoso, cotanto pio, onorato e disinteressato cristiano.”

Nel 1783 il palermitano Giuseppe Crestadoro dipinse il grande affresco della volta della sacrestia con “Mosé che riceve le tavole della Legge”, che Filippo Bruno di Scicli decorò con cornice e stucchi. Nel 1794 Giovanni Gianforma, figlio di Giuseppe, decorava con colonne tortili e statue in stucco, sul modello di quella del SS. Cristo, la cappella dell'Assunta.

 Nella Relazione del 27- 2-1825, sottoscritta dal Can. Decano e dai Rettori G.T. Zuccaio  e  A. Lentini  è detto: “ Col  terribile  terremoto accaduto nel 1809, nel cappellone sopra l'altare maggiore, si osservano due notabili fissure, le quali nel Coro tutto sembrano irreparabili per la maestà della pittura e perché attaccato trovasi all'istesso cappellone il gran campanile della chiesa, oltre d'essere stata offesa per ben due volte dal fulmine, il quale entrato ha portato via bastante quantità d'oro di zec­chino di cui trovasi fregiata.”

Nel  1875-78 fu rifatta la facciata della chiesa perché il calcare tenero si era corroso col tempo. Negli stessi anni Carlo di Gregorio, co­struttore della nuova facciata dell'Annunziata, faceva la recinzione esterna.

Il 24 febbraio 1908 la Basilica venne eretta in “Monumento Nazionale”, data “ la sua importanza per la storia della pittura in Sicilia, essendo decorata da buone pitture del Sozzi e D'Anna.”

Nello stesso periodo il capomastro Carmelo Lauretta realizzò la volta dell'androne dell'ingresso principale e le decorazioni in stucco. Nel 1911 il capomastro Carmelo Padova aggiunse la cupola al campanile. Restauri furono fatti nel dopoguerra per i danni dei bombardamenti dai capimastri Tringali, Nigro e Guarnieri. Negli anni ’50 furono restaurati il tetto e le volte ed il Prof. Nicolosi di Catania fece un restauro conservativo degli affreschi del Sozzi. Nel 1955 Il Tringali  rifece una diecina di basi dei vasi della recinzione del Di Gregorio  e la balaustra del campanile. Nello stesso anno lo scultore ispicese Salvo Monica realizzò il fonte battesimale in marmi pregiati con otto pannelli istoriati. Nel 1993 è stata collocata nella parete destra del presbiterio la grande pala d'altare cinquecentesca, proveniente dalla chiesa di S. Anna e raffigurante la Madonna del Rosario.

 

  La processione del Cristo alla Colonna.

 Con quella del Cristo alla Croce è la festa più importante di Ispica. Si svolge il Giovedì Santo e risale ai tempi anteriori al terremoto. Nel 1639, nel compromesso stabilito dal Marchese Antonio Statella per porre termine alle contese fra le due Confraternite di S. Maria e dell'Annunziata, fu stabilito che “soli li fratelli di S. M. Maggiore possono far processione…”. Nel 1751 il Vescovo Francesco Testa disponeva che “durante la settimana santa siano interdetti lo sparo di mortaretti e di qualunque macchina di fuoco, non adatti in questo tempo alle sacre funzioni…I fedeli devono evitare risse, dissidi, liti e dimostrare la loro devozione verso i sacri misteri con pie suppliche, con tristezza e l'intima contrizione dell'animo.” Nel 1755, nel decreto emanato dal Re Carlo III di Borbone, veniva permessa la “Processione  del  Giovedì Santo nella quale si porta la Statua di G.C. Flagellato alla Colonna…purché si faccia con quel silenzio e quel profondo rispetto di pietà e con tal sentimento di dolore che viene eccitato in siffatte rappresentazioni nel cuore di qualunque fedele…”. Abolita nel 1773 per indecenti trattenimenti e altre liti insorte fra “Cavari e Nunziatari”, fu riattivata nel 1802, grazie all'intervento del Principe Francesco Maria, come ricorda l'iscrizione aggiunta al suo quadro. Con la circolare del 1827 erano state proibite anche le festività e le riunioni dopo l'Ave Maria e quindi anche quella del Giovedì Santo. Era permessa solo la festa in Chiesa, nella sua Cappella. Finalmente il 22 febbraio 1850, il Giudice Regio Ignazio Castagna comunicava ai Rettori che “con decreto del giorno 16  il Re ha permesso nelle ore pomeridiane del prossimo Giovedì Santo la Processione del SS. Cristo flagellato alla Colonna…” Grande fu l'esultanza del popolo e solennissima la festa. Il Conte D. Enrico Statella presiedette all'apertura delle porte ed alla “discesa” del SS. Cristo con una compagnia di soldati e la banda militare. Il pomeriggio, in abito di gala, su un ca­vallo ornato di gualdrappe di seta rossa, seguito  da  dodici nobili, vestiti anch'essi di seta e d'argento, capeggiava la processione, se­guito da una schiera di militi in alta uniforme. La statua entrò nel Palazzo degli Statella e quando uscì dall'ingresso principale, allora Via del Principe, oggi Corso Umberto, il Conte gettò monete alla folla che lo acclamava esultante (v. sopra 1827).

 Nel 1876 vennero proibite, come barbare, le flagellazioni a sangue dei devoti, che, partendo dallo sbocco della “barriera”, procedevano verso la chiesa e sono poeticamente descritte dal Capuana nel romanzo Profumo.. Il 10-2-1901 fu solennemente celebrata la prima messa della Flagellazione di Gesù alla Colonna, per concessione del Papa Leone XIII. Nel 1893, per la prima volta, nel secondo centenario del terremoto, l'immagine del Cristo fu portata nell'antica sua chiesa della Cava. Da allora la processione è stata ripetuta altre sei volte; la penultima nel 1993, terzo centenario del terremoto, e l'ultima nell'anno santo giubilare del 2000.

 

LA VISITA PASTORALE DEL 14-18 DICEMBRE 2003

La Sacra Visita episcopale è stata preceduta dalla “Peregrinatio” della Statua della Madonna Scala del Paradiso, Patrona della Diocesi di Noto, l’11 e il 12 ottobre 2003. “All’ingresso in paese della Madonna, venerdì 10 ottobre, c’era una grande folla di devoti di ben 25 differenti associazioni, un mosaico molto legato e composto. La Peregrinatio è stata impostata in uno stile comunitario e  cittadino, che ha aiutato  tutta  la città a vivere in unità,

come  una  sola  grande famiglia, una vera comunione ai piedi della Madre comune.

A S. Maria ci sono stati sei incontri. Alle ore 19 la Madonna è stata accolta con filiale devozione da tutta la comunità parrocchiale, dai Confrati e dai Fazzoletti Rossi. Alle famiglie di tutta la città, presenti alla celebrazione eucaristica, è stato proposto il modello mariano, cristocentrico, eucaristico, trinitario, che ci fa salire a Dio attraverso la mistica Scala, Maria. La giornata si è conclusa con la veglia mariana notturna, molto sentita e partecipata.. La mattina del 12, alle 10,30 la consacrazione a Gesù per le mani di Maria; alle 11,30 l’affidamento dei giovani a Maria, Madre, Modello, Custode.. La conclusione alle ore 16,30 con la veglia mariana e la recita dei misteri luminosi.

Dal 14 al 18 dicembre c’è stata la visita del Vescovo Mons. Giuseppe Malandrino a S. Maria.Maggiore e a S. Anna. Molto densi, nel ritmo e nei frutti, sono stati i quattro giorni di visita nelle due comunità parrocchiali, collegate fra loro in unità, sotto la guida, da diversi decenni, dell’infaticabile Don Paolo Mansueto, da un anno aiutato dal giovane viceparroco Don Davide Baglieri. La comunità è fiorente di diversi e numerosi gruppi di giovani e adulti, oltre che di bambini, ragazzi e adolescenti, impegnati in un ricco cammino di fede e d’impegno sociale e culturale. Il Vescovo ha lasciato a tutta la Comunità, Confraternita, Fazzoletti Rossi, Associazione Addolorata, Associazione S. Pio, Associazione Immacolata, un forte messaggio evangelico basato su quattro pilastri: ascolto della Parola di Dio, preghiera viva con al centro l’eucaristia, comunione fraterna, servizio premuroso e concreto agli ultimi, ai poveri e ai sofferenti. Il Parroco Mansueto ha paragonato la visita del Vescovo a quella di Maria ad Elisabetta. Cristo Buon Psstore, nella persona del Vescovo ha visitato il Popolo di Dio, che è stato santificato come Giovanni Battista dallo Spirito Santo e con Maria ha cantato il suo Magnificat al Signore.

Tutti i diritti riservati

L'opera viene pubblicata su autorizzazione del Prof. Melchiorre Trigilia che ne mantiene i diritti di autore. E' vietata qualsiasi riproduzione senza l'autorizzazione esplicita dell'autore Melchiorre Trigilia.

Per contattare l'autore rivolgersi al:  

Centro Studi Helios  email:redazione@centrostudihelios.it