MELCHIORRE TRIGILIA

 L'ISOLA DEI PORRI

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TERZA PARTE

ELENCO FLORISTICO

LA FAUNA MARINA

LA RISERVA NATURALE ISOLA DEI PORRI E PANTANI

L’AREA MARINA PROTETTA

Il CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO

CONFRONTO CON L’ISTITUITA AREA MARINA

PROTETTA DEL PLEMMIRIO

ELENCO FLORISTICO

Chlorophyceae

Caulerpa racemosa

Chaetomorpha linum

Cladophora coelotrix

«         prolifera

«         rupestris

Dasycladus vermicularis

Flabella petiolata

Halmeda tuna

Ulvella lens

Valonia utricularis

 

Phaephyceae

Cladosiphon irregularis

“          zosterae

Cladostephus spongiosus

“        “     vareticillatus

Corinophlaea flaccida

Cystoseira amentacea

“     “      compressa

Dictyopteris polypodioides

Dyctiota dichotoma

“        fasciola

“        linearis

“        mediterranea

“        spiralis

Ectocarppus sp.

Halopteris filicina

Myriactula rivulariae

Nemacistus flexuosus

Padina pavonica

Sargassum sp.

Sphacelaria cirrosa

Stilophora tenella

Stypocaulon scoparium

Zanardinya prototypus

 

Rhodophyceae

Acrosorium venulosum

Aglaothamninon cordatum

“          “        hookeri

Amphiroa rigida

Antithamnion cruciatum

Asparagopsis armata

Bangia atropurpurea

Bonnemaisonia hamiphera

Botryocladia boergesenii

«    «     madagascariensis (specie nuova, segnalata per la prima volta nel 1992)

Callithamnion granulatum

Ceramium bertholdii

Ceramium circinatum

«        codii

«        comptum

«        diaphanum

«        flaccidum

«        siliquosum

«        tenerrimun

«        t. brevizonatum

Campia parvula

Chondria capillaris

“       dasyphylla

“       mairei

Chylocladia pelagosae

Contarinia squamariae

Crouania attenuata

Dasya corimbiphera

“     hutchinsiae

“      ocellata

“     rigidula

Dipterosiphonia rigens

Erythroglossum sandrianum

Erytrocystis montagnei

Gelidiella lubrica

“       nigrescens

Gelidum pusillum

Gracilaria sp.

Griffthsia opuntioides

 

Griffthisia schousboei

        “        sp.

Haliptilon virgatum

Hermosiphnia seconda

Heterosiphonia crespella

Hydrolithon farinosum

Hypnea musciformis

Hypoglossum hypoglossoides

Jania rubens

   “     corniculata

Laurencia chondrioides

       “        maiuscola

       “        microcladia

       “        minuta

       “        ssp. Scammacae

       “        obtusa

Litophyllum oustulatum

Lomentaria sp.

Lophosiphonya cristata

Meredithia microphylla

Neogoniolithon brassica- florida

Nitrophyllum micropunctatum

N. punctatum

Osmundea ramosissima

Peyssonnellia bornetii

         “           coriacea

         “           harveyana

         “           inamoena

         “           rosamarina

         “           rubra

         “           squamarla

         “           stoechas

Phymatolython lenormandi

Plocamium cartilagineum

Pneophillum fragilie

          “          zonale

Polysiphonia brodiaei

           “         dichotoma

           “         opaca

           “         scopujlorum

           “         cfr. striata

Rhodophyllis divaricata

Rhodymenia cfr. leptofau-cheoides

R. ligulata

Spermothamninon repens

Sphaerococcus coronopifolius

Stylonema alsidii

Womersleyella setacea

Wrangelia penicillata

Wurdemannia cfr. miniata 

 

    Rileviamo che questo elenco è lungi dall’essere completo, tenuto conto che nell’area della vicina Isola di Capo Passero  “studi recenti hanno individuato circa 600 unità tassonomiche cioè, quasi la metà dell’intero patrimonio floristico del Mar Mediterraneo”! (cfr. V. Di Martino – B. Stancanelli, Riserva naturale integrale – Isola di Capo Passero – Il Mare, p. 24, Siracusa 1998).

   Aggiungiamo queste note riguardanti le alghe più comuni della zona.

   Posidonia oceanica – Fam. Potamogetonacee o Naiadaceae. Genere di piante monocotiledoni marine sommerse.  Forma vere e proprie praterie sottomarine sui bassifondi arenosi e rocciosi lungo le coste, dalla superficie fino a 25 mt. di profondità. Ha un grosso rizoma ramato, da cui si dipartono ciuffi di 5-10 foglie nastriformi, larghe 6-10mm. e lunghe fino a 50 cm. Le foglie, che dalle mareggiate vengono  accumulate  nella riva, si utilizza

vano per imballaggio, per riempire cuscini e pagliericci, sotto il nome di crine vegetale marino, e talora anche come concime e per la fabbricazione di carta. I residui fibrosi delle foglie staccatisi dal rizoma, formano intrecci feltrosi a forma di pallottole, che si trovano assai di frequente nelle spiagge. E’ un importante indicatore ecologico e la sua riduzione o scomparsa è dovuta all’inquinamento delle acque.

   Padina Pavonia. Nome comune Coda di pavone – Classe Alghe Brune Feoficeae – Ordine Dictotali – Famiglia Dictiotaciae. Alga tra le più comuni e conosciute nelle acque basse e ben illuminate. Il tipico aspetto a coda di pavone e la colorazione tendente al biancastro la fanno distinguere perfettamente tra la maggior parte delle alghe superficiali. Massiccia presenza attorno all’Isola dei Porri.

   Acetabularia Acetabulum. Nome comune Ombrellino di mare. Classe Alghe Verdi Cloroficeae. Ordine Sifonocladali. Famiglia Dasicladaceae. La pianta adulta si presenta sotto forma di piccolo ombrello di colore verde biancastro alto da 4 a 10 cm. Cresce di solito in colonie numerose sulle rocce o altri substrati duri delle zone riparate e calme in cui la temperatura dell’acqua rimane a livelli accettabili anche d’inverno.

   Codium Bursa. Nome comune Alga a palla. Classe Alghe verdi Cloroficeae. Ordine Codiali. Famiglia Codiaceae.

   Cystoseira Fimbriata. Classe Alghe Feoficea. Ordine Fucali. Famiglia Cistoseiraceae. E’ una delle alghe brune più grandi della zona costiera raggiungendo spesso anche un metro di altezza. Forma densi cespugli disposti generalmente in un solo piano.

   Caulerpa Prolifera e Racemosa. Nome comune Caulerpa. Classe Cloroficeae. Ordine Caulerpales. Famiglia Caulerpaceae. E’ una delle alghe che assomigliano di più ad una pianta terrestre. Nel Mediterraneo lo sviluppo è prettamente stagionale. Le nuove fronde si sviluppano in primavera e raggiungono il massimo di dimensioni in autunno.

    Ulteriori e più complete notizie su tutte le alghe si trovano nei testi di biologia delle alghe e in internet nelle singole voci.

 

LA FAUNA MARINA

   La platea prevalentemente rocciosa attorno all’Isola dei Porri, allo scoglio Iannazzo e Secche di Circe, caratteristica per la sua peculiarità morfologica e bentonica, offre ancora oggi, nonostante la pressione antropica esercitata, scorci interessanti di fauna sottomarina.

   Per quanto riguarda il fitoplancton e lo zooplancton,  abbiamo i dati delle due campagne oceanografiche del 1988 e 1989. Nella stazione di osservazione 8/a da Maganuco/Pozzallo a Punta Castellazzo e 27/a Litorale della Marza/Isola dei Porri sono stati rilevati nel fitoplancton: Monadi Flagellati, Diatomee, Peridinee, Coccoli-Toforidee, Euglenoficee. Nello zooplancton: Cladoceri, Copepodi, Larve-Invertebrati, Appendicolarie, Cnidari, Chetognati, Foraminiferi, Uova-Teleostei. Nel tratto di fascia costiera compreso tra Pozzallo e Capo Passero i valori quantitativi sono risultati scarsi rispetto alla media delle altre aree campionate, mentre per quanto riguarda l’esame qualitativo, la composizione tassonomica e specifica è simile a quella riscontrabile nelle aree costiere.

   Studi e censimenti più recenti, anche se parziali, riguardano gli invertebrati, la fauna bentonica e gli artropodi degli ambienti sabbiosi dell’area iblea. G. Parlato ha compilato nel 1996 un primo elenco di 1157 specie o sottospecie di invertebrati, delle quali 91 risultano endemiche della Sicilia e 29 esclusive di quest’area. Grazia Cantone ha riportato i risultati di ricerche della fauna bentonica fatte nei primi anni ’90 nel litorale ionico e nel golfo di Gela (la nostra area non era compresa). Oltre a 20 specie di condroitti e 153 di osteitti (pesci) e 59 di crostacei, nelle pescate effettuate nelle 11 aree campionate, sono stati determinati in totale: 452 policheti, 353 molluschi, 207 briozoi, 38 echinodermi 9 cnideri, 8 tunicati. Si tratta certo di conoscenze frammentarie e limitate, dalle quali comunque emerge la ricchezza faunistica delle acque iblee. I litorali sabbiosi sono presenti in modo più cospicuo lungo la costa sud-ovest del litorale ibleo. Gli artropodi terrestri che vi vivono sono una componente di grande rilievo della biodiversità iblea e formano un patrimonio naturalistico di grande valore che bisogna salvaguardare. I biologi E. Conti, G. Carta e A. Petralia hanno messo in evidenza gli aspetti comportamentali della biologia di alcune delle più comuni specie di artropodi della fascia umida contigua al mare, dell’arenile e del sistema dunale. Purtroppo negli ultimi decenni numerosi fattori d’impatto ne minacciano la sopravvivenza. Tali sono: la sistematica riduzione o distruzione degli ambienti costieri, specie quelli sabbiosi, per la crescente  selvaggia  urbanizzazione,  la  costruzione di strade, le colture protette,

l’esportazione di sabbia per l’edilizia e i letti delle serre; e ancora l’impianto di boschi artificiali che modificano le condizioni del suolo, l’abbandono dei rifiuti, il calpestio umano e di mezzi meccanici. L’istituzione di un area protetta può certo arrestare gli aspetti deteriori di queste tendenze (cfr. G. Parlato, Gli Invertebrati. G. Cantone, Fauna bentonica delle coste. E, Conti, G. Costa, A. Petralia, Artropodi degli ambienti sabbiosi costieri, in “ La Fauna degli Iblei, Atti del Convegno Noto 13-14 maggio 1995”, Siracusa 1996).

 Pesci costieri. Fino a una trentina di anni fa il sistema dell’Isola dei Porri, specie nelle secche esterne verso Sud, era luogo di ordinari incontri con le Aragoste (Palinurus vulgaris), con l’Astice o Lupo di mare (Homarus gommarus), con la Cernia gigas o bruna (Epinephelus quaza), il Dotto (Epinephalus alexandrinus), con il Dentice (Dentex dentex), mentre il pesce azzurro si presentava in frequenti e popolosi banchi che lambivano all’esterno le Secche di Circe e l’Isola dei Porri. La caccia dei pescatori subacquei e le criminali forme di pesca con lo strascico e con gli esplosivi hanno inferto una grave decimazione alle specie ittiche in generale, tant’è che lo stesso pesce azzurro ha subito abbattimenti attorno al 70-80%.   Ecco le specie più comuni, fra le centinaia presenti nella zona Porri Secche di Circe, alcune con rischio di scomparsa ed estinzione. Carangidi: Ricciola (Seriola domerili), in branchi nei periodi di passa (maggio-giugno). Balistri: Pesce Balestra. Congridi: Grongo (Conger conger). Gobidi: Ghiozzo. Labridi: Donzella zigarella o pesce del re o Girella (Coris Julis); Donzella (Crenilabrus tinca); Crenilabro Pavone (Sympodus tinca); Pesce Cavaliere ( Crenilabrus mediterraneus); Tordo nero (labrus merula). Mugillidi: Cefalo dorato o Muggine (Mugil auratus o Liza aurata). Mullidi: Triglia di scoglio (Mullus surmuletus. Murenidi: Murena (Muraena helena); Pomacentridi: Castagnola nera (Cromis cromis). Pomatomidi: Pesce Serra. Raidi: Razza. Scaridi: Pesce pappagallo (Sparisoma cretensis). Scienidi-Scorpenidi: Corvina di sasso (Sciaena umbra); Scorfano rosso (Scorpaena scrofa); Scorfanotto (Scorpaena notata); Scorfano bruno (Scorpaena porcus). Serranidi: Spigola (Dicentrarchus labrax); Sciarrano (Serranus scriba); Cernia gigas (Epinephelus guaza); Dotto ( Epinephalus alexandrinus). Sparidi: Occhiata ( Oblada melanura); Salpa; Sarago maggiore (Diplodus sargus); Sarago farsaone o reale (Diplodus cervinus); Sarago pizzuto o Sparo acuto (Puntazzo puntazzo); Sarago fasciato (Diplodus vulgaris); Sparaglione (Diplodus annularis); Dentice (Dentex dentex); Orata (Sparus auratus); Boga; Tanuta . Trachinidi: Tracina. Nel fondale sabbioso sono comuni le torpedini, Torpedo sp., le pastinache, Dasyatis pastinaca, i gattucci, Scillarinus sp., le sogliole, Solea sp., i rombi, Bothus sp., le rane pescatrici, Lophyus piscatorius, etc.  

 

Non è certo un elenco completo, tenuto conto che per es. a Terrasini (Pa) sono  state  catturate 60 specie di pesci, tre di crostacei e quattro di cefalopodi (M. Arculeo, G. D’Anna, S. Raggio, Le barriere artificiali nel Golfo di Castellammare, in “Impatto 3 R – Randagismo – Ripopolamento – Reintroduzioni”, Siracusa 1992); e specialmente le 20 specie di condroitti, 153 di osteitti (pesci) e 59 di crostacei catturate nelle pescate del 1996 (v. sopra G. Parlato). 

LA RISERVA NATURALE ISOLA DEI PORRI E PANTANI

   Alla fine degli anni Ottanta, a seguito della costituzione del Ministero dell’Ambiente e dell’approvazione della legge quadro sulle aree protette del 6/12/1991, n.394, c’è stata una sensibile ripresa nell’individuazione delle aree protette sia a livello nazionale che regionale, col trasferimento alle Regioni delle deleghe in materia di protezione dell’ambiente naturale e di pianificazione del territorio. Nel 1991 l’Assemblea Regionale Siciliana ha istituito la Riserva naturale integrale comprendente l’Isola dei Porri e la riserva naturale orientata riguardante i Pantani Cuba, Longarini, Bruno e Gorgo Salato, suddivisa in riserva (Ha. 431,407) e preriserva ( Ha. 953,625). Questa la motivazione per l’Isola: “Aspetti di vegetazione costiera della Statica-Limonietea con talune entità endemiche anche con caratteristiche locali. La copertura vegetale di gran parte dell’isola è rappresentata da talune geofite e nanofenerofite straordinariamente adattate alle particolari condizioni pedoclimatiche”. E per i Pantani: “ Esteso complesso di ambienti umidi costieri che ospita popolazioni di uccelli limicoli svernanti. Gli ambienti lacustri, caratterizzati da ampie oscillazioni del livello dell’acqua, danno ricetta ad una ricca varietà di aspetti di vegetazione sia prettamente alofila che igrofila, distribuite in cinture ben caratterizzate: Salicornieti, Junceti, Fragmiteti”. Nel 1992 il Comune di Ispica aveva proposto l’affidamento della Riserva all’Ente Fauna Siciliana, ma l’Assemblea Regionale nel 1993 l’ha affidata alla Provincia di Ragusa. Il 14 agosto 2005 nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana è stato pubblicato il bando per l’affidamento o riaffidamento della gestione delle Riserve Naturali della Sicilia. La Riserva ispicese è stata ora compresa nella Riserva Naturale “Pantani della Sicilia Orientale” e Riserva Isola dei Porri. 

   Nel corso del 2006 la Regione Siciliana doveva emanare i decreti per definire la tipologia (orientata o integrale), delimitare i confini, stabilire i criteri di gestione con regolamento e divieti, e decidere l’ente gestore che non può essere il Comune. Ma a tutt’oggi questi decreti non sono stati emanati. Comunque la F.I.P.S.A.S. si è attivata per poter avere l’assegnazione della Riserva.

 

L’AREA MARINA PROTETTA

   L’iniziativa dell’istituzione dell’area marina protetta (AMP) tra Porto Ulisse, Isola dei Porri e Secche di Circe. fu intrapresa nel 1990 dalla Provincia di Ragusa che affidò l’incarico alla Fondazione Mediterranea di Ragusa la quale fece uno studio scientifico e presentò un progetto con precise proposte quali un Osservatorio Meteomarino e ambientale, un Acquarium, punti di imbarco per escursioni con battelli a fondo trasparente ecc.  (cfr. Progetto di istituzione delle Aree Marine Protette alla Foce del Fiume Irminio e nel Sistema di P.to Ulisse – Secche di Circe – Isola dei Porri Ragusa 1990). Fu anche prevista la spesa di 5 miliardi, ma non se n’è fatto niente!

  Oggi, fra gli studiosi e gli enti pubblici e privati interessati alle problematiche ambientali è maturata la convinzione che il problema della protezione della natura non può essere ristretto alle sole aree protette, le cd. “isole di naturalità”, ma deve riguardare l’intero territorio. La sfida da affrontare nella realizzazione di parchi e riserve naturali riguarda la ricerca di forme di sviluppo locale valido e duraturo compatibili con la tutela dell’ambiente e di corretta gestione del territorio. La via da seguire è la valorizzazione delle specificità naturali e culturali di ciascuna zona protetta al fine di creare una crescente consapevolezza della società locale che la porti a condividere e ad interpretare il progetto parco.

   Bisogna anzitutto formare una rete ecologica per la conservazione delle strutture e degli ecosistemi con le componenti biotiche e abiotiche. Dato che i valori naturalistici e culturali sono complementari e interdipendenti, si deve promuovere la ricerca scientifica sulle peculiarità dell’habitat e la biodiversità, per migliorare lo status delle conoscenze e per la loro tutela. L’ambiente da proteggere non deve essere però solo sottoposto a vincoli e mummificato, ma, per la presenza di insediamenti umani, deve essere visto come area idonea per attività privilegiate come la ricerca scientifica, il turismo, i servizi, l’artigianato, la produzione agroalimentare. Tutti settori entro i quali la compatibilità con la tutela ambientale può essere abbinata a forme d’incentivazione e a programmi di formazione professionale e di sviluppo. Si promuove così l’economia e l’occupazione specie dei giovani, con la creazione di nuovi posti di lavoro, sia diretta, gestione e manutenzione dei parchi, sia indiretta, strutture ricettive, iniziative in campo agricolo e artigianale per la valorizzazione di prodotti tipici locali. In questo modo si favorisce inoltre la stabilizzazione del flusso turistico anche nei periodi di bassa stagione.

 

Il CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO

   Ai sensi dell’art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137, approvato col decreto legislativo 22-1-2004 in vigore dal 1° maggio 2004, questo Codice stabilisce la normativa a livello nazionale riguardante i beni paesaggistici. Nelle disposizioni generali, il comma 3 dell’art. 2 definisce come beni paesaggistici gli immobili e le aree costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio.

   L’art 131, sulla salvaguardia dei valori del paesaggio, dice che per paesaggio s’intende una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni. L’art. 132 afferma che le amministrazioni pubbliche (regioni, province, comuni, città metropolitane) cooperano per la tutela, pianificazione, recupero, riqualificazione e valorizzazione del paesaggio e la gestione dei relativi interventi, anche nella prospettiva dello sviluppo sostenibile. L’art. 136 specifica che sono di notevole interesse pubblico: a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità geologica; b) le ville, i giardini e i parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza; c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale; d) le bellezze panoramiche considerate come quadri e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di queste bellezze. L’art. 137 dispone che con atto regionale venga istituita per ciascuna provincia una commissione con il compito di formulare proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico di questi immobili. Queste proposte (art. 138,2) sono dirette a stabilire una specifica disciplina di tutela e valorizzazione rispondente agli elementi peculiari e al valore degli specifici ambiti paesaggistici. L’art. 142 stabilisce che, fino all’approvazione del piano paesaggistico, sono Aree Tutelate per legge, per il loro interesse paesaggistico: i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia; i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi; le zone umide incluse nell’elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448. L’art. 143 riguarda il Piano Paesaggistico. In base alle caratteristiche naturali e storiche ed in relazione al livello di rilevanza e integrità dei valori paesaggistici, il piano ripartisce il territorio in ambiti omogenei, da quelli d’elevato pregio paesaggistico fino a quelli significativamente compromessi o degradati. Gli obbiettivi di qualità paesaggistica prevedono: il mantenimento delle caratteristiche, degli elementi costitutivi e delle morfologie; la previsione di linee di sviluppo urbanistico ed edilizio compatibile con i diversi livelli di  valore riconosciuti e tali da non diminuire il pregio paesaggistico del territorio; il recupero e la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposte a tutela compromesse o degradate, al fine di reintegrare i valori preesistenti ovvero di realizzare nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati con quelli.

   Queste le fasi più importanti in cui si articola il piano paesaggistico: Ricognizione dell’intero territorio, attraverso l’analisi delle caratteristiche storiche, naturali, estetiche e delle loro interrelazioni e la conseguente definizione dei valori paesaggistici da tutelare, recuperare, riqualificare e valorizzare; analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio attraverso l’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio; determinazione di misure per la conservazione dei caratteri connotativi delle aree tutelate, dei criteri di gestione e degli interventi di valorizzazione paesaggistica degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico; individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate.

   La Provincia di Ragusa, sulla scorta di questo decreto e della normativa in vigore, ha provveduto a compilare una Carta dei Beni Paesaggistici della Provincia, in scala 1-20000, comprendente quindi anche il nostro territorio fino al confine con Pachino e la Provincia di Siracusa. E’ contenuta in un cdrom e custodita negli uffici tecnici dei Comuni della Provincia.

   Il presente studio intendecontribuire a fare una ricognizione del nostro territorio, attraverso l’analisi sintetica ma documentata delle caratteristiche storiche, geografiche, naturali, paesaggistiche e delle loro interrelazioni e la conseguente definizione dei valori da tutelare, recuperare, riqualificare e valorizzare. La tutela di questo di questo ricco patrimonio, può essere unita alla valorizzazione delle risorse ambientali, al fine di costruire uno sviluppo economico valido, duraturo e ambientalmente compatibile. In tal modo si aprono numerose opportunità, grazie alla crescita dei flussi turistici, attratti da queste particolari bellezze, all’aumento della domanda di fruizione dei consistenti suoi beni culturali e ambientali e all’organizzazione di un’adeguata offerta da parte del territorio parco attraverso la creazione di una rete di servizi e attività eco-compatibili.

 

CONFRONTO CON L’ISTITUITA AREA MARINA

PROTETTA DEL PLEMMIRIO

 

   Anche nel nostro territorio si riscontrano i due motivi prioritari per la destinazione dell’area marina a riserva: mantenimento e relativa protezione di un ambiente di particolare ricchezza naturalistica in termini di biodiversità terrestre e marina, specie se a rischio, e necessità di recuperare una zona di mare, messa a rischio da un invadente impatto antropico. E anche la nostra area può rientrare nell’ambito degli impegni internazionali dell’Italia per l’attuazione del VI Protocollo della Convenzione di Barcellona e della Convenzione sulla Diversità Biologica nell’ambito dell’Area Mediterranea e della Comunità Europea.

   Per l’istituzione di un’Area Marina Protetta è necessario anzitutto uno studio scientifico aggiornato di fattibilità, simile a quello fatto per la vicina AMP “Penisola Maddalena – Capo Murro di Porco”, il quale può servire da modello e guida, da integrare con gli studi e le ricerche già fatte nella nostra area.

   Questo studio è stato articolato in due fasi: conoscitiva e di ricerca sul campo e approfondimento. In seguito alla stipulazione del protocollo tra Amministrazione Comunale, Provincia Regionale di Siracusa e Direzione Generale per la Difesa del Mare del Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio (MATT), le due fasi sono state realizzate dall’ARPA Sicilia e dal CoNISMa di Roma ( Consorzio Interuniversitario per le Scienze del Mare). Alla raccolta ed elaborazione dei dati, alle campagne di ricerca e alla cartografia ha provveduto un Gruppo di Lavoro formato da specialisti dei due citati istituti e delle Università di Catania, Messina, Milano Bicocca, Napoli “Partenope”. Il responsabile scientifico è stato il Prof. Giuseppe Giaccone.

   L’Istituto Talassografico di Messina ha raccolto i dati sul regime dei venti e sul clima locale dal 1995 al 2003 e sul regime idrodinamico, con l’analisi dei dati storici e l’indagine, integrata con una campagna oceanografica, delle correnti e della caratterizzazione idrologica (temperatura, salinità, conducibilità, ossigenazione, concentrazione del ph). Anche le comunità del Fito e Zooplancton sono state accuratamente analizzate.  

   Il CoNISMa  e l’ULR dell’Università di Catania hanno studiato la Geomorfologia della fascia costiera emersa e dei fondali con la descrizione dei sedimenti superficiali dell’area in oggetto, mediante l’utilizzo di strumentazioni di nuova, avanzata tecnologia. Sono state indagate in particolare le comunità bentoniche, a motivo del loro ruolo strategico per  la corretta gestione della fascia costiera e per la pianificazione di interventi mirati alla tutela e conservazione del patrimonio naturale.

   I risultati hanno consentito l’elaborazione di carte tematiche, “utilizzate anche come base per l’espressione cartografica di informazioni relative ai capitoli dell’ecologia marina e degli aspetti antropici” (Giaccone). Per la variabilità spaziale e temporale dei dati raccolti, i responsabili della riserva provvedono all’aggiornamento, con l’elaborazione computerizzata di un Sistema d’Informazione Territoriale (SIT).

   Le carte sono le seguenti:

Carta dei rilevamenti geofisici

   “     dei siti di campionamento

   “     batimetrica

   “     batimorfologica

   “     sedimentologica dei fondali

   “     geologica (parte emersa)

   “     geomorfologica (parte emersa)

   “           “          “       (documentazione fotografica)

   “     delle biocenosi bentoniche

   “     delle vulnerabilità delle biocenosi

   “     dei pregi e delle valenze naturalistiche

   “     degli usi antropici.

   L’ARPA Sicilia ha studiato l’uso antropico della fascia costiera dell’area in questione, che per la presenza di habitat e specie terrestri e marine di flora e fauna di interesse comunitario, nel settembre 1995, è stato proposto come SIC (Sito d’Importanza Comunitaria) e come tale tutelato dalla Direttiva Habitat 92/43 CEE. La stessa proposta è auspicabile che venga fatta anche per la nostra Area.

   In proposito sono interessanti e valide anche per la nostra AMP, come si è sopra rilevato, le indicazioni e i suggerimenti che sono stati registrati nell’incontro tecnico con gli operatori del settore, svoltosi a Siracusa il 31-03-2003, le quali possono così riassumersi:

1) Tenere in debito conto che AMP non significa necessariamente un insieme di vincoli o divieti, bensì una risorsa a fruizione ad attività regolamentate.

2) Creare le premesse per uno sviluppo alternativo turistico e professionale “durevole” ed ecompatibile.

3) Realizzare zone di interesse a vincolo totale, per favorire il ripopolamento

delle specie ittiche e delle biodiversità, nell’area marina interessata.

4) Intensificare i controlli, da parte delle autorità marittime competenti, per fare rispettare le regolamentazioni già esistenti in materia, al fine di rendere meno impattanti le attività marinare della zona.

   Infine si sta provvedendo alla perimetrazione dell’AMP, che sarà divisa in tre zone: A) di riserva integrale; B) di riserva generale; C) di riserva parziale.

   Rileviamo che simili indagini sul litorale da Siracusa a Gela sono state condotte negli anni 1988-89 dalla Fondazione Mediterranea di Ragusa (v. sopra). Essi hanno riguardato, secondo la relazione finale. Oceanografia: Cartografia – Analisi chimico-fisiche – Fitoplancton e Zooplancton - Fitosociologia - Correntometria e morfodinamica. Uso e destinazione del territorio costiero. Assetto territoriale, ambientale e urbanistico. Schede e Allegati.

   Rileviamo inoltre che l’istituzione di parchi marini e riserve costiere favorisce il ripopolamento cd. “passivo” delle popolazioni bentonectoniche, grazie all’eliminazione di inquinamenti e altri fenomeni di degrado e disturbo ambientale (transito di natanti a motore, discariche di detriti solidi e di materiali incoerenti, eccessiva presenza di visitatori ecc.), alla diminuzione o interdizione della pesca e delle raccolte di organismi. Una volta assicurato un alto standard idrologico dell’area protetta, il recupero di una struttura ottimale delle popolazioni danneggiate avviene sin dai primi tempi del funzionamento della riserva. Inoltre è possibile reintrodurre specie scomparse o in via di estinzione, alghe, coralli e specie pregiate come la cernia e l’aragosta, come è avvenuto per es. ad Ustica e a Capo Mannu in Sardegna. In questo modo la zona potrebbe diventare un paradiso tropicale per i subacquei, con grande vantaggio per il turismo locale, nazionale ed estero (S. Riggio, I ripopolamenti in mare, in “Impatto 3 R – Randagismo – Ripopolamento – Reintroduzioni”, Siracusa 1992).

L'opera viene pubblicata su autorizzazione del Prof. Melchiorre Trigilia che ne mantiene i diritti di autore. E' vietata qualsiasi riproduzione senza l'autorizzazione esplicita dell'autore Melchiorre Trigilia.

MELCHIORRE TRIGILIA: L'ISOLA DEI PORRI

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