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Culti, Miti e Leggende dell'antica Sicilia. Culti di origine ellenica: Cronos (Saturno) |
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Cronos era considerato dai Greci il figlio più giovane di Urano (il Cielo) e di Gaia (la Terra), era quindi un titano, appartenente alla generazione divina che precedette la casta degli dei olimpici. Su istigazione della madre recise con un colpo di falcetto il "phallo" del padre, che cadde sulla terra: dal sangue fuoriuscito nacque Afrodite, mentre parte di esso cadde sulla Sicilia rendendola, da allora, fertilissima.[1] Il falcetto cadde in direzione dello stretto di Messina, dove venne a formare quella sottile lingua di terra a forma di falce che costituisce ancor oggi l'insenatura del porto di Messina (Braccio di S. Ranieri). Un'altra leggenda vuole che il falcetto cadesse invece a Trapani formando il promontorio di Trapani («Drépanon» in greco vuol dire falce). Dopo aver evirato il padre, Cronos ne prese il posto in cielo ma Urano gli predisse che sarebbe stato detronizzato da uno dei suoi stessi figli. Per questo motivo, dopo aver sposato Rea (sua sorella), divorava i figli man mano che nascevano. Rea, incinta di Zeus e nel tentativo di salvare almeno uno dei suoi figli, fuggì partorendo segretamente e dando all'ignaro padre, al posto del figlio, una pietra avvolta in pannolini. Quando Zeus crebbe, aiutato dalla madre e da Meti, una delle figlie dell'Oceano, fece bere a Cronos una pozione magica che lo costrinse a restituire tutti i figli precedentemente divorati. Questi, guidati dal fratello Zeus, dichiararono guerra al padre riuscendo alla fine a sconfiggerlo, per cui Zeus prese il posto di Cronos al comando dell'Universo fissando la sua sede sull'Olimpo.
Cronos era rappresentato con una falce e, spesso, anche in compagnia di una cornacchia; infatti il nome Kronos è forse da relazionare con la parola greca Korone che significa cornacchia. Da notare come la cornacchia sia stata associata anche a Saturno, con cui i Romani identificavano Crono, ed il termine latino per indicare la cornacchia ha un suono simile al greco, cioè cornix. In seguito però, forse per un gioco di parole, gli stessi Greci scrivevano, per indicare la divinità, Chronos, che significa Tempo, inducendo, quindi, a pensare che Cronos fosse la personificazione del tempo. Cronos fu identificato con l'italico Saturno; la mitologia latina narra che Saturno, dopo essere stato detronizzato da Giove (ossia Zeus), si stabilì sul Campidoglio, nello stesso posto dove sorgerà Roma, fondandovi un villaggio che prese il nome di Saturnia. A Roma, nel mese di Dicembre, venivano celebrati i Saturnali, feste abbastanza licenziose in cui venivano fatte sparire, anche se per poco, le differenze sociali; non era cosa rara che gli schiavi vestissero gli abiti dei padroni e che questi ultimi servissero ai tavoli. Del culto di Cronos in Sicilia non si sa molto, a parte il fatto che è stato associato al culto del punico Baal. E' probabile quindi che il Crono di Sicilia, adorato principalmente nelle zone occidentali, sia in realtà l'incarnazione del dio Baal. E’ risaputo, infatti, che l'antico dio italico Saturno, quando in epoca imperiale si assistette ad uno sviluppo della romanizzazione in Sicilia ed in Africa, incarnò anche il dio punico Baal. A Caltabellotta, a testimonianza dell'antica usanza di effettuare sacrifici umani in onore di Baal, vi è l'altare sacrificale dedicato a Cronos dove in periodo greco e romano avvenivano sacrifici anche umani. Secondo lo storico Diodoro Siculo (lib. III.61), Cronos era il re della Sicilia, della Libia e anche dell'Italia. Stabilì il suo potere sulle regioni occidentali della Sicilia, occupando con guarnigioni tutte le alture più importanti della regione. Proprio per questo motivo, sempre secondo Diodoro, in Sicilia e in altre regioni dell'occidente, molte zone montuose venivano chiamate, dal suo nome, Cronia. Di una località dal nome Cronio parla Diodoro a proposito della sconfitta subita dal tiranno di Siracusa, Dioniso, per opera dei Cartaginesi nel 383 a.C. Una leggenda infine racconta che la tomba di Cronos si troverebbe presso il Monte Scuderi (già Monte Saturno). E' stata formulata l’ipotesi che, con l'arrivo del Cristianesimo, il culto di Cronos sia stato sostituito con quello di S. Calogero. Secondo la leggenda S. Calogero nacque in Calcedonia[2], da giovane, si ritirò in una foresta dove ricevette da Dio il dono di far miracoli e la capacità di profetizzare. Iniziò, allora a predicare il Cristianesimo, fu perseguitato e costretto, nel 303, ad esiliare in Sicilia dove visse per molti anni in una grotta a Lillibeo (Marsala), da dove usciva solamente per predicare Gesù Cristo. In età avanzata si ritirò sul monte Cronio, non lontano da Sciacca, in seguito chiamato monte S. Calogero, dove trascorse gli ultimi giorni all’interno di una grotta[3]. I monti Cronii erano più di uno e questo spiega come più di uno siano anche i monti S. Calogero. Un altro monte con questo nome si trova, infatti, nei pressi di Termini Imerese. Secondo quanto detto sarebbe veritiera l'antica credenza agrigentina secondo la quale i santi che rispondono al nome di Calogero fossero addirittura quattro, tutti fratelli che vissero come eremiti e che diventarono, alla fine, i patroni dei paesi di Agrigento, Sciacca, Licata e Naro[4]. Segni che fanno pensare alla sostituzione di una divinità pagana con un santo cristiano derivano dallo svolgimento, non proprio cristiano, di una delle feste in onore di S. Calogero. Ogni anno, il martedì dopo la Pentecoste, si celebrava sul monte Cronio una festa solenne in onore del santo, che degenerava spesso in un vero e proprio baccanale. Così ricorda, a tal proposito il Pitrè: ".. ed anche oggi è spettacolo esilarante quello di siffatti pellegrini, andati con le migliori intenzioni religiose, e che tornano troppo allegri, se non briachi fradici...". Un altro elemento interessante che si può rinvenire nella leggenda di S. Calogero è la coincidenza, forse non del tutto casuale, del fatto che il santo, che aveva il dono della profezia, visse per un certo periodo in una grotta a Lillibeo, e proprio in una grotta di Lillibeo era la sede della Sibilla di Lillibeo, la profetessa di Apollo, il cui culto fu sostituito in era cristiana da un altro profeta, S. Giovanni Battista. [1] Solarino Raffaele: La Contea di Modica vol. I. p.85. [2] Antica città dell'Asia Minore (Turchia) presso il Bosforo. [3] Giuseppe Pitre: Feste Patronali in Sicilia. p.368. [4] Giuseppe Pitre: Feste Patronali in Sicilia. p.380.
Ignazio Caloggero
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