I NEOLITICI E LA NASCITA DELL'AGRICOLTURA

(Scheda redatta da: Ignazio Caloggero)

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Durante il paleolitico l'uomo viveva prevalentemente di caccia e di raccolta dei prodotti naturali. Quando in un certo posto non c'erano più animali da cacciare o vegetali da raccogliere, il gruppo prendeva armi e bagagli e si spostava verso nuove zone da depredare.

I paleolitici erano dunque dei nomadi, sempre a zonzo per il mondo fino a quando qualcuno scoprì che  era possibile interagire con la natura in modo da ottenere in loco un po’ di carne e verdura fresca. Nacque così l'allevamento e l'agricoltura.

 La domanda nasce spontanea: come nacque l’agricoltura? Sicuramente se lo posero pure gli antichi, anche se non ebbero molte difficoltà ad attribuire l’invenzione a questa o a quella divinità. Secondo la mitologia greca, fu Demetra la “Dea Madre” divinità della terra fertile ad inventare l’agricoltura. Demetra girovagava per il mondo alla ricerca della figlia Persefone rapita dal dio degli inferi Plutone, fu accolta dagli abitanti di Eleusi, per cui la dea, per gratitudine, insegnò l’agricoltura ad uno degli abitanti della regione di nome Trittolemo con il compito di diffondere nel mondo quest’arte.

 

I romani adottarono il culto di Demetra chiamandola però Cerere da cui il nome dei cereali. Il culto di Demetra associato alla fertilità si diffuse anche in Sicilia,  Alcuni studiosi del passato avanzarono l'ipotesi che la Demetra siciliana sia stata in realtà una regina, moglie di Sicano, re dei Sicani  e che questa regina insegnasse ai siciliani a coltivare la terra[1].

 

Secondo gli antichi egizi invece, a inventare l’agricoltura fu Osiride che insegnò agli egiziani l’arte di seminare e raccogliere il grano per porre fine alle abitudini antropofaghe dei popoli primitivi.

 

Al di la della chiave mitologica,  non è semplice  spiegare l’origine dell’agricoltura. Si può solo  ipotizzare che i primi tentativi siano avvenuti in medio oriente verso il 10.000 a.C. Il passaggio da un’economia di raccolta a quella di produzione non fu immediato, si può pensare ad un lungo periodo di “preadattamento” durato forse millenni. In molte zone del mediterraneo il farro ed il frumento crescevano in modo spontaneo, è probabile che in prossimità di questi luoghi gruppi di nomadi vi si siano stabiliti con modalità quasi sedentarie e che poi abbiano scoperto, in qualche modo, la possibilità di seminare direttamente loro stessi il grano.

Si parla di neolitizzazione come di quel processo che modifica profondamente la cultura, l'economia e la società degli uomini dell'età della pietra. Il neolitico segna quindi un passaggio da una economia di caccia e di raccolta ad una economia di produzione e di allevamento. Ovviamente questo passaggio avviene con modalità e tempi differenziati a seconda dei luoghi.

In Asia Minore ed in particolare in Mesopotamia (la cosiddetta mezzaluna fertile) si arriva quindi alla agricoltura e connesse forme culturali già verso il 10.000 a.C.. Dalla "mezzaluna fertile" il neolitico si diffonde in occidente e tra il VII, VI millennio a.C. si afferma anche in Italia meridionale ed in Sicilia.

 

L’uomo neolitico scoprì quindi il pane, si accorse però che senza carne sapeva di poco, il problema era che la caccia lo faceva allontanare dai propri campi, a questo punto pur non conoscendo ancora la parabola di Maometto e la montagna, capì cosa fare: addomesticare le fabbriche di bistecche e di formaggi. Ecco quindi che inizia la presenza stabile di animali domestici quali buoi, capre, pecore e maiali. Tutti questi animali fecero quindi compagnia al cane che era già stato domesticato molto prima, probabilmente a partire dal paleolitico superiore.

 

La nascita di una economia agro-pastorale da inizio ad una serie di processi di modificazione dell’ambiente circostante. Il disboscamento dei terreni per la creazione dei pascoli e terre coltivabili, segna l’inizio di una cultura violenta di gestione del territorio che porterà nel tempo ad una rottura degli equilibri degli ecosistemi con le conseguenze che tutti noi conosciamo.

Si iniziano a vedere i primi strumenti per l’agricoltura quali i primi falcetti, le prime macine e i primi recipienti ceramici per la conservazione delle derrate alimentari.

L’inizio di una cultura della ceramica è infatti un altro aspetto della neolitizzazione.

Il materiale utilizzato è ancora la selce anche se inizia a diffondersi l’ossidiana, particolarmente ricca a Lipari. L’ossidiana è un vetro vulcanico di durezza superiore alla selce e di colore nero lucente, con esso è possibile realizzare manufatti piccoli e particolarmente taglienti, utilizzato anche per realizzare oggetti ornamentali fu tra i primi prodotti ad essere interessato ad un intenso scambio commerciale tra i paesi del mediterraneo.

 

L’agricoltura favorisce la formazione delle prime comunità umane numerose e durevoli, delle forme di insediamento più stabili, nascono i primi villaggi ed i primi commerci. Si iniziò ad usare per la costruzione degli edifici un architettura di mattoni e di pietra[2].

 

I villaggi di capanne assumono talora dimensioni notevoli, segno di una forte espansione demografica favorita probabilmente da uno sfruttamento più razionale del territorio. Si ipotizza che in una economia di raccolta per sopperire al fabbisogno di un gruppo di 25 raccoglitori servissero più di 600 chilometri quadrati di foresta o di prateria, per coprire le necessità alimentari dei 150 abitanti di un tipico villaggio neolitico ne bastassero solo una ventina[3].

In Sicilia i villaggi, a volte trincerati, sono prevalentemente posti sulle alture per scopi difensivi. L’abitazione in grotte non è del tutto abbandonato come dimostrano i resti trovati nella grotta del monte Kronio (M. S. Calogero) presso Sciacca.

 

[1] Giovanni E. Di-Blasi: Storia del regno di Sicilia p.58

[2]Il più antico insediamento urbano con mattoni e cinta muraria è la città medio-orientale di Gerico in Giordania, fu costruita nel VIII millennio a.C..

[3]  Jonathan Norton Leonard: I primi agricoltori. P.25

 

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