I VESCOVI ERIGONO CHIESE NEL I SECOLO

Nel manoscritto italiano è attestato che Peregrino erige alcune chiesette per le adunanze dei fedeli. Inoltre nel “Martirium-Passio è detto che il corpo del beatissimo martire (Peregrino)… fu preso da una donna religiosa di nome Donnina e posto con ogni onore nello stesso luogo e sopra il suo sepolcro edificò una chiesa.

Lo stesso attestano le altre fonti di Marciano e Pancrazio.

Ecco quanto dice in proposito il Gaetani nella sua Isagoge, capitolo XXV (e cap. XXXIII) intitolato Il culto di Cristo è confermato ed accresciuto dai templi (chiese) costruiti ovunque nelle città delle Sicilia”. “Quando la fede di Cristo ebbe inizio in Sicilia, fu propagata e confermata anche col culto esterno, nei templi costruiti in tutti i luoghi. I Cristiani infatti, infiammati dall’ardore della fede, demolirono le esecrande statue degli dei, gli altari e i templi ed edificarono templi santi ed edifici sacri; oppure purificarono dall’inquinamento, con la santità dei sacrifici i templi degli idoli e li consacrarono al vero Dio.

Per primo in Sicilia eresse un tempio a Dio e a Cristo Salvatore Nostro il Vescovo Marciano a Siracusa (Encomio). Egli infatti, non appena vi sbarcò, cacciati dalla spelonca Pelopia i demoni, che allora si trovava nella parte bassa dell’Acradina, rigettata la vecchia superstizione, intorno all’anno 40 di Cristo vi dedicò una chiesa.

Negli stessi tempi e con gli stessi propositi, il vescovo Pancrazio fondò un oratorio a Taormina nella parte alta della città verso Oriente ed il mare: Ne restano diversi testimoni, come Teofanie Cerameo che dice: “ Pancrazio, avendo convertito molti alla vera religione, costruì templi e sacre dimore in onore di Dio. E Gregorio Bizantino ricorda che egli eresse una casa di preghiera e consacrò gli altari a Cristo, nella quale tutti quelli che vi convenivano per ricevere la fede di Cristo, venivano da lui purificati col lavacro celeste [il battesimo]. Dopo molti anni quell’edificio fu chiamato tempio di S. Lorenzo. Ma molti altri templi S. Pancrazio edificò a Taormina, anche con miracoli, come attesta Giuseppe Innografo che così canta di lui: “ Avendo demolito i templi degli dei con le preghiere, hai eretto le sacrosante chiese a Dio…”.

L’esempio delle città e sedi episcopali era seguito in tutte le diocesi. Infatti in quelle di Siracusa e Taormina, dato che il gregge di Cristo si moltiplicava e cresceva di giorno in giorno, venivano costruiti nuovi templi; e nella regione siracusana gli Atti ricordano che fu dedicato un edificio dal vescovo Marciano , che egli chiamò “Casa della pace”. Inoltre quando il vescovo Pancrazio di Taormina fu ucciso per la fede di Cristo, ai tempi dell’Imperatore Traiano, fu costruita prima un’edicola e poi un magnifico tempio.

“A questo santo Vescovo”[Pancrazio], scrive il De Giovanni (p. 20s.), “riuscì d’erigere alcuni luoghi di orazione e vogliamo dire chiese, unicamente consacrate al culto del vero Dio, come attesta Gregorio Bizantino nell’Encomio in S. Pancrazio, in Acta SS. 3, aprile. Una di queste, cangiato il nome del Salvatore in quello di S. Lorenzo, con religione somma circa il nono secolo si conservava.

Puossi con giusta ragione trarre quindi valevole argomento per vieppiù sempre comprovare l’uso delle chiese e dei luoghi sacri nei tempi apostolici. Non sono del numero di coloro i quali la disciplina dei primi secoli e quella del tempo presente guardando si persuadono che i primi fedeli come noi o meglio ancora abbiano avuto grandiosi templi e magnifiche basiliche erette per onore della nascente religione. Non formo certamente io della prima età del cristianesimo siffatta idea, se non disdicevole alla sua maestà, opposta però e ripugnante alla povertà e semplicità dei primitivi secoli nei quali era troppo odiosa la professione del Vangelo ed il farne con edifici e con templi superba mostra sarebbe stato un meglio risvegliarla contro i dileggiamenti e le persecuzioni del potente gentilesimo nelle menti di quasi tutte le nazioni signoreggianti , profondamente radicato.

Ma egli è vero altresì che i primi cristiani anche nella loro povertà e tra le gravissime persecuzioni non poterono affatto astenersi dall’erigere e destinare, benché senza il minimo apparato d’esterna magnificenza, al vero culto di Dio, alcuni particolari luoghi, nei quali osservavano i loro riti, tenevano le loro adunanze, celebravano i loro sacri misteri e con ammirabile docilità di spirito ascoltavano le evangeliche istruzioni e i santi precetti. Un chiaro ed illustre testimonio di questi luoghi sacri, più comunemente chiese appellati, abbiamo in Tertulliano (De Pudicizia, 4), che fiorì poco più di un secolo dopo la morte di S. Pancrazio, e nel medesimo tempo che le persecuzioni tenevano in disordine e sconvolgimento le cose del Cristianesimo. Né vale meno a confermare questo l’editto della terribile persecuzione che l’Imperatore Diocleziano suscitò contro i cristiani (cfr. Eusebio, Storia Eccl., cap. 9), ove specificatamente s’ordinava che fino dai fondamenti fossero diroccate le chiese dei Cristiani. Le lettere ancora da Costantino il Grande (cfr. Eus., Vita Costantini, lib. 2) a stabilire la pace della Chiesa indi uscite, manifestamente l’uso di questi luoghi comprovano, poiché dalla pietà di quell’augusto principe un’assoluta libertà ai fedeli si concede, non solamente di erigere delle nuove chiese, ma eziandio di mantenere, ristorare e amplificare le antiche (cfr. Nicef. Call., Hist. Eccl., lib. 3, cap. 18).”

Fin qui il Di Giovanni. Per quanto riguarda le primitive chiese o basiliche precostantiniane, sono fondamentali e decisive le testimonianze del Nuovo Testamento, sulle Chiese fondate dagli Apostoli e dai vescovi loro successori. Infatti le Chiese (gr. “ecclesiae”) di cui parla S. Paolo nella lettera ai Corinti (11, 17-34), sono certamente luoghi distinti dalle case private, in cui si riunivano in assemblea i Cristiani per celebrare l’eucaristia o “cena del Signore”. E’ infatti impossibile che le diverse chiese di Cristiani, prima perseguitate da Saulo e di cui poi, dopo la conversione, si prendeva cura con sollecitudine (cfr. 2Cor., 11, 28) non avessero luoghi di riunione e culto. Ancora, quando l’Apostolo raccomanda ai “vescovi” di Efeso di “vegliare sul grecce, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio” (cfr. Atti 20,28), si riferisce non solo alla Chiesa in generale, il Corpo mistico di Cristo, ma anche alle loro singole chiese locali, formate dai fedeli che certamente si riunivano nei loro luoghi di culto: E così ancora le sette Chiese dell’Asia Minore con a capo i loro Vescovi a cui si rivolge San Giovanni nell’Apocalisse (cap. 1 e 2), avevano senza dubbio i loro edifici di culto, eretti da questi stessi Vescovi e dai fedeli.

Possiamo aggiungere altre testimonianze dei primi secoli. La Didachè , del 90-100 d. C., se non parla espressamente dell’edificio, lo presuppone quando dice (4,14): “Nella Chiesa confesserai i tuoi peccati…”. Ed in 14, 1: “Riuniti nel giorno del Signore, spezzate il pane [il sacrificio eucaristico] e rendete grazie quando avete confessato i vostri peccati…”. Il citato Tertulliano più volte afferma espressamente che i Cristiani avevano templi, che chiama “Chiese” (De Idol, cap. 7; De Virg. Velandis, c. 13.). Lo stesso termine greco (“ecclesia”) si trova in Clemente Alessandrino Paedag.c. 11), Anobio (Contra Gentes, l. 4), Lattanzio (Inst., l. V, c. 11), Eusebio (Hist. Eccl., l. VIII, c. 2. 17. L. IX, c.9) e S. Agostino (De Civit. Dei, VIII, 27; X, 20).

Dunque i Cristiani sin dalle origini si riunivano in “ecclesiae”, per ricevere i sacramenti del battesimo, e della penitenza e celebrare in comune il sacrificio eucaristico. Nella voce Basilique (del Dictionaire d’archeologie chretienne et de liturgie, tradotta in La Basilica cristiana nei testi dei Padri dal II al IV secolo, a c. di L. Crippa, pp. IX ss:, Vaticano 2003), sono riportate, da altri testi dei primi secoli, più complete e particolareggiate descrizioni delle primitive “domus ecclesiae” o basiliche: Le Costituzioni Apostoliche, il Testamentum Domini , La Cohortatio ad Grecos dello ps-Giustino del II-III sec., il quale è l’autore cristiano più antico (a noi pervenuto!) che fa uso del termine “basilica”. Il Crippa trascura i passi di Tertulliano e di Clemente, ma aggiunge altri importanti passi di Eusebio e dei Padri posteriori.

Alcuni passi di Minucio Felice (Octavius), dello stesso Tertulliano (Ad Scapulam, 2; De Spectacul., 13), di Origene (Contra Celsum, l. VIII), che sembrano negare l’esistenza presso i Cristiani dei primi secoli di altari, statue, immagini e perfino templi e chiese, non sono in contraddizione con le riferite sicure testimonianze, ma vanno rettamente intese nel senso che i Cristiani non avevano templi, altari, statue e immagini come i pagani che prestavano ai loro dei culto idolatrino e offrivano loro vittime; ma avevano sacri edifici ed altari nei quali, con rito cristiano adoravano il vero Dio e offrivano un sacrificio incruento (cfr. PL. III, 536ss.).

 

LA PERSECUZIONE NERONIANA DEL 64-68

Poiché nel Martirium - Passio di S. Libertino e Peregrino e nel ms. italiano di S. Pellegrino si fa riferimento alla persecuzione di Nerone contro i tre santi e gli altri cristiani siciliani, ritengo necessario riportare questa mia ampia nota sulla persecuzione neroniana, S. Marziano e gli altri martiri Siracusani e Siciliani.

Per quanto riguarda questa prima persecuzione scatenata da Nerone dopo l’incendio di Roma del 64 d.C., è errata l’opinione di alcuni storici, secondo i quali “le leggende posteriori che assegnano in Roma e altre città dell’Italia e della Gallia gruppi di martiri a quella persecuzione non hanno valore storico” (G. Kirsch, in E.I.T., 26,798). Invero la persecuzione religiosa iniziata nel 64 “continuò fino alla fine del regno di Nerone (68) e, in seguito ad un editto imperiale che le dava forma legale, divenne generale, minacciando i fedeli sparsi per tutto il mondo romano” (P. Allard, Storia critica delle Persecuzioni, tr. it. E. Lari, I, p. 52ss.). A conferma ci sono anzitutto, per Roma, le testimonianze irrefutabili di Tacito (Annali, 15,44) e di S. Clemente I Papa (Lettera ai Corinzi, 5, 1-7, 4); e per il resto dell’Impero quelle, non meno autorevoli e sicure, degli scrittori cristiani dei primi secoli. Lo spagnolo Orosio (Adv. pag. hist., VII,5.) “Nerone fece soffrire ai Cristiani in Roma i supplizi e la morte, e comandò che fossero perseguitati ugualmente in tutte le province”. Sulpicio Severo (Chron.,II,41): “Tale fu il principio delle persecuzioni contro i cristiani; poi la religione fu proibita anche dalle leggi e in forza di editti pubblici non fu più lecito essere cristiano”. Lattanzio ( De mort. Pers., 1): “Nerone, vedendo che non soltanto a Roma ma dappertutto una grande moltitudine abbandonava ogni giorno il culto degli idoli e abbracciava la nuova religione, si slanciò alla distruzione del tempio celeste e all’abolizione della giustizia.”

Ci sono poi le numerose memorie di martiri romani e di altre parti dell’impero romano riportate negli antichi martirologi e raccolte, ma certamente non tutte, nel Martirologio Romano dal Baronio (Editio Princeps del 1584 e successive, con le sue preziose accurate note storico critiche). E si deve tener presente che del numero grandissimo di martiri solo poche memorie ci sono pervenute, perché l’odio di Diocleziano fece perire i loro atti (Baronio Annali,I, a.68). Invero i critici razionalisti considerano le cd. “legende” dei secoli seguenti, dal V in poi, specie se contengono miracoli, inventate e fantastiche, invece che basate su documenti scritti ormai perduti, e tradizioni fedelmente custodite e tramandate dai vescovi delle diverse diocesi; molti dubbi e obbiezioni sono poi deboli e controvertibili, oltre che preconcetti e infondati.

Orbene nel Martirologio Romano sono commemorati: “ 25 Aprile – Ad Alessandria natale del Beato Marco Evangelista…martirizzato “nell’ottavo anno di Nerone” (62 d. C.). Notizia attestata da Gelasio (PL. 59,139 e dagli Atti di Barnaba e Marco). Il 24 giugno: “A Roma commemorazione di moltissimi santi martiri che sotto l’imperatore Nerone, accusati calunniosamente dell’incendio della città, per suo ordine furono uccisi nel modo più crudele…” 22 Novembre: A Colossi in Frigia Filemone e Appia discepoli di S. Paolo, martiri sotto Nerone….” . 4 Agosto. Aristarco, discepolo di S. Paolo, che lo ordinò vescovo di Tessalonica… “sotto Nerone fu coronato da Cristo.” 15 Aprile. “Basilissa e Anastasia, martiri a Roma sotto Nerone”. 7 Settembre. A Milano San Caio Vescovo discepolo del beato Barnaba Apostolo, che battezzò i santi Gervasio e Protasio, e dopo aver sofferto molti supplizi nella persecuzione di Nerone, riposò in pace..28 Luglio. A Milano i santi martiri Nazario e il fanciullo Celso… durante la persecuzione eccitata da Nerone. 4 Giugno. A Brescia San Clateo vescovo e martire sotto l’imperatore Nerone. 19 Settembre. A Nocera natale dei santi martiri Felice e Costanza che soffrirono sotto Nerone.”. 3 Settembre. Ad Aquilea le sante vergini martiri Eufemia, Dorotea, Tecla ed Erasma, uccise sotto Nerone e sepolte da Sant’Ermagora.”

 

 

 

I MARTIRI SIRACUSANI E SICILIANI

Per noi è di grande importanza la veridicità dei martiri siracusani nella persecuzione di Nerone, perché sarebbe (per noi è) una prova fondamentale e decisiva dell’esistenza del cristianesimo a Siracusa e in Sicilia ai tempi apostolici!

E’ invece opinione comune (secondo noi errata), presso gli storici e gli archeologi contemporanei, che le prime comunità cristiane in Sicilia risalgano al secondo o terzo secolo d.C.

Il Lancia di Brolo (I, p. 54) scrive: “Se e quando la persecuzione neroniana si allargasse in Sicilia, nol sappiamo. Credo che non vi fu o non vi dovette essere violenta, ma mitigata da quel Lucilio che sotto Nerone resse la Sicilia da procuratore, a cui Seneca scriveva le sue lettere morali”. Opinione non corretta, perché il Di Brolo non tiene conto né del Gaetani né del Pirro, né del Kal. del Mancaruso, né degli AA.SS., né dei Mar. Ger. e Rom. Inoltre questa ipotesi non è valida non solo perché, come dice lo stesso Di Brolo (p.53), “anche sotto gli imperatori d’animo mite e temperato [e a pari o maggior ragione, sotto i magistrati], le persecuzioni infierivano con rigore uguale, forse anche maggiore…” ma soprattutto perché Lucilio fu Procuratore di Sicilia nel 63-64, prima dell’inizio della persecuzione! (cfr. Seneca, Tutti gli scritti, p. 668). E poi bisogna tener conto che la Sicilia durante il suo proconsolato fu una provincia tranquilla, sena armi né persecuzioni, come risulta dall’espressione “otiosam procurationem” del lib. IV delle Questioni naturali. Nerone inoltre, da “mite e temperato” dei primi anni di governo era diventato un tiranno dispotico e crudele e nel 65 anche Seneca cade vittima, dopo il fallimento della congiura dei Pisoni (cfr. Isagoge, 361s.).

Ma ecco quanto dice il Gaetani (Isagoge, 189-193): “ Per primo Nerone inferocì con la spada contro la chiesa nascente a Roma. Infatti è abbastanza noto che nell’occasione dell’incendio della città, per il capriccio di Nerone si cominciò ad infierire crudelmente contro i Cristiani (in nota 1 è citato Tertulliano, Apol., cap. 5, e Scorpiace). In seguito, furono anche emanati dei decreti che vietavano la religione cristiana e non permettevano di essere cristiani; e questo odio non solo si rivolse contro quelli che abitavano a Roma, ma fu come un incendio che si diffuse ampiamente e devastò le provincie. Inftti Orosio attesta che fu ordinato da Nerone di perseguitare i Cristiani in tutte le provincie (nelle note 2 e 3 sono citati Severo e Orosio; v. sopra). Dunque come la spada di Nerone cominciò ad infierire contro la chiesa romana, parimenti in Sicilia imperversò e quando l’editto di Cesare fu promulgato contro la nostra religione, cominciò la persecuzione. Certamente il martire Peregrino, discepolo di S. Marciano vescovo di Siracusa, si riferiva ai tempi di Nerone quando scrisse queste cose riportate dall’Encomiaste siracusano: “ In quel tempo furono mandati in tutto il mondo decreti per abbattere e togliere dalle fondamenta la religione cristiana”. A ciò l’Encomiasta aggiunge…”(segue il passo dell’Encomio da noi sopra riportato).

E così conclude il Gaetani: “ Ci addolora fortemente il fatto che tanti nomi di illustri martiri, che in Sicilia furono uccisi dal furore di Nerone, assieme ai loro Atti sono periti. Io ritengo cosa certa che per prima si infierì a Siracusa contro i sommi capi della chiesa, e che il vescovo Marciano, prima di tutti ricercato a morte secondo gli ordini stabiliti, abbia ornato la sua sede con l’effusione del sangue. Scrisse i suoi atti il discepolo Peregrino, il quale poi fu ucciso per la fede, ma non so se nella stessa persecuzione di Nerone o in quella di Domiziano. Questo martirio lo subì assieme a S. Libertino, vescovo di Agrigento nel monte Crotalo, non lontano da Agrigento.

 

Anche Tommaso De Angelo, nel capitolo sulle “Persecuzioni della Chiesa Siciliana nel I secolo”, afferma (p. 14): “La prima persecuzione dei pagani che infuriò dall’anno 64 sotto l’Imperatore Nerone, è ben descritta dall’Encomiaste siracusano di S. Marciano”; e riporta il sopracitato passo dell’Encomio, mettendo, come fa il Gaetani, al posto degli Imperatori Valeriano e Gallieno, Nerone.

Noi ribadiamo che a questa tremenda persecuzione neroniana va riferito quanto dicono l'Anonimo Encomiasta di S. Marziano (v. sopra il passo relativo) e il Martirium-Passio di Libertino e Peregrino.

Va perciò corretta l'opinione del Lancia di Brolo (pp. 99ss.) e di altri, che non considerando errato ma veritiero il riferimento nei due testi ai due imperatori Valeriano e Gallieno, riferiscono al III secolo la persecuzione.

 

LA PERSECUZIONE DI VALERIANO E GALLIENO

Invero anche questa ottava persecuzione di Valeriano e Gallieno anche se non durò più di tre anni, dal primo editto del 267 al 260, anno in cui morì Valeriano e il figlio Gallieno vi pose termine (cfr. E.I.T., s.v. Valeriano), infierì crudelmente in Sicilia.

Ecco cosa dice il Gaetani nella sua Isagoge (n. 9 e 10, p. 194-95, testo trascurato dal Lancia di Brolo e da altri): “Frattanto cresceva in Sicilia la tempesta contro i Cristiani. L’ira di Decio era aumentata da Valeriano, lasciato Censore di Roma con pieni poteri. Quando partì in Oriente contro i Persiani, mosse una guerra molto più atroce contro la nostra religione. Infiammato dai suoi editti, come da fiaccole, Tertullo, Rettore di Sicilia, scorreva per tutte le città, i castelli e i villaggi della Sicilia, mandava gruppi di soldati nei luoghi nascosti, i quali come cani da caccia dovevano scovare i Cristiani che si nascondevano per ucciderli. Infatti consta dagli Atti dei Martiri [Alfio, Filadelfo e Cirino] che Tertullo percorse nella Sicilia Orientale le città di Mineo, Lentini, Catania, Taormina, Messina, Milazzo, uccise molti col ferro o col fuoco e ricercò vescovi e preti che si nascondevano nelle spelonche e cambiavano di giorno in giorno rifugio; ed anche i cristiani atterriti per la fede che erravano nelle montagne. Certamente allora il timore e l’atrocità fu tale che, come aveva predetto Cristo Signore [Matt. 10,17s.; Marc. 13,9s.] , i fratelli furono traditi dai fratelli, i figli dai genitori e gli amici dagli amici; e se mancava il carnefice, venivano trucidati dai fratelli, nuovo esempio di crudeltà. Allora infatti la vergine Eutalia di Lentini fu uccisa per la fede di Cristo dall’empio fratello Serviliano.

Ma quanto più aspra fu la persecuzione, tanto maggiore fu il numero degli uomini e delle donne che aderirono a Cristo. Molti, mossi dalla divina virtù, dalla costanza dei martiri nei tormenti e dai miracoli, si convertivano alla fede cristiana. Molti si recavano dai vescovi e dai preti nascosti nei monti, per essere purificati nelle sacre acque [battezzati]. Altri, infiammati dal maggiore ardente amore per Cristo e dalla costanza dei martiri, spontaneamente si offrivano ai tiranni. Eppure in quei tempi feroci, in cui i nostri venivano ricercati per la strage, non mancarono coloro che provvedevano a soccorrere i confessori e a seppellire i martiri. Viene celebrato l’esimio impegno delle sante donne Tecla e Giustina di Lentini, le quali dotate di beni e di pietà, sostenevano con le loro ricchezze i Cristiani sparsi nelle solitudini, visitavano i Confessori rinchiusi nelle carceri, dopo aver convinto i custodi col denaro, e si prendevano cura dei corpi dei martiri. La stessa cosa era fatta a Mineo dalla Beata Euprexia. I nomi di tanti illustri atleti di Cristo, che furono uccisi nella tempesta di Decio e Valeriano sono periti per cattivo destino; e solo di pochissimi se ne conosce la storia, che si trova nelle Vite dei Santi Siciliani.”

Ed a p. 338s. il Gaetani indica i nomi di alcuni dei cristiani uomini e donne che si rifugiarono nei monti e nelle caverne e furono martirizzati durante le due persecuzioni successive di Decio e Valeriano: Nel monte Ciparessio presso il fiume Assia Publio ed Agatone, Vescovo di Lipari, che furono nutriti grazie ai beni delle (dette) pie donne Tecla e Giustina, tramite alcuni pastori. “Talleleo, Cleonico, Stratonico e Alessandro nel monte Selinodio, dove conducevano in grotta vita da eremiti fra aspre penitenze e preghiere; presi dagli sgerri di Tertullo che avevano sentito i loro canti, furono martirizzati.

Fin qui il Gaetani. L’Holm (III, 646, nn. 249-51) riporta i nomi dei tre “Consulares” di Sicilia, che si trovano ricordati negli Atti dei Martiri Siciliani, contenuti nelle Vite del Gaetani: Armato, sotto Massimino (I,43), Quinziano, sotto Decio (I,44), e Tertullo (I, 66-68).

Il Gaetani però, come abbiamo visto, esclude che Marziano, Peregrino e Libertino siano vissuti e morti durante questa persecuzione. Noi possiamo dedurre che proprio il ricordo di questa terribile più recente persecuzione abbia indotto in errore gli autori dell’Encomio e della Passio, che la scambiarone per quella neroniana!

A confutazione dell’ipotesi dell’Amore, del Rizzo e di altri, secondo i quali S. Marziano e S. Pellegrino siano venuti dall’Africa e siano stati martirizzati durante la persecuzione vandalica, riportiamo la memoria del Calendario del 7 Aprile, che ricorda altri martiri e non Marziano e Peregrino. “ Santi martiri nella persecuzione vandalica, sotto il re ariano Atalarico” (Bollando in AA. SS. Tom. I, Aprilis, f. 655; O. Gaetani, Martirologio; Victor. Liber de persecuzione vandalica).

Il Calendario del Mancaruso commemora oltre S. Marziano, numerosi altri martiri siracusani durante la persecuzione neroniana dal 64 al 68 . Al I gennaio è scritto: “ Primizie dei santi martiri nella persecuzione di Nerone, per la crudeltà dei Giudei; per quattro anni con spietati supplizi dilaniarono la chiesa siracusana e un numero quasi infinito trasvolò alla celeste corona” (Il Mancaruso e il Della Torre aggiungono altre fonti a conferma: Tavole della Chiesa Siracusana presso il Caietano; il Martirologio Geronimiano; il Calendario Gallicano; Gli Acta SS. Januarii I, f. 9. Aprilis III, 359.). In nota sono aggiunte (nel testo conservato nella biblioteca comunale di Siracusa), a penna da mano anonima, le ampolle contenenti il sangue dei martiri rinvenute alla fine del 1800 nelle catacombe siracusane. Ma, aggiungiamo noi, queste ampolle di sangue possono riguardare martiri del secondo o terzo secolo.

Conferma l’autorevole Pirro (Notizia della Chiesa Siracusana, p. 600), il quale è anteriore alla scoperta del detto calendario, e dice: “A Siracusa primizie dei martiri della persecuzione di Nerone, quando il suo empio editto pervenne in Sicilia il giorno 1° di gennaio: dalle Tavole della Chiesa Siracusana e dal Caetano.”

Inoltre il 25 aprile, nel calendario, sono commemorati: “ I Santi Martiri Evodio, Ermogene e la sorella Callista, rinati nel sacro fonte per la fede furono uccisi di spada. (Fonti: Caietano, Pirro, Calend. Gallicano. Bollando Acta SS. Aprilis III, 359. Martir. Geron. Notker. Maurolico. Dai Grandi Menei dei Greci, e da quello più grande di Cipro.)

Il 2 Settembre. “Agatoclea per la confessione della fede crudelmente dilaniata viene gettata nel rogo. (Fonti: Sinassario di Parigi del Collegio di Clermont). Anno 68.

Non morì nella persecuzione neroniana ma in quella successiva di Domiziano nel 93 S. Antusa, commemorata nel Calendario il 28 Maggio: “ S. Antusa, nobile matrona, spogliata di tutti i suoi beni dal prefetto Salviniano, con dodici servi volò alla corona del martirio sotto Domiziano. Il suo corpo riposa nella spelonca vicino al muro. (E’ citato Bollando in AA. SS., tomo III, februarii, f. 287).

I Bollandiscti Henschenio e Papabrochio (Tomo III Aprilis ff. 359-61) considerano “congetture” le opinioni del Pirro e del Gaetani che assegnano questi martiri alla persecuzione di Diocleziano (304) e ritengono invece più verosimile che facciano parte dei primi martiri uccisi sotto Nerone, “di cui abbiamo fatto memoria il 1° gennaio; nel quale secolo morirono martiri i Vescovi siracusani Marciano e Cresto, a cui viene dato compagno S. Peregrino, che soffrì sotto Domiziano il 3 Novembre.

Inoltre è riportata da autori spagnoli, il Cerus, il Bivarius ed altri, la notizia che S. Ermogene avrebbe assistito a Gerusalemme alla morte dell’Apostolo Giacomo, avrebbe accompagnato il suo corpo in Spagna a Santiago de Compostella, e da lì sarebbe giunto in Sicilia, dove sarebbe stato ucciso a Siracusa con gli altri nella persecuzione neroniana. I Bollandisti avanzano poi l’ipotesi, secondo noi verosimile perché corrispondono i tempi, che si tratti dello stesso Ermogene nominato da S. Paolo nella seconda Lettera a Timoteo (1, 16).

Per Agatoclea il Gaetani della Torre aggiunge la notizia del citato “Sinassario di Parigi, conservato nel Collegio dei Gesuiti di Clermont, unitamente coi santi Evodio, Ermogene e Callista: “Memoria Sanctorum Agatoclea, Callistae, Hermogenis et Evodii”.

Evodio, Ermogene e Callista sono ricordati, senza indicazione della persecuzione, nel più antico dei martirologi, il Geronimiano, alla stessa data 25 Aprile, ed anche il 1 settembre. “A Siracusa, città della Sicilia natale dei Santi Evodio, Ermogene e Callista. Nell’edizione critica dei Bollandisti il Quentin aggiunge: “ Oggi nei sinassari dei Greci si trova scritta: “memoria dei santi martiri Agatoclea, Callista, Ermogene e Evodio, senza alcun aggiunta di luogo. In alcuni esemplari sono detti “fratelli”. In un’omelia di Teofane Cerameo al I settembre (P.G. CXXXII, 12ss.). “Di Callista, Evodio ed Ermogene, pochissimo spiegheremo: non li distinse infatti la natura, la fama, l’accordo e l’identica lotta; ed essi ci guideranno mirabilmente noi che custodiamo l’armonia con Dio, di cui siamo stirpe secondo la parola del sapiente”. Implicito riferimento al passo di S. Paolo in Atti 17,28; il sapiente pagano è Arato di Soli o lo stoico Cleante. Secondo il Fabricius, Teofane, arcivescovo di Taormina, visse al tempo di Re Ruggero II il Normanno (1129-1152).

Si tratta certamente di una testimonianza importante su questi martiri siracusani, il cui culto si era diffuso anche nella vicina Taormina. Viene confermato il nome “Callista” della martire e il fatto che erano fratelli, com’è detto nel Kal. del Mancaruso.

Agatoclea è commemorata nel Mart. Rom. il 17 settembre, ma senza l’indicazione dell’imperatore; inoltre la data del “dies natalis” è diversa, il 2 settembre nel Mancaruso. Ciò però non depone per la diversità della martire; non solo perché nel Mart. Rom. è l’unica martire con questo nome, ma anche perché corrisponde la descrizione del martirio: “ A. per la confessione della fede crudelmente dilaniata, fu gettata nel fuoco” Kal. del Manc. ”A. serva di una donna infedele, dalla quale per lungo tempo colpita con verghe e altri tormenti per negare Cristo, portata alla fine davanti al giudice e più crudelmente dilaniata, persistendo nella confessione della fede, le fu tagliata la lingua e gettata nel fuoco.” (M.R.).

Un’ulteriore conferma della persecuzione neroniana ed anche di S. Pancrazio, da non disprezzare perchè basata sulla tradizione locale, ce la dà il Pirro (Siracusanae Ecclesiae, 674), che sul Convento dei Francescani Conventuali di Lentini dice: “In questo Cenobio si tramanda che vi fu un tempo un oratorio dove S. Pancrazio, primo vescovo di Taormina mandato da S. Pietro, si nascondeva quando infieriva la persecuzione di Nerone”.

Infine è significativa la conferma della citata Bolla di Papa Gregorio XVI del 1844 che dice: “All’opera e alla fatica dell’immortale vescovo (Marziano) la fede cristiana mise così profonde radici che, quando infieriva il furore dei pagani, la Chiesa Siracusana risplendette bagnata dal sangue dei fortissimi martiri”.

In conclusione, tenuto conto di tutte queste testimonianze degne di fede, è contrario alla corretta è vera critica storica negare, durante i quattro anni della persecuzione neroniana dal 64 al 68, l’esistenza di questi martiri siracusani, con in testa il protovescovo Marciano, discepolo di S. Pietro; e quindi l’origine apostolica della Chiesa Siracusana!

Ne viene inoltre autorevolmente, anche se indirettamente, confermata la narrazione del Martirium e del ms. italiano riguardo a S. Pellegrino, che in quegli anni fu sottoposto a tormenti ma non morì!

 

 

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