Ercole - Eracle

ERACLE (ERCOLE)

Eracle è senza dubbio l'eroe più popolare di tutta la mitologia Greca. I Latini lo chiamarono Ercole e si può dire che quasi tutti i popoli dell'area mediterranea cercarono di appropriarsi della sua gloria, affermando che fosse passato per il loro territorio o identificandolo con uno degli eroi indigeni, come incarnazione locale dell'Eracle greco.

Eracle è figlio di Alcmena e di Anfitrione, anche se il vero padre è Zeus che, approfittando dell'assenza di Anfitrione, ne assunse l'aspetto, riuscendo così ad ingannare Alcmena e passò con lei una notte di amore, la cui durata fu, per ordine di Zeus, di tre giorni e tre notti, durante la quale fu concepito Eracle. L'ennesimo tradimento di Zeus fece arrabbiare molto Era, la moglie ufficiale di Zeus, che perseguitò per tutta la vita Eracle. Il nome Eracle significa: “gloria di Era”, significato dai connotati ironici, visti i rapporti tra i due, a meno che non si viglia intendere come “gloria per mezzo di Era”, dato che gran parte delle gesta eroiche di Eracle furono proprio dovute alle difficoltà che dovette affrontare a causa dell’instancabile Era.

ercole farnese

Ercole Farnese
Museo Archeologico Nazionale - Napoli

 

ercole strangola i serpenti

Ercole strangola i serpenti
Pompei - Casa dei Vettii - Sala Oecus Piccola

la scelta di ercole

La scelta di Ercole di Annibale Caracci - 1596

Napoli Museo di Capodimonte

 

Moltissimi scrittori dell'antichità parlarono di Eracle, e tra questi non poteva mancare Diodoro Siculo che, essendo siculo di nome e di fatto, più degli altri narrò delle imprese di Eracle in Sicilia[1].

Le imprese leggendarie di quest’eroe furono tantissime. Ancora in fasce, strozzò i due serpenti mandati da Era per ucciderlo, famose sono quelle conosciute come le "dodici fatiche di Eracle" , ed altre imprese che lo videro a capo di eserciti, e a tante altre avventure secondarie, sopraggiunte durante il compimento delle fatiche. Le dodici fatiche sono le imprese che Eracle eseguì per ordine del cugino Euristeo, cui dovette sottomettersi per espiare dei delitti compiuti, provocati da un eccesso di follia causata da Era.

ercole romano

Scultura Romana Louvre di Parigi

Alla sua morte, Eracle fu accolto tra gli dei dell’Olimpo, dove finalmente fece pace con Era, che divenne la sua madre immortale, e dove sposò Ebe, la dea della giovinezza.

Eracle diventò immortale, grazie alle sue fatiche, al suo valore e soprattutto per la sua capacità di accettare le sofferenze che gli erano state imposte.

 A ricordo delle dodici fatiche di Eracle, a Sparta si celebravano le Ergazie, mentre ad Atene le Iolee, istituite in onore suo e di Iolao, compagno delle sue avventure.

 Fra le dodici fatiche è durante la decima che avvennero quasi tutte le avventure che gli sono attribuite nell'Occidente Mediterraneo. Eracle, in questa fatica, doveva conquistare i buoi di Gerione, il gigante dalle tre teste, figlio di Poseidone. Gerione possedeva nell'isola di Erizia, situata nell'estremo Occidente, una mandria di buoi ed Euristeo ordinò a Eracle di andare nell'isola a prelevarli. Una volta sottratti i buoi a Gerione, Eracle intraprese la via del ritorno che lo portò fino in Sicilia, dove arrivò a nuoto insieme alla sua mandria. Appena arrivato si dovette scontrare con la voracità di Cariddi, figlia della terra e di Poseidone, che rubò alcuni dei buoi sacri di Eracle e li divorò. Il gesto di Cariddi non piacque molto a Zeus, che la colpì con un fulmine facendola precipitare in mare nelle vesti di un mostro che inghiottiva le navi che passavano in quel punto[2].

Eracle decise di compiere il periplo dell'isola, lungo la costa veniva accolto dalle ninfe, che facevano scaturire per lui delle fonti di acqua calda, affinché egli si rinfrancasse dalle fatiche del viaggio. Si diresse verso la regione di Erice  dove affrontò e vinse in combattimento Erice, il figlio di Afrodite che aveva fondato l'omonima città. Arrivato a Siracusa, prese uno dei tori più belli, lo pose nella fonte di Ciane e lo sacrificò in onore di Persefone, ordinando agli abitanti di compiere annualmente cerimonie e sacrifici in onore di Persefone e Ciane. Dopo Siracusa, Eracle si diresse verso l'interno dell'isola dove dovette affrontare in battaglia un gruppo di indigeni Sicani che gli si opposero. Li vinse uccidendone molti, fra loro, alcuni strateghi importanti che ricevettero, in seguito, dai Sicani gli onori attribuiti agli eroi. Fu anche a Lentini e ad Agirò dove costruì un santuario in onore di Iolao, suo compagno di armi nelle  dodici fatiche e amico prediletto. Da allora sacrifici furono offerti annualmente a Iolao, che ad Agirò fu venerato come un dio e a cui i giovani sacrificavano la propria chioma, dopo essersela fatta crescere fin dalla nascita.

In Sicilia il culto dell'eroe viene messo in relazione con quello di MelKart, ed infatti veniva anche chiamato Ercole Melkarte. Melkart era una divinità fenicia, identificata con il dio Baal dei Cartaginesi e la divinità semitica Moloch, ricordata  più volte nel vecchio testamento per i sacrifici umani, soprattutto di bambini, che gli venivano offerti. Per questo motivo, si ipotizza che il sacrificio del toro che Eracle fece a Siracusa in onore di Ciane e Persefone, fosse in origine un  sacrificio  umano dedicato a Melkart. 

ercole melkart sciacca

Ercole Melkart (XIII sec. a.C)

 

 

baal

Baal (Ungarit) Louvre di Parigi (XIV - XII sec.)

Gilgamesh uccide un toro

Gilgamesh che uccide il Toro

Nel racconto di Diodoro, si evidenzia il rapporto esistente tra Ercole e le fonte termali dell'isola (in modo diretto con Imera ed Egesta esplicitamente citate, in maniera indiretta con altre in quanto dal racconto si capisce come le fonti termali  fatte scaturire dalle nionfe fossero più di due). Dallo stesso racconto però, non si evidenziano relazioni con il Melkart fenicio, anzi si intravede l'ipotesi che Eracle fosse, in effetti, il rappresentante di quella stirpe dorica che, più tardi, avrebbe colonizzato gran parte della Sicilia.

Si potrebbe scorgere nel mito di Eracle, un elemento di origine orientale, nella parte in cui si parla delle lotta tra Erice ed Eracle. I Fenici, infatti, erano gli originari signori della terra degli Elimi, e lo stretto rapporto fra elementi Elimi ed elementi Fenicio-Punici farebbe supporre che il dio Melkart (e quindi il Baal punico) fosse venerato nella parte nord-occidentale della Sicilia, in cui era predominante la cultura elima.

E' probabile, in ogni caso che, la religione Fenicio-Punica, abbia influenzato, nei luoghi dove era professata, il culto di Eracle.

L'influenza orientale del suo culto sarebbe motivata da alcune analogie che esistono tra Eracle e un’antica figura sumera, Gilgamesh, le cui origini sono antichissime[3]. Gilgamesh è accompagnato dall'amico Enkidu, Eracle dal fido Iolao; entrambi hanno a che fare con tori sacri; hanno, a volte, delle instabilità mentali, Eracle con le sue crisi di follia (causate da Era), Gilgamesh assillato dal pensiero della morte. Tutto questo induce a pensare che la genesi del culto di Eracle sia orientale, salvo restando che fu la letteratura greca a diffondere e a caratterizzare maggiormente il suo culto. Quello che potrebbe essere avvenuto in Sicilia sembrerebbe il tentativo, da parte dei Punici, di riappropriarsi di un mito di cui serbavano un antico ricordo.

 Il culto di Eracle fu molto sentito nelle zone occidentali, di influenza elima e fenicia quindi, a Palermo, Mozia, Erice, Entella[4], Solunto, ma era anche presente in una certa misura, nella zona orientale dell'isola.

Monete raffiguranti Eracle segnalano che il culto esisteva nelle città di Gela, Agrigento, Siracusa, Agirio, Imera, Messina, Alunzio, Camarina e Centuripe.

Ad Agrigento, Messina e Siracusa gli furono anche innalzati dei templi, mentre a Selinunte il culto è confermato da un’iscrizione e da una metopa che rappresenta Eracle alle prese con un toro.

Sono tantissimi i ritrovamenti archeologici che indicano la presenza del culto di Eracle in Sicilia. Al Museo Nazionale Archeologico di Palermo sono conservate le steli di Poggioreale con dedica ad Eracle[5], sempre nello stesso museo si trovano, provenienti da Selinunte, alcune metope raffiguranti fatiche di Eracle[6] e la famosa “Grande tavola Selinuntina” dove vengono ringraziati alcuni dei, tra cui Eracle considerato una delle grandi divinità di Selinunte.

Ad Agrigento è famoso il tempio cosiddetto di Ercole che risale al VI sec. a.C.[7], uno dei più antichi della città. L’attribuzione del tempio ad Ercole si desume da un racconto di Cicerone[8], in cui riferendo del tentativo da parte di Verre di appropriarsi della statua di bronzo di Ercole che sorgeva nel tempio a lui dedicato "non lontano dalla piazza principale", afferma che, mentre Verre si trovava ad Agrigento, di notte un gruppo di schiavi armati assalì il tempio, dopo aver avuto la meglio sui custodi. Usando dei pali per far leva e delle corde, cercarono di rimuovere la statua ma, richiamata dalle urla dei custodi, intervenne l'intera popolazione che mise in fuga gli assalitori i quali comunque, riuscirono ad appropriarsi di due piccole statue.

Sempre lo stesso Cicerone narra che Verre portò via da una cappella privata di un ricco signore di Messina una statua di bronzo raffigurante Eracle, attribuita allo statuario del V sec. a.C. Mirone di Eleutene (Beozia)[9].

A Piazza Armerina, uno dei mosaici della villa tardoantica del Casale raffigura le fatiche di Ercole ed un altro, rappresentante una corsa circense, riproduce tre

Santuari uno dei quali sarebbe identificato con quello di Eracle che doveva effettivamente trovarsi nelle vicinanze[10].

 Al museo Regionale di Siracusa è conservata una testa raffigurante Eracle del II sec. a.C. proveniente da Centuripe.

 Una scultura rappresentante l'eroe e proveniente dal porto di Catania si trova al Museo del Castello Ursino, a Catania.

Una testa di Eracle ellenistica si trova al Museo Mandralisca di Cefalù ad indicare che anche in questa località doveva essere conosciuto tale culto.

Tracce del culto di Eracle sono presenti anche ad Imera dove, nel cosiddetto tempio B, sono stati trovati frammenti di altorilievi con scene delle fatiche di Eracle[11]Con l’avvento del Cristianesimo, il fenomeno sincretico che faceva affluire nei culti dei santi, i residui del mondo pagano, riguardò anche il culto di Eracle. A Messina, con il sopraggiungere del Cristianesimo, si sarebbe sovrapposto al culto di Eracle quello di San Giovanni Battista; si ritiene, infatti, che un’antica statua raffigurante Eracle che porta, sulle spalle, una pelle di leone, fosse stata adattata al culto di S.Giovanni Battista.

Ciaceri[12] racconta come in tempi moderni vigesse, ad Agirio, l’usanza di immolare la propria chioma a S. Filippo (il patrono della città) che, in chiave sincretica, ha sostituito, Iolao, l'amico fedele di Eracle. 

Ercole ubriaco - Museo del Bardo-Tunisi

Agrigento: Tempio di Ercole

 

[1] Diodoro Siculo lib IV.23

[2] La figura di Cariddi è simile a quella di Scilla, l'altro mostro che creava delle correnti che inghiottivano i naviganti. Per quanto riguarda Cariddi, anche nelle vesti di mostro era particolarmente vorace: tre volte al giorno inghiottiva una gran quantità di acqua, attirando in gola qualsiasi cosa si trovava a galleggiare nei paraggi,  poi rivomitava l'acqua assorbita.

[3]Si parla di questa figura già nel 2400 a.C., e si pensa che le  prime versioni poggino su versioni ancora più antiche.

[4] Il sito dell'antica Entella sarebbe stato individuato in località Monte Castellazzo, non lontano da Poggioreale, uno dei centri della Valle del Belice distrutto dal terremoto del 1968.

[5] Filippo Coarelli e Mario Torelli: Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p.25.

[6] Vincenzo Tusa ed Ernesto De Miro: Sicilia Occidentale p.32.

[7]  Vincenzo Tusa ed Ernesto De Miro: Sicilia Occidentale p.150

[8] Cicerone, II.IV.94

[9] Cicerone, II.IV.5

[10] Filippo Coarelli e Mario Torelli: Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p.185.

[11] Filippo Coarelli e Mario Torelli: Sicilia “Guide Archeologiche Laterza” p.4003

[12] Ciaceri Emanuele: Culti e Miti dell'Antica Sicilia p.287

 

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