AFRODITE (VENERE) |
Nella mitologia Greca è la dea dell'amore e il suo culto si diffuse non solo in Grecia ma anche in Occidente, dove fu identificata con l'italica Venere. Secondo Omero, era figlia di Zeus e di Dione, anche se, secondo un'altra narrazione, probabilmente più antica, Afrodite nacque dal sangue fuoriuscito dagli organi sessuali di Urano, che furono tagliati da Cronos su istigazione della madre Gaia. Il sangue, cadendo dal cielo, si mischiò con le onde del mare generando in questo modo Afrodite la “donna nata dalle onde”.
Antica rappresentazione di Ishtar |
Nascita di Venere (Botticelli ca. 1482) |
Afrodite su un carro trainato su un carro |
L'origine del culto è forse Fenicio-Babilonese ed il santuario più antico dedicato ad Afrodite era, secondo Erotodo, quello di Ascalona, in Fenicia. E' probabile che, nella forma iniziale, il culto della dea asiatica fosse legato agli aspetti della fecondità e della generazione (come continuarono ad essere i culti di Isthar in Babilonia e Astarte in Fenicia), ma l'Afrodite Greca assunse caratteristiche squisitamente elleniche.
Essendo nata dal mare, Afrodite non è solo la dea dell'amore ma è anche venerata dai naviganti per le sue capacità di rendere bella e sicura la navigazione. E’ lei, inoltre, che rende bella anche la terra essendo la dea della primavera in fiore.
Le sue piante preferite sono la rosa, il melograno e il mirto e, tra gli animali, le è cara la colomba.
Afrodite è rappresentata con il corpo ornato di rose e di mirti, su un carro trainato da passeri, colombi e cigni. Personifica la bellezza, e quando la Discordia lanciò a Paride la mela destinata ad appartenere alla più bella tra le dee dell’Olimpo, Paride scelse proprio Afrodite, scartando Era ed Atena.
In Occidente il culto di Afrodite si diffuse maggiormente in Sicilia, sul monte Erice (oggi S. Giuliano), dove, probabilmente, esisteva un santuario punico dedicato alla dea Tanit[1]. Dalla Sicilia il culto si diffuse in Italia sino a Roma dove fu venerata con il nome di Venere Ericina. Diodoro Siculo (lib IV.83) dà una sua versione sul perché dell'appellativo “Ericina”: Erice era figlio di Afrodite e di Buta, re locale della Sicilia. Egli, divenuto, a sua volta, re, fondò una città che prese il suo nome, la collocò su una rocca e, nel punto più alto, edificò un santuario dedicato alla madre. La dea dimostrò particolare affetto per la città di Erice e per questo fu chiamata Afrodite Ericina.
L'importanza del culto di Venere Ericina è testimoniata anche dal ritrovamento di una moneta repubblicana del 57 a.C., dove il tempio di Erice è raffigurato in cima ad una roccia circondata da mura turrite[2].
Moneta romana del 57 a.C con Venere Ericina |
Venere di Milo (Louvre) |
Nascita di Venere (Museo d'Orsay Parigi -Bouguereau 1879) |
Il Senato Romano decretò che diciassette città siciliane, tra le più fedeli a Roma, pagassero dei tributi in oro al santuario di Venere Ericina a cui furono anche assegnati duecento soldati di guardia.
Gli schiavi addetti al Santuario di Venere Ericina furono utilizzati dal governatore romano Verre come sottoposti, alcuni utilizzati come esattori per le decime e, spesso, anche per sottrarre, di nascosto o con la forza, le opere d'arte su cui Verre aveva messo gli occhi.
Più di un elemento farebbe pensare all’influenza orientale nel culto di Afrodite Ericina: esso fu particolarmente fiorente nelle regioni abitate originariamente dagli Elimi, in cui l'influenza della cultura fenicio-punica era considerevole. Altro elemento è dato dal fatto che ad Erice la dea era considerata, come nell’antichità, protettrice della fertilità, e sempre ad Erice veniva esercitato il culto della sacra prostituzione.Tale culto era praticato dalle sacerdotesse della dea assiro-babilonese Istar, divinità dell’amore e della fecondità, che probabilmente discendeva dalla dea sumera dell’amore, Innana. Un altro elemento che sembrerebbe legare le due divinità è la colomba che probabilmente deriva dal culto di Istar, infatti in greco colomba si dice “peristerà”, ossia uccello di Istar. La prostituzione delle sacerdotesse era diffusa tra i Punici. Si parla di un santuario dedicato a Venere, a Sicca Veneria, sulla costa africana (l'attuale El Kef in Tunisia), dove era diffusa la prostituzione delle ragazze adibite alla cura del tempio[3]. Ad onore del vero, bisogna anche ricordare che il fenomeno della prostituzione delle sacerdotesse esisteva anche nei templi di Afrodite di Locri e di Corinto[4], dove il culto aveva assunto caratteristiche più squisitamente elleniche.
Per spiegare l’origine di questa forma di prostituzione, si potrebbe pensare allo stesso meccanismo che portava, ad esempio, i cacciatori indiani Sioux a cibarsi del cuore ancora caldo del bisonte ucciso: questo creava uno stretto legame spirituale tra i cacciatori ed il bisonte, animale da cui ottenevano il sostentamento. Tale legame avrebbe favorito, anche, il ritrovamento delle piste di caccia. Nella prostituzione sacra, invece, si potrebbe pensare che l'unione con una delle sacerdotesse della dea, idealizzasse un'unione spirituale con la divinità. Nulla vieta di pensare che tale abitudine fosse anche dovuta ad un bisogno molto meno spirituale, e più legato alle esigenze fisiologiche dei marinai. Infatti, tale forma di prostituzione esisteva nei templi di Locri, Corinto, Sicca Veneria ed in altri paesi di mare che ospitavano templi dedicati a Venere, dove i marinai, reduci da lunghi periodi di navigazione, scendevano a terra e rendevano, a loro modo, onore alla dea dell'amore.
Altro elemento che potrebbe, anche se non necessariamente, far pensare all’influenza orientale, sarebbe la presenza, su alcune monete, della figura del cane vicino a quella della dea. Il cane compare spesso nella mitologia orientale, infatti, alla dea Persiana Tanit venivano sacrificati dei cani[5]. Ma il cane nella mitologia siciliana è stato una presenza quasi costante, associato a molte divinità, anche a quelle che non hanno subito nessuna influenza orientale.
In realtà, gli elementi sopra citati non sono sufficienti per poter affermare con certezza che il culto di Afrodite Ericina sia di origine orientale e che abbia, in seguito, subito una forma di ellenizzazione, così come è avvenuto per la maggior parte dei culti indigeni. Potrebbe essere avvenuto proprio l'opposto e cioè che il culto, nella sua forma ellenica abbia subito, per motivi religiosi e/o politici, una trasformazione ad opera dei Punici.
Che ci sia stato un tentativo di unire il culto di Afrodite Ericina al territorio di Cartagine, lo dimostrerebbe una antica cerimonia[6]: una volta all'anno, colombi viaggiatori partivano dal tempio di Erice verso Cartagine, per poi ritornare, dopo qualche giorno, accolti dalla popolazione festante che li considerava compagne della dea la quale, invisibile, visitava il luogo africano per poi ritornare al tempio. Emanuele Ciaceri affermava che, ai suoi tempi, fine 800, era ancora possibile osservare delle colombe che, annualmente, partivano dal monte Erice per andare in Libia e poi ritornare[7].
Al di là dell'origine del culto, nella regione degli Elimi e comunque in tutta l'area sotto l'influenza punica, Afrodite era vista come la dea della fecondazione, oltre che come protettrice dei naviganti. Con caratteristiche più consone alla mitologia classica ellenica, il culto di Afrodite fu praticato nel resto dell'isola. Si parla di tale culto a Siracusa, Acre, Messina, Selinunte, Imera, Nasso e Catania[8].
I ritrovamenti archeologici forniscono indicazioni sul culto di Afrodite in diverse parti della Sicilia; sul Monte Iato, sede dell'antico centro Elimo di Iaitai, sono stati trovati i resti di un santuario dedicato alla dea. Sotto i resti del santuario, databile verso la metà del VI sec. a.C.[9], sono state trovate tracce di occupazione risalenti alla fine del VIII secolo a.C.. Questo farebbe pensare ad un culto indigeno ellenizzato successivamente.
Dei tre templi di Selinunte designati con le lettere E, F, e G, il tempio E che normalmente è attribuito ad Hera, viene anche assegnato ad Afrodite[10].
Anche a Morgantina sono state rinvenute tracce del culto di Afrodite. Oltre ad un’antica iscrizione che farebbe pensare all’esistenza di un tempio dedicato alla dea, sono stati trovati i resti di un santuario e, nelle vicinanze, un vaso dedicato ad Afrodite. Il santuario può essere fatto risalire alla fine del IV sec. a.C..
Ad Akray, sono ancora visibili i resti di un santuario del VI sec. a.C.; un’iscrizione dedicata ad Afrodite farebbe pensare che anch’esso fosse dedicato alla dea[11].
Ad Imera, uno dei templi dell'area sacra della città alta, e precisamente quello denominato con la lettera B, è forse attribuibile ad Afrodite[12].
Infine, anche uno dei santuari trovati a Megara Iblea è attribuito al culto della dea.
Con l'arrivo della religione cristiana nell'isola, l'influenza del culto di Afrodite non si esaurì del tutto. Sul monte Erice, sede dell'antico tempio di Venere Ericina, fu eretto un tempio alla Vergine Maria, ma l'appellativo “la bella dei sette veli” è un chiaro collegamento all'antico culto pagano. Ancora nel XVI secolo, durante i festeggiamenti della Madonna, erano frequenti le visite della popolazione al tempio pagano. La cosa costrinse gli esponenti del clero a prendere dei provvedimenti per scoraggiare tale abitudine, facendo accrescere le solennità della festa della Madonna e concedendo particolare indulgenza ai partecipanti.
L'abbandono del culto di Afrodite potrebbe essere, in qualche modo, messo in relazione con la credenza popolare sull’esistenza del fantasma di Bellina nel territorio di Monte Erice: secondo tale credenza una donna, che inizialmente appare
da una finestra sotto forma di bellissima ragazza, piano piano si trasforma in una biscia[13]. Nella stessa ottica potrebbe collocarsi la tradizione popolare siciliana secondo cui nel Monte S. Giuliano, come ora è chiamato il Monte Erice, vi siano le donne più belle della Sicilia; ma se queste scendono dal Monte per stabilirsi altrove, perdono tutta la loro bellezza[14].
Un antico proverbio siciliano, inoltre, recita:
Cu voli sali vaja a Trapani
Cu voli beddi vaja a lu Munti.
Il passaggio dal culto pagano di Venere Ericina a quello della Madonna non fu, quindi, immediato e la reticenza, da parte della popolazione, ad abbandonare una forma di culto radicata da secoli, fece sì che le cerimonie religiose in onore della Madonna, celassero residui dell'antico culto pagano. Un esempio era la festa della Madonna di Custonaci, nella cittadina di Monte San Giuliano, durante la quale si svolgeva una sfilata a cavallo di una serie di personaggi che rappresentavano Venere, Marte, Mercurio, Saturno. La spiegazione di questa sfilata era la seguente: le divinità pagane erano state mandate dallo stesso Dio, come demoni del male a punire la città per i suoi peccati e la Madonna di Custonaci, per salvare la città[15], doveva fermare la stessa mano divina.
Non si può escludere che anche in altre parti della Sicilia il culto pagano di Afrodite si sia mescolato a quello di una qualche santa cristiana, come forse è avvenuto per S. Venera, ad Avola ed Acireale, o per la “Madonna della mortella” di Villafranca che ricorda il mirto, una delle piante preferite da Afrodite[16].
[1] Tanit è la versione Cartaginese di Astarte fenicia, sposa di Baal, dea dell'amore e padrona di Cartagine.
[2] F. Coarelli e M. Torelli: Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p.57.
[3] Ciaceri Emanuele: Culti e Miti dell'Antica Sicilia p.83.
[4] A Corinto le prostitute sacre erano più di mille e costituivano, secondo quanto raccontato dallo storico Strabone, l'attrazione maggiore della città.
[5] Ciaceri Emanuele: Culti e Miti dell'Antica Sicilia p.122
[6]Ettore Pais: Storia Dell'Italia Antica p.45 Vol. II.
[7] Ciaceri Emanuele: Culti e Miti dell'Antica Sicilia p. 84
[8] Ciaceri Emanuele: Culti e Miti dell'Antica Sicilia p. 179
[9] F. Coarelli e M. Torelli: Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p.47.
[10] Filippo Coarelli e Mario Torelli: Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p.84.
[11] Filippo Coarelli e Mario Torelli: Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p.294.
[12] Filippo Coarelli e Mario Torelli: Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p.403.
[13] Giuseppe Pitrè Usi e Costumi credenze e pregiudizzi del popolo siciliano p.43
[14] Giuseppe Pitrè Usi e Costumi credenze e pregiudizzi del popolo siciliano. Vol IV. p. 479.
[15] Giuseppe Pitre: Feste Patronali In Sicilia p. 475.
[16] Giuseppe Pitre: Feste Patronali In Sicilia p. 406.
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