DEMETRA E PERSEFONE

Il nome stesso di Demetra può essere collegato a quello di “Dea Madre” o “Terra Madre” come fa intendere Diodoro Siculo (lib. III.62). Demetra è la divinità della terra coltivata, protettrice dei campi e dell’agricoltura ed è conosciuta dai Romani con il nome di Cerere.

Pur assorbendo le caratteristiche della dea Gaia (la terra concepita come elemento universale), Demetra si distingue da quest’ultima poiché, in essa, gli aspetti mitici si intrecciano con quelli religiosi. Le sue leggende si sono diffuse principalmente in quelle zone del Mediterraneo in cui cresce il frumento, in particolare in Sicilia ed in Grecia (pianure D'Eleusi).

La leggenda di Demetra è strettamente collegata a quella di Persefone, considerata sua figlia e conosciuta anche con i nomi di Core, Libera e  Proserpina.

Demetra è rappresentata come una dea molto bella, dai folti capelli biondi come le spighe del grano maturo, seduta con una fiaccola o un serpente tra le mani e la sua vittima preferita è il maiale, simbolo di fertilità.

Figlia di Crono e di Rea, ebbe, da un rapporto con il fratello Zeus (Giove), una figlia a cui diede il nome di Persefone. Di questa fanciulla si innamorò Plutone, il dio dei morti, che, ottenuto il consenso di Zeus, la rapì mentre raccoglieva fiori nelle campagne di Enna[1]. Persefone ebbe solo il tempo di lanciare un grido che fu udito dalla madre, ma inutilmente, poiché, accorsa in aiuto alla figlia, non riuscì a trovarla perché Plutone l'aveva portata già nel sottosuolo, nel regno dei morti. Dopo il rapimento della figlia, Demetra impugnò una fiaccola accesa con le fiamme del vulcano Etna e la cercò ininterrottamente per nove giorni e nove notti, ma non riuscì a trovarla. Durante la ricerca, giunse in Eleusi, nella Grecia centrale, dove fu accolta dai genitori di Trittolemo, che le offrirono del vino che la dea rifiutò. Si fece però preparare una pozione chiamata Ciceone, fatta di farina, acqua e mentuccia e che sarà usata come pozione per l’iniziazione nei misteri eleusini. Demetra, grata per l’ospitalità ricevuta, insegnò, a Trittolemo l’arte di coltivare la terra e lo mandò per il mondo a diffondere la coltura del grano. Il decimo giorno, il Dio Helios (il sole) le rivelò la verità e Demetra, irritata con Zeus per essere stato complice di Plutone, rifiutò di risalire sull'Olimpo, fino a quando non le sarebbe stata restituita la figlia. Mancando dall'Olimpo, Demetra non assolse più le sue funzioni di protettrice dei campi e la terra diventava sempre più sterile, quindi Zeus, che era il garante dell'armonia dell'universo, chiese a Plutone di restituire la figlia. Purtroppo ciò non era più possibile in quando Persefone, durante la sua permanenza nel regno dei morti, aveva infranto la regola che le imponeva il digiuno; spinta da Plutone, aveva, infatti, mangiato un chicco di melagrana  legandosi, in tal modo, definitivamente a lui. Si arrivò, comunque, ad un accordo, Persefone, per due terzi dell'anno avrebbe vissuto nel sottosuolo con Plutone e per un terzo nell'Olimpo con la madre. Ecco, quindi, che ogni anno, in primavera, Persefone fugge dal sottosuolo per ritornarvi in autunno.

E' fin troppo chiara la relazione tra l'uscita di Persefone dal sottosuolo e i germogli di grano che in primavera escono dalla terra e  il suo ritorno negli inferi che corrisponde invece, con il periodo della semina in cui le sementi del grano vengono piantate sottoterra, consacrando l’inizio della stagione invernale.

Sono molte le leggende che si ricollegano al mito di Demetra: in alcuni casi è vista come l’ideatrice del mulino, in altri è legata alla coltivazione dei legumi o dei frutti come il fico.

Un'altra leggenda, legata all’amore di Demetra con Poseidone, racconta che per sfuggire a quest'ultimo, la dea assunse le sembianze di una giumenta, ma il tentativo non le riuscì e Poseidone la montò. Da quest’unione nacquero un cavallo di nome Arione e una figlia conosciuta soltanto con il nome di "La padrona".

 In Sicilia è probabile che il culto di una divinità protettrice dei raccolti esistesse prima ancora della colonizzazione greca e che solo successivamente, così come avvenne per la maggior parte delle divinità che rappresentavano aspetti della natura, sia stato ellenizzato e sostituito con quello di Demetra, dea appartenente alla casta degli dei olimpici. Enna era probabilmente il luogo in cui il culto di Demetra si diffuse maggiormente, anche se è opinione diffusa che proprio in questa città tale culto si sia sovrapposto ad un preesistente culto indigeno[2].

Nel passato fu anche formulata l’ipotesi che la Demetra siciliana sarebbe stata la moglie di Sicano, re dei Sicani, e che avrebbe insegnato ai siciliani a coltivare la terra[3].

 Demetra e Persefone sono le divinità centrali dei misteri eleusini, il loro culto è, infatti, originario di Eleusi. Il culto legato ai misteri di Eleusi non era originariamente di tipo misteriosofico, infatti, nella fase iniziale, aveva l’aspetto tipico di religione a carattere prevalentemente agrario ed era localizzato nelle pianure di Eleusi, in Grecia, dove sorse un grandioso tempio dedicato a Demetra e Persefone. Solo in seguito il culto assunse carattere misteriosofico, divenne la religione della salvezza e si diffuse nella restante parte della Grecia e del Mediterraneo. Ogni anno ad Eleusi, in Grecia, venivano celebrate le festività legate ai misteri eleusini, duravano nove giorni e venivano chiamate "i grandi misteri" per distinguerle dai "piccoli misteri" che duravano tre giorni e che si celebravano circa sei mesi prima[4]. Questi ultimi servivano a preparare e purificare prima dei grandi misteri. Durante la celebrazione dei grandi misteri aveva luogo l'iniziazione degli adepti ed un particolare significato assumeva il rito nunziale magico-agrario che ricordava l'unione avvenuta tra Demetra e Zeus e che si rifaceva ad un rito molto antico, comune ai popoli primitivi a carattere agrario, in cui una coppia opportunamente scelta compiva pubblicamente il rapporto sessuale per favorire la fertilità della terra; in questo caso Demetra (la terra madre) veniva fecondata da Zeus (il signore del cielo) e il cielo con le sue piogge rendeva fertile la terra. Nei riti eleusini, la coppia divina era rappresentata dal gran sacerdote (lo Ierofante) e da una sacerdotessa. Lo Ierofante si appartava con la sacerdotessa, si spegnevano le fiaccole e i presenti rimanevano in religiosa attesa fino a quando, compiuto il rito nuziale (simbolico o reale che fosse), le luci si riaccendevano e i fedeli festeggiavano l'avvenimento.

 I riti dei misteri eleusini continuarono a lungo anche dopo l'arrivo del cristianesimo. Il santuario di Eleusi, centro del culto, fu distrutto dall'imperatore Teodosio nel 394.

 Erano moltissime le feste dedicate a Demetra. Le feste eleusine si svolgevano ad Atene ed avevano carattere agonistico, con gare ginniche, equestri e musicali[5]; un'altra festa chiamata Proerosie, la festa dell'aratura, si svolgeva principalmente ad Atene dove, per preparare il terreno alla semina, venivano sacrificati alla dea le primizie dei cereali.

In tutto il mondo ellenico, e quindi anche in Sicilia, venivano celebrate le Tesmoforie che si svolgevano durante il periodo dell'aratura e comprendevano varie cerimonie. Durante una di queste, della carne putrefatta di maiale, che era stata conservata nei magazzini del santuario di Demetra, veniva mescolata con il grano della semina come auspicio per un raccolto. Un'altra cerimonia, alla quale potevano partecipare solo donne sposate, durava tre giorni. Il primo giorno un corteo di donne portava al santuario di Demetra e di Proserpina delle paste a forma di genitali, simbolo di fecondità[6]; il secondo giorno era dedicato al digiuno, mentre durante il terzo giorno venivano effettuate danze e sacrifici in onore delle dee. Altre feste in onore di Demetra, ricordate dallo storico Di Blasi[7], si distinguevano in private ed in pubbliche. In quelle private, il capo famiglia, verso l'inizio della primavera, sceglieva un animale da sacrificare, generalmente un maiale (al cui collo metteva una corona di quercia), e poi, con l'animale e tutta la famiglia che lo seguiva portando rami di quercia, andava nel proprio campo. Il corteo così formato faceva tre giri intorno al raccolto cantando inni a Demetra  alla  quale, dopo la cerimonia, venivano offerti mosto e latte.

 La festa appena descritta ha delle similitudini con un'altra festa: la Ambarvalie, che veniva celebrata a Roma sempre in onore di Cerere. Durante le celebrazioni, che si svolgevano verso la fine di Maggio, venivano portati in processione per tre volte intorno alla città un maiale, una pecora e un toro prima di essere immolati. Tracce del fatto che fosse sacrificato il maiale si hanno in ritrovamenti di materiali votivi, come quelli trovati a Terravecchia (nei pressi di Grammichele, in provincia di Catania) e ora conservati al Museo Regionale di Siracusa e quelli trovati sulla spiaggia a nord dell'antico abitato di Eloro, dove le statuette votive rappresentano Demetra con la fiaccola e il porcellino[8].

Le cerimonie pubbliche consistevano in una processione, fatta dopo il periodo della mietitura, a cui partecipava la popolazione. Il corteo era aperto dai sacerdoti e dai personaggi più influenti della società, seguiti dal resto della popolazione. Chiudeva il corteo un gruppo di ragazze vestite di bianco che portavano la statua della Dea il cui capo era coronato da spighe e non da fiori per rispetto alla divinità che aveva perso la figlia proprio mentre raccoglieva fiori. La statua portava appeso al  braccio destro un canestro pieno di grano e nella mano una zappa, sulla mano sinistra, invece, stringeva una falce. La processione girava per i campi cantando canzoni per poi ritornare al santuario, dove venivano offerti doni alla Dea. Le canzoni erano, secondo Diodoro, (lib. V.4) volgari, così come volgari e oscene erano le parole che si scambiavano durante i festeggiamenti; era credenza infatti che una simile volgarità mitigava il dolore di Demetra per la perdita della figlia.

Un'altra festa pubblica prendeva spunto dalla leggenda in cui si narra che Demetra girasse la notte sul monte Etna con una fiaccola accesa alla ricerca della figlia Persefone. Chi celebrava tale rito, pertanto, usciva di notte fuori dall'abitato e si recava sul monte Etna con una fiaccola accesa in mano chiamando ad alta voce Persefone. Alla fine venivano offerti sacrifici privati consistenti in primizie dei campi e la festa terminava con un pranzo tra parenti.

 Un Santuario dedicato a Demetra esisteva probabilmente ad Enna, proprio nei pressi di quella che viene chiamata Rocca di Cerere[9]. Si tratta di un grande roccione a nord del castello normanno chiamato Castello di Lombardia e, benché sulla roccia non ci siano tracce visibili del santuario, la sua presenza sarebbe confermata da un’iscrizione trovata su un masso che probabilmente era posto ai piedi della statua di Demetra. Del culto di Cerere ad Enna parla ampiamente Cicerone (Verrine II.IV, 106-112): egli racconta che, pur esistendo a Roma un tempio dedicato a Cerere, alcuni sacerdoti del popolo romano partirono in pellegrinaggio per il santuario di Cerere ad Enna. Racconta, inoltre, che Verre, non potendo impossessarsi della statua di Cerere situata davanti al tempio a lei dedicato perché troppo grande, rubò la statua di Vittoria[10] che la dea teneva sulla mano destra. Gran parte delle monete provenienti da Enna si ispiravano a Demetra; anche lo schiavo Euno che, dopo la prima rivolta degli schiavi avvenuta in Sicilia nel 139 a.C., si faceva chiamare re Antioco, fece rappresentare sulle sue monete la figura di Demetra con una ghirlanda di grano (come fa rilevare B. Pace, questo elemento fa emergere maggiormente la natura indigena del culto)[11]. Una di queste monete di rame si trova ora al British Museum di Londra.

Del culto di Cerere a Catania parla Cicerone (Verrine, II.IV.99). Egli racconta che a Catania esisteva un Sacrario dedicato a Cerere e che all'interno di questo santuario si trovava "un'antichissima statua di Cerere, che le persone di sesso maschile non solo non conoscevano nel suo aspetto fisico, ma di cui ignoravano pure l'esistenza". Agli uomini, infatti, non era concesso l'ingresso al santuario. Gli uomini di Verre, di notte e furtivamente, portarono via la statua di Cerere.

A Selinunte sulla collina della Gaggera, non lontano dall'acropoli, si può visitare il santuario di Demetra Malophoros. Questo santuario fu frequentato per un lungo periodo, ed è possibile far risalire le parti più antiche alla fine del VII sec. a.C.[12].

Il santuario fu, probabilmente, costruito sul luogo di un antico culto indigeno e frequentato anche in epoca punica, poiché il culto di Demetra, ricordata nella “Grande Tavola di Selinunte”[13] fu, in seguito, introdotto anche a Cartagine.

 Un piccolo santuario dedicato a Demetra e Persefone è stato individuato sul monte Adranone, a circa 8 Km a nord di Sambuca di Sicilia, dove, scavi iniziati nel 1968, hanno portato alla luce i resti del villaggio siculo di Adranon.

A Gela il culto di Demetra fu particolarmente fiorente, sono stati, infatti, individuati parecchi santuari, soprattutto nell'area extraurbana. Il principale di questi si trova sulla riva destra del fiume Gela, sulla collina di Bitalemi[14], ed è riconducibile agli inizi della colonizzazione di Gela.

Ad Agrigento, sulle pendici orientali della rupe di Atena, è ancora visibile il tempio dorico di Demetra, databile al 470 a.C. che risulta, in parte, incorporato nella chiesetta medioevale di S.Biagio. Sempre ad Agrigento, al centro della valle dei templi, esisteva un santuario di Demetra e Persefone; il sito fu in seguito occupato dalla chiesa di S. Nicola al cui posto c’è ora il Museo Nazionale di Agrigento. Il santuario, che può essere fatto risalire al VI-V sec. a.C.[15], è ora  sepolto dall'edificio del museo e non è, quindi, più visibile; da esso provengono materiali votivi e ceramici conservati  in parte nelle sale del Museo Nazionale.

Un santuario di Cerere doveva trovarsi nella zona di Piazza Armerina secondo quanto indicato in uno dei mosaici della Villa romanica di Piazza Armerina[16].

Due piccoli santuari dedicati a Demetra e Persefone sono stati rinvenuti a Morgantina[17]. Il culto doveva essere vivo, inoltre, a Camarina[18], dove sono state trovate delle statuette votive di Demetra.

Anche a Siracusa era molto diffuso il culto di Demetra e di Persefone. La credenza vuole, infatti, che Plutone, dopo aver rapito Persefone nei pressi di Enna, si sia poi inabissato nel sottosuolo nei pressi di Siracusa in corrispondenza della sorgente del Ciane, dove, secondo la leggenda, Plutone tramutò in fonte la ninfa Ciane che aveva osato opporsi al rapimento.

Sempre a Siracusa esistevano parecchi santuari dedicati al culto di Demetra e di Persefone, e di due templi superbi parla anche Cicerone (lib. II. IV.119). Di alcuni di questi templi sono rimaste tracce sino ai nostri giorni. Uno di questi sarebbe stato localizzato in Piazza della Vittoria[19], risale probabilmente al V sec. a.C., è scavato nella roccia ed appaiono chiari in esso tracce di frequentazioni fino al II sec. a.C.. Un altro è stato localizzato in località Fusco e lo si è voluto identificare con quello citato da Diodoro Siculo (lib XIV.63) e distrutto dal Cartaginese Imilcone nel 396 a.C.

Un santuario, secondo Diodoro Siculo, fu costruito a Siracusa da Gelone verso il 480 a.C., ed  un altro ancora era situato nella zona Etnea[20].

 Un'altra località in cui sono state rinvenute tracce del culto di Demetra, è Eloro[21] dove sono stati ritrovati i resti di un santuario in cui, in seguito, fu costruita, con i materiali del santuario preesistente[22] una basilica bizantina. Un altro santuario doveva probabilmente trovarsi ad Adrano, località a circa 28 Km a nord-ovest di Catania, nei pressi dell’ex Monastero di S. Maria e Gesù, dove agli inizi del secolo, nel cortile interno, furono trovate alcune terrecotte votive raffiguranti Demetra con la fiaccola e il classico maialino. Alcuni di questi reperti sono ora conservati al museo di Siracusa.

A Comiso numerosi indizi confermerebbero il culto di Demetra[23]

Anche nelle isole Eolie vi è traccia di tale culto. A Lipari, infatti, è stato trovato, nei pressi della necropoli, un santuario del V sec. a.C. dedicato a Demetra e Persefone[24].

 L’elemento naturale che meglio rappresenta Demetra è il grano, questo, assieme al vulcano, sono i due elementi che caratterizzano la Sicilia antica. Non a caso, infatti, nella mitologia antica, si narra che proprio Demetra ed Efesto (il dio dei vulcani) ebbero a disputarsi il possesso dell'isola. In quell'occasione la ninfa Etna (che diede in seguito il nome allo stesso vulcano) intervenne come mediatrice.

 Che il culto di Demetra, insieme a quello di Persefone, sia stato uno dei più diffusi in Sicilia, non lo dimostrano solo l'enorme quantità di reperti archeologici ma anche il fatto che su quel che viene considerato il simbolo per eccellenza della Sicilia, la Trinacria, esistono elementi riferibili al culto di Demetra. La Trinacria, infatti, è costituita dal volto della Medusa posto al centro di tre gambe che si riferiscono ai tre promontori dell'isola (Lillibeo, Pachino, Peloro). Il volto della medusa è circondato da quattro serpenti e due ali e, a volte, anche da spighe di grano che richiamano il culto di Demetra.

Un esempio del fenomeno sincretico che lega il culto della Madonna a quello di Demetra proviene dal santuario extraurbano posto sulla collina di Bitalemi a Gela. Sembra, infatti, che il culto di Demetra sia sopravvissuto anche dopo la distruzione della città, avvenuta nel 405 a.C., fino ad epoca cristiana e si suppone che il culto di venerazione della Madonna di Betlemme, a cui è stata dedicata una chiesetta in cima alla collina di Bitalemi (il nome di Bitalemi stesso deriva da quello di Betlemme), si sia  sostituito a quella di Demetra.

Tracce del culto di Demetra sono individuabili in alcune feste religiose, di epoca cristiana.

L'antica abitudine, durante le Tesmoforie, di buttare della carne putrefatta di porco nei campi per favorire il raccolto, si rinveniva durante la festa di S. Giorgio a Ragusa dove, assieme al santo, venivano portati in processione due grossissimi pani che alla fine della festa venivano sminuzzati e distribuiti agli agricoltori affinché ognuno di essi buttasse il proprio pezzetto nei campi seminati, propiziando così un buon raccolto[25].

 Qualcosa di antico evocava pure la festa della Madonna della Lavina in Cerami, raccontata da Pitrè[26]e celebrata nei giorni 7 e 8 Settembre. La processione della Madonna era seguita da devoti che, a piedi scalzi, portavano in dono primizie dei campi, lepri, conigli ed altro ancora appesi ad una grande bandiera di lauro, insieme a fazzoletti colorati e immagini della Madonna. Essi venivano chiamati "i lauruati", proprio a causa del ramo di lauro che usavano per portare i doni alla Madonna. Durante la notte poi, ogni famiglia, a prescindere dal ceto sociale d’appartenenza, andava in chiesa a mangiare la rituale salsiccia. In occasione di questa festa il consumo di maiale in onore della Madonna assumeva particolare importanza, come nell’antichità per Demetra. Questo è dimostrato dal fatto che veniva permessa la macellazione, in via del tutto eccezionale, dei maiali, pur essendo ancora nella stagione calda, e che, per autorizzazione pontificia, (chiesta dalle locali autorità ecclesiastiche), era permesso l'uso della carne di Venerdì, nel caso in cui  la festa cadeva in tale giorno.

Abbiamo detto che Enna era il centro del culto di Demetra, dea dell’agricoltura e protettrice dei campi, e proprio non lontano da questa città, a Calascibetta, durante la festa del patrono S. Pietro, si assisteva fino a qualche decennio fa alla processione delle statue dei vari santi trasportate dai contadini che, partivano dalla chiesa di appartenenza e si dirigevano sino alla chiesa del patrono. Ogni statua era carica dei prodotti della terra quali: frutta di ogni genere, fiori e basilico[27]

In Sicilia sono rinvenibili tracce del culto di Demetra nella festa del 13 Giugno di S.Antonio da Padova considerato, il patrono degli orfani e dei prigionieri e invocato, anche, per ritrovare gli oggetti smarriti e contro la sterilità femminile. Demetra, infatti, favoriva la fertilità della terra, S. Antonio protegge quella della donna e, nel passato, la terra era vista proprio come elemento femminile e quindi come la stessa donna. In Sicilia un altro legame fra le due divinità è dato dal fatto che S. Antonio è anche il protettore dei cereali. Probabilmente ancora oggi qualche contadino farà attenzione ai tredici giorni che vanno dal 1 al 13 Giugno, duranti i quali si osservano con molta attenzione i messaggi provenienti dai campi per capire quale sarà la sorte del frumento per l'annata in corso[28].

Vagando nelle campagne potrà capitare di vedere degli alberi di melograno ai cui rami sono legate delle particolari erbe, appese con la convinzione che questo favorisca la fecondazione dei fiori. Ecco, quindi, un altro elemento di contatto con il culto di Demetra. Fu, infatti, un chicco di melograna che legò definitivamente Persefone, la figlia di Demetra, a Plutone, il signore degli inferi.

A Ragusa, il pane fatto il giorno di S. Antonio viene benedetto e poi diviso ad amici e parenti. Nel momento in cui il pane viene spezzato per mangiarlo, viene recitata “a triricina di S. Antonio”  costituita da 13 Ave Maria, 13 Pater nostro e 13 Gloria Pater.


[1]Diodoro Siculo V.3

[2]Biagio Pace: Arte e Civiltà della Sicilia Antica vol.III. pag. 470.

[3]Giovanni E. Di-Blasi: Storia del regno di Sicilia p.58

[4] Nicola Turchi: Le religioni dei misteri nel mondo antico. p.55

[5] Nicola Turchi: Le religioni dei misteri nel mondo antico. p.57

[6] Enciclopedia di mitologia universale di A.Morelli.p. 531.

[7]Giovanni E. Di-Blasi: Storia del regno di Sicilia. vol. I p..58

[8]Sabatino Moscati: La civiltà mediterranea p.109.

[9] F. Coarelli e M. Torelli: Sicilia <Guide Archeologiche Laterza> p.171.

[10] Vittoria, da identificarsi con la greca Nice, è la personificazione della vittoria ed è raffigurata come una giovane donna alata. In seguito, tale raffigurazione influì sull'iconografia classica degli angeli Cristiani.

[11]Biagio Pace: Arte e Civiltà della Sicilia Antica vol.III. pag. 471.

[12] F. Coarelli e M. Torelli :Sicilia <Guide Archeologiche Laterza> p.100.

[13] La “grande tavola di Selinunte” è una tavola in cui dopo una vittoria (la battaglia di Imera del 480 a.C contro i Cartaginesi), vengono ringraziate alcune divinità: Zeus, Phobos, Eracle, Apollo, Poseidone, i Tindaridi, Atena, Demetra, Pasicrateia. La Tavola fu deposta nel tempio di Apollo di Selinunte ed attualmente si trova nel Museo Archeologico Nazionale di Palermo.

[14] Vincenzo Tusa e Ernesto De Miro: Sicilia Occidentale p.215.

[15]F. Coarelli e M. Torelli :Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p.151.

[16]F. Coarelli e M. Torelli :Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p.185.

[17] I resti dell'antica Morgantina si trovano nella Sicilia centrale, a circa 6 km da Aidone in provincia di Enna,

[18] Il sito dell’antica città di Camarina è stato individuato sul litorale ragusano.

[19]F. Coarelli e M. Torelli :Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p-247.

[20]Diodoro Siculo XI.26

[21]  Eloro, anticamente Heloros sorgeva nei pressi di Noto Marina poco a nord della foce del Fiume Tellaro, anch'esso anticamente chiamato Heloros.

[22]F. Coarelli e M. Torelli :Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p.287.

[23]Biagio Pace: Arte e Civiltà della Sicilia Antica vol.III. pag.582.

[24] F. Coarelli e M. Torelli :Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p.374.

[25] Giuseppe Pitrè :Feste Patronali in Sicilia p.324.

[26] Giuseppe Pitrè :Feste Patronali in Sicilia p.244.

[27] Giuseppe Pitrè :Feste Patronali in Sicilia p.538

[28]  Giuseppe Pitrè: Spettacoli e feste popolari Siciliane. p.271.

 

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