PRESENTAZIONE |
Non appartengo alla categoria degli storici, non ho la presunzione di sostituirmi a loro, ma mi contraddistinguono un grande amore ed una grande passione per la storia. Questo libro è, infatti, rivolto a tutte quelle persone che, come me, amano il sapere ma non hanno la possibilità (o la voglia) di impegnarsi in lunghe ricerche o di leggere centinaia di libri. Questo mio modesto lavoro è il risultato di un’attenta e impegnata analisi di svariate opere che riguardano, principalmente, i tre settori della Mitologia, dell’Archeologia e del Folclore. Quando mi sono avviato alla sua stesura, il mio obiettivo era quello di conoscere i miti dell’antica Sicilia e di vedere come, tracce di alcuni di essi, influenzino, ancora oggi, la nostra cultura e la nostra religione. Allo stato attuale, sono riuscito, solo in parte, a raggiungere il mio obiettivo. Dovrei continuare a girare per tutta la Sicilia, per poter rinvenire, fra quelle che sono le manifestazioni popolari, le tracce di un paganesimo morente ma che non si è ancora estinto. Mi riprometto, in ogni modo, di riaprire il discorso in un futuro, spero non lontano. Tra gli autori da me studiati e consultati, posso citare i classici come Diodoro Siculo, Tucidide, Pausania, Cicerone, Erodoto, Plutarco, gli studiosi del passato come Fazello, Di-Blasi, Ettore Pais, Adolfo Holm, Giuseppe Pitrè, Salomone Marino, Emanuele Ciaceri, Biagio Pace, e, anche, gli autori a noi più vicini come Ambrogio Donini, Vincenzo Facchini, Bernabò Brea, Vincenzo Tusa, Ernesto De Miro, Paolo Matthiae ed altri. Ci tengo a sottolineare che questo lavoro non è solo un semplice riassunto di quanto altri autori hanno scritto, ma, al contrario, vi è, alla base un intenso lavoro di “analisi comparativa”, che, insieme all’individuazione di una serie di elementi tra loro correlati, nei tre settori oggetto di analisi, mi ha permesso di individuare relazioni sfuggite agli studiosi del passato, non, sicuramente per loro incapacità, ma perché, allora, non erano in possesso di tutte quelle informazioni di cui, invece, noi, oggi, disponiamo, come le scoperte archeologiche più o meno recenti che ci permettono di individuare, con maggiore precisione, la diffusione di determinati culti. Questo documento è nato originariamente come appendice di un altro mio lavoro, di maggiore dimensione e impegno, e cioè la storia della Sicilia, vista anche in termini di racconti leggendari. Mi sono accorto, però, che come appendice era troppo voluminosa, così ho deciso di considerarla come lavoro a sé stante. L'obiettivo ultimo che mi ha spinto a studiare la storia, e quindi anche la religione, è stato quello di conoscere, in modo più approfondito, la natura umana. Ogni uomo, preso individualmente, è, infatti, la conseguenza di tanti fattori, soprattutto ambientali, che lo accompagneranno per tutta la vita. Egli porta con sé un bagaglio alla cui creazione ha contribuito (soprattutto nell'età giovanile) tutto l'ambiente circostante, i genitori, la scuola, le amicizie importanti, la società, ma anche il tipo di istruzione religiosa ricevuta. La misura ed il modo con cui ognuno di questi elementi esterni ha contribuito alla formazione del nostro bagaglio segnerà, che lo vogliamo o no, tutta la nostra esistenza. Per fortuna, ogni uomo, darà un tocco "personale" alla propria vita, poiché, se così non fosse, diventeremmo semplici e passivi spettatori di quel film che è la nostra stessa vita. A tal proposito diceva un mio amico marinaio:
“.. se ci si accorge che il fato è il nostro unico regista, cosa resta, se non lasciarsi rotolare giù, attraverso l'apatia del vivere..” La “Storia” è fatta dall'uomo, dal singolo individuo, ed è la conseguenza di tutto il suo vissuto. Cercare di capire l'uomo oggi, senza aver conosciuto il suo passato, è come pretendere di voler costruire il tetto di una casa senza averne gettato le fondamenta. La storia è l'uomo, è la conseguenza della sua emotività, delle sue paure, dei suoi sogni, del suo amore/odio verso il prossimo e, naturalmente, delle sue superstizioni (religiose e non). È vero che, quando si parla degli uomini è opportuna una buona dose di rigore scientifico ma è altrettanto vero che non si può parlare dell'uomo prescindendo da quelli che sono i suoi sogni, le sue paure, le superstizioni e le leggende che lo hanno da sempre accompagnato, poichè questo equivarrebbe a spogliare l'umanità di vestiti che ha sempre indossato e che sempre indosserà. Spesso, inoltre, gli eventi storici che hanno segnato la vita di molti, sono stati la naturale conseguenza dei sogni, delle paure e delle superstizioni di pochi. Come non riconoscere che molte opere letterarie, disegni artistici e strutture architettoniche del lontano passato, che costituiscono la nostra principale ricchezza culturale, esistono perché nate dal desiderio che l’uomo ha sempre avuto di rapportarsi in maniera diretta con Dio. La Sicilia non offre solo Sole, mare (... e mafia!), ma anche i grandiosi templi di Agrigento, gli splendidi mosaici della Villa del Casale di Piazza Armerina, il superbo Duomo di Monreale, il barocco ibleo (purtroppo poco conosciuto) e quello di Noto, e tanto altro ancora, a testimonianza di un passato di cui essere orgogliosi, ricco di fede, e di amore per le cose belle. Non ci sono dubbi sul fatto che gli usi e i costumi popolari dell'epoca in cui viviamo portino le tracce del pensiero religioso tramandato dai nostri avi. Spesso ciò che è cambiato non è tanto il tipo di rito, quanto, pittosto, la divinità o il santo a cui tale rito è rivolto. Di questo era consapevole il clero di una volta che, se da un lato accettò che alcune antichissime credenze continuassero a vivere, dall’altro condannò, con la minaccia di scomunica per chi le praticasse, quelle che degeneravano in cerimonie licenziose e per nulla cristiane. Il motivo per cui la Chiesa accettò che certi rituali pagani si mescolassero alle cerimonie religiose cristiane è piuttosto semplice. Essa si rese conto che sarebbe stato impossibile spogliare completamente un popolo dei costumi e delle usanze radicate da secoli nella loro cultura; se invece ne avesse accettata qualcuna, non solo le sarebbe stato più facile esercitare il controllo, ma, nello stesso tempo, avrebbe evitato di perdere il consenso popolare. Il terreno fertile per la nascita della religione cominciò, probabilmente, quando l'Homo Erectus acquisì le cognizioni mentali che ne giustificano l'appellativo di Sapiens, e iniziò, quindi, a percepire se stesso non più come mera entità biologica, ma, anche, come soggetto dotato di capacità psichiche. Inizialmente, in accordo alle limitate capacità intellettive dei primi uomini, le manifestazioni religiose erano inserite in un contesto prevalentemente naturale. Tutti quei fenomeni naturali non spiegabili e difficilmente comprensibili per l'intelletto umano, erano considerati, in un certo senso, dotati di anima ed erano, quindi, facilmente deizzabili. Così, erano considerati, il sole, la luna, il vento, i pianeti, alcuni fiumi, le montagne e i vulcani. Nel momento in cui, per quei fenomeni naturali che prima erano stati deizzati, fu trovata una spiegazione razionale, l'uomo, cominciò a cercare qualcos’altro, al di sopra della normale comprensione. Ecco, quindi, che si assiste ad un’evoluzione in senso antropomorfico della religione, in cui le divinità cessano di essere mere espressioni di fenomeni naturali, ed assumono un aspetto fisico (e non solo) simile a quello dell'uomo. Ad un certo punto non basta più neanche questo, e la religione evolve da una forma Politeistica ed Animistica verso una forma universalistica e monoteistica, in cui un unico grande Dio si sostituisce a molte divinità. In verità, non credo sia mai avvenuta un’evoluzione monoteistica della religione in senso assoluto. I santi della religione cristiana, infatti, potrebbero avere origine da quel pensiero religioso che vede un grande Dio accompagnato da tutta una serie di divinità minori (classico esempio è dato dalla religione greca, dove Zeus sovrasta tutti gli altri dei dell'Olimpo). Al di là delle differenze intellettive ed espressive che distinguono l'uomo del paleolitico da quello dei nostri giorni, ed al di là delle differenti filosofie che differenziano tra loro le diverse religioni, la religione, in senso generale, potrebbe essere vista come "il tentativo di raggiungere l'infinito". Un antico filosofo indiano disse più o meno queste parole:
“.. Le religioni sono come i fiumi, le vie sono tante ma la destinazione è unica, il mare ..”
Tutte le religioni hanno, quindi, un unico fine che è quello di avvicinarsi a Dio, inteso non come Cristo, Maometto o Buddha, ma come: Assoluto, Infinito, Verità cosmica
Questo modo di pensare non è monopolio esclusivo di alcune filosofie orientali. Nel 382 (periodo in cui le vecchie concezioni religiose pagane cedevano il passo alle nuove concezioni della religione emergente), si trovarono contrapposti S. Ambrogio, allora vescovo di Milano e Quinto Aurelio Simmaco, prefetto e console romano e tra i due fu proprio il pagano Simmaco a dimostrarsi più tollerante verso il pluralismo religioso, disse, infatti:
“ Non basta un solo cammino, per giungere al grandioso mistero della divinità”. |
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