ERMES (MERCURIO)
Ermes, identificato dai Romani con Mercurio, era considerato figlio di Zeus e di Maia. Era spesso visto come l'interprete della volontà divina, ma soprattutto era il protettore del commercio e del furto. Lui stesso, appena nato, era stato l'autore di un abile furto ai danni del fratello Apollo. Nato in una caverna, sul monte Cilene, a sud dell'Arcadia, riuscì a liberarsi dalle bende che lo fasciavano e si recò in Tessaglia, dove si trovava il fratello Apollo che faceva il bovaro. Approfittando della momentanea assenza del fratello, gli rubò una parte degli animali e li portò attraverso tutta la Grecia fino a Pilo, dove sacrificò due buoi. Nascosto il resto degli animali, ritornò nella grotta in cui era nato. All’entrata della grotta trovò una tartaruga, la prese, la svuotò e, con gli intestini dei buoi sacrificati, costruì la lira. Alla sua destrezza aveva assistito un vecchio di nome Batto che raccontò tutto ad Apollo il quale si recò sul monte Cilene per lamentarsi con Maia delle ruberie del figlio. Maia, allora, mostrò ad Apollo il fratello in fasce e gli chiese come poteva accusare un bambino così piccolo di simili prodezze. Apollo chiese, a questo punto, l'intervento di Zeus, che, conoscendo la verità ordinò al bambino di riconsegnare gli animali. Apollo, nel frattempo, aveva avuto modo di vedere la lira e udire i suoni che Ermes era riuscito a farle emettere. Innamoratosi dello strumento, chiese e ottenne da Ermes di scambiarla con i suoi buoi.
Ad Ermes erano dedicate lungo le vie e sui crocicchi le erme, pilastri rettangolari la cui parte superiore era modellata con un busto che lo rappresentava, spesso dotato di organi virili molto appariscenti. E' probabile, infatti, che la colonna fosse in principio un simbolo fallico, ma il suo scopo era quello di indicare la strada giusta ai viandanti; ed in effetti tra i vari compiti attribuiti ad Ermes, vi era anche quello di essere il protettore dei viaggiatori sulle strade.
Ermes era spesso rappresentato con un largo cappello, con dei calzari alati che lo rendevano più veloce del vento e con il caduceo[1], simbolo delle sue funzioni di araldo divino.
Secondo Diodoro Siculo (lib. I.16), grazie ad Ermes fu inventato l'alfabeto; egli, inoltre, fu il primo a stabilire la disciplina della lotta ed insegnò ai Greci la facoltà di esprimere i propri pensieri (hermenia) ed e per questo motivo che gli fu dato il nome d Ermes. Sempre secondo Diodoro, fu Ermes, e non Atena, a scoprire l'ulivo.
Ad Ermes, oltre alla lira, è attribuita anche l'invenzione della siringa o flauto di Pan.
"Mercurio". Dipinto di Hendrick Goltzius |
Mercurio", in un affresco a Pompei, |
In Sicilia è visto soprattutto come il padre di Dafni e il suo culto è messo in relazione con quello di Demetra e di Persefone[2].
Le notizie riguardanti, il culto di Ermes sono poche: se ne parla nei centri di Akray, Agrigento, Palermo, Enna, Menai[3] e Alunzio[4].
A Morgantina il culto di Ermes era probabilmente collegato a quelli di Gea e di Plutone. Le tre divinità, infatti, erano venerate nello stesso santuario i cui resti sono ancora visibili ad est del teatro antico. L’attribuzione delle tre divinità al santuario è giustificata dal ritrovamento di alcune laminette di piombo su cui sono riportati i loro nomi.
Il culto di Ermes era presente anche a Siracusa, dove in suo onore, si celebravano le Ermèe, feste durante le quali si svolgevano competizioni e gare di lotta tra fanciulli. Ermes, infatti, era considerato custode e protettore della gioventù e feste del genere avevano luogo in molte città Greche.
L’esistenza del culto a Tindari[5] sarebbe testimoniata da Cicerone il quale narra che il governatore Verre sottrasse una statua di Mercurio alla città. Dopo la conquista di Cartagine, Scipione Publio donò alla cittadina di Tindari una statua di Mercurio ma Verre, chiese che fosse rimossa e che gli fosse consegnata: il senato della città però si oppose. Dopo diversi tentativi, Verre convocò a Siracusa Sopatro, il presidente del senato locale, e all'ennesimo rifiuto di consegnare la statua, reagì facendolo spogliare nudo e facendolo legare ad una statua nella pubblica piazza. Solo quando il senato di Tindari concesse di rimuovere la statua di Mercurio, Verre fece liberare il povero Sopatro, quasi morto per assideramento.
Con la religione cristiana, il culto di S. Giuliano protettore dei viaggiatori e dei pellegrini, sembra aver preso il posto di quello di Hermes, il dio pagano protettore dei viandanti. Un antico proverbio siciliano dice:
si voi junciri sanu
Nun ti scurdari lu Patrinnostru a S. Giulianu.
(Se vuoi arrivare sano, non ti scordare il Paternostro di S. Giuliano).
Il paternostro consiste in una preghiera rivolta a S. Giuliano da parte di chi si accinge ad affrontare un viaggio che può presentare dei pericoli[6].
[1] Il caduceo era una mazza o bastone usata dagli araldi e dagli ambasciatori in tempo di guerra. Nella mitologia era la verga sormontata da due piccole ali, con due figure di serpenti avvinghiati in modo da formare un arco con la parte più elevata del corpo. Il caduceo divenne in seguito l'emblema dei farmacisti.
[2]Ciaceri Emanuele: Culti e Miti dell'Antica Sicilia. p.181.
[3] Conosciuta anche come Menaion, corrispondente propabilmente all'attuale Mineo.
[4] Alunzio, conosciuta anche con il nome di Haluntium, era probabilmente di origine Sicana; non doveva essere molto distante da Capo D'orlando, nei pressi dell'attuale cittadina di S.Marco di Alunzio.
[5] La città di Tindari sorgeva sulla costa nord - occidentale dell'isola a circa 60 km da Messina, su un promontorio a 230 metri di altezza.
[6] Giuseppe Pitrè: Spettacoli e feste popolari Siciliane. p.310.
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