Aretusa era una delle ninfe al seguito di Artemide. Un giorno, dopo una battuta di caccia insieme alla dea, sentì il desiderio di rinfrescarsi nel fiume Alfeo, che scorreva in Olimpia (nel Peloponneso), tra L'Elide e L'Arcadia. Qui fu vista dal dio del fiume Alfeo che s’invaghì di lei, assunse forme umane e la inseguì nel tentativo di possederla. Aretusa chiese aiuto ad Artemide che, per salvarla, la trasformò in una fonte facendola sprofondare nel sottosuolo e la guidò per vie sotterranee facendola riemergere nell'isola di Ortigia, a Siracusa. Alfeo, però, ormai deciso a soddisfare le sue, si fa per dire, insane voglie, riuscì a trovarla si ritrasformò in fiume e attraversò il mare fino a Ortigia per poter mescolare le sue acque con quelle di lei. Ecco perche, secondo questa leggenda, le acque di Aretusa di Sicilia sarebbero in realtà quelle del fiume Alfeo.
Di questa fonte, non lontana dal tempio di Artemide, a Siracusa, parla Diodoro Siculo, il quale racconta che essa era particolarmente ricca di pesci sacri e intoccabili. L’unione esistente tra il fiume Alfeo in Grecia e la fonte Aretusa di Siracusa, sarebbe spiegata dall'antica credenza secondo cui, quando nel fiume di Olimpia venivano immolati dei tori, le acque di Aretusa si intorpidivano. Inoltre, si racconta che una coppa, vinta ai giochi olimpici e buttata nel fiume Alfeo, sarebbe ricomparsa nella fonte siracusana.
E' probabile che la leggenda di Aretusa e di Alfeo sia stata importata da alcuni coloni provenienti dall'Elide, che parteciparono alla fondazione di Siracusa, e che i buoni rapporti che Siracusa intrattenne con questa regione greca mantennero vivo nei Siracusani il culto di Aretusa.
Effettivamente, in Olimpia, il culto di Artemide era collegato a quello di Alfeo, avendo le due divinità in comune lo stesso altare. Pausania ( lib VII 24,3) racconta che alcuni sacerdoti del tempio di Artemide in Egio (in Grecia), lanciavano in mare delle focacce dicendo che le inviavano ad Aretusa di Sicilia.
La famosa fonte, divenuta simbolo della città di Siracusa, sgorga ancora oggi non lontano dalla chiesa di S. Maria delle Colonne ed è meta di turisti.
A testimonianza del culto di Aretusa, sono state rinvenute molte monete con la sua effigie. In un decadracma d'argento di Siracusa, risalente al tempo di Dioniso I, da un lato è raffigurata Vittoria che vola su un carro, dall'altro la testa di Aretusa circondata da delfini. La stessa figura (testa di Aretusa con delfini), imitazione del modello siracusano, si trova in un tetradracma di Palermo del 400 a.C. circa ed in alcune monete “punico-sicule” del 350 a.C. circa.
Fino a qualche tempo fa erano in circolazione dei biglietti da cinquecento lire che riportavano, imitandola in modo quasi identico, la moneta d'argento siracusana: la testa di Aretusa con i delfini.