LE VISITE DEI VESCOVI SIRACUSANI

 SEC. XVIII

18-FEBBRAIO-1700

II VISITA DEL VESCOVO TERMINI.

Chiesa di S.Maria Maggiore Confraternita

  La figura di S.Francesco Saverio nell'altare maggiore che indossa una veste con le ginocchia scoperte sia dipinta bene da un pittore in modo che le ginocchia siano del tutto coperte. Tutti gli altari vanno bene; la cassetta delle elemosine sia tolta dalla chiesa e messa nella sacrestia; si provveda un lavatorio.

  Disposizioni particolari. Nessuna processione e molto più quella del Giovedì Santo e del Venerdì santo si possa fare di notte, ma ab­biano a terminare all'Ave Maria, sotto pena ai Rettori e Superiori di onze 10 per ognuno ed ogni volta, e le chiese interdette ed anche il Vicario che trascurerà tale esecuzione sarà obbligato a pagare 10 onze e deposto dall'ufficio; parte delle onze sarà data a chi rivelerà questo disordine. Non si permetta che nella chiesa di S.Maria Maggiore ed in alcuna altra chiesa si possa dormire né depositare panni o altre robe o mercanzie, sotto pena di interdetto e per i Supe­riori di essere rimossi dall'ufficio.

 

 

25 Agosto 1702- Una donazione a S. Maria Maggiore1

   Francesca Pollara, tramite il suo procuratore mundualdo Diego De Amico, … per la sua grandissima devozione che sempre ha avuto ed ha verso il Ven. Altare di S. Maria Maggiore esistente nella stessa chiesa, pregando, vivendo e ogni giorno ascoltando i divini sacrifici e la divina parola…in piena coscienza e liberamente… a lode e gloria dell'onnipotente Iddio e della Beata sempre Vergine Maria dona e assegna…al detto altare ed ai suoi procuratori…:

   Un “tenimento di case con due corpi, un porticato ed una cisterna…vicino al Convento di S. Maria di Gesù e confinante con le case di Crispino Falcone e Giovanni Salonia…. Una vigna in  contrada  di  Catabirrina  confinante  con   quella   di  Francesco  Gambuzza  e  quella di Giovanni Caccalluzzo…. Una casa recentemente costruita in un nuovo sito con due porte e cisterna sita in contrada delli Concazzi, confinante con case e casaline  di Giuseppe Gianna  e di Francesco Cannella. L'usufrutto dei beni  alla detta Francesca Pollara come per testamento nuncupativo di Giuseppe Vernuccio in Notaio Giuseppe Monaco del 21-1-1699…Si riserva solo la donante una salma di frumento e due salme di mosto l'anno per il resto della sua vita… che  poi  passeranno  al detto altare. La donante sceglie come deposi­tario e detentore il Sac. D. Francesco Lissandrello che deve provve­dere nel modo megliore, più valido ed efficace alla detta dona­zione…Testimoni: Diego De Amico, Pietro Traversa, Giuseppe e Benedetto Occhipinti. Dagli atti del regio notaio D. Francesco Tardino di Spaccaforno …registrato negli atti della Curia  secondo la forma prammatica… Ricca e Scatella giurati. 26 agosto 1702.

------------

1 Dal  Vol. 1362(9), ff. 737v -739v, Arc.Stato Sir.

 

7 SETTEMBRE 1709

VIENE FUSA LA CAMPANA GRANDE

   “La Campana Grande, pesante 30 quintali e dedicata al SS. Cristo, venne fusa a Ispica nel casaleno adiacente alla torre campanaria, il 7 settembre 1709 da D. Marco Motta di Chiaramonte. “Raccontano le nostre nonne”, aggiunge la Fronterrè1, “che quando venne fusa i fedeli facevano a gara a gettare nella caldaia fondente gli anelli e le collane che si coglievano d'addosso per rendere più preziosa la lega.”

-------------

1 Op. cit. p. 130.

 

 

14 DICEMBRE 1724

 I VISITA1 DEL VESCOVO TOMMASO MARINO (1724-1730)

S.Maria Maggiore

Il Rev. Parroco Domenico Maria Spinoccia, per mandato dell'Ill.mo Vescovo, visitò la Chiesa di S.Maria, dove c'è l'altare del SS.mo Crocifisso e comandò che al più presto sia completata la nuova  chiesa per la scomodità e che gli altari siano ornati di vesti, fiori e cande­la­bri.

 

 

11 Marzo 1725 Benedizione della nuova chiesa2

…“A 11 marzo 1725 Domenica, si benedì la nuova Chiesa di S.Maria Maggiore la sera; poi il domani, lunedì giorno di S.Gregorio Papa, si celebrò  la  prima  messa. La quale chiesa è della Confraternita sotto il titolo di detta Gran Signora e prima dell'orribilissimo terre­moto che sortì l'anno 1693 con la rovina di tutto questo Val di Noto e Valle Demone era situata nella Cava alla Biviratura; al presente si vedono anche le vestigie e si celebra dove è anche nella rocca dipinta la Gran Signora Maria, titolo di detta Confraternita”. 

 

Il Terremoto del 6 Gennaio 17273

 “A 6 gennaio 1727 di lunedì”, dice il Franzò, “ ad ore quattro, fece un tremuoto che atterrì tutta questa città e la medesima notte replicò sette volte…Il Sac. D. Teodoro Rustico… cadde e morì…Martedì, …cantato l'Officio dei Defunti e dopo la messa… ad ore 18 in circa, replicò un orribile terremoto che fu una confu­sione inesplicabile, credendo che già dovevamo restare sotto le ro­vine di detta chiesa. Volse la bontà del Signore che non cascasse al­tro che  una pietra del campanile …" .Continua ora il Sac. Favi: “ …i Confrati della Ven. Chiesa di S.M. Maggiore, immediatamente e spinti non men dalla propria devozione che dallo zelo, entrati nella Chiesa che minacciava rovina per la scossa del terremoto, uscirono la tanto miracolosa non men che rara e sacrosanta statua di Gesù Flagellato alla Colonna e lo condussero col seguito di tutto il popolo nel piano  del  Castello  designato  dai  Principi dopo il terremoto del 1693. Accompagnato con grida e pianti  di  tutta  la gente contrita fra di cui ve ne fu che spogliato delle sue vesti, ignudo battersi a sangue e moltissimi altri colla lin­gua a terra strascinandosi andavano ai piedi dell'amantissimo Redentore delle anime nostre e altri, dan­dosi con pietre nel petto imploravano l'aiuto e la liberazione di tal flagello, non lasciando di predicare i PP. Cappuccini al popolo, che con sospiri e gemiti do­manda perdono dei suoi misfatti a Dio. Subito si innalzò da quei Confrati con gran fervore una capanna di legno per conservarsi la veneranda statua, che fu collocata nel detto piano, vicino alle case del fu Barone Bufardeci…

  Mercoledì, vicino alle ore 21 [15 ca.], con molto spavento dei cir­convicini e con grande ed intimo dolore e pianto non solo dei propri confrati ma di tutto il popolo, viddesi cascare in replicate volte la Ven. Chiesa di S. M. Maggiore, che precipitossi nella maggior parte di essa, avendosi destrutto sino alle fondamenta tutti i pilastri dell'ala che sta in faccia all'oriente, tirandosi seco col pilastro della stessa coppola quasi tutto il resto, e restandone di questo in piede soli tre bordoni, che non possono tanto ritardare  la loro caduta, mirandosi però come miracolo in niente essere smossa l'ala tutta ove si collo­cava il SS. Cristo alla Colonna…” Spiega il Franzò:“…Cascò la suddetta Chiesa senza aver fatto terremoto alcuno, per essere stata malamente fabricata benché con bellissimo disegno. La causa fu che in uno dei pilastri si volsero fare il pulpito e volendo piantare dei pi­laccioni di legno, sconquassarono il detto pilastro e poi per il moto del terremoto da per sè stessa cascò, il che fu causa di un gran ter­rore in questa città…”

  “[Sono] fatte processioni in abito di penitenza, che han termine nel luogo dove sta collocato il SS. Cristo, associate da  tutta la gente…   I confrati di S. M. Maggiore esercitando il loro speciale fervore verso la divozione di Cristo Flagellato, si stan travagliando a folla ad er­gere una loggia sostenuta da travi e legna ben grande di longitu­dine, avanzando li palmi 45, con altri palmi 25 di larghezza…”.

 Il Franzò aggiunge: “Il 16 gennaio, mercoledì, si fece una proces­sione di penitenza di tutti i Santi e si portò il SS. Cristo alla Colonna dalla capanna malamente accomodata …nella nuova capanna…nella piaz­zetta di S. Antonio Abbate.”.

 --------

1 Questa sacra Visita iniziò il 29-9-1724 e durò 14 mesi; cfr.O.Garana, op. cit.p.177.

2 Dal “Diario manoscritto” di D.F. Franzò, pubblicato in ASSO 1932 cit.

3 Dalla Relazione fatta dal Sac. Vincenzo Favi, in data Spaccaforno 14 -1- 1727 e pubblicata in G. Calvo, E tu non lo sai…! , pp. 101-104, Ragusa 1982. R. Fronterrè Turrisi, La Basilica di S. M. Maggiore di Ispica, pp.30-32, Ispica 1975, riporta la cronaca del Sac. Francesco Franzò.

 

 

 27 FEBBRAIO 1727

II VISITA DEL VESCOVO TOMMASO MARINO

Annunziata e S.Maria Maggiore

   Visitata la Congregazione vicina alla Chiesa (della Sciabica), si recò nella Chiesa dell'Annunciazione e di S.M.Maggiore e, fatte le fun­zioni e la visita, ordinò ai confrati di esibire l'inventario dei gio­gali e l'autentica delle reliquie.

 

 

14-8-1728 IL VESCOVO TOMMASO MARINO AUTENTICA LE RELIQUIE DELL'ARCA ARGENTEA DI S.MARIA

   Nello stesso volume delle Sacre Visite del Vescovo  Tommaso Marino (ff.231v-232v) è trascritta questa lettera di  autentica. Noi Fra T. Marino…attestiamo che ci furono presentate in un'arca ar­gentea molte reliquie di S.Maurizio Martire e compagni, già ricono­sciute dal nostro predecessore D. Paolo Faraone con lettera data a Siracusa 26 aprile 1626.

  Inoltre le reliquie di S. Prodocimo Vescovo e Martire, Flavia Vergine e Martire, Lucio, Adriano ed altri martiri; ed ancora di  S. Vito e Celestino, Emilia vergine e martire, Quintiliano, Vescovo e martire, Palmuzio, Sisto, Valeriano, Facondo, Ciriaco, Quirino, Domizio che furono donate dall'Em.mo Card. Antonio Diaz Vescovo Ianuense in data 18-Nov.1621 a Giacomo Candido, da questi al Cappellano P.Felice Belmusto che li diede a Padre Antonino da Ispica  e questi alla Chiesa di S.Maria.

Inoltre quelle dei SS. Abondio e Feliciano riconosciute dal nostro predecessore D.Francesco Fortezza, con lettera del 19-9-1685; pa­rimenti quelle del Martire Marcellino, cioè parte di un osso del suo corpo esistente nella chiesa di S.Sebastiano della Terra di Ferla, con l'autentica data dal nostro predecessore D.Antonio Capobianco il 25-1-1651, prima  donate  all'Ill.mo D.Antonio Statella e da  questi  alla detta chiesa1; an­cora del martire Prisco con lettera dell'Em.mo Card. Carpinio del 27-6-1701; ancora del martire S.Antonino, con lettera del nostro predecessore D.Asdrubale Termini del 10-12-1721. Di tutte queste reliquie persone degne di fede hanno dichiarato che il culto persiste costante da tempo. Perciò, per la maggior gloria di Dio e la venera­zione dei santi, disponiamo che siano custodite  nella  stessa  arca  argentea  chiusa  da  tre chiavi, una tenuta dal Rev. Parroco, una dal Vicario ed una dai Procuratori della detta chiesa, come decretato il 5-3 del corrente anno, e per riconoscerne in perpe­tuo l'autenticità le abbiamo munite del nostro sigillo ed ab­biamo permesso che siano esposte pubblicamente alla venerazione dei fe­deli.Siracusa 14-Agosto -17282.

--------

1 Nell'Archivio della Confraternita (una copia ora esiste nell'archivio di G. Calvo) si custodiva l'attestato di donazione con l'autentica di questa reliquia. In esso D. Natale Di Bartolo Vicario Foraneo di Ferla attesta di aver preso dalla cassetta custodita nella chiesa di S. Sebastiano alcuni pezzetti di ossa del corpo del Martire S. Marcellino. Questa preziosa reliquia era stata donata al Marchese di Ferla D. Francesco Rau con Bolla Apostolica data a Roma nell'anno del Giubileo 1650 ed autenticata dal Vescovo Capobianco in corso di Sacra Visita il 25-1-1651. D. Francesco Rau a sua volta aveva donato un pezzetto d'osso all'Ecc.mo Don Antonio Statella Marchese di Spaccaforno suo genero, il quale l'aveva poi passato alla Chiesa di S. Maria.

2 Tutte queste Sacre Reliquie sono state rinvenute nella loro Cassa, nell'altare dell'Assunta, nel 1988 da Franco Campailla ed esposte, per volontà del Parroco Paolo Mansueto, nel lato sinistro della Cappella dell'Adddolorata. Una reliquia della Colonna ed un'altra della Croce furono donate da P. Siracusa  O.F.M., esattore delle Bolle di Terra Santa, l'8-4-1765. Cfr. R. Fronterrè La Basilica…cit., p. 33.

 

1729 ?

Costruzione del Baldacchino a colonne con i due “Giudei”.

   “Verso il 1729”, dice la Fronterrè1, sulla base di  un manoscritto del Dott. Leontini e di notizie date dal Rettore Avv. Vincenzo Cavarra, “… i nostri Cavari si affrettarono ad aggiungere alla statua due Giudei e ne affidarono l'incarico a D. Giuseppe Guarino da Avola (artefice nello stesso anno del SS. Cristo alla Croce dell'Annunziata); il maestro, dopo aver  presentato  il  disegno fatto a carbone, che ancora si vede in una parete della “casa della bara” della Chiesa, adattò al SS. Cristo i due giudei esistenti… Il tutto raccolto in una macchinetta d'argento dorato…”

 

29 MARZO 1738

VISITA DEL DELEGATO DEL VESCOVO MATTEO TRIGONA (1732-1748).

   Secondo il citato Elenco2, “Il fu Mons. D. Matteo Trigona…dopo aver visitato la Chiesa Madre, commise al suo …(illegibile) la visita della Chiesa Confraternita di S. M. Maggiore, poscia quella della SS.ma Annunziata.”

 

1743 EREDITà  MORANA3

   Con atto in notaio Giacomo Franzò del 2-1-1743, il chierico  Nicolò Morana lasciava in eredità alla chiesa di S. Maria Maggiore tutto il suo pingue patrimonio, consistente in terre e case, affinché le rendite fossero utilizzate per “Cappellanie di Messe, per il lustro della Chiesa e per il culto divino”.

Da una relazione del 1836, firmata dal decano D. Giovanni Guarino, risulta che l'eredità ammontava a 252 onze annue, 148 delle quali servivano per le prebende dei Canonici della Collegiata e 104 erano impie­gate “per l'utile e necessario comodo della donataria Chiesa di S. Maria Maggiore”.

   Ma già dal 1826 i lasciti Morana erano gravati da ipoteche. Le spese comunque della Chiesa superavano le entrate, consistenti in censi in frumento e denaro, fondazioni, cappellanie e donazioni dei fedeli; infatti nel 1825 il passivo era stato di ben 148 onze, ridottosi nel 1836 a 20 onze.

 

-------

1La Basilica… op. cit. p. 190.

2 Foglio 2v.

3 Nella collezione degli atti di questo notaio, custodita nell'archivio di Stato di Modica, manca purtroppo il volume degli anni 1741-43. Mi baso perciò su quanto dice L. Arminio sulla scorta della documentazione esistente nell'Archivio Storico Comunale, op. cit. vol. II, pp. 58-60.

 

 

1749 Costruzione del Loggiato1

   Il 28 aprile 1749 l'architetto regio Vincenzo Sinatra di Noto pre­sentò alla Confraternita la pianta a semiellisse del Loggiato. Esso aveva anzitutto funzione architettonica, sul modello di quello del Bernini a S. Pietro, per dare bellezza e monumentalità alla Basilica. L'ingresso verso la Chiesa avveniva  dalle tre arcate centrali, mentre l'ampio piazzale antistante dava respiro e monumentalità al tempio che lo chiudeva col suo armonico fondale prospettico, dominando liberamente il superbo panorama di mezzogiorno che si stende dalla magnifica pianura sottostante fino al Mediterraneo!

Le “logge” servivano anche per ospitare i commercianti della fiera franca di S.Rosalia, che si svolgeva la quarta settimana di settembre (vedi sotto).

   Nel 1905, caduto in disuso il mercato, le Logge vennero chiuse ed adibite a botteghe. La piazza restrostante fu purtroppo chiusa ed in seguito abusivamente occupata da costruzioni.

  Sotto il pavimento delle logge, fino al 1840 circa, quando venne costruito il primo pubblico camposanto presso il Convento dei Frati Minori, venivano sepolti i fedeli in fosse comuni.

Il recente (dicembre 1994) restauro conservativo è stato limitato alla  ripulitura  dei  blocchi  calcarei fortemente erosi dagli agenti atmosfe­rici, senza l'intervento dell'opera di rifacimento da parte di scalpel­lini locali eredi dell'antica tradizione artigianale. Il risultato estetico non è certo gradevole; speriamo almeno che ora non si accelleri il processo di sfaldamento della pietra!

 

------------

1Cfr. R. Fronterrè, La Basilica… cit. pp. 39-43. Cfr. anche: A. Moltisanti, op. cit. pp. 96s; L. Arminio, vol I, cit. pp. 207-211.

 

   

14  FEBBRAIO 1750

I VISITA DEL VESCOVO FRANCESCO TESTA (1748-1754)

S. Maria Maggiore

… Giorno 14 febbraio in processione, sotto il baldacchino portato da quattro Confrati, giunse davanti la porta della chiesa  e ricevuto l'aspersorio benedisse tutti… Si diresse all'altare maggiore mentre veniva cantato il Te Deum…

  …Visitò gli altari e li lodò…Disposizioni sulle sacre vesti…

Chiesa di S. Maria Maggiore della Cava

Si inchiodi il tabernacolo…

 

18 febbraio 1750 Lettera a tutto il Clero e ai Religiosi

   Francesco per grazia di Dio e della Sede Apostolica Vescovo di Siracusa e del Consiglio di sua Regia Maestà.

   Alli Revv. Vicerettore, Cappellani e Clero di questa Terra di Spaccaforno salute.

   Ci siamo riservati sul fine della nostra visita di conferire con voi qualche nostro sentimento, dichiarando prima ben grato l'animo no­stro per la parte colla quale vi ingegnate di corrispondere all'alto vo­stro ministero e di rendere a Dio l'ossequio col quale vien glorificato nella Chiesa Cattolica e di procurare la salute delle anime col cate­chizzare e predicare la divina parola, coll'ammonire e correggere e col comporre le dissenzioni soprintendendo all'edifacazione del po­polo coll'esempio e colla voce. Tuttavia vi occorre suggerirvi per quello che appartiene ai Cappellani a non stancarsi nel loro impiego ed a soffrirlo sempre più con maggior lena e sarebbe preciso che il sacrestano la sera non stia lontano dalla chiesa, affinché si possa facilmente accorrere nei casi notturni.

   Si affigga nelle sacrestia la nota dei Confessori approvati.

Incarichiamo  poi  tutti  gli  ecclesiastici obbligati alla recitazione dell'Ufficio Divino  che si uniformino ai decreti della nostra Chiesa che di anno in anno si pubblicano col nostro ordinario, né col prete­sto di essere obbligati in qualche religioso istituto mettano difformità alla recitazione del medesimo, non essendovi fondamento che possa giustificare siffatta variazione.

   Vogliamo inoltre che tutti vadano vestiti in abito talare e che assi­stano all'Accademia dei Casi Morali e con particolarità lo incari­chiamo ai Chierici i quali vogliamo che assistano pure nelle domeni­che e feste di precetto alla chiesa loro assegnata e a tutte le altre fun­zioni che nella medesima si faranno ed al catechismo ed avvertano che non saranno ammessi all'ordine.

zione se non adempiranno quanto da Noi li è stato incaricato e porteranno le fedi di tali assistenze. Ci occorre di più suggerire a tutti gli ecclesiastici l'obbligazione della celebrazione delle messe e ne incarichiamo le vostre coscienze ed a nostro parere non può giustificarsi la mancanza che alcuni fanno nel posponere o anteporre la celebrazione ai giorni designati dai loro fondatori; perciò vi incarichiamo a dover soddisfare l'obbligo delle messe nei giorni designati, non avendo motivo di potersene scusare, per non potersi alterare in modo alcuno la volontà dei fondatori senza il loro giudizio. Di che ne incarichiamo pure i fondatori che in questo caso siano avvertiti a non farle celebrare ma notarle a manca­menti. Dovranno altresì celebrar le messe nelle chiese in cui sono state fatte le fondazioni dai testatori; di che ne faranno tutto lo riferi­mento in caso di trasgressione e i Procuratori e Lettori  delle  chiese  devono portare ogni primo di mese i libri delle messe dal Vicario acciò da questi fossero controsegnati.

   Per sovvenire inoltre alla pietà e devozione dei poveri bisognosi commoranti nell'ambito e quartiere di S. Antonio e nella Matrice Chiesa antica, vogliamo che vi assistino di continuo il Rev. Parroco e pur esso il Vicerettore; e vi si mantenga il Cappellano per essere pronto alli bisogni e predicarvi la parola di Dio nelle domeniche e feste di precetto e assistere altresì per udire le confessioni dei fedeli per quando si trova impedito il Parroco o il Vicerettore il quale debba in ogni conto in tutte le domeniche e feste di precetto prestarvi la sua assistenza.

Incarichiamo  finalmente a tutti gli ecclesiastici la dovuta assitenza a soccorrere i poveri moribondi che per lo più se ne muoiono senza avere  chi li somministra qualche pio sentimento, essendo questo per altro un obbligo unito al carattere che indossano e saranno costretti a darne distinto conto al Tribunale di Dio per quelle anime che per la loro incuria disgraziatamente si sono perdute.

   Dato in Spaccaforno in corso di sacra visita 18 febbraio 1750.

 

Lettera ai Chierici

Francesco Vescovo di Siracusa - Sac. Giuseppe Mira Maestro Notaro

   Al Rev. Vicario ed ai Chierici in minoribus ed all'inabilitati nella prima clericale tonsura, salute.

   Nell'atto di partirci dalla visita di questo paese abbiamo voluto aver riguardo a parte anche ai Chierici che costituiti in minoribus e nella sola clericale tonsura, aspirano agli ordini sacri; ovvero in quel grado nel quale si trovano vogliono  godere dei privilegi e degli oneri clericali. Rispetto a costoro adunque, oltre ad aver prescritto la de­cenza dell'abito e l'onestà della vita e la alienazione da tutto ciò che è traffico ed impiego secolaresco, siamo a stabilire con urgenza due leggi da osservarsi inviolabilmente. La prima che facciano effettiva­mente il servizio dovuto alla Chiesa, assistendo alle varie funzioni con cotta in tutti i giorni festivi. La seconda  che dopo vespro inter­vengano all'Accademia dei Casi Morali per loro erudizione. Ed inol­tre all'istruzione dei fanciulli ossia catechismo dei figlioli per signifi­care la premura che intorno a ciò ci sollecita. Siam contenti di prote­stare che, senza l'attestato d'essere stati esatti osservatori d'ambedue queste ordinazioni da doversi fare con tutta la sincerità, non saremo giammai per ammetterli agli ordini ulteriori e forse avremo motivo bastante per la di loro contumacia di procedere contro di essi alla privazione dei favori del chiericato. Sia perciò nota a ciascuno questa nostra disposizione come Noi saremo solleciti a tenerla  costante­mente sostenuta in  effetto col nostro ripetuto zelo e rispettivamente colla vostra docilità e vi compartiamo la nostra particolare benedi­zione.

Dato in Spaccaforno …18 febbraio 1750.

 Lo stesso giorno 18…date delle disposizioni al Vicario D. Pietro Oddo, Visitatore delle Chiese… dal Convento dei Cappuccini, dove era ospitato, nella propria lettiga, accompagnato da molti ecclesiastici si mise in viaggio verso Rosolini…

 

Lettera per le Processioni del 15 Agosto e 8 e 9 Settembre

Modica, in corso di visita, 9 Luglio 1751.

   Il Rev. Signor D. Francesco Testa Vescovo siracusano… volendo del tutto togliere ogni occasione di contesa fra i Confrati dei sodalizi della Chiesa sotto il titolo dell'Annunciazione della B.M. Vergine della città di Spaccaforno e di S. Maria Maggiore, conser­vare la pace fra loro  e  soprattutto provvedere al decoro delle sacre funzioni, volle dispose e ordinò…che sia sospesa la processione che ogni anno suole essere fatta il 15 agosto dalla Chiesa di S. Maria Maggiore e parimente sia interrotta la processione che si suole fare il 7 e 8 Settembre nella Chiesa della B.V. Annunciata. Perciò le licenze ottenute  o richieste per il futuro, in vigore del presente decreto re­stano prive di forza e valore e del tutto nulle e per il futuro si asten­gano del tutto dal farle nè il Rev. Vicario deve concedere il permesso della loro esecuzione.

   Inoltre ordinò… che, poiché nella predetta città in occasione di qualunque  solennità  o  funzione   specie nelle predette chiese dal sa­bato dopo la domenica di passione incluso fino alla domenica di Resurrezione…ogni anno si ripetono, lo sparo di mortaretti e di qua­lunque macchina di fuoco  e l'esplosione di qualunque genere non adatti in questo tempo alle sacre funzioni, siano del tutto interdetti . Il Rev. Vicario potrà ricorrere anche all'aiuto del braccio secolare e pene severe a discrezione di Sua Ecc. Rev. ma saranno comminate ai Rettori delle Chiese e delle Confraternite e agli ecclesiastici di qua­lunque grado e dignità che trasgrediranno queste disposizioni…

   Nella feria quinta in cena domini, nella feria sesta in parasceve [giovedì e venerdì santo] e nelle ore mattutine del sabato santo, il suono delle campane sia limitato a due o al massimo tre tocchi, come richiamo per convocare i fedeli alle sacre funzioni …. Dimostrino piuttosto la loro devozione verso i sacri misteri che  sono rappresen­tati, con pie suppliche adatte a quei tempi, con tristezza e pianto e con l'intima contrizione dell'animo. Ai privati laici non sono estese le predette proibizioni ed interdetto, ma non si deve loro per­mettere nulla che possa causare risse, dissidi, liti ed altri simili in­convenienti1.

   Questi decreti sono stati registrati negli atti della Curia Vicariale, in quelli della città di Spaccaforno ed in quelli della Cancelleria Vescovile; il Rev. Vicario dovrà promulgarli in luoghi pubblici e frequentati.

   F. Testa Vescovo siracusano. Sac. Giuseppe Mira Maestro Notaio.

------

1 Simili pastorali raccomandazioni  in più occasioni furono rivolte dai Vescovi al clero, alle confraternite, alle autorità civili ed ai fedeli di Ispica, per evitare abusi e disordini durante le feste, e richiamare tutti alla vera devozione ed in particolare all'austerità ed alla santa mestizia nel ricordo della Passione e morte di Gesù Cristo durante la settimana santa. Purtroppo  il comportamento di Confrati e de­voti delle due Confraternite dei Cavari  di S. Maria  e dei Nunziatari   dell'Annunziata fu spesso deplorevole,  per gli accesi contrasti e le frequenti risse e disordini organizzati.  Le varie feste e processioni dell'anno liturgico  e della settimana santa in particolare, invece che testimoniare ed alimentare la fede e la pietà popolare, erano spesso occasione per pagani divertimenti e pubblici tratte­nimenti.

  In un 'esposto non datato ma posteriore al 1765, presentato alle autorità compe­tenti dai Confrati di S. Maria (copia nell'archivio Calvo), si denunziano i gravi disordini avvenuti la notte del Venerdì Santo. Al rientro nella Chiesa dell'Annunziata della consueta processione della Santa Spina all'una e mezza di notte, “un'orda di maleducati e furibondi giovinastri commisero tanti eccessi che suscitarono il generale risentimento…Da ogni parte si sentivano spaventose botte di fucile e di ogni altra arma da fuoco ed entrati in chiesa aumentarono vieppiù le dette fucilate in modo che un'orda di forsennati spararono ala rinfusa in mezzo ad una immensa moltitudine in quella Chiesa di Dio. Ogni buon cittadino manifestò le sue giuste lagnanze le quali furono da quei furibondi apprese in con­trario e poco mancò a non succedere un positivo disordine…”

   Ed in tempi più recenti il Vescovo di Noto Giovanni Blandini in due lettere del 1904 esprimeva il suo forte giudizio di condanna e prendeva severi provvedimenti per reprimere “i disordini e le sconcezze che suonano profanazione  alla maestà  del  sacro tempio”, ordinando la chiusura delle chiese all'Ave Maria. “E invero”, egli scrive,“non può lodarsi l'anarchia di codesto popolo che si serve dei santi non a scopo di devozione ma per divertirsi e sbizzarrirsi a suo piacere. Certo non può impedirsi  che  il popolo si diverta, ma che ciò debba farsi alle spalle dei poveri Santi non è cosa che corrisponda ai sentimenti, non dico di religione ma di semplice civiltà. Ma in buona parte la colpa è del clero che non ha saputo edu­care il popolo e che non sa farsi rispettare nelle chiese, in cui ogni intromis­sione secolare dovrebbe  eliminarsi.” (Riportato dal citato L. Arminio, op.cit., p. 29).

Testimonia in proposito la Fronterrè (La Basilica…, op. cit. p. 195 e 197) che durante la processione  fra i più accaniti confrati delle due chiese, i cavari  ed i nunziatari   “avvenivano sempre dibattiti, risse e percosse” ed al rientro del simu­lacro in chiesa, durante i giri per le navate, la banda musicale all'interno del tem­pio suonava perfino ballabili! Grazie a Dio i tempi sono cambiati e, per la matu­razione della comunità ecclesiale e l'opera meritoria di educazione alla fede ed alla pietà da parte del clero, questi abusi e disordini sono stati eliminati  e sono ormai solo uno spiacevole ricordo del passato. 

 

 

I754

é completata la Cappella del Cristo alla Colonna

  é anteriore al 1754  il grande scudo  con smalti, del Principe Francesco Saverio Statella, composto con i quattro grandi inquarti delle famiglie imparentate, che orna la chiave dell’arco d’ingresso della Cappella del SS.mo Cristo alla Colonna . Nel primo c’è lo stemma statelliano:  nel 1° e 4° di rosso  alla torre d’oro aperta di due palchi;  nel 2° e 3° al ferro d’alabarda dello stesso1. I colori degli smalti sono quindi invertiti rispetto al piccolo stemma del quadro della Via Crucis. Il secondo è quello della moglie Grifeo, che così blasoniamo: Di rosso alla sbarra d’azzurro,  accompagnata in capo  da  un   lambello  a tre  pendenti  d’oro  e nella punta da un    grifo seduto dello stesso2. Lo scudo dei  Grifeo  permette  di datare quest’arma d’alleanza, che non può essere posteriore all’8-5-1754, data in cui Francesco VI sposò in seconde nozze la diciannovenne Antonina Migliaccio e Lanza. La cappella dunque fu terminata prima di quell’anno e perciò prima delle pitture del Sozzi. Il terzo è dei Beccadelli di Bologna  (nonna materna),  ma manca ‘il capo’3: d’azzurro a tre artigli alati d’oro,  disposti uno su due. Il quarto porta lo stemma dei Gaetani  (nonno materno), così blasonato:   Nel 1° e 4° d’oro alla gemella ondata d’azzurro, posta in banda;  nel 2° e 3° d’azzurro, all’aquila spiegata d’argento,  coronata dello stesso. Al di sopra dello scudo c’è il posto dell’elmo, non  raffigurato, che do­veva essere  quello  di principe: d’oro,  posto in maestà,  cioè di fronte,  e semiaperto. Sopra ancora c’è il cercine, cerchio di stoffa,  di color oro, che trattiene i lambrecchini o svolazzi, che sono i pezzi di stoffa che circondano lo scudo sagomato ed accartocciato. La co­rona sovrastante è quella di principe reale, spettante agli Statella, ai Beccadelli e ai Grifeo,  chiusa e cimata,  con quattro vette d’oro vi­sibili.

é invece del 1761 lo stemma, tutto d'oro nelle figure e negli smalti, scolpito nel marmo, del mausoleo che si trova  nel lato destro della stessa  Cappella. Esso  fu  eretto dal Principe Francesco Saverio Statella (1710-1770),  protettore di Olivio Sozzi, per custodire i resti  mortali  di  tre suoi figli.  Ha la torre di tre palchi aperta,  finestrata e merlata alla guelfa nel 1° e 4°,  e l’alabarda negli altri due. Francesco era figlio di Maddalena,  figlia di Cesare Gaetani Principe di Cassaro e di Giulia Beccadelli di Bologna; in prime nozze sposò Giovanna Grifeo, figlia di Girolamo principe di Partanna, che morì nel 1752 a Montpellier (Francia). Da questo matrimonio nacque il suo succes­sore Antonio Statella Grifeo. 

  Allo stesso periodo è databile il piccolo stemma che decora l’angolo sinistro in basso del quadro ad olio raffigurante il Cristo che porta la croce,  posto nel lato destro della stessa cappella, attribuito al figlio di Sozzi, Francesco; é importante perché è l’unico a noi pervenuto in cui lo scudo è messo al centro di un manto principesco rosso,  bianco e blu,  con corona superiore chiusa svettata e crociata, accollato alla croce biforcata e ottagona dei Cavalieri di Malta. Lo stemma ha la torre  in campo oro nel 1° e 4°;  l’alabarda in campo rosso nel 2° e 3°. 

---------

1 Cfr. per questi stemmi: M. Trigilia, Lo Stemma della Città di Ispica, Ispica 1993. Si tratta di un’arma “cucita”, che contraddice ad una delle norme araldiche più rispettate, la quale vietava di sovrapporre “metallo su metallo o smalto su smalto”. Anche lo stemma  del  quadro  della Passione ha la torre d’oro su  fondo oro e quello del mausoleo è tutto d'oro.

2 L’arme del ramo principe è così blasonata (Palazzolo Drago, Famiglie nobili siciliane, II, p.54, Palermo 1927): “D’oro spaccato da un filetto d’azzurro; nel  1° un grifone di nero passante sulla partizione, nel 2° tre sbarre d’azzurro.”

Evidentemente qui c’è una brisura o spezzatura che ha alterato la pezza primitiva. Il lambello posto orizzontalmente in capo è considerato “la brisura più nobile del blasone, usitatissima in Italia” (Crollalanza op.cit.).

  Il La Restia, (Spaccaforno-Ispica antica e moderna, in “Il Corriere Elorino”, 16-30 aprile 1988) attribuisce invece questo stemma alla famiglia Mastrilli e tutta l’arme d’alleanza ad Antonio III Statella e Mastrilli (1676-1731), padre di Francesco VI. Ma il blasone dei Mastrillo di Sicilia è diverso: “D’oro alla banda d’azzurro caricata di un giglio del campo, ed accompagnata in punta da un leone di rosso; al lambello di quattro pendenti di nero, attraversante  in  capo.” (Crollalanza,  Dizionario storico blasonico delle famiglie nobili e notabili ita­liane, Pisa 1886,1980, s.v.; Id. Enciclopedia..., op. cit.p.350; lo stesso scudo anche nel Mango, op.cit., I,431 ed in Palizzolo Gravina, cit., s.v.) Inoltre nelle armi d’alleanza o parentela, allo  scudo  di  famiglia  posto nel  1°quarto, segue ordinariamente nel 2° quello della moglie, quindi quelli dei nonni materni (come nella nostra attribuzione). Secondo il La Restia invece, sarebbero rappresentati oltre lo scudo della madre quelli del suocero e della suocera, che non sono parenti ma affini!

1 Il Palazzolo Drago, op.cit. p.14, porta come stemma dei Beccadelli: “Azzurro a tre mani d’aquila, d’oro, ordinate in fascia; alias: d’azzurro a tre artigli d’oro, alati di nero, ordinati in fascia, col capo Aragona-Svevia”.

 

 

1755-56

Nuovo Regolamento delle Funzioni e delle Processioni1 

In un libretto anonimo del 1773 intitolato Dimostrazione per la sussistenza delle Processioni notturne nel Regno di Sicilia è detto (p. VII): “Sono molto antiche in Spaccaforno due secolari Confraternite, una è nella Chiesa di S. M. Maggiore, l'altra nell'altra dell'Annunziata. Però i confrati di ambedue le chiese, anche ab antiquo furono rivali. Non d'altro la rivalità era prodotta, che dal fare or questa or quell'altra con maggior pompa, e con applauso maggior le funzioni. Nascevano da queste gare de’ disturbi, anche perché talvolta l'una si vedeva dall'altra prevenuta in qualche funzione meditata. Pose fine a queste controversie, mentre governava questi Regni, il Re Cattolico.”

Infatti, il 6 Settembre 1755 il Sovrano emanava un decreto  che  re­golamentava le funzioni sacre e le processioni imponendo “super questionibus perpetuum silentium”.

Eccone il testo nell'originale spagnolo.

“Illustrissimo Senor - El Rey mandando encargarme prevenga a V. S. Illustrissima (como tambien al Obisbo de Siracusa para su intelligencia) que examine de ration, y decida juridicamente el merito della Causa, que vierte en la Tierra de Spaccaforno entro las dos Confraternidades de la Annunciada, y de Santa Maria Major (despues de ausa decision non se delugar a las partes de poder pedir remedio en otros Tribunales) y que aga observar por el primer ano su determinacion, y despues, de intelligencia con el dicho Obisbo de Siracusa reduzca todas las Sacras funciones de dichas Confraternidades a los ritos y reglas comunes de la Iglesia. En execucion lo de R. Despaco, que hè recevìdo en data de 6 del corrente por via della R. Secretarìa de Estado, aparteniente al Ecclesiastico, se lo comunico a V.S. Illustrissima. como deseo.”

 

 Seguivano le disposizioni esecutorie: del Marchese Fogliani, in data Palermo 21-9-1755; del giudice De Regio del Tribunale della Regia Monarchia ed Apostolica Legazia dell'11-12-1755; del Vescovo Siracusano G.A. De Requisens, in data Siracusa 17-4-1756. Il 20 aprile 1756 il decreto fu reso pubblico nella Chiesa Madre di Spaccaforno in presenza dei Magistrati, di gran concorso di popolo e di tutto il clero secolare e regolare. Il 21 aprile il sottodelegato Rev. Pietro Oddo, Prevosto di S. Maria Maggiore, ne dava comunicazione scritta al Vescovo di Siracusa.

  Fra l'altro fu stabilito:

Nelle sacre processioni le “Confraternite suddette, a tenor delle leggi sinodali del fu Mons. Marini, di felice ricordo, siano provve­dute di sacchi rispettivi e mozzette di lana e visiere con tutta la pro­prietà senza far uso di camici sacerdotali invece di sacchi, di mantel­lette e tovagliole invece  di  mozzette e  di  fazzoletti invece di visiere; ed inoltre si mantengano numerate e non già indefinite e siano in conseguenza ridotte a rollo [ruolo] stabile colla deposizione indivi­duale dei nomi e cognomi dei confrati, col consenso della maggior parte. Ben inteso che quell'intervento alle processioni si chiedesse ogni volta che occorrerà la licenza dell'Ordinario, che potrà negarla quando lo giudicherà, con che negandola, non debba intervenire ve­runa delle due Confraternite.

   E finalmente che tra loro si scelga al più il numero di ventuna per­sone, di spirito mansueto e pacifico ben lontano dalle dissenzioni, dalle contese e prive di ogni sorte d'armi e che a siffatte Processioni generali possano e debbano intrevenire colla dovuta decenza e mo­destia, senza accompagnamento di gente a lato e senza strepito di più tamburi, proibendo Noi affatto e vietando espressamente il di loro intervento, sintantocché non si saranno riattati, allestiti, disposti e pronti a comparire nelle processioni nella forma prescritta.… “

Fra le processioni particolari che potranno permettersi contiamo quella del Giovedì Santo nella quale si porta la statua di G. C Flagellato alla Colonna e quella della SS. Spina nel Venerdì Santo, da farsi rispettivamente dalla Chiesa di S. M. Maggiore e della Nunziata, purché si facciano con quel silenzio e con quel profondo rispetto di pietà e con tal sentimento di dolore che viene eccitato in siffatte rappresentazioni nel cuore di qualunque si trovi acceso come Noi desideriamo di quella fede dell'Apostolo allorquando dice: “In fide vivo Filii Dei qui dilexit me et tradidit semetipsum pro me.”

  

-------

  1 Secondo dopo quello del 1639, vedi sopra. Copia manoscritta dell'originale registrato nella collezione degli atti della Regia Curia Secolare dal Notaio Sac. Giacomo Mancuso, fu fatta dallo stesso notaio ed è ora custodita nell'archivio privato di G. Calvo. La riporta integralmente il citato libretto intitolato Dimostrazione per la sussistenza delle Processioni notturne nel Regno di Sicilia. In risposta alla Consulta della Giunta de’ Presidenti, e Consultore de' 18 settembre 1772., pubblicato a Napoli il 13-4- 1773, p.VII; in parte L. Arminio, Spaccaforno nel Sec. XIX, vol. II, pp. 23ss., Ispica 1985 e R. Fronterrè, La Basilica…cit. pp. 176-178.

 

28 OTTOBRE 1756

I VISITA DEL VESCOVO Giuseppe Antonio De Requesens O.S.B. (1755- 1772) .

Visitò la Chiesa di S. Maria Maggiore …

 

 1756

La testimonianza di Vito Amico Statella

   Il V.Amico  dice sulla Chiesa della Cava e sulla nuova Basilica1: "Christi Domini Crucifixi de Cava in depressiore loco, contra aqui­lonem, ubi antiquae habitationis perstat adhuc non infrequens regio, sacris etiam administrandis addicta aedes, cultu precipuo habetur. Circa haec loca criptam ostendunt S. Hilarionis incolatu ex vetusta traditione celebrem, in quam per gradus descenditur. Reliquae filiales ecclesiae octo numero sunt; quas inter peculiari nota, ob civium frequentiam, splendidum­que ornatum, recensendae veniunt SS.  Annunciatae  et  S. Mariae  Maioris, cum lai­corum sodalitatibus de primatu non levi animorum contentione pugnanti­bus. Sitae videntur prima circa occasum aestivum, altera ad hiber­num ortum.” (Nella traduzione italiana di G. Di Marzo2: “La Chiesa del SS.mo Crocifisso della Cava, in un luogo più basso rimpetto Nord, ove ancora la contrada rimane frequente di antica abitazione, è addetta eziandio all'amministrazione dei sacramenti e tenuta in preci­puo culto. Additano verso queste parti una grotta decorata per antica testimonianza della dimora di S. Ilarione, nella quale scendesi per gradini. Ci hanno altre otto chiese filiali, fra le quali si distinguono per gli splendidi ornati ed il concorso del popolo, quelle della SS. Annunziata e di S. Maria Maggiore, con laicali confraternite che acremente contendono sul primato; la prima è situata verso maestro, l'altra verso scirocco.”

----------

 1 Nel suo Lexicon Topographiucum Siculum , voce “Ispicae Fundus”, pp. 317 ss. Palermo 1756.

2Dizionario Topografico della Sicilia, voce “Spaccaforno”, Palermo 1857.

 

23-29 Settembre 1762

II Visita del Vescovo Requisens 

 Visitò la Chiesa di S. Maria Maggiore …Approvò tutto…

 

19 GIUGNO 1763.

  IL VESCOVO REQUISENS CONSACRA LA BASILICA DI S. M.MAGGIORE.

  In una Relazione del 27-2-18251, sottoscritta dal Can. Decano e dai Rettori Giovan Tommaso Zuccaro e Angelo Lentini è detto: “Consacrata Basilica che è l'unica di questo Comune, da Mons. Requisens Vescovo di Siracusa nel 1764.”

 Dalla rilevazione  delle opere d'arte esistenti a Spaccaforno, fatta dal Dott. Gennaro Maltese nell'aprile 18612, risulta invece che nella “Basilica Collegiata e Confraternita Chiesa di Santa Maria Maggiore”, alla presenza dei Rettori D. Pietro Zuccaro, D. Salvatore Hernadez e D. Antonio Alfieri, venne accertata l'esistenza … del “Privilegio del 19 giugno 1763 relativo alla Consacrazione della Chiesa e dell'Altare Maggiore”.

  R. Fronterrè Turrisi 3 afferma a sua volta che il “20 giugno 1763 la chiesa fu consacrata dall'Arcivescovo di Siracusa Rau Requisens, “come attesta… una lapide marmorea…:

Templum hoc ma­gnificentissimum cum titulo S. M. Maioris, pie­tate   maiorumque   nostrum   DEVOtione erectum, multis insignitum onorificentiis indulgentii­sque reverendissimo Requisens syracusano ar­chiepiscopo consacratum anno domini MDCCLXIII.”

   Purtroppo non si trova traccia nè del privilegio nè di questa epi­grafe. La data però della consacrazione non corrisponde con le Sacre Visite del 1762 e 1765; infatti dal volume da me consultato, risulta  che  l'itinerario  della Visita  del 1762-63 fu questo: Spaccaforno dal 23 al 29 settembre 1762; poi Rosolini, Noto, Pachino, Avola, Ragusa, Scicli e dal “19 maggio 1763 per tutto il 27 giugno 1763”, Modica.

     Lascio la questione non risolta, in attesa del rinvenimento del privilegio. Probabilmente il 20 il Vescovo venne ad Ispica da Modica proprio per la consacrazione.

-------------

1 Pubblicata da L. Arminio, Spaccaforno nel Sec. XIX, vol. II pp. 55 ss., Ispica 1985.

2 Così si rileva  dai  verbali  custoditi  nell'Archivio Storico Comunale, portati alla luce da

 

L. Arminio, op. cit. Vol. II, p. 241.

3 La Basilica…op. cit. p. 33.

 

1762-1765

OLIVIO SOZZI E LA BASILICA DI S.M.MAGGIORE1

   Vita e opere del Sozzi. Come risulta con certezza dagli atti di matrimonio e di morte, Olivio o Oliverio Sozzi nacque a Catania nel 1690, da Vincenzo e da Giovanna Buscema. Dopo il tremendo ter­remoto del 1693, la famiglia si trasferisce a Palermo. Qui il ragazzo apprende i primi rudimenti del mestiere alla scuola di un modesto pittore, il Susinno, e subisce l'influsso dei maratteschi Tancredi, Grano, Filocamo. Nel 1722 sposa la nobile e ricca Caterina Cappella e Veca e nello stesso anno gli nasce il primo degli otto figli, Vincenzo. Dopo aver affrescato ed ornato di tele tutta la chiesa di S. Giacomo alla Marina (distrutta nel 1861) , alla fine del 1729, parte per Roma per perfezionarsi alla scuola del più illustre maestro del tempo, il napoletano Sebastiano Conca. Tornato a Palermo alla fine del ’31, nel ’35 decora il Palazzo Reale, rappresen­tando l'ingresso in città di Carlo III (opera perduta). Due anni dopo va a Firenze dove esegue lavori di un certo rilievo per commissione del Granduca Francesco II di Lorena (opere sconosciute).

   Rientrato in Sicilia, diventa il pittore più famoso e ricercato. La sua intensa attività si svolge in numerosi palazzi e chiese palermitane, dal palazzo Branciforte a quello Airoldi, alle  chiese della Catena, della Martorana, S. Giovanni, S.Lorenzo, S. Maria Valverde, S. Sebastiano, S. Teresa.

   Intorno al 1750 si trasferisce a Catania, dove presto raggiunge una  posizione  di  prestigio  e  diventa “il divulgatore ufficiale delle nuove tendenze del barocchetto e del rococò” (Citti Siracusano). Qui nel ’55  decora col  Trionfo  di Pallade il salone universitario (opera per­duta) e nel ’60 la maestosa Cupola del Gesù, e compie altri pregevoli lavori in palazzi, chiese, monasteri. A Melilli decora le tre navate di S. Sebastiano (1754) e poi la Matrice (1762).

   Numerose altre sue opere, del primo e secondo periodo, si trovano a Gioiosa Marea (1740),  Tusa (1747), Trapani (1747), Mezzoiuso (1752), Militello (1752), Agira (1759), Avola, Noto, Rosolini, Modica e altrove.

   Sozzi ad Ispica. Dai libri di introito ed esito dell'Archivio dell'Arciconfraternita di S. M. Maggiore, portati alla luce da R. Fronterrè Turrisi (op. cit.), risulta  che   il  16  ottobre  1761  si mandò una carrozza per portare il  Sozzi da Militello a Melilli e pren­dere accordi col celebre pittore “ per pittorare tutto il tetto della chiesa col cappellone, le quattro vele della cubbola maggiore ed un quadro grande”. L'artista era stato convinto ad accettare l'incarico dal Principe-Marchese di Ispica Francesco Saverio Statella e Gaetani, che gli aveva in quel tempo commissionato gli affreschi del suo bel palazzo di Palermo, detto ancor oggi “ Spaccaforno-Statella”, in piazza Valverde. Il 17 maggio 1762 il pittore venne a Ispica con la moglie ed i figli Francesco e Nicola e subito iniziarono i lavori con la pitturazione del Cappellone o Presbiterio. Dopo la consacrazione della basilica (vedi sopra), i lavori continuarono per il completa­mento della cupola centrale.

 Ma l'anziano artista settantaquattrenne era gravemente ammalato di pleurite e faticava molto nel difficile e delicato lavoro. Abbiamo in proposito una storica, preziosa e commovente testimonianza, tra­mandataci da un suo discepolo, il Padre Cappuccino P. Fedele da S. Biagio, anche lui pittore e letterato, che nei Dialoghi sulla Pittura, pubblicati a Palermo nel 1788, così dice testualmente:“ Nel tempo che lavorava nella Basilica di S. Maria Maggiore, il suo cronico male di idropisia al petto  lo  ridusse  più  volte  in  pericolo di vita e quel popolo gli ottenne sempre di migliorare a forza di preghiere all'altissimo. Ma pochi giorni dopo aver terminato la bell'opera, attaccato di nuovo dal suo male, tra le lacrime degli Spaccafornani cessò di vivere e fu compianto da tutti e onorato a tal segno coi  funerali e lapide sepolcrale in detta Basilica, che non vi è esempio nel Val di Noto di avere con di­mostrazioni così significanti dimostrato l'affetto e l'attaccamento per uno virtuoso, cotanto pìo, onorato e disinteressato cristiano." Il 30 marzo del 1765 Olivio Sozzi fa­ceva testamento nuncupativo, cioè dettato a voce, agli atti del notaio Giacomo Amaira di Spaccaforno. é un testamento spirituale, nel quale si conferma la sua sincera religiosità, nella cristiana attesa della morte, nel riconoscere che tutti i suoi beni gli erano stati conferiti dalla Divina Provvidenza e nella volontà di essere seppellito con  la  veste di terziario dell'Ordine di S. Francesco, la cui regola aveva de­votamente e fedelmente osservato per oltre qurant'anni. Il giorno se­guente, 31 marzo 1765, si chiudeva l'esistenza terrena e iniziava quella celeste, nella gloria della Trinità, Cristo Risuscitato, Maria, Angeli e Santi, da lui, per quasi cinquant'anni di continua attività, raffigurati nella splendente luce e nei mirabili colori del Paradiso. La sua vita, ricca di virtù umane e cristiane, si chiudeva con una morte santa, come conferma la stima ed il devoto affetto del popolo ispi­cese ed anche l'espressione rese la beata anima

A  Dio, usata solo per lui nel registro dei defunti. Possiamo essere certi che il Signore Gesù lo avrà accolto con quelle sue parole (Matteo 25,21): “Vieni servo buono e fedele, poiché fosti fedele  nel riprodurre in bellezza le fattezze mie, di mia Madre e dei miei Santi, ti costituirò sopra le­ bellezze dei cieli.”

----------------

1 Riporto il mio sintetico articolo pubblicato in “La Provincia di Ragusa”, di­cembre 1990.

 

 

25 Settembre 1765

III Visita del Vescovo Requisens

   Dopo l'Annunziata visitò S. Maria Maggiore…secondo il de­creto di precedenza alternativa stabilito dallo stesso Vescovo per sè ed i suoi successori, per porre termine alle contese fra le due Chiese, dato a Siracusa il  28 marzo 1763…, perchè nella precedente visita fu visitata prima la Chiesa di S. Maria Maggiore.

 

 

1768

 VITO D'ANNA DIPINGE LA MADONNA DELLA CAVA

   In quest'anno il più illustre pittore siciliano del tempo, Vito D'Anna, genero di O. Sozzi, dipinge la grande pala dell'altare mag­giore  rappresentante  la  Madonna della Cava col Bambino ed i santi Lucia,  Girolamo, Gregorio e Rosalia. Come dice l'iscrizione, era allora Rettore della Chiesa il Sac. Pietro Oddo. é il canto del ci­gno del grande artista morto l'anno seguente1.

-------

1 Cfr. M. Trigilia, Storia e Guida di Ispica, cit. p. 44. V. sotto “Storia e arte.”

 

 

17 Novembre 1771.

Visita di Mons. De Landolina  Vicario  e Visitatore Generale del Vescovo REQUISENS

   Visitò prima la Chiesa della SS. Annunziata e …poi S. Maria Maggiore secondo il decreto del Vescovo Requisens del 28 Marzo 1763 emesso per comporre le liti di precedenza…

 

24 - 31 Agosto 1775

I Visita del Vescovo Giovan Battista Alagona (1773-1801)

S.Maria Maggiore. Dopo pranzo il Presule coi suoi ministri, pre­cedendo il littore che portava in alto i fasci, si recò in visita alla chiesa di S.Maria Maggiore a cui tocca ora, a turno con l'altra Chiesa Confraternita della SS.Annunziata, di essere visitata per prima, secondo il decreto del predecessore Vescovo Giuseppe Antonio De Requisens, in data 28 marzo 1763. Nel vestibolo della predetta chiesa fu accolto onorevolmente sotto un baldacchino portato dai primi del popolo e gli venne incon­tro il Procuratore della chiesa D. Tommaso Monaca…

 

 

1774-1802

SOPPRESSIONE DELLA FESTA DEL CRISTO ALLA COLONNA2

   Dopo le reali disposizioni del 1756 e fino al 1772 ci fu un periodo di pace fra le due Arciconfraternite. Ma, dice il citato libretto del 1773 ( v. 1756), che si dimostra a sua volta schierato dalla parte dell'Arciconfraternita di S. Maria: “I confrati dell'Annunziata hanno covato un odio radicale, che in quest'anno, 1772, non poterono più tenere ascoso. E per disgrazia, il Sindaco, il Patrizio, ed i Giurati, trovandosi tutti sei Nunziatari, mandarono al real Trono un lor libello, in cui rappresentarono al Sovrano che la Confraternita di S. Maria Maggiore in ogni notte del Giovedì Santo conduce l'immagine del SS. Cristo alla Colonna. Invece però di dir che in quella notte, nel volto dei Paesani e Forestieri non si legge altro che compunzione; e che sono innumerabili le grazie ed i Portenti che ricevono, dissero senza verun rossor, che in quella notte si commettono disordini e delitti fino al segno che quei Naturali e Magistrati vivono inquieti e assai commossi.” Ecco le loro precise parole: “Non lasciano godere quella pace e tranquillità che furono lo scopo principale di venire interdette in questo Regno, in forza di real deliberazione, tutte le notturne processioni…Preghiamo intanto la M.V. che con suo real biglietto ordinasse la cieca e puntualissima esecuzione dell'altro antecedente su questo articolo emanato.” E più oltre l'anonimo autore difende con forza “la pietà e liberalità” dei Confratelli di S. Maria nel “celebrare le sagre feste del Signore: Riferisca, chi l'ha veduta, la sagra processione di nostro Signore Gesù Cristo ligato alla Colonna, che si celebra la notte del giovedì Santo in Spaccaforno, e dica che non solo la Chiesa di S. Maria Maggiore, dove la sacra Immagine si conserva, ma benanche tutte le strade del paese sono così illuminate in quella notte, che sembra in una fiamma tutto il sito (p. LXV).”

Ma la Consulta ed il Sovrano diedero ragione all'esposto dei Giurati ed alle relazioni del Vescovo Siracusano e, considerando veri i gravi disordini,  con Biglietto Reale datato 7 luglio 1773, tre mesi dopo circa il citato libretto del 13-4, si comunicava che in seguito “alle brighe insorte in occasione della Processione solita a farsi dal Confrati di S. Maria Maggiore la notte del Giovedì Santo… ad evitarsi ogni futuro sconcerto, ha la Maestà Sua deliberato che l'individuata Processione si abbolisca…” La proibizione  della “Processione  ed  il  notturno accesso alla chiesa” veniva  riconfermata  dal  Viceré, Marchese  Fogliani,  in data Messina 21 Marzo 1774. I confrati supplicarono il Sovrano per la revoca dell'ordinanza, ma il Re riconfermava che “la Statua doveva restare esposta alla pubblica venerazione nella propria chiesa e cappella senza potersi rimuo­vere…” L'ordine veniva esecutoriato dal Tribunale della Regia Gran Corte e dall'Arcivescovo di Palermo in data 27 settembre 1774.

  Dieci anni dopo, nel 1784, i Confrati reiterarono la preghiera per la revoca del divieto al Sovrano, ma  il Vescovo di Siracusa Giov. Battista Alagona, con lettera datata Siracusa 25 nov. 1784, in rispo­sta ad una richiesta di informazione da parte dell'Arcivescovo di Palermo, riconfermava la sua severa con­danna e la necessità del di­vieto, rigettando la supplica dei Procuratori. Già ai tempi del suo predecessore [il Vescovo G.A. De Requisens 1755-1772] la processione aveva recato “gravi disordini, discordie  ed ingratitudini al suddetto paese, con indicibile disvantaggio della gloria di Dio e di quelle anime nel tempo più sa­crosanto della Settimana Pasquale. Il concorso di tutti i paesi cir­convicini era incredibile non già per spirito di devozione, ma per di­vertimenti e sfogo che in tale creduta divota funzione si faceva lecito ognuno di dare sfogo alle proprie passioni. E resta memorabile una tal giornata in questa diocesi per i grandi sconcerti che ne succede­vano e se ne parla ancora in ogni luogo con detestazione del fanati­smo da cui  venivano regolate e per le discordie che in aggravio seguivano fra i partiti delle suddette Chiese di S. Maria Maggiore ed i Partitari della Chiesa dell'Annunziata, che erano le due perniciose fazioni che dividevano quel paese.”

   In conclusione Mons. Alagona si dichiara fermamente contrario alla revoca dell'ordine reale per timore che “tornerebbero subito in quel paese gli antichi  scandali, disordini,  scissure,  inimicizie  e bri­ghe, che sarebbero al  medesimo troppo perniciose e ne verrebbero alla Maestà del Sovrano ed a V. Ecc. ed a me infinite inquietitudini, come le provò il mio prede­cessore”.

   Finalmente il 28 febbraio 1802, il Rettore dell'Arciconfraternita Dott. Giovanni Leontini, a nome della Confraternita e di tutta la popolazione di Spaccaforno, grazie all'intercessione del Principe Francesco  Maria  Statella  e  Napoli, ottenne da Sua Maestà  il permesso di fare “la Processione del SS. Cristo Flagellato alla Colonna.”

   Il 23 marzo successivo il Vicerè di Sicilia, Marchese Artale, spe­diva la copia del decreto al Capitano di Giustizia di Spaccaforno, in­caricandolo di “prevenire qualunque disturbo… e far che tutto riesca colla dovuta quiete e pace dell'intera popolazione”; a questo fine dava ordine alla Compagnia del Capitano Zembrino di assistere nel giorno della festa perché “ si dia freno e soggezione ai torbidi e…tutto riesca colla dovuta tranquillità…”

   Nell'iscrizione posta sotto il ritratto del Principe Francesco, cu­stodito nella sacrestia di S. M.Maggiore, gli si attribuisce questo merito: "La Sicilia ed il Cristo [alla Colonna] gli rendono grazie per la liberazione dalla contraria legge”. 

------

2 Cfr. R. Fronterrè, La Basilica…, cit. pp. 137-157.

 

 

1777

J. Houel Giunto ad Ispica descrive anche la festa del Giovedì santo

 Nell'estate del 1777, il famoso architetto-pittore francese Jean Houel giunse dalle nostre parti per visitare la “Cavée d'Ispica” e le “Antiquités de Spaccaforno”. Nel volume quarto, cap. 35, tav. CCVI, p. 4 della sua monumentale opera Voyage pittoresque des Isles De Sicile, De Lipari et De  Malte, pubblicata a Parigi nel  1785, parla  anche della  festa  del Giovedì Santo, che, come abbiamo visto sopra, era stata in quegli anni proibita e si celebrava solo in chiesa. Egli riporta quanto gli è stato riferito, “Mi è stato detto…”; probabilmente dal Barone Alfieri, che lo ospitò nel suo feudo di S. Basile. Ecco le sue parole.

“ Spaccaforno è stato ricostruito all'estremità della Cava d'Ispica. Vi si celebra il Giovedì Santo con una pompa singolare. Il soggetto della festa è Gesù Cristo, ma Gesù Cristo Flagellato. Questo giorno, essendo l'ultimo di quaresima, il po­polo si slancia ad eccessi di gioia che sono poco credibili; vi  si  fanno delle  processioni  notturne, che danno  qualche volta luogo ad avvenimenti più convenienti all'oscurità della notte che allo spirito della festa. Mi è stato detto che lo spettacolo delle processioni e della fla­gellazione di Gesù Cristo vi attirava un tempo dei pellegrini da molto lontano; ma avendo commesso questi pellegrini strani eccessi nelle processioni notturne, non si ricevettero più stranieri in questa città durante la festa, né durante i tre giorni che la precedono né nei tre giorni che la seguono; di maniera che, se si commettono in questi giorni alcune indecenze, esse avvengono tra i cittadini, come una storia di famiglia che gente saggia non lascia conoscere agli stra­nieri.”

20 - 27 Agosto 1778

II VISITA DEL VESCOVO GIOVAN BATTISTA ALAGONA

   Visitò la Chiesa Sacramentale di S.Maria Maggiore, dove fu asperso dal Sac. Tommaso Monaca, a cui concesse di indossare la stola. Vide il Sacramento dell'Eucaristia in essa custodito solo per l'adorazione, gli altari, i confessionali e la sacra suppellettile di lino, di seta ed argentea ed anche la torre campanaria non ancora completata col fastigio.

 

1783

G. CRESTADORO AFFRESCA LA SACRESTIA

   Il palermitano Giuseppe Crestadoro dipinge nella volta della sa­crestia il “Mosè che riceve le tavole della legge”, con quattro piccole scene bibliche agli angoli, sul modello dell'originale giacquintesco della Chiesa di S. Lorenzo in Damaso a Roma1.

 

24 dicembre 1783

Il VICERé  CARACCIOLO CONFERMA LA LAICITà  DELLE CONFRATERNITE

 Volendosi gli Ecclesiastici ingerire nell'amministrazione delle Opere pie, il Viceré Caracciolo, con un Biglietto datato Palermo 24-12-1783, dichiarò che le due Confraternite di S. Maria e dell'Annunziata come “opere pie laicali sono soggette all'ordinaria reale giurisdizione e giusta li ordini reali tutti i loro beni sono delle Confraternite medesime e non devono nella loro amministrazione in­gerirsi gli ecclesiastici, ma…devono essere amministrati da persone laicali libere…” Per evitare ulteriori questioni in proposito, il Viceré impose “il perpetuo silenzio”2.

--------

1 Cfr. M. Trigilia, Storia e Guida di Ispica, p. 44, Ragusa, 1992. V. sotto“Storia e arte”.

2 Cfr. R. Fronterrè,La Basilica, cit. pp. 141s. e 177s.

 

12 LUGLIO 1790

Terza Visita del Vescovo G.battista Alagona

S.M.Maggiore

 

…Tutto bene.

   Ritornato alla sua dimora, ricevette l'omaggio dei Giurati e del Sindaco…e poi dei PP. Carmelitani, Cappuccini, Osservanti e dal Secreto del Castello.

 

1-10 AGOSTO 1793

quarta Visita del Vescovo G.Battista Alagona

   Hyspicefundus, il cui nome deriva dal fiume Hyspa o Hypsa che vi scorre vicino,  che gli storici siculi chiamano Ispdia ed il popolo Spaccaforno, è un paese (oppidum) popoloso e ricco, dista dodici miglia da Modica ed appartiene alla Famiglia Statella, il cui Principe ha il titolo di Marchese… Il 1° Agosto, all'ora ventesima, al tra­monto del sole pervenne in paese …

 

S.Maria Maggiore

…Il pomeriggio si recò in visita alla Chiesa di S. Maria Maggiore… accolto dal Cappellano D. Andrea Santocono …In questo tempio vi è una statua di Gesù Cristo Flagellato, vene­rato con grandissima religiosità dai fedeli (summa fide­lium religione colitus)…

 Lettera al Clero di Spaccaforno - 10 Agosto 1793

   In questa settima visita confermiamo i decreti degli otto Capitoli di Scicli e aggiungiamo i seguenti: Ricordiamo a tutti i Confessori rego­lari e secolari di amministrare il Sacramento della Penitenza con quella gravità ecclesiastica che si conviene e sempre con l'abito de­cente…Sia lungi da loro l'avarizia e la speranza di ricevere profitto e regali di qualunque sorta da un sì tremendo sacro ministero, osser­vando esattamente le leggi delle Chiesa. Evitino, come in nostra pena sappiamo che in qualche chiesa è successo, le particolarità delle persone delle ‘Figlie penitenti’, ma si amministri indiscriminata­mente a tutti quelli che lo richiedono…Il Rev. Parroco ed il Vicario dovranno controllare e rendercene conto…

   Proibiamo qualunque funzione nuova e qualunque nuova festa, che per lo più non servono ad altro che ad eccitare risse e disordini, giacché l'esperienza ci ha in­segnato che regna in esse non già lo spirito di religione ma di  fanatismo.  S'intenda questa nostra proibizione secondo  l'ultimo  ordine reale con cui il provvido nostro Sovrano espressamente vieta le nuove feste, ri­servandoci anche il diritto di potere o riformare o cambiare le anti­che, secondo l'autorità che ne abbiamo, quando giudicheremo che non convengano alla gloria di Dio ed al vantaggio delle anime.

     Sono interdette tutte le chiese rurali i cui padroni rifiuteranno la visita del nostro Delegato, perché non potremo così sapere se siano atte e decenti al tremendo divino sacrificio che dovrà ivi celebrarsi.

   Il Cappellano che accompagna i cadaveri deve indossare la cotta e la stola e non la sola stola sopra un abito civile, ‘il rubbone e il fe­staiuolo’…

 

1° AGOSTO 1796

quinta Visita del Vescovo G. BATTISTA ALAGONA 

…Visitò la Chiesa della Madre di Dio sotto il titolo di Maggiore, volgarmente detta S. Maria Maggiore, ampia ed elegante…

 

SETTEMBRE 1797

Transazione fra la Matrice e le due Confraternite.

   Grazie alla mediazione del Principe Francesco Maria Statella e Napoli, nel settembre 1797, dopo accesi contrasti, fra  le  due  con­fraternite  ed il Parroco della Chiesa Madre D. Luigi Bruno, venne raggiunto un accordo  che regolava le rispettive competenze e diritti nelle funzioni sacre, feste, processioni, funerali1.

---------

 1Cfr. R. Fronterrè La Basilica…, cit. pp. 148-154.

 

Tutti i diritti riservati

L'opera viene pubblicata su autorizzazione del Prof. Melchiorre Trigilia che ne mantiene i diritti di autore. E' vietata qualsiasi riproduzione senza l'autorizzazione esplicita dell'autore Melchiorre Trigilia.

Per contattare l'autore rivolgersi al:  

Centro Studi Helios  email:redazione@centrostudihelios.it