Tanit può essere considerata la versione cartaginese della fenicia Astarte, il cui culto sarebbe documentato sin dal II millennio a.C.. Era la dea dell'amore e della fecondità, caratteristiche, queste, che portarono ad identificarla con Afrodite. Il legame sincretico che unisce Tanit ad Afrodite sarebbe testimoniato dall'ipotesi che ad Erice, nello stesso luogo in cui sorgeva il tempio di Venere Ericina, sorgesse prima un tempio dedicato a Tanit.
Tanit era considerata dai Cartaginesi la moglie di Baal, ed anche a lei, almeno nella fase iniziale, venivano sacrificati dei fanciulli. Ciò sarebbe testimoniato dal fatto che nel tofet di Mozia, vicino ad urne contenenti le ossa dei bambini, sono state trovate delle figure che rappresentano la dea. In una seconda fase, così come avvenne per il dio Baal, anche per Tanit, ai bambini furono sostituiti degli animali.
Indicazioni di una trasformazione verso forme sacrificali meno cruente, probabilmente a causa di una certa forma di ellenizzazione del rito, sono testimoniate a Selinunte, dove recenti scavi hanno messo in luce l’abitato punico. Sono state individuate delle aree sacre, simili ai tophet di Mozia, dove i resti sacrificali sono quelli di piccoli animali.
Sempre a Selinunte sono stati rinvenuti due mosaici su pavimento che simboleggiano Tanit: uno in una casa, l'altro in un pronao (il portico che nei templi dorici precedeva la cella) dell'antico tempio A.
Al Museo Archeologico Regionale di Palermo sono conservate delle edicole funerarie del I secolo d.C., provenienti da Lillibeo, che presentano contemporaneamente elementi greci, punici e romani. Ai simboli punici di Tanit si accompagnano, infatti, delle iscrizioni in greco, mentre le rappresentazioni degli arredi all'interno delle edicole sono romane.
Altre testimonianze del culto di Tanit si hanno nella Grotta Regina, vicino Palermo, sulle cui pareti sono presenti disegni raffiguranti vari animali e due tipici segni di Tanit.