MELCHIORRE TRIGILIA

BASILICA DI S. MARIA MAGGIORE

ISPICA

IL TRIONFO DELL’EUCARISTIA

DI OLIVIO SOZZI

FOTO DI SALVATORE BRANCATI

Se l'argomento è di tuo gradimento aiutaci a divulgarlo tramite Facebook, Twitter o altri strumenti di social Network: 

 

PRIMA PARTE

SECONDA PARTE

 TERZA PARTE

 

II PARTE 

GIACOBBE CON L’ANGELO E LA SCALA

   Nell’angolo a sinistra sopra Eva, c’è Giacobbe con l'Angelo e la scala. L’episodio è narrato nella Genesi (28,12): “Giacobbe… fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa”.

  Secondo la retta interpretazione dei Padri, Giacobbe è figura di Cristo, che con la sua incarnazione è disceso dal cielo e risuscitando dopo il breve sonno della sua morte, con la sua Ascensione è ritornato in cielo dal Padre. Cristo è anche la “scala”,  che scende e sale al cielo. Lo confermano le sue parole a Nicodemo: “Nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell’Uomo che è disceso dal cielo”(Giov. 3, 13); ed al discepolo Natanaele (Bartolomeo) (Giov. 1,51): “Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’Uomo”; solo per mezzo della “scala” Cristo, è possibile salire ed entrare nel “cielo”, chiuso per il peccato dei progenitori e da Lui “riaperto”!

   Ma la scala è anche simbolo di Maria, perché incarnandosi in Lei Cristo è sceso dal cielo in terra; e  inoltre Maria, che la Chiesa chiama “scala del Paradiso”, porta, “fa salire”, i fedeli a Cristo e poi nel regno dei cieli. Ecco perché Giacobbe esclamò: “Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo” (Gen. 28, 12-17). Maria è perciò scala, casa e porta di Dio.

 

 

 

GIACOBBE E L’ANGELO

 

 

RUTH

  Ruth la moabita, che coglie le spighe nel campo del nobile israelita (ma né Giudice né Re) Booz (cfr. Rut, cap. 2), per le sue virtù meritò di essere fra gli antenati di Cristo (Matt. 1,5). Ma qui simboleggia verosimilmente la Chiesa e Maria, che dietro i mietitori - gli apostoli e i loro successori - raccoglie i chicchi di grano rimasti fra le genti chiamate al Vangelo nel campo del mondo, “seminato dal Figlio dell’Uomo” (cfr. Matt. cap. 13). Infatti dai Profeti è detto più volte che il Signore “salverà e raccoglierà i suoi fedeli dispersi, dalle nazioni e dagli estremi della terra, compresi “il cieco e lo zoppo” (cf. Ger. 29,14. 31,8. 32, 37; Sal. 106,47 ecc.); e da Cristo stesso: “I servi raccolsero quanti ne trovarono buoni e cattivi” (Matt. 22,10); “Egli… radunerà gli eletti dai quattro venti” (Marc. 13,27) e “raccoglierà il suo grano nel granaio” (Matt. 3,12).

 

 

 

RUT

 

GIUDITTA

  In basso a destra c’è Giuditta con la spada in mano, la testa di Oloferne e la serva. Giuditta è la principale figura di Maria. Infatti per la sua grazia ed umiltà è tipo di Maria, mentre Oloferne, per la sua superbia e furore simboleggia il Demonio. Giuditta libera il “popolo eletto” che stava per perire; Maria e la donna della Genesi, Madre di Cristo, che con Lui schiaccia il capo del maligno serpente ed anche la donna dell’Apocalisse che salva i suoi figli dal dragone infernale, il Maligno, che vorrebbe divorarli (cfr. Gen., cap. 3; Apoc. 12; e 2 Pietr. 5,8).

Infine Giuditta vincitrice viene lodata ed esaltata da tutto il popolo, Maria, com’Ella stessa dice nel suo Magnificat, è benedetta da tutte le generazioni dei fedeli cristiani in tutto il mondo.

 

 

GIUDITTA E OLOFERNE

 

 

GLI ESPLORATORI DELLA TERRA PROMESSA

   Sopra ci sono gli esploratori della terra promessa, che portano su una stanga un enorme grappolo d’uva. Il riferimento è al libro dei Numeri (13, 23), in cui è detto che due degli uomini mandati da Mosè ad esplorare il paese di Canaan, la “Terra promessa”, ritornarono “dalla valle di Escol, dove tagliarono un tralcio con un grappolo d’uva, che portarono in due con una stanga”. L’uva simboleggia il vino eucaristico, cioè il sangue di Cristo, donato e versato in abbondanza a tutti i fedeli cristiani, anch’essi simboleggiati negli acini d’uva della vite vera che è Cristo (Giov. 15,5).

 

 

GLI ESPLORATORI

DELLA TERRA PROMESSA

 

 

 

DAVIDE

  Sopra il grappolo d’uva c’è il Re – Profeta Davide, con la corona in testa, che porta nelle mani l’Arca dell’alleanza con sopra uno dei “due cherubini con le ali stese sopra il coperchio” (Es. 37,7). Il riferimento è al secondo libro di Samuele (cap. 6, 12.15) dove è detto: “Davide e tutta la  casa d’Israele trasportavano l’arca del Signore con tripudi e suon di tromba”. Il Salmo messianico 132 rievoca questo evento: “ Alzati, Signore, verso il luogo del tuo riposo, tu e l’Arca della tua potenza” (v.8). E nel versetto 11 c’è la profezia messianica, certamente tenuta presente nel simbolismo del “Trionfo dell’Eucaristia”: “Il Signore ha giurato a Davide e non ritratterà la sua parola: Il frutto delle tue viscere io metterò sul tuo trono”. Profezia avveratisi in Cristo, il quale, pur discendendo da Davide per le sue origini umane (Matt. 1, 1-17), era anche Dio e perciò superiore a Davide, perché suo “Signore” (Sal. 110,1). Nell’Arca  santa inoltre i Padri vedono simboleggiata Maria e la Chiesa.

  

 

 

DAVIDE CON L’ARCA

 

 

GEDEONE

  Gedeone, raffigurato sopra Davide, è riconoscibile per l’armatura che gli copre la spalla ed il petto. Gedeone è tipo di Cristo. Nacque in un umile luogo, trascorse gli anni della giovinezza nell’oscurità, sconfisse con una piccola schiera un grande esercito di nemici. Anche Cristo, nato in estrema povertà, visse nascosto fino a trenta anni; con la sua morte superò completamente il diavolo che regnava in tutto il mondo e lo riportò nell’inferno, secondo la sua parola: “Ora il principe di questo mondo [Satana] sarà cacciato fuori” (Giov. 12,31).

    Gedeone ha in mano il vello ripieno della celeste rugiada. Il riferimento è al primo segno richiesto a Dio, com’è detto nel libro dei Giudici (6, 17. 36ss.): “Io metterò un vello di lana sull’aia: se c’è rugiada soltanto nel vello…io saprò che Tu salverai Israele…Così avvenne. La mattina dopo Gedeone strizzò il vello e ne spremette la rugiada: una coppa piena d’acqua”. Gedeone, dice S. Tommaso d’Aqui-no, compì un gesto molto insigne e ricevette il massimo segno dell’Incarnazione di Cristo nel vello e nella rugiada; su questo fatto è detto nel Salmo (71-72, 6): “Discese come la pioggia nel vello”. Noi possiamo integrare il simbolismo: la pioggia è la divina Parola (il Verbo) che il Padre ha fatto piovere dal cielo (cfr. Isaia, 55, 10-11; Ebr. 6,7), secondo quella parola messianica (Is. 45, 8, Vul.): “Stillate cieli dall’alto e le nubi facciano piovere il Giusto”. Il vello è la veste dell’agnello, simbolo di Cristo, Agnello di Dio spogliato delle sue vesti, ucciso e sacrificato sulla croce. L’acqua è anche il sangue ed acqua versati dal suo cuore trafitto (cfr. Giov. 19,34) che ha riempito il vaso simbolo della Chiesa.    

GEDEONE ED IL VELLO

 

 

MOSÈ

   Dominante è la figura di Mosè. Essa richiama il famoso Mosè michelangiolesco; ha il volto severo, capelli e veneranda barba bianca biforcuta e le due corna di luce sul capo (Es. 34, 29-35, sec. Vulg.). Egli è il  liberatore, condottiero e legislatore del popolo ebraico e perciò principale simbolo di Cristo. Mosè ha salvato Israele dalla schiavitù del Faraone, Cristo salva il suo popolo, la Chiesa, nuovo Israele, dalla schiavitù del peccato e di Satana e lo guida nel “deserto” di questa vita terrena fino alla “terra promessa”, cioè il Regno dei Cieli, il Paradiso; a Mosè è stata data la legge dei dieci comandamenti, Cristo non l’ha abolita ma perfezionata; perché, com’è detto nel Vangelo di Giovanni (1,17): “La legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo”. Mosè ha ottenuto da Javhè la manna dal cielo, la carne degli uccelli e l’acqua sgorgata dalla roccia, Cristo ha dato in cibo sé stesso, “pane vivo disceso dal cielo”, la sua carne, il suo sangue nella sua passione e morte, e l’acqua della sua grazia. S. Paolo nella lettera ai Corinti (cap. 10) considera il passaggio del Mar rosso figura del battesimo, la manna e l’acqua sgorgata dalla roccia che “era Cristo”, come figura dell’euca-ristia, che significa la “buona grazia” per eccellenza.

   La Verga che ha in mano Mosè è quella con la quale divise il mare, abbatté il Faraone e riscattò il popolo di Dio (Es. 14,21ss:); ed “alzando la mano, percosse la roccia con la verga due volte e ne uscì acqua in abbondanza” (Es. 17, 1-7); ancora con essa Mosè con le mani distese sconfisse Amalek (Es. 17, 8-14). In questo la verga di legno è simbolo della Croce con cui Cristo ha liberato il suo popolo, ha dato il battesimo e l’acqua della grazia; ed ha vinto Amalek, anch’egli, come il Faraone figura di Satana, proprio con le mani distese sul patibolo della croce. Ma la Verga è anche simbolo del potere del Re, che la usa per correggere “le iniquità dei reprobi”(cf. Sal. 88,33; indicati dalla mano sinistra!). Compito questo di Cristo giudice, come conferma l’Apocalisse, che a Lui applica il passo del Salmo (2,9): “ Reggerai tutte le genti con verga di ferro” (Apoc. 2,27; 12,5; 19, 15).

MOSÈ

 

 

ARONNE

   Sotto il manto di Mosè e davanti all’Arca Santa, c’è Aronne con in mano il turibolo, da cui si alza il fumo aromatico dell’incenso. Aronne è il sommo sacerdote dell’Antica Legge al quale soltanto e ai Leviti suoi discendenti spettava bruciare sull’altare dei profumi l’incenso aromatico (Es. 30, 7; Num. 17,5).

   Ma non può essere simbolo di Cristo, supremo sacerdote della Nuova Alleanza, perché fu infedele a Jahvè, facendo adorare il Vitello d’oro. Ecco perché è raffigurato quasi nascosto sotto Mosè.

 

 

ARONNE

 

 

MARIA E ZIPPORA

 

   Ci sono poi due piccole figure di donne, ignorate dagli studiosi. Poiché hanno entrambe lo sguardo rivolto verso Mosè, devono avere relazione con lui. 

  Quella a sinistra è certamente la sorella Maria; il panno che ha in mano è quello in cui era avvolto il neonato Mosè, posto dalla madre nella cesta e salvato dalle acque del Nilo dalla figlia del Faraone (Es. 2, 4-8).

  Maria è anche la profetessa, guida e capo delle donne ebree che cantano il ritornello del canto di Mosè che celebra il trionfo sull’esercito del Faraone (Es. 15, 20-21); questo cantico profetico di Mosè figura di Cristo è cantato anche dai santi “vincitori della bestia” nell’Apocalisse (15,3): il Faraone e la bestia sono simbolo di Satana.

  Illustre per singolare culto e pietà verso Dio, ebbe lo stesso nome della Madonna per  essere illustre tipo e figura della Vergine Madre di Dio, che è capo ed è la più santa di tutti i Santi. Anche lei fu vergine, come la Madonna, la Vergine Immacolata, regina di tutte le vergini, che guida e conduce nella casa del Re e sposo divino, Cristo, nella letizia e nell’esultanza, com’è detto nel salmo (cfr. Sal. 44, 15-16). 

 Quella intonò il cantico di Mosè, “Cantiamo al Signore perché ha mirabilmente trionfato” (Es. 15,20), Maria SS. innalza a Dio il suo nuovo Cantico, il Magnificat, perché grazie a Lei, il nuovo popolo eletto, la Chiesa, è stata salvata dalla corruzione del mondo e dal Maligno.

  Ed è anche figura della Chiesa, dice S. Zeno,  che con tutte le chiese particolari da lei generate, cantando l’inno, conduce il popolo cristiano in cielo.

 Quella fu certo un grande dono di Dio alla Sinagoga, ma fu colpita dalla lebbra, perché la Sinagoga fu infedele e non riconobbe il Messia. La Madonna invece mai fu infetta dalla minima macchia di peccato, fu sempre fedele al Signore ed è certamente il massimo beneficio fatto da Dio alla Chiesa.

 

  L’altra, col capo coperto dal velo è Zippora (Sefora), che il padre Ietro (simbolo dell’Eterno Padre), dà in sposa a Mosè, il quale le ha fatto attingere l’acqua dal pozzo, scacciando i cattivi pastori (simbolo dei demoni e degli altri nemici spirituali, vinti da Cristo) (Es. 2, 16-22). E’ considerata figura della Chiesa anche perché dopo la circoncisione del figlio (simbolo dei cristiani) disse a Mosè : “Tu sei per me uno sposo di sangue” (Es. 4, 24-26). Cristo infatti ha dato alla sua Chiesa l’acqua del battesimo, purificandola dai peccati e l’ha sposata nel suo sangue versato dal suo corpo e dal suo cuore nella passione e morte. Queste due donne sono riconoscibili perché Maria era vergine nubile (innupta) cioè senza velo, mentre Zippora era sposata, col velo in testa. Infatti, sia nell’Antico che nel  Nuovo Testamento ed anche nel mondo greco e romano, presso i cristiani e i musulmani, la donna andava sposa col capo velato; così è detto nel Cantico dei Cantici (6,7) e da S. Paolo, che distingue tra la vergine “senza velo” (cf. 1Cor, 7, 11.34) e la sposata col velo, perché la donna è “gloria dell’uomo” (cf. 1Cor., 11, 1-16).

 

MARIA SORELLA DI MOSÈ

 

ZIPPORA SPOSA DI MOSÈ

 

 

MELCHIORRE TRIGILIA: IL TRIONFO DELL'EUCARESTIA

©  Centro Studi Helios  

Centro Studi HeliosHeritage Sicilia