CENTRO STUDI HELIOS

Culti, Miti e Leggende dell'antica Sicilia.

Culti di origine ellenica: Zeus (Giove)

HERITAGE SICILIA


ZeusIdentificato con il romano Giove, era considerato il dio della luce, del cielo luminoso e del fulmine, il dio supremo e onnipotente dei Greci. La sua onnipotenza non lo sottrasse, in ogni caso, al volere delle Moire, le dee del destino, anche se il destino stesso è, in qualche modo, visto come un’emanazione dei suoi voleri. La mitologia, infatti, gli attribuisce fra i tanti amori anche quello con Temi, una delle Titanidi, da cui ebbe le Moire che sono le responsabili del Destino di cui Zeus era il garante.

Il compito di Zeus era quello di mantenere l'armonia nel mondo; era considerato protettore del vivere civile e dell’ospitalità, impartiva le punizioni per i trasgressori anche se si trattava degli stessi dei dell'Olimpo, che dovevano comunque sottostare alle sue disposizioni. Zeus, infatti, fulminò Asclepio quando scoprì che faceva resuscitare i morti con il rischio di mettere in pericolo, l'ordine del mondo.

Pur conoscendo il fato, Zeus non esercitò la profezia, compito affidato ad altri, tra cui Apollo.

Ma il “garante del destino del mondo”, attento a che i capricci degli dei e degli uomini non causassero sconvolgimenti nell'armonia cosmica, non era immune da difetti. I suoi capricci amorosi, per esempio, resero la sua vita sentimentale molto travagliata. La molteplicità di relazioni amorose attribuite a Zeus potrebbe essere collegata all’evoluzione della religione delle popolazioni pregreche. Inizialmente, esistevano diversi nuclei di popolazioni, ognuno dei quali aveva una propria divinità suprema che poteva essere, maschile (in tal caso accompagnato da una divinità femminile), nel caso di un’organizzazione matriarcale, poteva essere anche femminile (in questo caso era la dea suprema ad essere affiancata da una divinità maschile). E' probabile che tutte le divinità supreme maschili siano state inglobate in un’unica divinità, aggregando, pertanto, in un unico culto quelli preesistenti ed ereditando anche il rapporto di unione con le divinità femminili affiancate agli antichi dei.

Un altro motivo del proliferare delle relazioni amorose e degli innumerevoli figli di Zeus, potrebbe essere legato al desiderio di molte famiglie di costruire un albero genealogico in cui figurasse, tra i parenti, nientedimeno che il supremo dio. Questo, era particolarmente utile quando sussistevano dei dubbi circa la  legittimità. Un altro motivo ancora, può essere legato al linguaggio mitologico che presenta, in chiave di unione amorosa, fenomeni tratti dalla natura, così, ad esempio, l'unione tra Zeus e Demetra potrebbe simboleggiare il cielo (Zeus)  che, grazie alle sue piogge, rende fertile la terra (Demetra).

 Le tabelle sottostanti mostrano solo alcuni degli amori di Zeus e dei figli che ebbe.

 

Unioni Divine

Figli

Era

Ares, Efesto(?), Ebe

Afrodite

Eros

Demetra

Persefone

Temi

Le Moire, Le Ore

Meti

Atena

Mnemosine

Le Muse

Latona

Apollo, Artemide

Persefone

Zagreo, Stige

Maia

Ermes

Elettra

Giasone, Armonia, Dardano

Dione

Afrodite

         

 

Unioni umane

Figli

Alcmene

Eracle

Semele

Dioniso

Lamia

Scilla

Danae

Perseo

Europa

Radamanto, Minosse

Pasife

Ammone

Leda

Elena, I Dioscuri

 

         Figlio del Titano Cronos e di Rea, Zeus iniziò una guerra contro il padre e i Titani per ottenere il potere supremo. Nella lotta fu aiutato dai fratelli che aveva riportato in vita e dai Ciclopi che liberò dal sottosuolo, dove Cronos li aveva imprigionati. Dopo 10 anni di dura lotta gli dei Olimpici riuscirono a cacciare Cronos e i Titani dal Cielo. Nella suddivisione del potere, Zeus ottenne il Cielo e il predominio su tutto l'Universo, Poseidone il Mare, e Ade (Plutone) ottenne il mondo sotterraneo.

 

Zeus è rappresentato in vari atteggiamenti, quasi sempre accompagnato dalla folgore, che tiene in mano, a simboleggiare il suo potere sui fulmini, che usava per punire gli esseri mortali e le divinità quando il caso lo esigeva.

 Il culto di Zeus variava in base ai luoghi, alle influenze culturali e ai culti preesistenti, e variavano, di conseguenza anche gli attributi che gli venivano assegnati,   diventava, pertanto, Zeus Olimpo, Zeus Eleuterio, Zeus Atabirio, Zeus Polieo e così via.

 Ad Atene in onore di Zeus Polieo (protettore della città) si celebrava il rito delle Bufonie: un sacerdote chiamato “Bufono” (“bovicida”) uccideva, a colpi di scure, un toro al quale erano stati fatti mangiare dei chicchi d’orzo mescolati con grano, sparsi sull’altare di Zeus Polieo. Il sacerdote, dopo aver ucciso il toro, gettava via la scure e fuggiva come spaventato per ciò che aveva fatto, mentre la scure utilizzata, veniva processata e condannata ad essere buttata in mare[1]. Il rito, antichissimo, si ricollegava ai primitivi culti agrari e probabilmente, nella sua forma più antica, prevedeva come vittima sacrificale l’uccisore del toro.

 

La principale divinità Greca non poteva mancare in Sicilia: a Siracusa esisteva più di un tempio e una grandiosa statua in onore di Zeus Eleuterio che fu innalzata dalla popolazione dopo l’allontanamento di Trasibulo, come racconta Diodoro (lib XI.72). In quell'occasione furono istituite delle feste in onore di Zeus in cui venivano sacrificati 450 tori destinati al banchetto dei cittadini originari[2].

Notizie sul culto di Zeus si hanno anche a Camarina e ad Agrigento dove esisteva un tempio considerato uno dei più grandi dell'isola e descritto in maniera minuziosa da Diodoro Siculo. Esso è, ancora adesso considerato il più grande tempio dorico dell'Occidente. La sua costruzione ebbe inizio nel 480 a.C., dopo la battaglia di Imera, ma non fu portato a compimento, come racconta lo stesso Diodoro (lib XIII.82).  Il tempio misurava m. 112,70 x 56,30 con un altezza che doveva superare i 15 metri e  una superficie totale di 6340 mq[3].

tempio di giove - Agrigento

Ricostruzione del Tempio di Zeus di Agrigento

Agrigento: Resti del tempio di Zeus - Copia di un Telamone usato a sostegno del tempio (originale nel Museo Nazionale di Agrigento)

Sempre ad Agrigento vi era il tempio di Zeus Polieo, sulle cui rovine si racconta che, sia stata eretta una cattedrale cristiana.

A Selinunte vi era un tempio dedicato a Zeus Agraios[4], mentre un santuario dedicato a Zeus Melichios (Zeus dolce come il miele) è stato rinvenuto nella località chiamata “collina della Gaggera”[5]. Il nome di Zeus compare nella “grande tavola Selinuntina”, dove sono ringraziati gli dei dopo una vittoria.

Tracce archeologiche del culto di Zeus sono state rinvenute anche a Solunto dove un’iscrizione ricorda il culto di Zeus Olimpo e a Tindari dove è stata trovata una statua che ora è conservata al museo archeologico di Palermo.

Un Zeus Etneo era anche venerato sulle pendici dell'Etna ed, infine, tracce di questo culto si hanno anche ad Alesa, Acre, Imera[6], Palermo, e Messina


[1] Pausania, Lib. I,24,4.

[2]Nel senso che in questi banchetti venivano esclusi i mercenari che avevano avuto la cittadinanza sotto la tirannia di Gelone.

[3] Filippo Coarelli e Mario Torelli :Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p.143.

[4] Ciaceri Emanuele: Culti e Miti dell'Antica Sicilia. p.144

[5]Filippo Coarelli e Mario Torelli :Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p.101.

[6] Colonia greca fondata dai calcidesi di Messina nel VII sec. a.C. e distrutta definitivamente dai Cartaginesi nel 409 a.C.

Cronos era considerato dai Greci il figlio più giovane di Urano (il Cielo) e di Gaia (la Terra), era quindi un titano, appartenente alla generazione divina che precedette la casta degli dei olimpici. Su istigazione della madre  recise con un colpo di falcetto il "phallo" del padre, che cadde sulla terra: dal sangue fuoriuscito nacque Afrodite, mentre parte di esso cadde sulla Sicilia rendendola, da allora, fertilissima.[1]  Il falcetto cadde in direzione dello stretto di Messina, dove venne a formare quella sottile lingua di terra a forma di falce che costituisce ancor oggi l'insenatura del porto di Messina (Braccio di S. Ranieri). Un'altra leggenda vuole che il falcetto cadesse invece a Trapani formando il promontorio di Trapani («Drépanon» in greco vuol dire falce).  Dopo aver evirato il padre, Cronos ne prese il posto in cielo ma Urano gli predisse che sarebbe stato detronizzato da uno dei suoi stessi figli. Per questo motivo, dopo aver sposato Rea (sua sorella), divorava i figli man mano che nascevano. Rea, incinta di Zeus e nel tentativo di salvare almeno uno dei suoi figli, fuggì partorendo segretamente e dando all'ignaro padre, al posto del figlio, una pietra avvolta in pannolini. Quando Zeus crebbe, aiutato dalla madre e da Meti, una delle figlie dell'Oceano, fece bere a Cronos una pozione magica che lo costrinse a restituire tutti i figli precedentemente divorati. Questi, guidati dal fratello Zeus, dichiararono guerra al padre riuscendo alla fine a sconfiggerlo, per cui Zeus prese il posto di Cronos al comando dell'Universo fissando la sua sede sull'Olimpo.

Cronos - Metopa di Selinunte

Rea porge a Cronos una pietra avvolta nei pannolini al posto di Zeus- Metopa di un tempio di Selinunte

Madrid, Museo del Prado  - Francisco de Goya

Cronos divora i suoi figli

 Cronos era  rappresentato con una falce e, spesso, anche in compagnia di una cornacchia; infatti il nome Kronos è forse da relazionare con la parola greca Korone che significa cornacchia. Da notare come la cornacchia sia stata associata anche a Saturno, con cui i Romani identificavano Crono, ed il  termine latino per indicare la cornacchia ha un suono simile al greco, cioè cornix. In seguito però, forse per un gioco di parole, gli stessi Greci scrivevano, per indicare la divinità, Chronos, che significa Tempo, inducendo, quindi, a pensare che Cronos fosse la personificazione del tempo.

Cronos fu identificato con l'italico Saturno; la mitologia latina narra che Saturno, dopo essere stato detronizzato da Giove (ossia Zeus), si stabilì sul Campidoglio, nello stesso posto dove sorgerà Roma, fondandovi un villaggio che prese il nome di Saturnia. A Roma, nel mese di Dicembre, venivano celebrati i Saturnali, feste abbastanza licenziose in cui venivano fatte sparire, anche se per poco, le differenze sociali; non era cosa rara che gli schiavi vestissero gli abiti dei padroni e che questi ultimi servissero ai tavoli.

Del culto di Cronos in Sicilia non si sa molto, a parte il fatto che è stato associato al culto del punico Baal. E' probabile quindi che il Crono di Sicilia, adorato principalmente nelle zone occidentali, sia in realtà l'incarnazione del dio Baal. E’ risaputo, infatti, che l'antico dio italico Saturno, quando in epoca imperiale si assistette ad uno sviluppo della romanizzazione in Sicilia ed in Africa, incarnò anche il dio punico Baal. A Caltabellotta, a testimonianza dell'antica usanza di effettuare sacrifici umani in onore di Baal, vi è l'altare sacrificale dedicato a Cronos dove in periodo greco e romano avvenivano sacrifici anche umani. Secondo lo storico Diodoro Siculo (lib. III.61), Cronos era il re della Sicilia, della Libia e anche dell'Italia. Stabilì il suo potere sulle regioni occidentali della Sicilia, occupando con guarnigioni tutte le alture più importanti della regione. Proprio per questo motivo, sempre secondo Diodoro, in Sicilia e in altre regioni dell'occidente, molte zone montuose venivano chiamate, dal suo nome, Cronia. Di una località dal nome Cronio parla Diodoro a proposito della sconfitta subita dal tiranno di Siracusa, Dioniso, per opera dei Cartaginesi nel 383 a.C. Una leggenda infine racconta che la tomba di Cronos si troverebbe presso il Monte Scuderi (già Monte Saturno).

 E' stata formulata l’ipotesi che, con l'arrivo del Cristianesimo, il culto di Cronos sia stato sostituito con quello di S. Calogero. Secondo la leggenda S. Calogero nacque in Calcedonia[2], da giovane, si ritirò in una foresta dove ricevette da Dio il dono di far miracoli e la capacità di profetizzare. Iniziò, allora a predicare il Cristianesimo, fu perseguitato e costretto, nel 303, ad esiliare in Sicilia dove visse per molti anni in una grotta a Lillibeo (Marsala), da dove usciva solamente per predicare Gesù Cristo. In età avanzata si ritirò sul monte Cronio, non lontano da Sciacca, in seguito chiamato monte S. Calogero, dove trascorse gli ultimi giorni all’interno di una grotta[3].

I monti Cronii erano più di uno e questo spiega come più di uno siano anche i monti S. Calogero. Un altro monte con questo nome si trova, infatti, nei pressi di Termini Imerese. Secondo quanto detto sarebbe veritiera l'antica credenza agrigentina secondo la quale i santi che rispondono al nome di Calogero fossero addirittura quattro, tutti fratelli che vissero come eremiti e che diventarono, alla fine, i patroni dei paesi di Agrigento, Sciacca, Licata e Naro[4].

Segni che fanno pensare alla sostituzione di una divinità pagana con un santo cristiano derivano dallo svolgimento, non proprio cristiano, di una delle feste in onore di S. Calogero. Ogni anno, il martedì dopo la Pentecoste, si celebrava sul monte Cronio una festa solenne in onore del santo, che degenerava spesso in un vero e proprio baccanale. Così ricorda, a tal proposito il Pitrè:

 ".. ed anche oggi è spettacolo esilarante quello di siffatti pellegrini, andati con le migliori intenzioni religiose, e che tornano troppo allegri, se non briachi fradici...".

 Un altro elemento interessante che si può rinvenire nella leggenda di S. Calogero è la coincidenza, forse non del tutto casuale, del fatto che il santo, che aveva il dono della profezia, visse per un certo periodo in una grotta a Lillibeo, e proprio in una grotta di Lillibeo era la sede della Sibilla di Lillibeo, la profetessa di Apollo, il cui culto fu sostituito in era cristiana da un altro profeta, S. Giovanni Battista.  

[1] Solarino Raffaele: La Contea di Modica vol. I. p.85.

[2] Antica città dell'Asia Minore (Turchia) presso il Bosforo.

[3] Giuseppe Pitre: Feste Patronali in Sicilia. p.368.

[4] Giuseppe Pitre: Feste Patronali in Sicilia. p.380.

Ignazio Caloggero 

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Direttore: Ignazio Caloggero

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