LE VISITE DEI VESCOVI SIRACUSANI
SEC. XVIII
18-FEBBRAIO-1700
II VISITA DEL VESCOVO TERMINI.
Chiesa di S.Maria Maggiore Confraternita
La figura di S.Francesco Saverio nell'altare maggiore che indossa una veste con le ginocchia scoperte sia dipinta bene da un pittore in modo che le ginocchia siano del tutto coperte. Tutti gli altari vanno bene; la cassetta delle elemosine sia tolta dalla chiesa e messa nella sacrestia; si provveda un lavatorio.
Disposizioni particolari. Nessuna processione e molto più quella del Giovedì Santo e del Venerdì santo si possa fare di notte, ma abbiano a terminare all'Ave Maria, sotto pena ai Rettori e Superiori di onze 10 per ognuno ed ogni volta, e le chiese interdette ed anche il Vicario che trascurerà tale esecuzione sarà obbligato a pagare 10 onze e deposto dall'ufficio; parte delle onze sarà data a chi rivelerà questo disordine. Non si permetta che nella chiesa di S.Maria Maggiore ed in alcuna altra chiesa si possa dormire né depositare panni o altre robe o mercanzie, sotto pena di interdetto e per i Superiori di essere rimossi dall'ufficio.
25 Agosto 1702- Una donazione a S. Maria Maggiore1
Francesca Pollara, tramite il suo procuratore mundualdo Diego De Amico, … per la sua grandissima devozione che sempre ha avuto ed ha verso il Ven. Altare di S. Maria Maggiore esistente nella stessa chiesa, pregando, vivendo e ogni giorno ascoltando i divini sacrifici e la divina parola…in piena coscienza e liberamente… a lode e gloria dell'onnipotente Iddio e della Beata sempre Vergine Maria dona e assegna…al detto altare ed ai suoi procuratori…:
Un “tenimento di case con due corpi, un porticato ed una cisterna…vicino al Convento di S. Maria di Gesù e confinante con le case di Crispino Falcone e Giovanni Salonia…. Una vigna in contrada di Catabirrina confinante con quella di Francesco Gambuzza e quella di Giovanni Caccalluzzo…. Una casa recentemente costruita in un nuovo sito con due porte e cisterna sita in contrada delli Concazzi, confinante con case e casaline di Giuseppe Gianna e di Francesco Cannella. L'usufrutto dei beni alla detta Francesca Pollara come per testamento nuncupativo di Giuseppe Vernuccio in Notaio Giuseppe Monaco del 21-1-1699…Si riserva solo la donante una salma di frumento e due salme di mosto l'anno per il resto della sua vita… che poi passeranno al detto altare. La donante sceglie come depositario e detentore il Sac. D. Francesco Lissandrello che deve provvedere nel modo megliore, più valido ed efficace alla detta donazione…Testimoni: Diego De Amico, Pietro Traversa, Giuseppe e Benedetto Occhipinti. Dagli atti del regio notaio D. Francesco Tardino di Spaccaforno …registrato negli atti della Curia secondo la forma prammatica… Ricca e Scatella giurati. 26 agosto 1702.
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1 Dal Vol. 1362(9), ff. 737v -739v, Arc.Stato Sir.
7 SETTEMBRE 1709
VIENE FUSA LA CAMPANA GRANDE
“La Campana Grande, pesante 30 quintali e dedicata al SS. Cristo, venne fusa a Ispica nel casaleno adiacente alla torre campanaria, il 7 settembre 1709 da D. Marco Motta di Chiaramonte. “Raccontano le nostre nonne”, aggiunge la Fronterrè1, “che quando venne fusa i fedeli facevano a gara a gettare nella caldaia fondente gli anelli e le collane che si coglievano d'addosso per rendere più preziosa la lega.”
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1 Op. cit. p. 130.
14 DICEMBRE 1724
I VISITA1 DEL VESCOVO TOMMASO MARINO (1724-1730)
S.Maria Maggiore
Il Rev. Parroco Domenico Maria Spinoccia, per mandato dell'Ill.mo Vescovo, visitò la Chiesa di S.Maria, dove c'è l'altare del SS.mo Crocifisso e comandò che al più presto sia completata la nuova chiesa per la scomodità e che gli altari siano ornati di vesti, fiori e candelabri.
11 Marzo 1725 Benedizione della nuova chiesa2
…“A 11 marzo 1725 Domenica, si benedì la nuova Chiesa di S.Maria Maggiore la sera; poi il domani, lunedì giorno di S.Gregorio Papa, si celebrò la prima messa. La quale chiesa è della Confraternita sotto il titolo di detta Gran Signora e prima dell'orribilissimo terremoto che sortì l'anno 1693 con la rovina di tutto questo Val di Noto e Valle Demone era situata nella Cava alla Biviratura; al presente si vedono anche le vestigie e si celebra dove è anche nella rocca dipinta la Gran Signora Maria, titolo di detta Confraternita”.
Il Terremoto del 6 Gennaio 17273
“A 6 gennaio 1727 di lunedì”, dice il Franzò, “ ad ore quattro, fece un tremuoto che atterrì tutta questa città e la medesima notte replicò sette volte…Il Sac. D. Teodoro Rustico… cadde e morì…Martedì, …cantato l'Officio dei Defunti e dopo la messa… ad ore 18 in circa, replicò un orribile terremoto che fu una confusione inesplicabile, credendo che già dovevamo restare sotto le rovine di detta chiesa. Volse la bontà del Signore che non cascasse altro che una pietra del campanile …" .Continua ora il Sac. Favi: “ …i Confrati della Ven. Chiesa di S.M. Maggiore, immediatamente e spinti non men dalla propria devozione che dallo zelo, entrati nella Chiesa che minacciava rovina per la scossa del terremoto, uscirono la tanto miracolosa non men che rara e sacrosanta statua di Gesù Flagellato alla Colonna e lo condussero col seguito di tutto il popolo nel piano del Castello designato dai Principi dopo il terremoto del 1693. Accompagnato con grida e pianti di tutta la gente contrita fra di cui ve ne fu che spogliato delle sue vesti, ignudo battersi a sangue e moltissimi altri colla lingua a terra strascinandosi andavano ai piedi dell'amantissimo Redentore delle anime nostre e altri, dandosi con pietre nel petto imploravano l'aiuto e la liberazione di tal flagello, non lasciando di predicare i PP. Cappuccini al popolo, che con sospiri e gemiti domanda perdono dei suoi misfatti a Dio. Subito si innalzò da quei Confrati con gran fervore una capanna di legno per conservarsi la veneranda statua, che fu collocata nel detto piano, vicino alle case del fu Barone Bufardeci…
Mercoledì, vicino alle ore 21 [15 ca.], con molto spavento dei circonvicini e con grande ed intimo dolore e pianto non solo dei propri confrati ma di tutto il popolo, viddesi cascare in replicate volte la Ven. Chiesa di S. M. Maggiore, che precipitossi nella maggior parte di essa, avendosi destrutto sino alle fondamenta tutti i pilastri dell'ala che sta in faccia all'oriente, tirandosi seco col pilastro della stessa coppola quasi tutto il resto, e restandone di questo in piede soli tre bordoni, che non possono tanto ritardare la loro caduta, mirandosi però come miracolo in niente essere smossa l'ala tutta ove si collocava il SS. Cristo alla Colonna…” Spiega il Franzò:“…Cascò la suddetta Chiesa senza aver fatto terremoto alcuno, per essere stata malamente fabricata benché con bellissimo disegno. La causa fu che in uno dei pilastri si volsero fare il pulpito e volendo piantare dei pilaccioni di legno, sconquassarono il detto pilastro e poi per il moto del terremoto da per sè stessa cascò, il che fu causa di un gran terrore in questa città…”
“[Sono] fatte processioni in abito di penitenza, che han termine nel luogo dove sta collocato il SS. Cristo, associate da tutta la gente… I confrati di S. M. Maggiore esercitando il loro speciale fervore verso la divozione di Cristo Flagellato, si stan travagliando a folla ad ergere una loggia sostenuta da travi e legna ben grande di longitudine, avanzando li palmi 45, con altri palmi 25 di larghezza…”.
Il Franzò aggiunge: “Il 16 gennaio, mercoledì, si fece una processione di penitenza di tutti i Santi e si portò il SS. Cristo alla Colonna dalla capanna malamente accomodata …nella nuova capanna…nella piazzetta di S. Antonio Abbate.”.
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1 Questa sacra Visita iniziò il 29-9-1724 e durò 14 mesi; cfr.O.Garana, op. cit.p.177.
2 Dal “Diario manoscritto” di D.F. Franzò, pubblicato in ASSO 1932 cit.
3 Dalla Relazione fatta dal Sac. Vincenzo Favi, in data Spaccaforno 14 -1- 1727 e pubblicata in G. Calvo, E tu non lo sai…! , pp. 101-104, Ragusa 1982. R. Fronterrè Turrisi, La Basilica di S. M. Maggiore di Ispica, pp.30-32, Ispica 1975, riporta la cronaca del Sac. Francesco Franzò.
27 FEBBRAIO 1727
II VISITA DEL VESCOVO TOMMASO MARINO
Annunziata e S.Maria Maggiore
Visitata la Congregazione vicina alla Chiesa (della Sciabica), si recò nella Chiesa dell'Annunciazione e di S.M.Maggiore e, fatte le funzioni e la visita, ordinò ai confrati di esibire l'inventario dei giogali e l'autentica delle reliquie.
14-8-1728 IL VESCOVO TOMMASO MARINO AUTENTICA LE RELIQUIE DELL'ARCA ARGENTEA DI S.MARIA
Nello stesso volume delle Sacre Visite del Vescovo Tommaso Marino (ff.231v-232v) è trascritta questa lettera di autentica. Noi Fra T. Marino…attestiamo che ci furono presentate in un'arca argentea molte reliquie di S.Maurizio Martire e compagni, già riconosciute dal nostro predecessore D. Paolo Faraone con lettera data a Siracusa 26 aprile 1626.
Inoltre le reliquie di S. Prodocimo Vescovo e Martire, Flavia Vergine e Martire, Lucio, Adriano ed altri martiri; ed ancora di S. Vito e Celestino, Emilia vergine e martire, Quintiliano, Vescovo e martire, Palmuzio, Sisto, Valeriano, Facondo, Ciriaco, Quirino, Domizio che furono donate dall'Em.mo Card. Antonio Diaz Vescovo Ianuense in data 18-Nov.1621 a Giacomo Candido, da questi al Cappellano P.Felice Belmusto che li diede a Padre Antonino da Ispica e questi alla Chiesa di S.Maria.
Inoltre quelle dei SS. Abondio e Feliciano riconosciute dal nostro predecessore D.Francesco Fortezza, con lettera del 19-9-1685; parimenti quelle del Martire Marcellino, cioè parte di un osso del suo corpo esistente nella chiesa di S.Sebastiano della Terra di Ferla, con l'autentica data dal nostro predecessore D.Antonio Capobianco il 25-1-1651, prima donate all'Ill.mo D.Antonio Statella e da questi alla detta chiesa1; ancora del martire Prisco con lettera dell'Em.mo Card. Carpinio del 27-6-1701; ancora del martire S.Antonino, con lettera del nostro predecessore D.Asdrubale Termini del 10-12-1721. Di tutte queste reliquie persone degne di fede hanno dichiarato che il culto persiste costante da tempo. Perciò, per la maggior gloria di Dio e la venerazione dei santi, disponiamo che siano custodite nella stessa arca argentea chiusa da tre chiavi, una tenuta dal Rev. Parroco, una dal Vicario ed una dai Procuratori della detta chiesa, come decretato il 5-3 del corrente anno, e per riconoscerne in perpetuo l'autenticità le abbiamo munite del nostro sigillo ed abbiamo permesso che siano esposte pubblicamente alla venerazione dei fedeli.Siracusa 14-Agosto -17282.
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1 Nell'Archivio della Confraternita (una copia ora esiste nell'archivio di G. Calvo) si custodiva l'attestato di donazione con l'autentica di questa reliquia. In esso D. Natale Di Bartolo Vicario Foraneo di Ferla attesta di aver preso dalla cassetta custodita nella chiesa di S. Sebastiano alcuni pezzetti di ossa del corpo del Martire S. Marcellino. Questa preziosa reliquia era stata donata al Marchese di Ferla D. Francesco Rau con Bolla Apostolica data a Roma nell'anno del Giubileo 1650 ed autenticata dal Vescovo Capobianco in corso di Sacra Visita il 25-1-1651. D. Francesco Rau a sua volta aveva donato un pezzetto d'osso all'Ecc.mo Don Antonio Statella Marchese di Spaccaforno suo genero, il quale l'aveva poi passato alla Chiesa di S. Maria.
2 Tutte queste Sacre Reliquie sono state rinvenute nella loro Cassa, nell'altare dell'Assunta, nel 1988 da Franco Campailla ed esposte, per volontà del Parroco Paolo Mansueto, nel lato sinistro della Cappella dell'Adddolorata. Una reliquia della Colonna ed un'altra della Croce furono donate da P. Siracusa O.F.M., esattore delle Bolle di Terra Santa, l'8-4-1765. Cfr. R. Fronterrè La Basilica…cit., p. 33.
1729 ?
Costruzione del Baldacchino a colonne con i due “Giudei”.
“Verso il 1729”, dice la Fronterrè1, sulla base di un manoscritto del Dott. Leontini e di notizie date dal Rettore Avv. Vincenzo Cavarra, “… i nostri Cavari si affrettarono ad aggiungere alla statua due Giudei e ne affidarono l'incarico a D. Giuseppe Guarino da Avola (artefice nello stesso anno del SS. Cristo alla Croce dell'Annunziata); il maestro, dopo aver presentato il disegno fatto a carbone, che ancora si vede in una parete della “casa della bara” della Chiesa, adattò al SS. Cristo i due giudei esistenti… Il tutto raccolto in una macchinetta d'argento dorato…”
29 MARZO 1738
VISITA DEL DELEGATO DEL VESCOVO MATTEO TRIGONA (1732-1748).
Secondo il citato Elenco2, “Il fu Mons. D. Matteo Trigona…dopo aver visitato la Chiesa Madre, commise al suo …(illegibile) la visita della Chiesa Confraternita di S. M. Maggiore, poscia quella della SS.ma Annunziata.”
1743 EREDITà MORANA3
Con atto in notaio Giacomo Franzò del 2-1-1743, il chierico Nicolò Morana lasciava in eredità alla chiesa di S. Maria Maggiore tutto il suo pingue patrimonio, consistente in terre e case, affinché le rendite fossero utilizzate per “Cappellanie di Messe, per il lustro della Chiesa e per il culto divino”.
Da una relazione del 1836, firmata dal decano D. Giovanni Guarino, risulta che l'eredità ammontava a 252 onze annue, 148 delle quali servivano per le prebende dei Canonici della Collegiata e 104 erano impiegate “per l'utile e necessario comodo della donataria Chiesa di S. Maria Maggiore”.
Ma già dal 1826 i lasciti Morana erano gravati da ipoteche. Le spese comunque della Chiesa superavano le entrate, consistenti in censi in frumento e denaro, fondazioni, cappellanie e donazioni dei fedeli; infatti nel 1825 il passivo era stato di ben 148 onze, ridottosi nel 1836 a 20 onze.
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1La Basilica… op. cit. p. 190.
2 Foglio 2v.
3 Nella collezione degli atti di questo notaio, custodita nell'archivio di Stato di Modica, manca purtroppo il volume degli anni 1741-43. Mi baso perciò su quanto dice L. Arminio sulla scorta della documentazione esistente nell'Archivio Storico Comunale, op. cit. vol. II, pp. 58-60.
1749 Costruzione del Loggiato1
Il 28 aprile 1749 l'architetto regio Vincenzo Sinatra di Noto presentò alla Confraternita la pianta a semiellisse del Loggiato. Esso aveva anzitutto funzione architettonica, sul modello di quello del Bernini a S. Pietro, per dare bellezza e monumentalità alla Basilica. L'ingresso verso la Chiesa avveniva dalle tre arcate centrali, mentre l'ampio piazzale antistante dava respiro e monumentalità al tempio che lo chiudeva col suo armonico fondale prospettico, dominando liberamente il superbo panorama di mezzogiorno che si stende dalla magnifica pianura sottostante fino al Mediterraneo!
Le “logge” servivano anche per ospitare i commercianti della fiera franca di S.Rosalia, che si svolgeva la quarta settimana di settembre (vedi sotto).
Nel 1905, caduto in disuso il mercato, le Logge vennero chiuse ed adibite a botteghe. La piazza restrostante fu purtroppo chiusa ed in seguito abusivamente occupata da costruzioni.
Sotto il pavimento delle logge, fino al 1840 circa, quando venne costruito il primo pubblico camposanto presso il Convento dei Frati Minori, venivano sepolti i fedeli in fosse comuni.
Il recente (dicembre 1994) restauro conservativo è stato limitato alla ripulitura dei blocchi calcarei fortemente erosi dagli agenti atmosferici, senza l'intervento dell'opera di rifacimento da parte di scalpellini locali eredi dell'antica tradizione artigianale. Il risultato estetico non è certo gradevole; speriamo almeno che ora non si accelleri il processo di sfaldamento della pietra!
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1Cfr. R. Fronterrè, La Basilica… cit. pp. 39-43. Cfr. anche: A. Moltisanti, op. cit. pp. 96s; L. Arminio, vol I, cit. pp. 207-211.
14 FEBBRAIO 1750
I VISITA DEL VESCOVO FRANCESCO TESTA (1748-1754)
S. Maria Maggiore
… Giorno 14 febbraio in processione, sotto il baldacchino portato da quattro Confrati, giunse davanti la porta della chiesa e ricevuto l'aspersorio benedisse tutti… Si diresse all'altare maggiore mentre veniva cantato il Te Deum…
…Visitò gli altari e li lodò…Disposizioni sulle sacre vesti…
Chiesa di S. Maria Maggiore della Cava
Si inchiodi il tabernacolo…
18 febbraio 1750 Lettera a tutto il Clero e ai Religiosi
Francesco per grazia di Dio e della Sede Apostolica Vescovo di Siracusa e del Consiglio di sua Regia Maestà.
Alli Revv. Vicerettore, Cappellani e Clero di questa Terra di Spaccaforno salute.
Ci siamo riservati sul fine della nostra visita di conferire con voi qualche nostro sentimento, dichiarando prima ben grato l'animo nostro per la parte colla quale vi ingegnate di corrispondere all'alto vostro ministero e di rendere a Dio l'ossequio col quale vien glorificato nella Chiesa Cattolica e di procurare la salute delle anime col catechizzare e predicare la divina parola, coll'ammonire e correggere e col comporre le dissenzioni soprintendendo all'edifacazione del popolo coll'esempio e colla voce. Tuttavia vi occorre suggerirvi per quello che appartiene ai Cappellani a non stancarsi nel loro impiego ed a soffrirlo sempre più con maggior lena e sarebbe preciso che il sacrestano la sera non stia lontano dalla chiesa, affinché si possa facilmente accorrere nei casi notturni.
Si affigga nelle sacrestia la nota dei Confessori approvati.
Incarichiamo poi tutti gli ecclesiastici obbligati alla recitazione dell'Ufficio Divino che si uniformino ai decreti della nostra Chiesa che di anno in anno si pubblicano col nostro ordinario, né col pretesto di essere obbligati in qualche religioso istituto mettano difformità alla recitazione del medesimo, non essendovi fondamento che possa giustificare siffatta variazione.
Vogliamo inoltre che tutti vadano vestiti in abito talare e che assistano all'Accademia dei Casi Morali e con particolarità lo incarichiamo ai Chierici i quali vogliamo che assistano pure nelle domeniche e feste di precetto alla chiesa loro assegnata e a tutte le altre funzioni che nella medesima si faranno ed al catechismo ed avvertano che non saranno ammessi all'ordine.
zione se non adempiranno quanto da Noi li è stato incaricato e porteranno le fedi di tali assistenze. Ci occorre di più suggerire a tutti gli ecclesiastici l'obbligazione della celebrazione delle messe e ne incarichiamo le vostre coscienze ed a nostro parere non può giustificarsi la mancanza che alcuni fanno nel posponere o anteporre la celebrazione ai giorni designati dai loro fondatori; perciò vi incarichiamo a dover soddisfare l'obbligo delle messe nei giorni designati, non avendo motivo di potersene scusare, per non potersi alterare in modo alcuno la volontà dei fondatori senza il loro giudizio. Di che ne incarichiamo pure i fondatori che in questo caso siano avvertiti a non farle celebrare ma notarle a mancamenti. Dovranno altresì celebrar le messe nelle chiese in cui sono state fatte le fondazioni dai testatori; di che ne faranno tutto lo riferimento in caso di trasgressione e i Procuratori e Lettori delle chiese devono portare ogni primo di mese i libri delle messe dal Vicario acciò da questi fossero controsegnati.
Per sovvenire inoltre alla pietà e devozione dei poveri bisognosi commoranti nell'ambito e quartiere di S. Antonio e nella Matrice Chiesa antica, vogliamo che vi assistino di continuo il Rev. Parroco e pur esso il Vicerettore; e vi si mantenga il Cappellano per essere pronto alli bisogni e predicarvi la parola di Dio nelle domeniche e feste di precetto e assistere altresì per udire le confessioni dei fedeli per quando si trova impedito il Parroco o il Vicerettore il quale debba in ogni conto in tutte le domeniche e feste di precetto prestarvi la sua assistenza.
Incarichiamo finalmente a tutti gli ecclesiastici la dovuta assitenza a soccorrere i poveri moribondi che per lo più se ne muoiono senza avere chi li somministra qualche pio sentimento, essendo questo per altro un obbligo unito al carattere che indossano e saranno costretti a darne distinto conto al Tribunale di Dio per quelle anime che per la loro incuria disgraziatamente si sono perdute.
Dato in Spaccaforno in corso di sacra visita 18 febbraio 1750.
Lettera ai Chierici
Francesco Vescovo di Siracusa - Sac. Giuseppe Mira Maestro Notaro
Al Rev. Vicario ed ai Chierici in minoribus ed all'inabilitati nella prima clericale tonsura, salute.
Nell'atto di partirci dalla visita di questo paese abbiamo voluto aver riguardo a parte anche ai Chierici che costituiti in minoribus e nella sola clericale tonsura, aspirano agli ordini sacri; ovvero in quel grado nel quale si trovano vogliono godere dei privilegi e degli oneri clericali. Rispetto a costoro adunque, oltre ad aver prescritto la decenza dell'abito e l'onestà della vita e la alienazione da tutto ciò che è traffico ed impiego secolaresco, siamo a stabilire con urgenza due leggi da osservarsi inviolabilmente. La prima che facciano effettivamente il servizio dovuto alla Chiesa, assistendo alle varie funzioni con cotta in tutti i giorni festivi. La seconda che dopo vespro intervengano all'Accademia dei Casi Morali per loro erudizione. Ed inoltre all'istruzione dei fanciulli ossia catechismo dei figlioli per significare la premura che intorno a ciò ci sollecita. Siam contenti di protestare che, senza l'attestato d'essere stati esatti osservatori d'ambedue queste ordinazioni da doversi fare con tutta la sincerità, non saremo giammai per ammetterli agli ordini ulteriori e forse avremo motivo bastante per la di loro contumacia di procedere contro di essi alla privazione dei favori del chiericato. Sia perciò nota a ciascuno questa nostra disposizione come Noi saremo solleciti a tenerla costantemente sostenuta in effetto col nostro ripetuto zelo e rispettivamente colla vostra docilità e vi compartiamo la nostra particolare benedizione.
Dato in Spaccaforno …18 febbraio 1750.
Lo stesso giorno 18…date delle disposizioni al Vicario D. Pietro Oddo, Visitatore delle Chiese… dal Convento dei Cappuccini, dove era ospitato, nella propria lettiga, accompagnato da molti ecclesiastici si mise in viaggio verso Rosolini…
Lettera per le Processioni del 15 Agosto e 8 e 9 Settembre
Modica, in corso di visita, 9 Luglio 1751.
Il Rev. Signor D. Francesco Testa Vescovo siracusano… volendo del tutto togliere ogni occasione di contesa fra i Confrati dei sodalizi della Chiesa sotto il titolo dell'Annunciazione della B.M. Vergine della città di Spaccaforno e di S. Maria Maggiore, conservare la pace fra loro e soprattutto provvedere al decoro delle sacre funzioni, volle dispose e ordinò…che sia sospesa la processione che ogni anno suole essere fatta il 15 agosto dalla Chiesa di S. Maria Maggiore e parimente sia interrotta la processione che si suole fare il 7 e 8 Settembre nella Chiesa della B.V. Annunciata. Perciò le licenze ottenute o richieste per il futuro, in vigore del presente decreto restano prive di forza e valore e del tutto nulle e per il futuro si astengano del tutto dal farle nè il Rev. Vicario deve concedere il permesso della loro esecuzione.
Inoltre ordinò… che, poiché nella predetta città in occasione di qualunque solennità o funzione specie nelle predette chiese dal sabato dopo la domenica di passione incluso fino alla domenica di Resurrezione…ogni anno si ripetono, lo sparo di mortaretti e di qualunque macchina di fuoco e l'esplosione di qualunque genere non adatti in questo tempo alle sacre funzioni, siano del tutto interdetti . Il Rev. Vicario potrà ricorrere anche all'aiuto del braccio secolare e pene severe a discrezione di Sua Ecc. Rev. ma saranno comminate ai Rettori delle Chiese e delle Confraternite e agli ecclesiastici di qualunque grado e dignità che trasgrediranno queste disposizioni…
Nella feria quinta in cena domini, nella feria sesta in parasceve [giovedì e venerdì santo] e nelle ore mattutine del sabato santo, il suono delle campane sia limitato a due o al massimo tre tocchi, come richiamo per convocare i fedeli alle sacre funzioni …. Dimostrino piuttosto la loro devozione verso i sacri misteri che sono rappresentati, con pie suppliche adatte a quei tempi, con tristezza e pianto e con l'intima contrizione dell'animo. Ai privati laici non sono estese le predette proibizioni ed interdetto, ma non si deve loro permettere nulla che possa causare risse, dissidi, liti ed altri simili inconvenienti1.
Questi decreti sono stati registrati negli atti della Curia Vicariale, in quelli della città di Spaccaforno ed in quelli della Cancelleria Vescovile; il Rev. Vicario dovrà promulgarli in luoghi pubblici e frequentati.
F. Testa Vescovo siracusano. Sac. Giuseppe Mira Maestro Notaio.
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1 Simili pastorali raccomandazioni in più occasioni furono rivolte dai Vescovi al clero, alle confraternite, alle autorità civili ed ai fedeli di Ispica, per evitare abusi e disordini durante le feste, e richiamare tutti alla vera devozione ed in particolare all'austerità ed alla santa mestizia nel ricordo della Passione e morte di Gesù Cristo durante la settimana santa. Purtroppo il comportamento di Confrati e devoti delle due Confraternite dei Cavari di S. Maria e dei Nunziatari dell'Annunziata fu spesso deplorevole, per gli accesi contrasti e le frequenti risse e disordini organizzati. Le varie feste e processioni dell'anno liturgico e della settimana santa in particolare, invece che testimoniare ed alimentare la fede e la pietà popolare, erano spesso occasione per pagani divertimenti e pubblici trattenimenti.
In un 'esposto non datato ma posteriore al 1765, presentato alle autorità competenti dai Confrati di S. Maria (copia nell'archivio Calvo), si denunziano i gravi disordini avvenuti la notte del Venerdì Santo. Al rientro nella Chiesa dell'Annunziata della consueta processione della Santa Spina all'una e mezza di notte, “un'orda di maleducati e furibondi giovinastri commisero tanti eccessi che suscitarono il generale risentimento…Da ogni parte si sentivano spaventose botte di fucile e di ogni altra arma da fuoco ed entrati in chiesa aumentarono vieppiù le dette fucilate in modo che un'orda di forsennati spararono ala rinfusa in mezzo ad una immensa moltitudine in quella Chiesa di Dio. Ogni buon cittadino manifestò le sue giuste lagnanze le quali furono da quei furibondi apprese in contrario e poco mancò a non succedere un positivo disordine…”
Ed in tempi più recenti il Vescovo di Noto Giovanni Blandini in due lettere del 1904 esprimeva il suo forte giudizio di condanna e prendeva severi provvedimenti per reprimere “i disordini e le sconcezze che suonano profanazione alla maestà del sacro tempio”, ordinando la chiusura delle chiese all'Ave Maria. “E invero”, egli scrive,“non può lodarsi l'anarchia di codesto popolo che si serve dei santi non a scopo di devozione ma per divertirsi e sbizzarrirsi a suo piacere. Certo non può impedirsi che il popolo si diverta, ma che ciò debba farsi alle spalle dei poveri Santi non è cosa che corrisponda ai sentimenti, non dico di religione ma di semplice civiltà. Ma in buona parte la colpa è del clero che non ha saputo educare il popolo e che non sa farsi rispettare nelle chiese, in cui ogni intromissione secolare dovrebbe eliminarsi.” (Riportato dal citato L. Arminio, op.cit., p. 29).
Testimonia in proposito la Fronterrè (La Basilica…, op. cit. p. 195 e 197) che durante la processione fra i più accaniti confrati delle due chiese, i cavari ed i nunziatari “avvenivano sempre dibattiti, risse e percosse” ed al rientro del simulacro in chiesa, durante i giri per le navate, la banda musicale all'interno del tempio suonava perfino ballabili! Grazie a Dio i tempi sono cambiati e, per la maturazione della comunità ecclesiale e l'opera meritoria di educazione alla fede ed alla pietà da parte del clero, questi abusi e disordini sono stati eliminati e sono ormai solo uno spiacevole ricordo del passato.
I754
é completata la Cappella del Cristo alla Colonna
é anteriore al 1754 il grande scudo con smalti, del Principe Francesco Saverio Statella, composto con i quattro grandi inquarti delle famiglie imparentate, che orna la chiave dell’arco d’ingresso della Cappella del SS.mo Cristo alla Colonna . Nel primo c’è lo stemma statelliano: nel 1° e 4° di rosso alla torre d’oro aperta di due palchi; nel 2° e 3° al ferro d’alabarda dello stesso1. I colori degli smalti sono quindi invertiti rispetto al piccolo stemma del quadro della Via Crucis. Il secondo è quello della moglie Grifeo, che così blasoniamo: Di rosso alla sbarra d’azzurro, accompagnata in capo da un lambello a tre pendenti d’oro e nella punta da un grifo seduto dello stesso2. Lo scudo dei Grifeo permette di datare quest’arma d’alleanza, che non può essere posteriore all’8-5-1754, data in cui Francesco VI sposò in seconde nozze la diciannovenne Antonina Migliaccio e Lanza. La cappella dunque fu terminata prima di quell’anno e perciò prima delle pitture del Sozzi. Il terzo è dei Beccadelli di Bologna (nonna materna), ma manca ‘il capo’3: d’azzurro a tre artigli alati d’oro, disposti uno su due. Il quarto porta lo stemma dei Gaetani (nonno materno), così blasonato: Nel 1° e 4° d’oro alla gemella ondata d’azzurro, posta in banda; nel 2° e 3° d’azzurro, all’aquila spiegata d’argento, coronata dello stesso. Al di sopra dello scudo c’è il posto dell’elmo, non raffigurato, che doveva essere quello di principe: d’oro, posto in maestà, cioè di fronte, e semiaperto. Sopra ancora c’è il cercine, cerchio di stoffa, di color oro, che trattiene i lambrecchini o svolazzi, che sono i pezzi di stoffa che circondano lo scudo sagomato ed accartocciato. La corona sovrastante è quella di principe reale, spettante agli Statella, ai Beccadelli e ai Grifeo, chiusa e cimata, con quattro vette d’oro visibili.
é invece del 1761 lo stemma, tutto d'oro nelle figure e negli smalti, scolpito nel marmo, del mausoleo che si trova nel lato destro della stessa Cappella. Esso fu eretto dal Principe Francesco Saverio Statella (1710-1770), protettore di Olivio Sozzi, per custodire i resti mortali di tre suoi figli. Ha la torre di tre palchi aperta, finestrata e merlata alla guelfa nel 1° e 4°, e l’alabarda negli altri due. Francesco era figlio di Maddalena, figlia di Cesare Gaetani Principe di Cassaro e di Giulia Beccadelli di Bologna; in prime nozze sposò Giovanna Grifeo, figlia di Girolamo principe di Partanna, che morì nel 1752 a Montpellier (Francia). Da questo matrimonio nacque il suo successore Antonio Statella Grifeo.
Allo stesso periodo è databile il piccolo stemma che decora l’angolo sinistro in basso del quadro ad olio raffigurante il Cristo che porta la croce, posto nel lato destro della stessa cappella, attribuito al figlio di Sozzi, Francesco; é importante perché è l’unico a noi pervenuto in cui lo scudo è messo al centro di un manto principesco rosso, bianco e blu, con corona superiore chiusa svettata e crociata, accollato alla croce biforcata e ottagona dei Cavalieri di Malta. Lo stemma ha la torre in campo oro nel 1° e 4°; l’alabarda in campo rosso nel 2° e 3°.
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1 Cfr. per questi stemmi: M. Trigilia, Lo Stemma della Città di Ispica, Ispica 1993. Si tratta di un’arma “cucita”, che contraddice ad una delle norme araldiche più rispettate, la quale vietava di sovrapporre “metallo su metallo o smalto su smalto”. Anche lo stemma del quadro della Passione ha la torre d’oro su fondo oro e quello del mausoleo è tutto d'oro.
2 L’arme del ramo principe è così blasonata (Palazzolo Drago, Famiglie nobili siciliane, II, p.54, Palermo 1927): “D’oro spaccato da un filetto d’azzurro; nel 1° un grifone di nero passante sulla partizione, nel 2° tre sbarre d’azzurro.”
Evidentemente qui c’è una brisura o spezzatura che ha alterato la pezza primitiva. Il lambello posto orizzontalmente in capo è considerato “la brisura più nobile del blasone, usitatissima in Italia” (Crollalanza op.cit.).
Il La Restia, (Spaccaforno-Ispica antica e moderna, in “Il Corriere Elorino”, 16-30 aprile 1988) attribuisce invece questo stemma alla famiglia Mastrilli e tutta l’arme d’alleanza ad Antonio III Statella e Mastrilli (1676-1731), padre di Francesco VI. Ma il blasone dei Mastrillo di Sicilia è diverso: “D’oro alla banda d’azzurro caricata di un giglio del campo, ed accompagnata in punta da un leone di rosso; al lambello di quattro pendenti di nero, attraversante in capo.” (Crollalanza, Dizionario storico blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane, Pisa 1886,1980, s.v.; Id. Enciclopedia..., op. cit.p.350; lo stesso scudo anche nel Mango, op.cit., I,431 ed in Palizzolo Gravina, cit., s.v.) Inoltre nelle armi d’alleanza o parentela, allo scudo di famiglia posto nel 1°quarto, segue ordinariamente nel 2° quello della moglie, quindi quelli dei nonni materni (come nella nostra attribuzione). Secondo il La Restia invece, sarebbero rappresentati oltre lo scudo della madre quelli del suocero e della suocera, che non sono parenti ma affini!
1 Il Palazzolo Drago, op.cit. p.14, porta come stemma dei Beccadelli: “Azzurro a tre mani d’aquila, d’oro, ordinate in fascia; alias: d’azzurro a tre artigli d’oro, alati di nero, ordinati in fascia, col capo Aragona-Svevia”.
1755-56
Nuovo Regolamento delle Funzioni e delle Processioni1
In un libretto anonimo del 1773 intitolato Dimostrazione per la sussistenza delle Processioni notturne nel Regno di Sicilia è detto (p. VII): “Sono molto antiche in Spaccaforno due secolari Confraternite, una è nella Chiesa di S. M. Maggiore, l'altra nell'altra dell'Annunziata. Però i confrati di ambedue le chiese, anche ab antiquo furono rivali. Non d'altro la rivalità era prodotta, che dal fare or questa or quell'altra con maggior pompa, e con applauso maggior le funzioni. Nascevano da queste gare de’ disturbi, anche perché talvolta l'una si vedeva dall'altra prevenuta in qualche funzione meditata. Pose fine a queste controversie, mentre governava questi Regni, il Re Cattolico.”
Infatti, il 6 Settembre 1755 il Sovrano emanava un decreto che regolamentava le funzioni sacre e le processioni imponendo “super questionibus perpetuum silentium”.
Eccone il testo nell'originale spagnolo.
“Illustrissimo Senor - El Rey mandando encargarme prevenga a V. S. Illustrissima (como tambien al Obisbo de Siracusa para su intelligencia) que examine de ration, y decida juridicamente el merito della Causa, que vierte en la Tierra de Spaccaforno entro las dos Confraternidades de la Annunciada, y de Santa Maria Major (despues de ausa decision non se delugar a las partes de poder pedir remedio en otros Tribunales) y que aga observar por el primer ano su determinacion, y despues, de intelligencia con el dicho Obisbo de Siracusa reduzca todas las Sacras funciones de dichas Confraternidades a los ritos y reglas comunes de la Iglesia. En execucion lo de R. Despaco, que hè recevìdo en data de 6 del corrente por via della R. Secretarìa de Estado, aparteniente al Ecclesiastico, se lo comunico a V.S. Illustrissima. como deseo.”
Seguivano le disposizioni esecutorie: del Marchese Fogliani, in data Palermo 21-9-1755; del giudice De Regio del Tribunale della Regia Monarchia ed Apostolica Legazia dell'11-12-1755; del Vescovo Siracusano G.A. De Requisens, in data Siracusa 17-4-1756. Il 20 aprile 1756 il decreto fu reso pubblico nella Chiesa Madre di Spaccaforno in presenza dei Magistrati, di gran concorso di popolo e di tutto il clero secolare e regolare. Il 21 aprile il sottodelegato Rev. Pietro Oddo, Prevosto di S. Maria Maggiore, ne dava comunicazione scritta al Vescovo di Siracusa.
Fra l'altro fu stabilito:
Nelle sacre processioni le “Confraternite suddette, a tenor delle leggi sinodali del fu Mons. Marini, di felice ricordo, siano provvedute di sacchi rispettivi e mozzette di lana e visiere con tutta la proprietà senza far uso di camici sacerdotali invece di sacchi, di mantellette e tovagliole invece di mozzette e di fazzoletti invece di visiere; ed inoltre si mantengano numerate e non già indefinite e siano in conseguenza ridotte a rollo [ruolo] stabile colla deposizione individuale dei nomi e cognomi dei confrati, col consenso della maggior parte. Ben inteso che quell'intervento alle processioni si chiedesse ogni volta che occorrerà la licenza dell'Ordinario, che potrà negarla quando lo giudicherà, con che negandola, non debba intervenire veruna delle due Confraternite.
E finalmente che tra loro si scelga al più il numero di ventuna persone, di spirito mansueto e pacifico ben lontano dalle dissenzioni, dalle contese e prive di ogni sorte d'armi e che a siffatte Processioni generali possano e debbano intrevenire colla dovuta decenza e modestia, senza accompagnamento di gente a lato e senza strepito di più tamburi, proibendo Noi affatto e vietando espressamente il di loro intervento, sintantocché non si saranno riattati, allestiti, disposti e pronti a comparire nelle processioni nella forma prescritta.… “
Fra le processioni particolari che potranno permettersi contiamo quella del Giovedì Santo nella quale si porta la statua di G. C Flagellato alla Colonna e quella della SS. Spina nel Venerdì Santo, da farsi rispettivamente dalla Chiesa di S. M. Maggiore e della Nunziata, purché si facciano con quel silenzio e con quel profondo rispetto di pietà e con tal sentimento di dolore che viene eccitato in siffatte rappresentazioni nel cuore di qualunque si trovi acceso come Noi desideriamo di quella fede dell'Apostolo allorquando dice: “In fide vivo Filii Dei qui dilexit me et tradidit semetipsum pro me.”
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1 Secondo dopo quello del 1639, vedi sopra. Copia manoscritta dell'originale registrato nella collezione degli atti della Regia Curia Secolare dal Notaio Sac. Giacomo Mancuso, fu fatta dallo stesso notaio ed è ora custodita nell'archivio privato di G. Calvo. La riporta integralmente il citato libretto intitolato Dimostrazione per la sussistenza delle Processioni notturne nel Regno di Sicilia. In risposta alla Consulta della Giunta de’ Presidenti, e Consultore de' 18 settembre 1772., pubblicato a Napoli il 13-4- 1773, p.VII; in parte L. Arminio, Spaccaforno nel Sec. XIX, vol. II, pp. 23ss., Ispica 1985 e R. Fronterrè, La Basilica…cit. pp. 176-178.
28 OTTOBRE 1756
I VISITA DEL VESCOVO Giuseppe Antonio De Requesens O.S.B. (1755- 1772) .
Visitò la Chiesa di S. Maria Maggiore …
1756
La testimonianza di Vito Amico Statella
Il V.Amico dice sulla Chiesa della Cava e sulla nuova Basilica1: "Christi Domini Crucifixi de Cava in depressiore loco, contra aquilonem, ubi antiquae habitationis perstat adhuc non infrequens regio, sacris etiam administrandis addicta aedes, cultu precipuo habetur. Circa haec loca criptam ostendunt S. Hilarionis incolatu ex vetusta traditione celebrem, in quam per gradus descenditur. Reliquae filiales ecclesiae octo numero sunt; quas inter peculiari nota, ob civium frequentiam, splendidumque ornatum, recensendae veniunt SS. Annunciatae et S. Mariae Maioris, cum laicorum sodalitatibus de primatu non levi animorum contentione pugnantibus. Sitae videntur prima circa occasum aestivum, altera ad hibernum ortum.” (Nella traduzione italiana di G. Di Marzo2: “La Chiesa del SS.mo Crocifisso della Cava, in un luogo più basso rimpetto Nord, ove ancora la contrada rimane frequente di antica abitazione, è addetta eziandio all'amministrazione dei sacramenti e tenuta in precipuo culto. Additano verso queste parti una grotta decorata per antica testimonianza della dimora di S. Ilarione, nella quale scendesi per gradini. Ci hanno altre otto chiese filiali, fra le quali si distinguono per gli splendidi ornati ed il concorso del popolo, quelle della SS. Annunziata e di S. Maria Maggiore, con laicali confraternite che acremente contendono sul primato; la prima è situata verso maestro, l'altra verso scirocco.”
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1 Nel suo Lexicon Topographiucum Siculum , voce “Ispicae Fundus”, pp. 317 ss. Palermo 1756.
2Dizionario Topografico della Sicilia, voce “Spaccaforno”, Palermo 1857.
23-29 Settembre 1762
II Visita del Vescovo Requisens
Visitò la Chiesa di S. Maria Maggiore …Approvò tutto…
19 GIUGNO 1763.
IL VESCOVO REQUISENS CONSACRA LA BASILICA DI S. M.MAGGIORE.
In una Relazione del 27-2-18251, sottoscritta dal Can. Decano e dai Rettori Giovan Tommaso Zuccaro e Angelo Lentini è detto: “Consacrata Basilica che è l'unica di questo Comune, da Mons. Requisens Vescovo di Siracusa nel 1764.”
Dalla rilevazione delle opere d'arte esistenti a Spaccaforno, fatta dal Dott. Gennaro Maltese nell'aprile 18612, risulta invece che nella “Basilica Collegiata e Confraternita Chiesa di Santa Maria Maggiore”, alla presenza dei Rettori D. Pietro Zuccaro, D. Salvatore Hernadez e D. Antonio Alfieri, venne accertata l'esistenza … del “Privilegio del 19 giugno 1763 relativo alla Consacrazione della Chiesa e dell'Altare Maggiore”.
R. Fronterrè Turrisi 3 afferma a sua volta che il “20 giugno 1763 la chiesa fu consacrata dall'Arcivescovo di Siracusa Rau Requisens, “come attesta… una lapide marmorea…:
Templum hoc magnificentissimum cum titulo S. M. Maioris, pietate maiorumque nostrum DEVOtione erectum, multis insignitum onorificentiis indulgentiisque reverendissimo Requisens syracusano archiepiscopo consacratum anno domini MDCCLXIII.”
Purtroppo non si trova traccia nè del privilegio nè di questa epigrafe. La data però della consacrazione non corrisponde con le Sacre Visite del 1762 e 1765; infatti dal volume da me consultato, risulta che l'itinerario della Visita del 1762-63 fu questo: Spaccaforno dal 23 al 29 settembre 1762; poi Rosolini, Noto, Pachino, Avola, Ragusa, Scicli e dal “19 maggio 1763 per tutto il 27 giugno 1763”, Modica.
Lascio la questione non risolta, in attesa del rinvenimento del privilegio. Probabilmente il 20 il Vescovo venne ad Ispica da Modica proprio per la consacrazione.
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1 Pubblicata da L. Arminio, Spaccaforno nel Sec. XIX, vol. II pp. 55 ss., Ispica 1985.
2 Così si rileva dai verbali custoditi nell'Archivio Storico Comunale, portati alla luce da
L. Arminio, op. cit. Vol. II, p. 241.
3 La Basilica…op. cit. p. 33.
1762-1765
OLIVIO SOZZI E LA BASILICA DI S.M.MAGGIORE1
Vita e opere del Sozzi. Come risulta con certezza dagli atti di matrimonio e di morte, Olivio o Oliverio Sozzi nacque a Catania nel 1690, da Vincenzo e da Giovanna Buscema. Dopo il tremendo terremoto del 1693, la famiglia si trasferisce a Palermo. Qui il ragazzo apprende i primi rudimenti del mestiere alla scuola di un modesto pittore, il Susinno, e subisce l'influsso dei maratteschi Tancredi, Grano, Filocamo. Nel 1722 sposa la nobile e ricca Caterina Cappella e Veca e nello stesso anno gli nasce il primo degli otto figli, Vincenzo. Dopo aver affrescato ed ornato di tele tutta la chiesa di S. Giacomo alla Marina (distrutta nel 1861) , alla fine del 1729, parte per Roma per perfezionarsi alla scuola del più illustre maestro del tempo, il napoletano Sebastiano Conca. Tornato a Palermo alla fine del ’31, nel ’35 decora il Palazzo Reale, rappresentando l'ingresso in città di Carlo III (opera perduta). Due anni dopo va a Firenze dove esegue lavori di un certo rilievo per commissione del Granduca Francesco II di Lorena (opere sconosciute).
Rientrato in Sicilia, diventa il pittore più famoso e ricercato. La sua intensa attività si svolge in numerosi palazzi e chiese palermitane, dal palazzo Branciforte a quello Airoldi, alle chiese della Catena, della Martorana, S. Giovanni, S.Lorenzo, S. Maria Valverde, S. Sebastiano, S. Teresa.
Intorno al 1750 si trasferisce a Catania, dove presto raggiunge una posizione di prestigio e diventa “il divulgatore ufficiale delle nuove tendenze del barocchetto e del rococò” (Citti Siracusano). Qui nel ’55 decora col Trionfo di Pallade il salone universitario (opera perduta) e nel ’60 la maestosa Cupola del Gesù, e compie altri pregevoli lavori in palazzi, chiese, monasteri. A Melilli decora le tre navate di S. Sebastiano (1754) e poi la Matrice (1762).
Numerose altre sue opere, del primo e secondo periodo, si trovano a Gioiosa Marea (1740), Tusa (1747), Trapani (1747), Mezzoiuso (1752), Militello (1752), Agira (1759), Avola, Noto, Rosolini, Modica e altrove.
Sozzi ad Ispica. Dai libri di introito ed esito dell'Archivio dell'Arciconfraternita di S. M. Maggiore, portati alla luce da R. Fronterrè Turrisi (op. cit.), risulta che il 16 ottobre 1761 si mandò una carrozza per portare il Sozzi da Militello a Melilli e prendere accordi col celebre pittore “ per pittorare tutto il tetto della chiesa col cappellone, le quattro vele della cubbola maggiore ed un quadro grande”. L'artista era stato convinto ad accettare l'incarico dal Principe-Marchese di Ispica Francesco Saverio Statella e Gaetani, che gli aveva in quel tempo commissionato gli affreschi del suo bel palazzo di Palermo, detto ancor oggi “ Spaccaforno-Statella”, in piazza Valverde. Il 17 maggio 1762 il pittore venne a Ispica con la moglie ed i figli Francesco e Nicola e subito iniziarono i lavori con la pitturazione del Cappellone o Presbiterio. Dopo la consacrazione della basilica (vedi sopra), i lavori continuarono per il completamento della cupola centrale.
Ma l'anziano artista settantaquattrenne era gravemente ammalato di pleurite e faticava molto nel difficile e delicato lavoro. Abbiamo in proposito una storica, preziosa e commovente testimonianza, tramandataci da un suo discepolo, il Padre Cappuccino P. Fedele da S. Biagio, anche lui pittore e letterato, che nei Dialoghi sulla Pittura, pubblicati a Palermo nel 1788, così dice testualmente:“ Nel tempo che lavorava nella Basilica di S. Maria Maggiore, il suo cronico male di idropisia al petto lo ridusse più volte in pericolo di vita e quel popolo gli ottenne sempre di migliorare a forza di preghiere all'altissimo. Ma pochi giorni dopo aver terminato la bell'opera, attaccato di nuovo dal suo male, tra le lacrime degli Spaccafornani cessò di vivere e fu compianto da tutti e onorato a tal segno coi funerali e lapide sepolcrale in detta Basilica, che non vi è esempio nel Val di Noto di avere con dimostrazioni così significanti dimostrato l'affetto e l'attaccamento per uno virtuoso, cotanto pìo, onorato e disinteressato cristiano." Il 30 marzo del 1765 Olivio Sozzi faceva testamento nuncupativo, cioè dettato a voce, agli atti del notaio Giacomo Amaira di Spaccaforno. é un testamento spirituale, nel quale si conferma la sua sincera religiosità, nella cristiana attesa della morte, nel riconoscere che tutti i suoi beni gli erano stati conferiti dalla Divina Provvidenza e nella volontà di essere seppellito con la veste di terziario dell'Ordine di S. Francesco, la cui regola aveva devotamente e fedelmente osservato per oltre qurant'anni. Il giorno seguente, 31 marzo 1765, si chiudeva l'esistenza terrena e iniziava quella celeste, nella gloria della Trinità, Cristo Risuscitato, Maria, Angeli e Santi, da lui, per quasi cinquant'anni di continua attività, raffigurati nella splendente luce e nei mirabili colori del Paradiso. La sua vita, ricca di virtù umane e cristiane, si chiudeva con una morte santa, come conferma la stima ed il devoto affetto del popolo ispicese ed anche l'espressione rese la beata anima
A Dio, usata solo per lui nel registro dei defunti. Possiamo essere certi che il Signore Gesù lo avrà accolto con quelle sue parole (Matteo 25,21): “Vieni servo buono e fedele, poiché fosti fedele nel riprodurre in bellezza le fattezze mie, di mia Madre e dei miei Santi, ti costituirò sopra le bellezze dei cieli.”
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1 Riporto il mio sintetico articolo pubblicato in “La Provincia di Ragusa”, dicembre 1990.
25 Settembre 1765
III Visita del Vescovo Requisens
Dopo l'Annunziata visitò S. Maria Maggiore…secondo il decreto di precedenza alternativa stabilito dallo stesso Vescovo per sè ed i suoi successori, per porre termine alle contese fra le due Chiese, dato a Siracusa il 28 marzo 1763…, perchè nella precedente visita fu visitata prima la Chiesa di S. Maria Maggiore.
1768
VITO D'ANNA DIPINGE LA MADONNA DELLA CAVA
In quest'anno il più illustre pittore siciliano del tempo, Vito D'Anna, genero di O. Sozzi, dipinge la grande pala dell'altare maggiore rappresentante la Madonna della Cava col Bambino ed i santi Lucia, Girolamo, Gregorio e Rosalia. Come dice l'iscrizione, era allora Rettore della Chiesa il Sac. Pietro Oddo. é il canto del cigno del grande artista morto l'anno seguente1.
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1 Cfr. M. Trigilia, Storia e Guida di Ispica, cit. p. 44. V. sotto “Storia e arte.”
17 Novembre 1771.
Visita di Mons. De Landolina Vicario e Visitatore Generale del Vescovo REQUISENS
Visitò prima la Chiesa della SS. Annunziata e …poi S. Maria Maggiore secondo il decreto del Vescovo Requisens del 28 Marzo 1763 emesso per comporre le liti di precedenza…
24 - 31 Agosto 1775
I Visita del Vescovo Giovan Battista Alagona (1773-1801)
S.Maria Maggiore. Dopo pranzo il Presule coi suoi ministri, precedendo il littore che portava in alto i fasci, si recò in visita alla chiesa di S.Maria Maggiore a cui tocca ora, a turno con l'altra Chiesa Confraternita della SS.Annunziata, di essere visitata per prima, secondo il decreto del predecessore Vescovo Giuseppe Antonio De Requisens, in data 28 marzo 1763. Nel vestibolo della predetta chiesa fu accolto onorevolmente sotto un baldacchino portato dai primi del popolo e gli venne incontro il Procuratore della chiesa D. Tommaso Monaca…
1774-1802
SOPPRESSIONE DELLA FESTA DEL CRISTO ALLA COLONNA2
Dopo le reali disposizioni del 1756 e fino al 1772 ci fu un periodo di pace fra le due Arciconfraternite. Ma, dice il citato libretto del 1773 ( v. 1756), che si dimostra a sua volta schierato dalla parte dell'Arciconfraternita di S. Maria: “I confrati dell'Annunziata hanno covato un odio radicale, che in quest'anno, 1772, non poterono più tenere ascoso. E per disgrazia, il Sindaco, il Patrizio, ed i Giurati, trovandosi tutti sei Nunziatari, mandarono al real Trono un lor libello, in cui rappresentarono al Sovrano che la Confraternita di S. Maria Maggiore in ogni notte del Giovedì Santo conduce l'immagine del SS. Cristo alla Colonna. Invece però di dir che in quella notte, nel volto dei Paesani e Forestieri non si legge altro che compunzione; e che sono innumerabili le grazie ed i Portenti che ricevono, dissero senza verun rossor, che in quella notte si commettono disordini e delitti fino al segno che quei Naturali e Magistrati vivono inquieti e assai commossi.” Ecco le loro precise parole: “Non lasciano godere quella pace e tranquillità che furono lo scopo principale di venire interdette in questo Regno, in forza di real deliberazione, tutte le notturne processioni…Preghiamo intanto la M.V. che con suo real biglietto ordinasse la cieca e puntualissima esecuzione dell'altro antecedente su questo articolo emanato.” E più oltre l'anonimo autore difende con forza “la pietà e liberalità” dei Confratelli di S. Maria nel “celebrare le sagre feste del Signore: Riferisca, chi l'ha veduta, la sagra processione di nostro Signore Gesù Cristo ligato alla Colonna, che si celebra la notte del giovedì Santo in Spaccaforno, e dica che non solo la Chiesa di S. Maria Maggiore, dove la sacra Immagine si conserva, ma benanche tutte le strade del paese sono così illuminate in quella notte, che sembra in una fiamma tutto il sito (p. LXV).”
Ma la Consulta ed il Sovrano diedero ragione all'esposto dei Giurati ed alle relazioni del Vescovo Siracusano e, considerando veri i gravi disordini, con Biglietto Reale datato 7 luglio 1773, tre mesi dopo circa il citato libretto del 13-4, si comunicava che in seguito “alle brighe insorte in occasione della Processione solita a farsi dal Confrati di S. Maria Maggiore la notte del Giovedì Santo… ad evitarsi ogni futuro sconcerto, ha la Maestà Sua deliberato che l'individuata Processione si abbolisca…” La proibizione della “Processione ed il notturno accesso alla chiesa” veniva riconfermata dal Viceré, Marchese Fogliani, in data Messina 21 Marzo 1774. I confrati supplicarono il Sovrano per la revoca dell'ordinanza, ma il Re riconfermava che “la Statua doveva restare esposta alla pubblica venerazione nella propria chiesa e cappella senza potersi rimuovere…” L'ordine veniva esecutoriato dal Tribunale della Regia Gran Corte e dall'Arcivescovo di Palermo in data 27 settembre 1774.
Dieci anni dopo, nel 1784, i Confrati reiterarono la preghiera per la revoca del divieto al Sovrano, ma il Vescovo di Siracusa Giov. Battista Alagona, con lettera datata Siracusa 25 nov. 1784, in risposta ad una richiesta di informazione da parte dell'Arcivescovo di Palermo, riconfermava la sua severa condanna e la necessità del divieto, rigettando la supplica dei Procuratori. Già ai tempi del suo predecessore [il Vescovo G.A. De Requisens 1755-1772] la processione aveva recato “gravi disordini, discordie ed ingratitudini al suddetto paese, con indicibile disvantaggio della gloria di Dio e di quelle anime nel tempo più sacrosanto della Settimana Pasquale. Il concorso di tutti i paesi circonvicini era incredibile non già per spirito di devozione, ma per divertimenti e sfogo che in tale creduta divota funzione si faceva lecito ognuno di dare sfogo alle proprie passioni. E resta memorabile una tal giornata in questa diocesi per i grandi sconcerti che ne succedevano e se ne parla ancora in ogni luogo con detestazione del fanatismo da cui venivano regolate e per le discordie che in aggravio seguivano fra i partiti delle suddette Chiese di S. Maria Maggiore ed i Partitari della Chiesa dell'Annunziata, che erano le due perniciose fazioni che dividevano quel paese.”
In conclusione Mons. Alagona si dichiara fermamente contrario alla revoca dell'ordine reale per timore che “tornerebbero subito in quel paese gli antichi scandali, disordini, scissure, inimicizie e brighe, che sarebbero al medesimo troppo perniciose e ne verrebbero alla Maestà del Sovrano ed a V. Ecc. ed a me infinite inquietitudini, come le provò il mio predecessore”.
Finalmente il 28 febbraio 1802, il Rettore dell'Arciconfraternita Dott. Giovanni Leontini, a nome della Confraternita e di tutta la popolazione di Spaccaforno, grazie all'intercessione del Principe Francesco Maria Statella e Napoli, ottenne da Sua Maestà il permesso di fare “la Processione del SS. Cristo Flagellato alla Colonna.”
Il 23 marzo successivo il Vicerè di Sicilia, Marchese Artale, spediva la copia del decreto al Capitano di Giustizia di Spaccaforno, incaricandolo di “prevenire qualunque disturbo… e far che tutto riesca colla dovuta quiete e pace dell'intera popolazione”; a questo fine dava ordine alla Compagnia del Capitano Zembrino di assistere nel giorno della festa perché “ si dia freno e soggezione ai torbidi e…tutto riesca colla dovuta tranquillità…”
Nell'iscrizione posta sotto il ritratto del Principe Francesco, custodito nella sacrestia di S. M.Maggiore, gli si attribuisce questo merito: "La Sicilia ed il Cristo [alla Colonna] gli rendono grazie per la liberazione dalla contraria legge”.
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2 Cfr. R. Fronterrè, La Basilica…, cit. pp. 137-157.
1777
J. Houel Giunto ad Ispica descrive anche la festa del Giovedì santo
Nell'estate del 1777, il famoso architetto-pittore francese Jean Houel giunse dalle nostre parti per visitare la “Cavée d'Ispica” e le “Antiquités de Spaccaforno”. Nel volume quarto, cap. 35, tav. CCVI, p. 4 della sua monumentale opera Voyage pittoresque des Isles De Sicile, De Lipari et De Malte, pubblicata a Parigi nel 1785, parla anche della festa del Giovedì Santo, che, come abbiamo visto sopra, era stata in quegli anni proibita e si celebrava solo in chiesa. Egli riporta quanto gli è stato riferito, “Mi è stato detto…”; probabilmente dal Barone Alfieri, che lo ospitò nel suo feudo di S. Basile. Ecco le sue parole.
“ Spaccaforno è stato ricostruito all'estremità della Cava d'Ispica. Vi si celebra il Giovedì Santo con una pompa singolare. Il soggetto della festa è Gesù Cristo, ma Gesù Cristo Flagellato. Questo giorno, essendo l'ultimo di quaresima, il popolo si slancia ad eccessi di gioia che sono poco credibili; vi si fanno delle processioni notturne, che danno qualche volta luogo ad avvenimenti più convenienti all'oscurità della notte che allo spirito della festa. Mi è stato detto che lo spettacolo delle processioni e della flagellazione di Gesù Cristo vi attirava un tempo dei pellegrini da molto lontano; ma avendo commesso questi pellegrini strani eccessi nelle processioni notturne, non si ricevettero più stranieri in questa città durante la festa, né durante i tre giorni che la precedono né nei tre giorni che la seguono; di maniera che, se si commettono in questi giorni alcune indecenze, esse avvengono tra i cittadini, come una storia di famiglia che gente saggia non lascia conoscere agli stranieri.”
20 - 27 Agosto 1778
II VISITA DEL VESCOVO GIOVAN BATTISTA ALAGONA
Visitò la Chiesa Sacramentale di S.Maria Maggiore, dove fu asperso dal Sac. Tommaso Monaca, a cui concesse di indossare la stola. Vide il Sacramento dell'Eucaristia in essa custodito solo per l'adorazione, gli altari, i confessionali e la sacra suppellettile di lino, di seta ed argentea ed anche la torre campanaria non ancora completata col fastigio.
1783
G. CRESTADORO AFFRESCA LA SACRESTIA
Il palermitano Giuseppe Crestadoro dipinge nella volta della sacrestia il “Mosè che riceve le tavole della legge”, con quattro piccole scene bibliche agli angoli, sul modello dell'originale giacquintesco della Chiesa di S. Lorenzo in Damaso a Roma1.
24 dicembre 1783
Il VICERé CARACCIOLO CONFERMA LA LAICITà DELLE CONFRATERNITE
Volendosi gli Ecclesiastici ingerire nell'amministrazione delle Opere pie, il Viceré Caracciolo, con un Biglietto datato Palermo 24-12-1783, dichiarò che le due Confraternite di S. Maria e dell'Annunziata come “opere pie laicali sono soggette all'ordinaria reale giurisdizione e giusta li ordini reali tutti i loro beni sono delle Confraternite medesime e non devono nella loro amministrazione ingerirsi gli ecclesiastici, ma…devono essere amministrati da persone laicali libere…” Per evitare ulteriori questioni in proposito, il Viceré impose “il perpetuo silenzio”2.
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1 Cfr. M. Trigilia, Storia e Guida di Ispica, p. 44, Ragusa, 1992. V. sotto“Storia e arte”.
2 Cfr. R. Fronterrè,La Basilica, cit. pp. 141s. e 177s.
12 LUGLIO 1790
Terza Visita del Vescovo G.battista Alagona
S.M.Maggiore
…Tutto bene.
Ritornato alla sua dimora, ricevette l'omaggio dei Giurati e del Sindaco…e poi dei PP. Carmelitani, Cappuccini, Osservanti e dal Secreto del Castello.
1-10 AGOSTO 1793
quarta Visita del Vescovo G.Battista Alagona
Hyspicefundus, il cui nome deriva dal fiume Hyspa o Hypsa che vi scorre vicino, che gli storici siculi chiamano Ispdia ed il popolo Spaccaforno, è un paese (oppidum) popoloso e ricco, dista dodici miglia da Modica ed appartiene alla Famiglia Statella, il cui Principe ha il titolo di Marchese… Il 1° Agosto, all'ora ventesima, al tramonto del sole pervenne in paese …
S.Maria Maggiore
…Il pomeriggio si recò in visita alla Chiesa di S. Maria Maggiore… accolto dal Cappellano D. Andrea Santocono …In questo tempio vi è una statua di Gesù Cristo Flagellato, venerato con grandissima religiosità dai fedeli (summa fidelium religione colitus)…
Lettera al Clero di Spaccaforno - 10 Agosto 1793
In questa settima visita confermiamo i decreti degli otto Capitoli di Scicli e aggiungiamo i seguenti: Ricordiamo a tutti i Confessori regolari e secolari di amministrare il Sacramento della Penitenza con quella gravità ecclesiastica che si conviene e sempre con l'abito decente…Sia lungi da loro l'avarizia e la speranza di ricevere profitto e regali di qualunque sorta da un sì tremendo sacro ministero, osservando esattamente le leggi delle Chiesa. Evitino, come in nostra pena sappiamo che in qualche chiesa è successo, le particolarità delle persone delle ‘Figlie penitenti’, ma si amministri indiscriminatamente a tutti quelli che lo richiedono…Il Rev. Parroco ed il Vicario dovranno controllare e rendercene conto…
Proibiamo qualunque funzione nuova e qualunque nuova festa, che per lo più non servono ad altro che ad eccitare risse e disordini, giacché l'esperienza ci ha insegnato che regna in esse non già lo spirito di religione ma di fanatismo. S'intenda questa nostra proibizione secondo l'ultimo ordine reale con cui il provvido nostro Sovrano espressamente vieta le nuove feste, riservandoci anche il diritto di potere o riformare o cambiare le antiche, secondo l'autorità che ne abbiamo, quando giudicheremo che non convengano alla gloria di Dio ed al vantaggio delle anime.
Sono interdette tutte le chiese rurali i cui padroni rifiuteranno la visita del nostro Delegato, perché non potremo così sapere se siano atte e decenti al tremendo divino sacrificio che dovrà ivi celebrarsi.
Il Cappellano che accompagna i cadaveri deve indossare la cotta e la stola e non la sola stola sopra un abito civile, ‘il rubbone e il festaiuolo’…
1° AGOSTO 1796
quinta Visita del Vescovo G. BATTISTA ALAGONA
…Visitò la Chiesa della Madre di Dio sotto il titolo di Maggiore, volgarmente detta S. Maria Maggiore, ampia ed elegante…
SETTEMBRE 1797
Transazione fra la Matrice e le due Confraternite.
Grazie alla mediazione del Principe Francesco Maria Statella e Napoli, nel settembre 1797, dopo accesi contrasti, fra le due confraternite ed il Parroco della Chiesa Madre D. Luigi Bruno, venne raggiunto un accordo che regolava le rispettive competenze e diritti nelle funzioni sacre, feste, processioni, funerali1.
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1Cfr. R. Fronterrè La Basilica…, cit. pp. 148-154.
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