I SENTIMENTI RELIGIOSI DURANTE L'ETA' DEI METALLI

(Scheda redatta da: Ignazio Caloggero)

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La religiosità si evolve con l’uomo, se in una fase iniziale i fenomeni naturali non spiegabili e difficilmente raggiungibili all'intelletto erano dotati, in un certo senso, di un’anima e, quindi, facilmente deizzabili[1], in una fase successiva, quando l’uomo iniziò a capire  i fenomeni naturali prima deizzati, avvenne la ricerca di un qualcosa che potesse essere collocato su un gradino superiore alla normale comprensione. Ecco quindi che si assiste ad una evoluzione in senso antropomorfico della religione, in cui le divinità, ancora fortemente legate agli aspetti naturali, cessano però di essere mere espressioni di  fenomeni naturali, ma vengono caratterizzate da un aspetto fisico simile a quello dell'uomo. Con l’evolversi dell’intelletto umano gli spiriti della natura diventano dei, quindi l’animismo primitivo si trasforma in politeismo.

In un mondo a carattere agro-pastorale grande importanza dovevano avere i culti legati alla fertilità. Al periodo eneolitico appartengono le statuette femminili ricollegabili al culto della fertilità trovate a Cozzo Busonè. (Agrigento) e i santuari di Monte Grande, una collina costiera nei pressi del litorale di Punta Bianca nell’agrigentino[2]

ciotolo fusiforme

Ciotolo fusiforme di Busonè (AG) 5

Portello tombale di Castelluccio

Bronzetto maschile di Plemmyrion (Siracusa)

 

Alle divinità vengono offerti in sacrificio i beni della terra ma anche animali e qualche volta la stessa vita umana. Quella dei sacrifici umani dovette diventare una abitudine purtroppo molto diffusa, a volte bastava essere stati servi di un potente per essere accoppati con la scusa di accompagnare i propri padroni nell’aldilà[3].

Sempre al bronzo antico appartiene l’edificio, destinato probabilmente a scopo cultuale,  individuato sulla collina di  S.Giuliano, nei pressi di Caltanissetta, dove sono stati trovati degli idoletti fittili dipinti antropomorfi ed oggetti litici raffiguranti partii anatomiche umane e di animali.

Probabilmente al culto della fertilità sono legate le rappresentazioni dei portelli litici che formavano la chiusura di alcune tombe della necropoli di Castelluccio (Bronzo antico) dove le figure antropomorfe stilizzate rappresentano, in modo schematico, l’atto sessuale. Tracce di un simbolismo fallico appartenente allo stesso periodo della necropoli di Castelluccio sono stati trovati a Gela, dove adagiati su un piatto fittile sono stati rinvenuti sette oggetti di terracotta a forma di falli[4].

 

Verso il bronzo medio i sentimenti religiosi risentono l’influenza del mondo egeo come testimoniano i ritrovamenti . di idoletti in ceramica di ispirazione micenea a Lipari.

Al periodo finale dell’età dei metalli appartiene invece la figura maschile in bronzo modellata nell’atto di mastrurbarsi trovata a Plemmyrion (Siracusa). La fecondazione della terrà attraverso un rito magico-agrario rappresentato da atti sessuali è molto antico, comune ai popoli primitivi a carattere agrario. Spesso una coppia opportunamente scelta compiva pubblicamente il rapporto sessuale al fine di provocare la Demetrafertilità della terra. In Grecia, in età storica, durante i riti dei misteri eleusini dedicati a Demetra (la terra madre dei Greci) la coppia era formata dal gran sacerdote (lo Ierofante) e da una sacerdotessa che ricordavano in questo modo come Demetra, veniva fecondata da Zeus (il signore del cielo) e quindi dal cielo che con le sue piogge rendeva fertile la terra.

Quanto iniziò la colonizzazione dell’isola da parte dei Greci, in Sicilia era quindi forte un pensiero religioso, in cui a prevalere erano quelle manifestazioni legate agli aspetti della natura. Proprio l'affinità che legava le divinità indigene con altrettante divinità greche, anch'esse legate agli stessi aspetti, fece sì che gran parte dei culti indigeni venisse, in seguito, assorbita o comunque modificata dalla cultura greca, portando quindi ad un processo di ellenizzazione dei culti preesistenti. L'affinità tra i culti indigeni e quelli elleni era dovuta non solo al fatto che le due religioni erano prevalentemente religioni naturali  ma, anche, alla presenza in Sicilia della popolazione Sicula, appartenente al ceppo indoeuropeo così come quella ellena e, quindi, con affinità religiose dovute proprio all'origine comune.

Prima dell’arrivo dei greci era quindi forte in Sicilia il culto di una divinità legata alla terra vista come "grande madre", pronta a offrire i suoi frutti alla popolazione e simbolo di fertilità, tale culto fu in seguito assorbito dal culto greco di Demetra. Traccia di una probabile  sovrapposizione del culto greco di Demetra ad  uno indigeno preesistente, si possono vedere nella leggenda che vuole che Persefone, la figlia di Demetra, venisse rapita da Plutone nelle campagne di Enna e che una ninfa di nome Ciane, che si oppose al rapimento, fosse da Plutone trasformata in una fonte che la tradizione colloca a Siracusa.

Alla vita pastorale degli abitanti della Sicilia pregreca era legato il culto di Dafni, anche se il lavoro intenso della letteratura, prima greca e poi latina, fece perdere a questa divinità gran parte del carattere indigeno.

La presenza di un vulcano come l'Etna doveva far sì che fosse venerata la sua personificazione nel nome del dio Adrano, divinità simile per certi aspetti a quella di Efesto (il Vulcano dei Romani). Adrano, a differenza di Dafni, mantenne per molto tempo il suo carattere indigeno così come il culto dei Palici, anch'essi legati agli aspetti tellurici, abbastanza intensi all'epoca. Il culto dei Palici fu addirittura considerato come elemento di coesione che vide i Siculi, riuniti sotto il comando di Ducezio nel V sec. a.C., ribellarsi all'elemento greco predominante.

In Sicilia il culto di divinità fluviali, spesso personificazione maschile di sorgenti e fiumi, così come il culto di divinità femminili legate agli stessi aspetti della natura e simili alle ninfe delle acque, come le Naiadi greche, doveva essere senz'altro presente molto tempo prima dell'arrivo dei Greci nell'isola. Ciò a causa del carattere prevalentemente pastorizio e agricolo delle popolazioni indigene, che apprezzavano in particolare modo i benefici derivanti dall'utilizzo di sorgenti e fiumi. Ecco quindi che non doveva essere rara la personificazione, sia maschile che femminile, di sorgenti e fiumi, anche se in seguito il sopravvento della religione greca fece sì che si perdessero le caratteristiche indigene del culto, sostituite presto da quelle prettamente elleniche.

 

[1] Tutto ciò avveniva, ad esempio, per il sole , la luna, il vento, i pianeti, ma anche per alcuni fiumi, montagne e vulcani.

[2] Giuseppe Castellana: Presenze Egeo-Levantine nell’agrigentino nella prima metà del II millennio A.C. In Prima Sicilia p.377

[3] I primi esempi di servitori sepolti assieme ai loro padroni appaiono probabilmente in Mesopotamia a Kish l’antica città sumera costituita nel III millennio a.C.

[4] R. Ross Holloway: Archeologia della Sicilia antica. P.37

[5] Prima Sicilia - alle origini della società siciliana- a cura di Sebastiano Tusa - 1997 Regione Siciliana Vol.II Fig. III.13

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