MELCHIORRE TRIGILIA I VIAGGI ED I LUOGHI DI ULISSE IN SICILIA Se l'argomento è di tuo gradimento aiutaci a divulgarlo tramite Facebook, Twitter o altri strumenti di social Network: |
PARTE TERZA
L’ERBA MOLU , L’ISOLA AIEA, L’ISOLA DEI PORRI, CIRICA E LE SECCHE DI CIRCE
LE ISOLE EOLIE
EOLO
Il racconto di Ulisse continua nel libro X. L’eroe, dopo un altro breve viaggio (IX,565), giunge all’Isola Eolia dove regna Eolo, re dei venti.
L’identificazione con Lipari, Vulcano o Stromboli, cioè una delle isole chiamate appunto Eolie, fu probabilmente fatta dai coloni provenienti da Cnido e Rodi (fine VI – inizio V sec.a. C.). La tradizione sccondo la quale Eolo sarebbe venuto all’epoca della guerra di Troia venne fusa con quella di Liparo suo fratello, ecista e re dell’omonima isola. Un’altra tradizione più vicina al testo omerico, dice che Eolo, figlio di Elleno, dalla moglie Telepatra avrebbe avuto sei maschi e sei femmine. In Omero (X, 1-12) Eolo è detto figlio di Ippote, ha moglie di cui non è detto il nome, sei figli maschi e sei femmine sposati fra di loro. Va verosimilmente collegata al viaggio di Ulisse dopo la partenza da Eolo la leggenda post-omerica secondo la quale a Myles-Mulai (Milazzo) si trovava il tempietto dell’eroe figlio di Eolo, Falacro, guardiano dei buoi del Sole, e Ulisse vi aveva fatto naufragio e perduto lo scudo di Achille (Posid. Apam. In Plut., Marcello, 20) ; e Tolomeo (III,4,2) segnala presso Miles il capo Falacrio (antico nome dell’attuale Capo Milazzo). Anche ad Engyon, città all’interno della Sicilia, il tempio della Dea Madre, fondato dai Cretesi, possedeva [qualcuno ve li aveva portati] lance ed elmi, che si diceva consacrati da Meryone e da Ulisse (Posid. Apam. In Plut., Marcello, 20).
Partito da Eolo che gli dona l’otre coi venti chiusi dentro, spinto dal solo Zefiro, dopo nove dì e notti di viaggio, con Ulisse sempre al timone, certamente con brevi intervalli di riposo, giunge vicino a Itaca. La durata del viaggio di nove giorni fa pensare che la sede di Eolo sia Stromboli, la più distante delle Eolie. Ma i compagni aprono l’otre e i venti li ri-
portano indietro di nuovo all’isola Eolia. Ulisse dovette dunque passare per lo stretto di Messina sia all’andata che al ritorno, sia perché, all’andata, è spinto da Zefiro, vento di Occidente, sia perché non sembra verosimile che abbia fatto per due volte il periplo della Sicilia.
VERLAG VON NEUFELD – I LESTRIGONI
Eolo però li caccia via dalla sua casa e, ripreso il mare, dopo sei giorni e sei notti (Od. X,80), giungono nel paese dei Lestrigoni. Il passo di Od. XXIII, 316ss., dov’è detto: “Di nuovo afferrandolo la procella dei venti, per il mare pescoso lo trascinava, con grave suo gemito”, si può riferire sia alla prima che alla seconda partenza dall’isola Eolia.
I Lestrigoni erano dediti alla pastorizia, abitavano nell’“al-tissima rocca di Lamo, Telepilo Lestrigonia” X, 81s (XXIII,318) e nei dintorni, e avevano come re Antifate (X,106, 114,199). “Qui entrammo nel bel porto (“profondo”v. 131), che roccia inaccessibile cinge, ininterrotta da una parte e dall’altra e due promontori sporgenti, correndosi incontro sulla bocca s’avanzano, stretta è l’entrata.” (X,87-90). La tradizione più antica li collocava nella piana di Lentini (dunque vicino all’Iperèa dei Feaci) (Tuc. VI,2,1; Theopomp. In Polyb. VIII,11,13; Lycophr., 956; Strab., I,20; Plin., N. H., III,89; Sil. Ital., XIV,33,125; Polyen., V.6 ; Solin.,V,14 ; Schol ad Eustath., ad Odyss., X,86.81). Certo la piana di Lentini è adatta per l’allevamento brado di buoi e pecore, e la costa alta e inaccessibile, il porto stretto e profondo e l’alta rocca si riscontrano nell’antistante ripida e alta “costa saracena”, (cosiddetta perché dal Medioevo fino alla metà dell’’800 vi sbarcavano i pirati saraceni), dove c’è un piccolo e stretto porto.
Altri invece propendevano per Formia in Campania (Cic. Ep. Ad Att., II,13,2; Horat., III,16,34 e 17,1; Ovid., Metam., XV,708; Plin., N. H., III,59; Sil. Ital., VII, 276. VIII, 531; Sol. II,22).
WRIGHT BARKER – CIRCE
J. W. WATERHAUSE – CIRCE OFFRE LA COPPA A ULISSE
Scampato ai Lestrigoni antropofagi, con una sola nave Ulisse fugge tagliando la gomena e prende il largo. “Di là navigammo avanti e all’isola Aiea venimmo” (Od. 10, 131-135ss.): “Qui stava Circe, riccioli belli, terribile dea dalla parola umana, sorella germana d’Eeta dal cuore crudele; entrambi son nati dal Sole che illumina gli uomini, e madre fu Perse, la figlia di Oceano”.
Siccome Circe è detta sorella di Eeta, il re della Colchide, nel Mar Nero, che impose le prove durissime a Giasone, arrivato da lui per conquistare il vello d’oro, gli studiosi in genere affermano che Circe appartenga alla storia degli Argonauti e che perciò l’isola Aiea si trovava nell’estremo Oriente invece che nell’Occidente. Invero in Od. XII,3-4 si dice che la nave di Ulisse giunge “all’isola Aiea dov’è il levarsi del sole”. Ma in Od. XII, 70 è detto che nello stretto di Cariddi “ sola riuscì a passarvi una nave marina, quell’Argo che tutti cantano, tornando dal regno di Eeta…”
Per Esiodo (1015s.) Aiea invece è in Occidente. Concorda il libro 3° delle Argonautiche di Apollonio Rodio (3° sec. a.C.) dove si narra che Giasone, in fuga con Medea, la figlia di Aieta, giunge nel mare Ausonio e approda nell’isola Aiea, dimora di Circe. In 3,309-13 è detto: “Il sole padre di Eeta sul suo carro condusse all’Occidente mia sorella Circe e giungemmo alla costa tirrenica, là dove vive ancora oggi molto lontana dalla Colchide.” In 3, 200-209, si parla della piana del Circeo sito però nella Colchide! Diodoro Siculo (4,45) aggiunge che Circe fu costretta all’esilio per aver avvelenato il marito re dei Sarmati. L’incertezza fra Oriente e Occidente in Omero si può spiegare con la confusione, già nella tradizione a lui precedente, fra il viaggio di andata di Giasone e gli Argonauti in Oriente e quello di ritorno in Occidente. Per questa rotta di ritorno degli
Argonauti le tradizioni infatti discordano, dalla più arcaica alle più recenti. Nella sua rielaborazione del mito, Apollonio propone una soluzione composita unificando le tradizioni locali. E per giustificare la sosta “nella terra tirrena, alla spiaggia di Aiea, presso il Circeo (che Apollonio però non nomina) (libro IV, 660ss. 821ss.), fortemente richiesta dalla tradizione sacro-storica romana, arriva a far passare gli Argonauti dall’Adriatico al Tirreno attraverso una confusa via fluviale fra Po, Reno e Rodano; cosa inverosimile, non solo perché questi fiumi non comunicano fra loro, ma perché non era possibile valicare la catena delle Alpi con la nave Argo, anche se per via di terra tirata da buoi, di cui però non si parla in Apollodoro! Si passa dunque dalla verosimiglianza del periplo al viaggio fantastico e al mito.
A cominciare dal IV sec.a.C. si identificò l’isola di Circe con località del Lazio. Da Teofrasto (Hist. plant. V,83) in poi (cfr. Timeo, 566 F. 84 Jacoby; Ps.Scymn, V,83; Strab. V,282; Varrone in Serv., ad En. III,386; Plinio Nat. Hist.II, 201. III,57. VI,13; Solin. II,22) la localizzazione più consueta è quella del monte Circeo. Nel Circeo Circe è conosciuta da Virgilio (Eneide VII, 10-24.) e là fu onorata di culto fino a tempo imperiale. Secondo Plinio (Nat. Hist, III, 59) si credeva che nell’età omerica il monte Circeo emergeva dalle acque e tutta la pianura circostante era sommersa. Strabone conferma questa tradizione. In 5,2,6 dice che nell’isola Aithalia (Elba) c’è un porto (Portoferraio) detto Argo, il cui nome deriva dalla nave Argo. Là infatti sarebbe approdato Giasone, cercando la dimora di Circe. Siffatte leggende testimoniano [a giudizio di Strabone] che Omero non inventò tutto, ma ascoltando tali storie come erano raccontate da molti, aggiunse poi egli stesso lunghezza alle distanze e agli spostamenti.” In 3,6 scrive: “ A 290 stadi da
Anzio c’è il Circeo, monte che è come un’isola fra il mare e le paludi. Dicono che sia anche ricco di erbe, facendone così il luogo dove abitava Circe secondo il mito. Viene anche mostrata una tazza che, a quanto dicono, sarebbe appartenuta ad Odisseo. In mezzo c’è il fiume Stura [l’Astura] e all’imboccatura un ancoraggio. Poi la costa è tutta esposta al vento di Libeccio e non presenta che un piccolo porto, al Circeo”.
Ma altri scrittori affermano che prima dell’occupazione romana ben trenta città vivevano in questo territorio e Dionigi di Alicarnasso (IV,45 e 53) nega che il Circeo sia stato un’isola. Certamente possiamo escluderlo in tempi storici.
Ipotesi perciò, risalente al IV-III sec. a. C.. Certamente per dare gloria alle origini dei Romani la tradizione dei viaggi e dei luoghi di Ulisse ha subito adattamenti e modifiche assieme a quella del troiano Enea.
L’ISOLA DEI PORRI
PORRO SELVATICO FIORE DEL PORRO SELVATICO
L’INSENATURA DI CIRICA (CIRCIA, NEL SETTECENTO, da CIRCE?!)
LE GROTTE (IN PARTE CROLLATE E INSABBIATE) DELLA SCOGLIERA DI CIRICA
Un’altra possibile, significativa conferma della venuta di Ulisse nel nostro territorio possiamo riscontrarla nell’ erba medicinale (farmacon) “molu” che il dio Ermes dà a Ulisse come rimedio alla fattura di Circe che poteva trasformalo in porco.
E’ probabile che la droga usata da Circe per mutare in porci i compagni dell’eroe, più potente del loto, sia stato proprio l’oppio da papavero; ma potremmo anche pensare che l’incantatrice maga avesse anche un grande potere ipnotico nei suoi occhi; sappiamo invero che si può indurre nel soggetto ipnotizzato la convinzione di essere non un uomo ma un animale, un porco, e di comportarsi come un animale. Il racconto mitologico potrebbe avere un fondamento reale!
Libro X, vv. 287ss: “Tieni”, dice Ermes, “avendo quest’erba benefica entra in casa di Circe… Ella farà il miscuglio e metterà un farmaco nel vaso; ma non così potrà farti incantesimo, non lo permette il farmaco eccellente che sto per darti…; vv.303ss.: “…mi dava l’erba da terra strappandola e la natura me ne mostrò; la radice era scura, al latte simile il fiore, “molu” la chiamano i Numi. Strapparla è difficile per gli uomini mortali, ma gli dei tutto possono.” Di quest’erba “molu o moly” parlano oltre Omero anche Teofrasto e Dioscoride, mentre Ippocrate con “moluza” indica il capo o testa dell’aglio. Secondo Alessandro di Pafo (in Eustath. 1658,48ss.) era nata dal sangue del gigante Picoloo ucciso da Elios!
E’ una pianta medicinale, una specie di aglio, dice il Rocci (voc. greco). Si tratta del porro selvatico, “allium ampelo-prasum” di Linneo (it. porraccio, porrandello sic. puorru), detto aglio di S. Giovanni a Roma; e anche a. mediterraneo, d’Oriente, siculo (agghiu tunisinu o ri Pantelleria). Non si può staccare dal suolo perché ha il piede o bulbo o testa lungo 20-30 cm. Il suo colore è verde scuro e il fiore bianco latteo, come dice Omero. Anche gli antichi sapevano che l’aglio e le altre gigliacee sono piante medicinali “eccellenti” (in Omero “estlon”!), capaci di impedire e curare molte malattie. Sappiamo che gli Egizi, prima di Omero, consideravano l’aglio il migliore, il primo fra tutte le piante a bulbo per le sue virtù terapeutiche; l’unico capace di mettere in contatto l’uomo con le meraviglie del mondo divino. Per questo i Faraoni venivano seppelliti con delle piccole sculture di argilla e legno raffiguranti bulbi d’aglio. Si spiega perciò perché Omero dice che solo gli dei potevano estirparla e che il divino Ermes la dà come efficace contravveleno a Ulisse. Secondo la tradizione popolare serve anche contro le fatture e azioni malefiche di maghe (come Circe!) e vampiri.
Orbene la sola isola in Sicilia, in Italia e in tutto il Mediterraneo chiamata proprio “Isola dei porri”, per la presenza del porro o aglio selvatico, è la nostra!
Che sia essa la Aiea omerica? Invero, a parte la grande distanza dalla Sicilia al Lazio, ci pare difficile, per non dire impossibile, credere che gli antichi considerassero un’isola il grosso promontorio Circeo, che nessuno aveva mai potuto circumnavigare! Omero parla tre volte di Aiea: in IX,32 come nome di Circe stessa; in X, 135,ss, come nome del luogo dove vive Circe. è detto: “All’isola Aiea venimmo; qui stava Circe riccioli belli, terribile dea dalla parola umana, sorella germana di Eeta dal cuore crudele; entrambi sono nati dal Sole e madre fu Perse la figlia di Oceano. Qui con la nave ci avvicinammo alla punta, fin dentro il porto riposo di navi”. Ulisse procede verso l’interno della terra; “su una cima rocciosa s’inerpica a e-splorare” e trova opere umane, ampi sentieri e la casa di Circe “tra i folti querceti e la macchia” (v.130). L’eroe incontra poi
“un gran cervo che “al fiume scendeva dai pascoli del bosco per bere” (v.159). In XII, 1ss. è detto: “La nave giunse all’isola Aiea, dove l’Aurora, nata di luce ha la casa e le danze, dov’è il levarsi del Sole; la nave qui giunti, spingemmo sopra la sabbia e fuori scendemmo sul frangente del mare. Là dormendo aspettammo l’Aurora splendente. Quando, figlia di luce, brillò l’Aurora dita rosate, allora i compagni mandai al palazzo di Circe, a prendere il corpo d’Elpenore morto. Alberi in fretta abbattemmo, e là dove più sporge la punta lo seppellimmo”. Circe accorre con le sue ancelle e offre loro “pane, molte carni e vino rosso lucente”(v.19).
La descrizione si adatta molto bene alle nostre contrade. Ulisse, sbarca prima nell’Isola dei Porri, detta Aiea, “l’isola bassa” di v. 196 (e tale essa è!), e poi spinge la nave nel vicino lido sabbioso. Nel racconto dell’eroe, l’isola e l’entroterra vengono fuse assieme. Spuntata l’aurora dalla parte di levante, proprio come avviene nel Porto Odisseo!, egli esplora l’interno, salendo su uno dei poggi del nostro bassopiano!, in mezzo al fitto bosco di querce e altri alberi, che allora e fino al 1800 copriva tutta la zona, il grande bosco della Marza, dal 1500 al 1800 proprietà degli Statella, Marchesi di Spaccaforno! E’ verosimile che nel X-VIII sec.a.C. vi pascolassero, oltre le vacche del sole, allevate dagli indigeni, anche animali selvatici come cervi e cinghiali! La maga offre loro le carni degli animali selvatici e il vino coltivato nel territorio ispicese e pachinese, famoso nell’antichità! Significativo anche il fatto che Elpenore viene sepolto “dove più sporge la punta”, che corrisponde proprio alla “Punta Castellazzo”, la quale sporge dall’ampio lido o Porto Ulisse; e gli alberi necessari per la pira e la cremazione del cadavere furono tagliati dal bosco del luogo!
Una relazione potremmo trovarla ancora con le “Secche di Circe”, poco distanti dal litorale e la scogliera con l’antico villaggio di pescatori detto Cirica e in alcune carte antiche proprio Circia! Dice bene l’illustre archeologo Biagio Pace che i nomi dei luoghi si conservano immutati o quasi per secoli e millenni. Ebbene nessun altro territorio come il nostro può vantare tante e così significative coincidenze con i luoghi di Ulisse: Porto e promontorio di Ulisse, città Odissea, Cuba, secche di Circe e Circia!!
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