MELCHIORRE TRIGILIA

 LE ORCHIDEE DEGLI IBLEI

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Ophrys discors Bianca

 Premessa:

 L'opera viene pubblicata su autorizzazione del Prof. Melchiorre Trigilia che ne mantiene i diritti di autore. E' vietata qualsiasi riproduzione senza l'autorizzazione esplicita dell'autore Melchiorre Trigilia.

ISPICA 2012

Sommario

I PARTE

LE ORCHIDEE

 

II PARTE

Orchidee da 1 a 25

III PARTE

Orchidee da  26 a 50

IV PARTE

Orchidee da 51 a 75

V PARTE

Orchidee da 76 a 101

LE ORCHIDEE

Classificazione Cronquist

Dominio – Eukariota.

Regno – Plantae.

Superdivisione - Spermatophyta.

Divisione – Magnoliophyta.

Classe – Liliopsida.

Sottoclasse Liliidae. 

Ordine – Orchidales.

Famiglia – Orchidaceae.

Sottofamiglia – Orchidoideae.

Tribù – Orchideae.

Sottotribù – Orchidinae. (Genere,  Specie, e Sottospecie).

 

Classificazione APG

Regno – Plantae. (clade) – Angiosperme. (clade) – Monocotiledoni.

Ordine – Asparagales. Famiglia – Orchidaceae. (da Wikipedia).

  

Tutta la famiglia delle orchidee in base alle ultime ricerche filogenetiche è in via di riorganizzazione tassonomica. Problema ancor più aggravato dal polimorfismo caratteristico di tutta la famiglia. Rilevanti sono anche i fenomeni di ibridazione, con conseguente introgressione, a rendere ancor più difficoltosa la definizione delle varie specie e sottospecie.

 

Le Orchidaceae (Juss., 1789) sono una delle famiglie più vaste della divisione tassonomica delle Magnoliophyta Angiosperme. Questa famiglia è una fra le più ricche del regno vegetale e si contende il primato con le Compositae; comprende 788 generi e più di 18500 specie (Strasburger, vol. 2 - p. 807; ma secondo altri autori, 500 generi e 30.000 specie!), 189 delle quali, con 29 generi circa, sono spontanee dei territori italiani. Il Sistema Cronquist assegna la famiglia delle Orchidaceae all'ordine Orchidales, mentre la moderna classificazione APG la colloca  nel nuovo ordine delle Asparagales. Sempre in base alla classificazione APG sono cambiati anche i livelli superiori.

 

Biologicamente le Orchidee appartengono a tipi diversi; vi sono infatti specie terrestri e sono la maggior parte delle nostre indigene, con tuberi radicali annuali che hanno il significato di un rizoma tube­rizzato, presentante la struttura di fusto alla sommità e di radice alla base. Queste masse tuberose sono spesso ramificate; si tratta in realtà di una radice avventizia tuberizzata: ogni tubero annuale si prolunga in un fusto aereo portante foglie alterne, sessili, con lembo a nervature reticolate, terminante con un’infiorescenza a spiga. I tubercoli vecchi si esauriscono, mentre se ne forma uno nuovo all'ascella della scaglia del tubero (vegetazione simpodiale). Sono dette Geofite Bulbose [G.Bulb.], perché portano le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei chiamati bulbi o tuberi, strutture di riserva che annualmente producono nuovi fusti, foglie e fiori. Sono orchidee terrestri in quanto, contrariamente ad altre specie, non sono “epifite”, ossia non vivono a spese di altri vegetali di maggiori proporzioni.

  

La maggior parte delle specie tropicali  sono orchidee epi­fite crescenti fissate agli alberi delle foreste o sulle rocce; il fusto ha accrescimento monopodiale, più o meno sviluppato nel senso della lunghezza; porta foglie isolate, o ridotte anche a sca­glie, di aspetto carnoso con nervature pa­rallelinervie. Il fusto assume talvolta habitus xerofilo, e diventa carnoso. Le radici aeree pendenti si avvolgono del velamen: esso serve per assorbire l'acqua di pioggia e forma un manicotto attorno alla radice. Gli apici radicali sono verdi e la radice può compiere una certa assimilazione. Le orchidee scandenti, tipo VaniIla, sono radicate al suolo e mediante fusti volubili si attaccano a substrati diversi, ed emettono radici del tipo aereo su ricordato. Un pic­colo numero di Orchidee vive parassitica­mente: queste sono sfornite o quasi di clo­rofilla, e conducono vita eterotrofa, come i funghi, a spese dell'humus o dei mate­riali del terreno dei boschi. Alcune posseggono radici infette da funghi endofiti, altre, come Corallorhiza sono prive di radici, il loro ruolo viene assunto da ramifica­zioni del rizoma di aspetto coralloide. Alcune radici aeree, nelle specie epifite, mostrano geotropismo negativo, e diri­gendosi verso l'alto servono ad accumulare humus.  

È comune la moltiplicazione vegetativa per mezzo di propaguli che si staccano all'estremità di getti stoloniferi, mediante bulbilli all'ascella di brattee oppure per gemme avventizie fogliari.

 

Distribuzione e Habitat. La famiglia delle Orchidaceae può ritenersi cosmopolita essendo diffusa nei cinque continenti. Sono infatti in grado di adattarsi ad ogni genere di habitat fatta eccezione per i deserti e i ghiacciai. Il loro areale si estende da alcuni territori a nord del circolo polare artico, sino alla Patagonia e all'Isola Macquarie, prossime all'Antartide. La maggior parte delle specie è però originaria delle zone tropicali o sub-tropicali di Asia, America centrale e Sudamerica. In queste zone raggiungono il massimo di differenzia­zione e di forme, con adattamenti ecologici i più diversi, e con produzioni di forme florali fra le più belle del mondo vegetale; solo il 15% di esse cresce spontaneamente nelle zona temperate e fredde.

  

In Italia ne crescono spontaneamente circa 29 generi, per circa 189 tra  specie e sottospecie.

 

Le infiorescenze sono disposte in spighe, grappoli o pannocchie che terminano il fusto simpodiale delle orchidee terrestri, e che nascono invece all'ascella delle foglie nelle forme epifite; ogni fiore nasce all'ascella di una brattea, il peduncolo florale di solito corto, non porta mai un profillo.

 

Il fiore corrisponde alla formula florale delle Liliacee con ovario infero, ma il piano florale è profondamente turbato sia dalla riduzione quasi costante dell'an­droceo, sia dallo zigomorfismo, condizione necessaria per l'adattamento all’impol­linazione zoogama, che trova in questa famiglia la sua massima espressione. Il fiore subisce una torsione di 1800 (detta resupinazione) per cui vengono posti anteriormente quegli elementi che, come il labello, dovrebbero stare posteriormente.

 

Il perianzio [insieme del calice e della corolla del fiore] consta di un verticillo (calicino) esterno, di 3 pezzi sempre petaloidi liberi e di un secondo verticillo interno di cui 2 elementi (petali) sono liberi, posti lateralmente ed infine il petalo posteriore, che per resupina­zione è diventato anteriore, assumendo forma slargata, che dicesi labello ed è spesso­ munito di uno sperone nettariero. Il labello può essere intero, oppure dividersi in 2 o 3 lembi, che sono ottimi caratteri sistematici; di solito vi è un lobo mediano più grande e 2 laterali. Gli elementi fiorali si possono indicare tutti con il nome di tepali, perchè tanto i sepali, quanto i petali sono simili fra loro e tutti petaloidi.

 

L'androceo, [complesso degli organi maschili o stami del fiore] derivato da quello biverticillato delle Liliacee, con 3 elementi per ogni verticillo, subisce una progressiva riduzione. Lo stame unico ed il suo filamento si saldano con lo stilo per formare una colonnina particolare, detta ginostemio, la quale sormonta l'ovario e costituisce l'organo più caratteristico­ delle Orchidee. Qualche autore ammette che il ginostemio sia la continuazione dell'asse, in quanto­ talvolta alcuni pezzi del perianzio vi s’inseriscono sopra. Nel caso in cui vi sia un unico­ stame, questo è situato nella por­zione più elevata del gi­nostemio e consta di un cappuccio che è la vera an­tera, asportata la quale compaiono le masse polliniche che sono raccolte in uno pseudotessuto compatto, duro, formato da tante tetradi polliniche unite in­sieme, dove quelle esterne hanno uno strato di spo­ropollenina più denso delle tetradi situate più profon­damente. Il pollinario staccato dalla sua nicchia (antera), è for­mato da una massa terminale, il vero polline, da una caudicola e dal corpo adesivo basale;  quest'ultimo serve per aderire al corpo dei pronubi e per ­attaccarsi allo stimma qualora vi sia stato trasportato.

 

Esaminando  la  porzione  ultima del ginostemio, [corpo colonnare  contenente gli organi maschili (androceo) e femminili (gineceo)], si nota lo stimma, posto sensibilmente più in basso della porzione occupata dall'antera (e formato ­da due settori dello stimma); il terzo settore dello stimma forma il rostello  con un’appendice dentiforme, infine vi possono essere degli staminodi ed un’espansione del connettivo dell'antera.

 

I granuli pollinici solo eccezionalmente sono pulverulenti (Cypripedineae), talvolta si presentano in tetradi (Neottia, Listera), ma per la generalità dei casi sono­ raccolti nel pollinario, come su descritto.

 

Il gineceo [apparato femminile delle piante Fanerogame] consta di 3 carpelli saldati al margine e formanti una sola cavità, con placentazione parietale; le placente portano degli abbozzi meristemali che solo dopo­ l'impollinazione iniziano la formazione del gametofito femminile. L'ovario si trasforma in una capsula che si apre per 6 fenditure poste da una parte e dall'altra delle placente (deiscenza paraplacentare) con formazione di 6 valve, delle quali 3 sono fertili, perchè corrispon­dono ad altrettante placente, e 3 sterili, perchè rappresentano le parti mediane dei carpelli. La fessurazione della capsula procede o dall'estremo distale (restando però unita in alto), oppure dalla parte opposta. I semi in numero grandissimo (alcune centinaia di migliaia per capsula) sono pulverulenti, e constano di un tegumento con ampie cellule e di un meristema indifferenziato (proembrione); manca ogni traccia di albume. La germinazione del seme fu oggetto di molti studi, da quando si vide che i semi germinavano molto bene se invasi da ife fungine del tipo micor­rizico, appartenenti al tipo Rhizoctonia. In queste condizioni dal seme nasce un protocormo, dapprima sferoidale e bianco, che ben presto assume forma a pallottola ed inverdisce alla luce, e dal quale sorgono fogliette e rizine, e poi radici. manca sempre la radice principale e tutte le radici comparse sul pro­tocormo sono radici secondarie. L'infezione micorrizica si estende alle porzioni basali del protocormo e viene controllata nella sua diffusione da particolari reazioni di tipo immunitario, e da reazioni citologiche con distruzione del micelio da parte dei tessuti dell'Orchidea. I funghi simbionti possono anche appartenere a gruppi sistematici più elevati.

 

Le foglie delle Orchidacee sono sempre intere e malgrado la loro natura polimorfa hanno una struttura lineare, che a volte può apparire carnosa e di forma  tubolare;  in  questo caso alla base si sviluppano frequentemente dei tuberi con pseudobulbi i quali possono assumere forma corta e   arrotonda-ta, appiattita ed ovoidale, oppure lunga e cilindrica; sono tutti organi questi che hanno una funzione di assimilatori di riserva. La disposizione delle foglie è alternata o distica: solo di rado si presentano opposte. Possono presentarsi in coppia oppure solitarie e, all'apice degli pseudobulbi, a volte possono anche essere – specie nelle piante che crescono in piena terra - inguainate alla base; possono anche formare delle rosette basali da cui spunta il fiore. Nelle specie saprofitiche le foglie possono essere ridotte a semplici scaglie.

Radici. Le specie tropicali hanno spesso radici aeree carnose o fini, rivestite di un velo radicale detto ''velamen'' che consente alla pianta di assorbire l'umidità atmosferica, che si sviluppano alla base delle foglie o fra di esse, e che possono presentare differenti modificazioni e adattamenti alla vita epifitica o saprofitica. Le Orchidaceae europee e mediterranee sono invece, con poche eccezioni, specie ''terricole'', con apparato radicale sotterraneo, costituito da rizotuberi o bulbi, da cui si dipartono radichette o radici filiformi. La forma dei rizotuberi può essere tondeggiante o ovaliforme (come per esempio nei generi ''Ophrys'', ''Orchis'' e ''Serapias''), o più o meno suddivisa in digitazioni (''Dactylorhiza'', ''Platanthera'', ''Spiranthes''); in alcune specie sono presenti dei veri e propri rizomi, con radici filamentose (''Listera'', ''Epipactis''), in altre possono essere presenti radici  coralliformi (''Corallorhiza”). 

 

Il frutto è una capsula che si apre in vario modo con semi numerosi, piccoli, a tegumento per lo più membranoso, raramente crostoso; l’embrione è poco o affatto differenziato, senza albume.

 

La riproduzione delle Orchidaceae può essere sia sessuata che asessuata. La riproduzione sessuata può avvenire sia per impollinazione incrociata, cioè con trasporto del polline dall'antera di un fiore sullo stigma  del fiore di un altro individuo, ovvero per autoimpollinazione, cioè il polline passa dall'antera allo stigma dello stesso fiore.

 

L'impollinazione incrociata è la modalità di riproduzione più frequente tra le Orchidaceae ed è prevalentemente entomofila, cioè affidata agli insetti. Molte specie di orchidee hanno un rapporto specie-specifico con il loro insetto impollinatore, o pronubo. Nonostante in casi sporadici si siano osservate impollinazioni da parte di coleotteri, ditteri, lepidotteri e ortotteri, la maggior parte degli insetti pronubi delle orchidee appartengono all'ordine degli Imenotteri, nella stragrande maggioranza dei casi alla superfamiglia degli Apoidei.

Gli insetti impollinatori possono essere attratti con tre differenti meccanismi:

1) attrazione alimentare: è il meccanismo messo in atto dalle specie in grado di produrre il nettare, ricco di  sostanze   zuccherine, molto   appetibili   per  gli insetti; il nettare è solitamente custodito all'interno dello sperone, la cui forma limita l'accesso  ad alcune specie di insetti; il prelievo del nettare porta l'insetto a contatto con le masse polliniche, che aderiscono al corpo dell'insetto mediante specifici organi adesivi detti viscidii o retinacoli. 

2) mimetismo: è il meccanismo messo in atto dalle specie non nettarifere, che attraggono gli insetti o grazie ad un'apparenza del fiore simile a quella di specie nettarifere (è quanto avviene, per esempio, in alcune specie di ''Orchis'' (come ''Orchis mascula"), o grazie ad un aspetto del labello che per forma, colore e pelosità ricorda la femmina dell'insetto impollinatore (tale meccanismo è comune a molte specie di ''Ophrys''). Le specie che utilizzano il mimetismo sessuale producono spesso feromoni simili a quelli delle femmine dell'insetto impollinatore, inducendo il maschio ad un tentativo di accoppiamento definito ''pseudo-copulazione''; nel far ciò l'insetto entra in contatto con le masse polliniche che aderiscono alla testa (pseudo-copulazione cefalica) o all'addome (pseudo-copulazione addominale).

3) trappola di odori: è il meccanismo tipico della scarpetta di Venere (''Cypripedium calceolus'') che attrae gli insetti nel fondo del labello a forma di tasca grazie a particolari sostanze profumate; nel tentativo di uscire dalla tasca il corpo degli insetti si cosparge di polline vischioso.

 

L’autoimpollinazione può avvenire con 3 differenti modalità:

1) per semplice distacco dei pollinii che cadono sullo stimma sottostante;

2) per curvatura delle caudicole dei pollinii che depositano il polline sullo stimma sottostante - tale meccanismo si osserva per esempio in ''Ophrys apifera'';

3) per '''cleistogamia''' ovvero per autofecondazione prima ancora che avvenga l'apertura del fiore - tale meccanismo si osserva per esempio in ''Limodorum abortivum'' o in ''Serapias parviflora''.

  

La riproduzione asessuata, ovvero senza necessità di fecondazione, può avvenire in due modi:

1) per ''moltiplicazione vegetativa'', con formazione di nuovi individui a partire da una suddivisione dei rizotuberi - tale meccanismo si osserva per esempio in  ''Ophrys bombyliflora'', ''Serapias lingua'' e ''Serapias politisii'';

2) per '''apomissia''', cioè con produzione di semi fertili senza necessità di fecondazione - tale fenomeno si verifica, per esempio, in alcune specie del genere ''Nigritella'' (ad es. ''Nigritella rubra'').

 

Simbiosi micorrizica Altra caratteristica biologica importante è la necessità, per completare il ciclo biologico di alcune orchidee, della presenza di una micorriza endotrofica che collabori in simbiosi per lo sviluppo del loro seme, il quale al momento della dispersione è privo di albume e con embrione appena abbozzato.

Tassonomia. La famiglia delle Orchidacee veniva suddivisa in passato in due sottofamiglie: ''Diandrae'' – caratterizzata  dalla presenza di 2-3 stami fertili e impollinabili;

''Monandrae'' – caratterizzata dalla presenza di un solo stame fertile.

Attualmente le sottofamiglie riconosciute sono cinque:

1) Apostasioideae Horan. (1847)

2) Cypripedioideae Kostel 1831

3) Vanilloideae Szlach. (1995)

4) Epidendroideae Lindl. (1821)

5) Orchidoideae Eaton (1836).

 

All'interno di ciascuna sottofamiglia si distinguono differenti tribù (25) e sottotribù (53).

Le tribù della sottofamiglia Vanilloideae sono 2: Pogonieae, Vanilleae.

Le tribù della Sottofamiglia Epidendroideae sono 17, con 31 sottotribù: Arethuseae (sott. tr.: Arethusinae, Coelogyninae), Calypsoeae, Collabieae (Collabiinae),  Cymbidieae, (Catasetinae, Coeliopsidinae, Cymbidiinae, Cyrtopodiinae, Eriopsidinae, Eulophiinae, Maxillariinae, Oncidiinae, Stanhopeinae, Vargasiellinae, Zygopetalinae), Dendrobieae, (Dendrobiinae) Epidendreae, (Bletiinae, Chysinae, Coeliinae, Laeliinae, Pleurothallidinae, Ponerinae) Gastrodieae, Malaxideae, Neottieae,  Nervilieae, (Nerviliinae, Epipogiinae) Podochileae, (Eriinae, Thelasinae) Sobralieae, Triphoreae, (Diceratostelinae, Triphorinae) Tropidieae, Vandee  (Aerangidinae, Aeridinae, Angraecinae, Polystachyinae) Xerorchideae, Incertae sedis (Agrostophyllinae).

Le tribù della sottofamiglia Orchidoideae sono 6: Chloraeeae, Codonorchideae, Cranichi-deae, Diseae, Diurideae, Orchideae

 

Parti del fiore di una Ophrys sp.

Pseudobulbo di orchidea epifita

Vari tipi di orchidee

Orchys militaris, specie tipo

 

 

 

Pseudocopulazione di Dasyscolia ciliata su O. speculum

 

ORCHIDACEAE

1, protocormo appena germinato di Cattelya bowrinviana x maximaj 2, la stessa in fase più avanzata con peli radicali e prime fogliette; 3, Callelya skinneri x mossiae, protocormo con inizio di radice (w); 4, lo stesso in una fase più avanzata; 5, protocormo di Neottia nidus-avis con residui del tegumento seminale (t); 6, lo stesso in sezione con tessuti invasi dalla micorriza (m), ingrandito; 7, inizio di germinazione di Neottia con infezione: ~, protocormo di Cypripedilum; 3, stadio pilù giovane dello stesso in sezione; 10, stadio più adulto del n. 8: m e tessuto invaso da miceli.

 

 

Orchis militaris

   A, Fiore intero appoggiato sulla piccola brat­tea. a; b, ovario intero e contorto; e, tepali esterni;     d, i due tepali superiori interni; e, labello con sperone f; g, ginostemio; e lo stesso fiore dopo esser stato tolto il perigonio, ad eccezione della parte superiore del labello; h, stimma; l. rostello; k. appendice dentifor­me del rostello; m, loculo dell'antera; n, connettivo; o, pollinio; q, porzione adesiva del pollinio; p, staminodio; C pollinario isolato; s. parte fertile del pollinnario: r caudicola;q, porzione adesiva; D, sezione trasversale di una capsula immatura.

 

 

 

 

 

 

 

 

l, fiore intero di Maxillaria rujescens visto di fronte;

2.porzione dello stesso fiore con labello provvisto di peli commestibili; 3, i peli della zona di cui al nu­mcro precedente visti a notevole ingrandimento, con cellule ripiene di sostanze albuminoidi e di grassi: in b, ispessimenti basali delle membrane.

 

                

  

TUBERI DI ORCHIDEE: a, Orchys mascula:

a’, tubero svuotato; a’’ tubero nuovo con la

gemma(g) della pianta che si svilupperà nel-

l’anno successivo; b, Orchys maculata: b’,

tubero svuotato; b’’, tubero nuovo

                                                                                     Anaamptys pyramidalis Rich.

                                                                              a, parte basale coi tuberi; b, pianta fiorita; c, fiore;

                                                                            d, labello con sprone; e, altra forma di labello; f, pollini

                                                                                       

MELCHIORRE TRIGILIA: LE ORCHIDEE DEGLI IBLEI

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